Nell’ambito dell’incontro organizzato da Luiss Business School e Associazione “Davide De Luca – Una vita per l’Intelligence”, è nato un ritratto dei servitori dello Stato necessari nel post-pandemia per creare un vero Rinascimento
Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiuso l’Ena, la “scuola dei presidenti”, che lui stesso ha frequentato oltre a Valéry Giscard d’Estaing, Jacques Chirac, François Hollande. Fondata da Charles De Gaulle nel 1945, era l’istituzione in cui veniva forgiato il ceto dirigente francese. Il Covid-19 ha cambiato il mondo e oggi ci troviamo a fronteggiare nuove sfide, che richiedono leader preparati a mettere in campo soluzioni che tengano in considerazione non solo la sostenibilità ambientale, ma soprattutto quella economica e sociale. Partendo da queste riflessioni, nell’ambito dell’incontro organizzato da Luiss Business School e Associazione “Davide De Luca – Una vita per l’Intelligence”, ecco chi sono i Civil Servant di cui l’Italia ha bisogno.
Per Luigi Abete, Presidente Luiss Business School, la parola chiave anche per il ceto dirigente è sostenibilità: non solo ambientale, ma anche economica e sociale. «Questa pandemia ha messo in luce come in futuro la sostenibilità sociale sarà un problema sempre più grave. Uscirne richiederà l’impegno di tutti – spiega – Le leadership del futuro dovranno essere collettive. Quelle individuali non sono più in grado di risolvere i problemi che la complessità sociale pone. Solo una leadership collettiva oggi riesce a orientare e a cambiare lo sviluppo di una collettività».
Per Gianni Letta, Presidente Onorario Associazione Davide De Luca – Una Vita per l’Intelligence, la figura di Davide De Luca risponde alla definizione di Civil Servant di cui l’Italia ha bisogno. Mutuando le parole del prefetto Carlo Mosca, recentemente scomparso, Letta ha ricordato che «la sua tempra di cittadino, dedito al bene della comunità, fonte delle sue non comuni di pubblico funzionario, ne faceva un chiaro esempio di quelle qualità, disciplina e onore che l’articolo 54 della Costituzione della Repubblica pone come doveri di coloro a cui sono affidate le funzioni pubbliche».
«Essere un Civil Servant significa interpretare fino in fondo la Costituzione anche negli articoli 97 e 98, dedicati alla Pubblica Amministrazione – continua Letta – Deve garantire che il buon andamento e l’imparzialità della funzione pubblica. L’Italia ha bisogno di persone che possano servire l’interesse nazionale, il bene comune, che possano far rifiorire la crescita delle imprese sia nella Pubblica Amministrazione che fuori, in quella nuova collaborazione tra pubblico e privato, tante volte invocata, ma che spesso non si riesce a realizzare. Solo da una classe dirigente di livello ci può essere una vera rinascita, o Rinascimento, del nostro Paese».
Riconoscenza per la possibilità di prestare servizio alla collettività è il nodo del ragionamento di Ferruccio de Bortoli, Editorialista Corriere della Sera. «Una classe dirigente vera mette il bene comune davanti alle proprie necessità, per quanto drammatiche e legittime possano essere – spiega – Ci si salva tutti insieme e non esiste una parte di classe dirigente che possa chiamarsi fuori. Sarebbe importante che si dimostrasse che la valutazione è importante, che non serve per creare graduatorie e aumentare disuguaglianze, ma che è uno strumento essenziale per far crescere tutti. Facciamo tesoro sulla ricchezza e sulla vastità del capitale sociale, fatto di buoni propositi, buone azioni. Oggi ci si vergogna di servire, ma essere un servitore dello Stato è un complimento: distingue una classe dirigente vera, con una partecipazione sentita e attiva al bene del proprio Paese».
Quando parlava dell’Agip, Enrico Mattei diceva che preferiva definirla più di un’azienda dello Stato che azienda di Stato: anche questo è un modo per sottolineare il profilo di Civil Servant del presidente di Eni. «Il servizio a favore delle comunità, che caratterizza la formula Mattei, poi trapiantata anche nell’attività di Eni, era nel suo modo di operare, oggi tradotto nel Dual Flag Approach praticato dall’azienda», spiega Lucia Calvosa, Presidente Eni.
