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L’impatto delle donne nei board e nei top management team sulla performance d’impresa
L’impatto delle donne nei board e nei top management team sulla performance d’impresa
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A cura del People Management Competence Centre & Lab

Tutto il mondo sta guardando alla Norvegia, scriveva La Repubblica nel 2011, il paese che per primo ha introdotto una legge finalizzata a regolamentare l’equilibrio di genere nei Consigli di amministrazione. L’ambizione di raggiungere il gender balance risaliva a molti anni prima ma nonostante gli sforzi fatti nel 1992 solo il 4% dei componendi del board delle imprese quotate alla borsa di Oslo erano donne, e nel 2002 questa quota era passata appena al 6%. Questo è il quadro che ha spinto il governo norvegese, nel 2002, ad introdurre una legge sul gender balance che ha portato nel 2008 ad avere un 40% di donne nei board delle società quotate. Da qui è partito l’effetto “valanga” (Machold, 2013), un effetto dinamico che ha portato un Paese dopo l’altro a seguire l’esempio della Norvegia. Una delle lezioni più importanti che possiamo apprendere dalla Norvegia è che anche nei Paesi con una maggiore sensibilità culturale in tema di diversità è stata necessaria un’affirmative action e poi una legge per generare un reale cambiamento.

In Italia la svolta c’è stata con l’entrata in vigore della legge 120/2011 del 12 agosto 2011, così detta legge sulle “Quote Rosa” o Legge “Golfo-Mosca” dal nome dei suoi promotori, che ha stabilito che gli organi sociali (CDA e Collegi Sindacali) delle società quotate in scadenza dal 12 agosto 2012 dovevano essere rinnovati riservando una quota pari ad almeno un quinto dei propri membri al genere meno rappresentato: le donne. Al secondo e al terzo rinnovo, invece, si sale a una quota pari a un terzo dei membri dei CdA. Prescrizione poi estesa anche alle società controllate dallo Stato.

A quattro anni dalla legge, la domanda che ci facciamo è questa: aumentare la presenza femminile nei board consente davvero di creare valore per le organizzazioni?

Se analizziamo i principali studi effettuati da Istituti di ricerca e società di consulenza emerge come la maggior parte degli HR manager e professional siano convinti che rispettare una diversità di genere nei Board porti un gran numero di benefici all’impresa. Ad esempio, la figura 1 mostra i principali benefici che derivano da una significativa  partecipazione di donne nei CDA secondo una recente ricerca svolta sugli HR di un panel di 400 imprese.

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Fonte: CIPD Report 2015 

Inoltre, secondo lo studio di una società di consulenza internazionale esperta di soluzioni di talent measurement, la differenza nel potenziale di leadership tra donne e uomini sarebbe inferiore all’1% in favore delle donne. Questo significa che il bacino di potenziale di leadership è tanto presente fra le donne quanto fra gli uomini. Nonostante ciò, più del 60% dei ruoli di leadership sono occupati da uomini (figura 2).

Figura 2: Il potenziale di leadership di uomini e donne

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Fonte: CEB SHL Talent Report 2013

Anche l’ampia letteratura scientifica che ha analizzato gli effetti della diversità (di genere ma anche di età, di cultura, di nazionalità, di etnia) sulla performance individuale, di gruppo e organizzativa ha prodotto risultati molto interessanti.

Alcune ricerche hanno invitato a riflettere sui potenziali effetti negativi della diversità, che può accrescere il conflitto, la difficoltà di comunicazione, e diminuire la coesione del gruppo.

Altri studi invece hanno evidenziato come essa accresca la creatività, l’innovazione, la capacità decisionale, e quindi la performance. Tra questi, uno studio recente svolto all’Università di St. Gallen su un vasto campione di banche in un arco temporale di 15 anni ha dimostrato che una relazione positiva tra gender diversity e performance esiste ed è anche molto forte. Ad un aumento del 10% di donne in ruoli di vertice corrisponde un aumento del ROE maggiore del 3% all’anno, e questo impatto raddoppia negli anni di forte crisi, a dimostrare che il contributo delle donne alla performance dell’impresa sembra essere di particolare valore nei periodi di crisi (Reinert et al. 2015).

C’è un altro studio molto importante, pubblicato nel 2012, che ci aiuta a riflettere sui razionali che sono alla base di questa relazione positiva (Dezső & Ross, 2012).  Secondo i risultati di questa ricerca svolta sulle 1.500 imprese in un arco temporale di 15 anni, la presenza di donne nel Top management accresce la performance del management (sia Top che Middle) e per questa via la performance d’impresa. Le donne, infatti, portano un contributo in termini di diversità di esperienze di vita nei team di direzione, possedendo insight aggiuntivi rispetto a determinate questioni strategiche e in particolare a quelle che riguardano clienti, collaboratori o partner commerciali di sesso femminile.

In generale gruppi più eterogenei possono avvalersi di punti di vista diversi, prendono in considerazione un set di possibili soluzioni più ampio, dibattono il punto di vista degli altri con maggior vigore, portando quindi a decisioni di qualità più elevata, specialmente quando (come accade con le decisioni del Top Management Team) il task richiede di analizzare e processare molte informazioni. E’ vero che la diversità può anche diminuire la coesione sociale, generale conflitti, creare un minor confort all’interno del gruppo, ma non necessariamente questo determina una performance più bassa; al contrario entro un certo livello genera decisioni migliori. Soprattutto quando le scelte da prendere sono “non-routinarie”, come nei Board, i benefici della diversità sembrerebbero superare i suoi costi.

