lbs
Almaviva:«Proposta sul cloud entro le prossime settimane, aperti a collaborare»
Almaviva:«Proposta sul cloud entro le prossime settimane, aperti a collaborare»
lbs

Parla il presidente Alberto Tripi, a Digiteconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School. Intanto il gruppo, che ha manifestato interesse per il polo nazionale con Aruba, lancia Almaviva Cloud Factory

ALberto Tripi Presidente Almaviva

La società dell’innovazione digitale Almaviva, in partnership col provider italiano Aruba, «è pronta a fare la sua parte» nella partita del cloud nazionale e «lavora alla proposta da presentare al Ministero nelle prossime settimane». A contempo, spiega Alberto Tripi in un’intervista a Digiteconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) il gruppo, che ha già lanciato la Almaviva Cloud Factory, una sorta di fabbrica cloud, è «aperto a collaborare» con le altre aziende in campo. Il momento, chiosa Tripi, «è magico» e non si può perdere questa occasione visto che c’è «finalmente una proposta per realizzare quello che da anni stiamo chiedendo». Il Governo ha di recente presentato la sua strategia per il progetto di cloud nazionale che prevede la creazione di un polo strategico nazionale: entro il 2025 il 75% dei dati della Pa dovrebbe migrare nella “nuvola”. Almaviva, al momento, gestisce oltre 3.000 sistemi cloud e assicura che il partner Aruba «ha potenza sufficiente per gestire almeno le applicazioni dei soggetti fragili».

Presidente Tripi, in cordata con Aruba avete presentato una manifestazione di interesse per il cloud nazionale, andrete avanti con un’offerta nei prossimi giorni come richiesto da Colao?

Innanzitutto è da dire che la nostra manifestazione di interesse è totalmente italiana, non ci sono soggetti esteri nell’azionariato delle nostre società. In Italia, tra l’altro, si ritiene di non essere in grado di raggiungere traguardi tecnologici ambiziosi. Noi, che collaboriamo anche con gruppi americani come Amazon e Microsoft, affermiamo, invece, che la potenza di Aruba è sufficiente per gestire almeno le applicazioni dei soggetti fragili. In generale, il progetto di cloud nazionale rappresenta un grande snodo per lo sviluppo del nostro Paese, finalmente c’è una proposta che può realizzare quello che da anni stiamo chiedendo. Noi, peraltro, siamo già sulla buona strada con la recente creazione con Aruba della nostra Almaviva Cloud Factory, una sorta di fabbrica cloud. Come nei processi manifatturieri, si prende cioè la materia prima, in questo caso i dati grezzi o semilavorati dei nostri clienti che, attraverso processi informatici vengono trasformati in cloud, facendoli diventare pronti a essere interrogati e a entrare in contatto tra loro. È il nuovo modo di fare fabbrica. Vogliamo così essere ancora più vicini ai nostri clienti cloud, tra i quali si contano già Ferrovie dello Stato, Miur, Ministero della Giustizia, Aifa, AgID, Anas, Ubs, Rai, Deutsche Bank. Ora stiamo lavorando alla presentazione di una proposta entro le prossime settimane, secondo le indicazioni del Ministro. Una proposta capace di mettere le nostre migliori competenze in ambito Cloud al servizio della modernizzazione del Paese perché, come ha sottolineato lo stesso ministro Colao, è sulla valutazione delle competenze che si misurerà la competizione ed il successo del progetto.

Siete aperti a collaborazioni con gli altri gruppi che hanno presentato le manifestazioni di interesse?

Noi siamo pronti a giocare il nostro ruolo e siamo in grado di mettere a disposizione la nostra esperienza. Ma nessuno pensa di essere il deus ex machina e poter fare tutto da solo, quindi – e su questo punto posso parlare anche a nome di Aruba – siamo pronti a collaborare. La congiuntura è favorevolissima, il ministro dell’Innovazione e della transizione digitale, Vittorio Colao, non è solo bravo, ma può anche disporre di un portafoglio per poter competere. Inoltre, a guida del ministero della Pa c’è il ministro Renato Brunetta, anche lui molto favorevole alla digitalizzazione. È un momento magico, non possiamo farcelo scappare.

Si è parlato del coinvolgimento di grandi gruppi americani, come Google e Microsoft, nella realizzazione del cloud italiano. Come proteggere i dati sensibili anche alla luce di leggi come il Cloud Act americano che danno poteri ai giudici statunitensi anche sui dati conservati all’estero dai provider Usa?

Varie aziende hanno presentato una proposta al Ministero, alcune delle quali in collaborazione con dei player americani, si tratta di una scelta fatta a monte. In questo caso ci sono norme che possono mettere in dubbio la capacità di proteggere i dati sensibili. Nel sistema francese, ad esempio (simile a quello presentato di recente da Colao, ndr), si usa un sistema di crittografia, d’accordo con gli operatori stranieri. Noi, dal canto nostro, siamo in grado con la nostra potenza elaborativa in Italia di gestire in sicurezza almeno tutti i sistemi definiti fragili. Sistemi che, peraltro, stiamo già per larga parte gestendo.

Chi garantirà la sicurezza dei dati degli italiani?

I sistemi in cloud non possono essere interrogati da chiunque, ma devono passare da un imbuto di collegamento, dove ci sono le capacità di cybersecurity. Visto che si tratta di un progetto di partenariato pubblico e privato, si prevede che il privato proponga una realizzazione e che lo Stato, qualora la giudichi favorevolmente, la faccia sua. Una volta compiuta la scelta, lo Stato diventa il custode del progetto. Se, da un lato, il privato lo realizza, dall’altro il pubblico sarà, dunque, garante della sicurezza.

Colao ha dato una tempistica per il cloud nazionale e la migrazione dei dati della Pa. Quali sono le principali difficoltà?

C’è una mole di lavoro da svolgere davvero grande, perché bisogna trasferire sul cloud i sistemi informativi di grandi complessi italiani come Inps e Inail, che già peraltro gestiamo. Bisogna passare da sistemi no cloud a sistemi in cloud. Il ministro Brunetta dice che vanno rivisti in maniera generale i processi dell’amministrazione. C’è, dunque, spazio e lavoro anche per le piccole imprese che sono molto vicino alla periferia del nostro Paese. D’altro canto, una volta realizzata la trasformazione, la Pa potrà svolgere molte più attività e stare più vicina ai cittadini. Nel campo del turismo manca una piattaforma italiana: questa potrebbe essere un’attività, solo per fare un esempio, da portare avanti. 

SFOGLIA IL REPORT COMPLETO

10/9/2021

Data pubblicazione
10 Settembre 2021
Categorie
DigitEconomy.24