«I segnali di questa eccellenza li riscontro nelle donne e negli uomini che lavorano in Eni, quel senso di trasformazione e di rinnovamento quotidiano. In alcuni di loro ho colto quell’etica di consapevolezza di lavorare non solo per la propria azienda, ma per il proprio Paese. La responsabilità per la classe dirigente che oggi guida la transizione energetica non è soltanto guardare a decarbonizzazione e riduzione delle emissioni, ma soddisfare la domanda crescente di energia a livello globale. Come diceva Mattei nella sua ultima lezione, che chiudeva l’anno accademico 1961/1962, “in momenti di incertezza e di sconforto”, come quello che stiamo attraversando ora – aggiunge Calvosa – “si troverà motivo di coraggio e incitamento ad andare avanti”. Per lui l’andare avanti era un must che dobbiamo seguire perché “guardando avanti, c’è tanto lavoro da fare”.».
«Riuscire a coniugare Stato e Paese è uno degli obiettivi che ci si deve porre – spiega Flavio Cattaneo, Imprenditore e Vicepresidente Italo – Gli imprenditori privati dovranno intervenire, come nel Dopoguerra, con nuove attività, avviando un sistema produttivo che dovrà iniziare post Covid. Dal punto di vista manageriale bisognerà dimostrare che c’è ancora una classe imprenditoriale che investe per creare nuove imprese. Bisogna superare tutti insieme questa fase di crisi, avendo fiducia nel capitale umano e nelle istituzioni pubbliche e private».
«Far parte dell’arma è fonte di orgoglio perché si appartiene a un’istituzione che agisce nell’interesse della collettività – sottolinea, tirando in ballo la sua esperienza personale, il Generale C.A. Teo Luzi, Comandante Generale Arma dei Carabinieri – A volte ci si vergogna di dire di essere servitori dello Stato, ma secondo me deve essere motivo di grande soddisfazione e orgoglio personali, indipendente dal trattamento economico. Nel dibattito sulla riforma della Pubblica Amministrazione non bisogna trascurare l’esigenza di alimentare il senso di appartenenza e l’orgoglio di servire la collettività, quindi dell’essere dei veri Civil Servant».
Paolo Boccardelli, Direttore della Luiss Business School, invita a ripartire dalla formazione. Come possiamo preparare gli studenti al mondo che cambia e ad essere ceto dirigente, responsabile del bene comune? Dopo la caduta di quei luoghi di aggregazione intermedi come i partiti, in cui c’era il trasferimento del sentimento sintetizzato nella frase “Lo Stato siamo noi”, è venuta a mancare la piena condivisione del senso dell’essere al servizio, dell’essere Civil Servant.
«Dobbiamo rimetterlo al centro: se è vero che il settore pubblico ha un ruolo importante, dovremmo curarci della motivazione dello status del pubblico impiego – spiega Boccardelli – I fattori motivanti sono il contenuto del lavoro e il riconoscimento del valore del lavoro da parte della collettività. Inoltre, dobbiamo ripensare la formazione della classe dirigente pubblica e privata basandoci su principi che non siano più elitari, ma che favoriscano il più ampio accesso di talenti a ruoli chiave. La diversità è la chiave del valore. L’unico modo per fare l’ultimo miglio è recuperare la fiducia, il senso di valore reciproco, che il settore pubblico e privato devono rappresentare. Solo così riusciremo a realizzare gli obiettivi ambiziosi del Recovery Plan».
RASSEGNA STAMPA
- Adnkronos, Da Catricalà al prefetto Mosca, quei Civil servant al servizio del paese
- Affari Italiani, Civil Servant del futuro. Calvosa (ENI): “Occhio alla sostenibilità sociale”
- Askanews, Luiss Business School: civil servant post pandemia, sfide future
- Formiche, Servire lo Stato dopo il Covid. Appunti per l’interesse nazionale dalla Luiss
9/4/2021