Inoltre, secondo la ricerca, l’impatto positivo della presenza femminile nei TMT non è limitato alla performance del team manageriale stesso ma si estende anche agli altri livelli dell’organizzazione. Nelle progressioni di carriera, infatti, ci sono momenti in cui relazioni di mentoring e altre relazioni di sostegno possono essere importantissime, e giacché queste relazioni sociali sono fortemente condizionate dalla similarità rispetto a determinati fattori sociali tra i quali il genere, la scarsità di donne al top management può costituire una barriera alle opportunità di carriera delle donne. Al contrario, le donne che occupano posizioni di senior management sembrano essere più sensibili, rispetto ai colleghi di sesso maschile, rispetto alle opportunità di crescita dei propri collaboratori, incoraggiandoli ad esprimere a pieno il proprio potenziale. Una donna dunque avrebbe ottime ragioni per ritenere che la presenza di colleghe nei ruoli di top management possa accrescere le sue reali possibilità di carriera; questo non può che avere un effetto positivo su motivazione e commitment delle donne a tutti i livelli dell’organizzazione.

Infine, i risultati di questa ricerca evidenzierebbero che i benefici della gender diversity nei Top Management Team siano evidenti solo in determinati contesti, ovvero in quei task che richiedono soluzioni creative, come nei processi innovativi che si basano sulla ricombinazione unica di risorse e competenze. Di conseguenza la presenza femminile nei board sarebbe particolarmente importante in quelle imprese per le quali l’innovazione rappresenta una componente fondamentale della strategia e quindi dei comportamenti manageriali (figura 3).

Figura 3: Presenza femminile nel Top Management Team, innovazione e performance

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Fonte: Dezső & Ross, 2012

E allora forse dobbiamo rinunciare a cercare una risposta che sia univoca alla domanda che ci siamo posti, perché sempre più evidenze ci portano a ritenere che l’impatto della diversità sulla performance dipende da alcuni fattori di contesto e in particolare dalla cultura dell’organizzazione, dalla sua strategia e dalle pratiche di HRM adottate (Figura 4).

Ad esempio, l’impatto della diversità sulla performance sarà positivo quando i capi, e i loro collaboratori, sono capaci di fare affidamento sulla creatività e la ricchezza di informazioni; quando sono allenati, anche attraverso una sensibilizzazione culturale e adeguate pratiche di HRM, a confrontarsi con la complessità che può derivare dal prendere decisioni o comunicare in un team molto eterogeneo. Se questo è vero allora dobbiamo accettare – rimanendo esclusivamente in una prospettiva manageriale –  il fatto che la diversità genera valore se esistono alcuni fattori di contesto che possono estrarne il potenziale. E siccome la diversità è oramai una caratteristica del mercato del lavoro e un valore sociale, allora le imprese devono attrezzarsi a creare una cultura organizzativa inclusiva, e a formare quelle skill necessarie a tradurre la diversità in valore.

Figura 4: Gli effetti della diversità sulla performance

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Fonte: Kochan et al. 2003

Certamente le quote nei Board rappresentano un passo fondamentale anche in questa ottica in quanto contribuiscono a creare una cultura che sia aperta e supportiva, innescando un effetto a cascata che nel tempo porterà benefici a tutti i livelli organizzativi.

I numeri a distanza di quattro anni dall’introduzione della legge sulle quote nei Board ci dicono che anche in Italia l’effetto è stato molto forte e il numero di donne nei CDA è aumentato considerevolmente (Figura 5). Ma per generare un reale effetto virtuoso, il Top Management deve garantire un impegno visibile.

Inoltre, se è vero che ” you cannot manage what you don’t measure”, è particolarmente importante adottare un approccio più analitico al tema: conoscere i numeri aziendali, legare i dati disponibili su individui e gruppi a quelli di performance, monitorare il gender profile della propria popolazione (percentuale di donne reclutate, promosse, incentivate, confronti retributivi, ecc.) e garantire una maggiore trasparenza su questi dati. Infine, adottare delle policy che contribuiscano a supportare la gender diversity, nel reclutamento e selezione, per attrarre talenti in tutti i bacini, nei percorsi di carriera e nelle opportunità di accesso ai ruoli manageriali, nelle politiche di work-life balance.

Figura 5: Donne nei CDA (%)

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Fonte: Credit Suisse, 2014

Bibliografia

  • Burke Eugene et al. “Big Data Insight e Analisi della forza lavoro globale”, The SHL Talent Report, 2014.
  • CIPD, “Gender diversity in the boardroom: Reach for the top”, Survey Report, Feb. 2015.
  • Dezsö, Cristian L., and David Gaddis Ross. “Does female representation in top management improve firm performance? A panel data investigation.” Strategic Management Journal9 (2012): 1072-1089.
  • Kochan, Thomas, et al. “The effects of diversity on business performance: Report of the diversity research network.” Human Resource Management1 (2003): 3-21.
  • Machold, Silke, et al., (eds). “Getting women on to corporate boards: A snowball starting in Norway”. Edward Elgar Publishing, 2013.
  • Reinert, Regina M. et al. “Does female management influence firm performance? Evidence from Luxembourg banks”, Working Papers on Finance n. 2015/1, Swiss Institute of Banking and Finance (S/BF – HSG), Jan. 2015.

25/1/2016

Data pubblicazione
25 Gennaio 2016
Categorie
News & Eventi