In Europa è cresciuto l’impegno per la finanza sostenibile durante la pandemia. Il ceo Italy di Hsbc, Gerd Pircher, in un’intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor apre anche una parentesi sull’Italia e sugli impegni di Hsbc.
La pandemia non ha fermato l’impegno per la sostenibilità in Europa. Che anzi è cresciuto, come dimostra la survey “Sustainable Financing and Investing” recentemente pubblicata da Hsbc. Il ceo Italy, Gerd Pircher in un’intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor, spiega quanto gli emittenti europei siano in prima linea per una finanza sostenibile. E quanto le emissioni di corporate sustainable bond stiano crescendo con un trend inarrestabile. E l’Italia, assicura, è all’avanguardia.
L’Europa, a parole e intenzioni, è in prima linea nel promuovere la finanza sostenibile. Avete appena pubblicato la survey 2020 “Sustainable Financing and Investing”. Avete riscontrato un impegno concreto degli emittenti del mercato europeo dei capitali? E un ritorno per gli investitori?
Da sempre l’Europa occupa un posto di primo piano nel creare e definire trend globali, e la questione della sostenibilità non fa eccezione: la sensibilità e la cultura europea possono essere infatti un terreno fertile per affermare questo paradigma nella società, nel business e nella finanza. Rispetto a quest’ultimo aspetto, in particolare, la nostra survey “Sustainable Financing and Investing” recentemente pubblicata ha dimostrato come questa questione sia ben chiara, e come oggi gli emittenti europei siano in prima linea per una finanza sostenibile. Dalla ricerca emerge come gli emittenti europei abbiano dimostrato un maggior impegno nelle questioni ambientali e sociali rispetto ai loro peer a livello globale, con il 95% che ritiene che siano temi “molto importanti” o “abbastanza importanti”. Per quanto riguarda i rendimenti, la nostra divisione Hsbc Global Research ha rilevato che le azioni delle grandi aziende con rating Esg più elevati hanno sovraperformato la media globale del 4,7% a partire da metà dicembre 2019. Il divario si amplia quando vengono presi in esame i titoli legati al clima, che nello stesso periodo hanno riportato una performance superiore del 13% rispetto alla media globale. Nella finanza di oggi, il rispetto degli standard Esg non è più un accessorio valore aggiunto, bensì un vero e proprio indicatore di rischio e di potenziale performance, che identifica aziende che si impegnano per essere trasparenti, eque e a basso impatto ambientale, aziende che funzionano in cui vale la pena investire e che hanno le carte in regola per generare buoni rendimenti.
Nell’ultimo anno lo scenario globale e finanziario è stato scosso dalla pandemia di Covid-19 con turbolenze impreviste e inedite. Dalla vostra indagine come è cambiato l’impegno verso la finanza sostenibile? Lo ha rafforzato o rallentato?
La pandemia di Covid-19 ha imposto ad aziende e organizzazioni di rivedere il proprio modo di fare business, e molte hanno scelto di cogliere l’opportunità per avviare una riflessione sull’introdurre la sostenibilità nei propri modelli di business. E la finanza si è adattata immediatamente. Per fare un esempio, è chiaro come ora vi sia un trend di crescita nelle emissioni di corporate sustainable bond, dove i covenant sono fissati su parametri che vanno oltre quelli meramente finanziari. E’ un trend secondo me inarrestabile, ed è evidente anche da alcuni dati delle nostre ricerche: questo periodo di emergenza sanitaria ha infatti rafforzato la convinzione dell’importanza della sostenibilità per oltre un terzo degli emittenti europei (36%). Tre quarti degli intervistati (77%) afferma inoltre che la pandemia ha permesso loro di rafforzare il proprio impegno rivolto ai temi Esg o di comprendere di aver prestato troppa poca attenzione in passato. Un’attitudine simile emerge anche da un’altra indagine che abbiamo condotto a livello globale, questa volta su piccole e medie imprese e grandi società che operano in diversi settori, il report Navigator “Resilience: Building Back Better”, che ha analizzato l’impatto della pandemia sull’organizzazione aziendale e le prospettive future all’insegna della ricerca di una maggiore resilienza. Più di nove intervistati su 10 (91%) mirano a “ricostruire meglio” riprogettando le proprie attività per essere più sostenibili, mentre quasi un terzo (27%) intende rendere le proprie catene di approvvigionamento più rispettose dell’ambiente nei prossimi due anni.
Quali sono i settori più attraenti per gli investitori?
La sostenibilità è ovunque, e sarebbe un errore ragionare di settori “sostenibili” e settori “meno sostenibili”. Mi piace più pensare ad aziende “sostenibili” e “meno sostenibili” e in questo senso le opportunità sono ovunque. Il ruolo degli investitori è certamente quello di premiare le aziende più virtuose, ma anche di supportare e sostenere le imprese che vogliono accelerare un processo di cambiamento all’insegna dei target di sostenibilità riconosciuti. Per farlo, bisogna sviluppare metodo e disciplina nelle valutazioni d’investimento e privilegiare quelle imprese che adottano sistemi e modelli a prova di futuro. Ci sono decine di ricerche che dimostrano come le aziende più virtuose in termini di etica, ambiente e società siano meno esposte a crisi, e queste sono quelle che attraggono di più gli investitori.
Una parentesi sull’Italia. Che visione avete dell’impegno di Governo e aziende italiane?
L’Italia è all’avanguardia. Le imprese tricolori hanno capito prima di altre che è necessario adottare criteri di sostenibilità nel fare business. L’avere un tessuto industriale composto da imprese familiari aiuta, perché cambia la visione imprenditoriale. La sostenibilità necessita infatti di un orizzonte di medio lungo periodo che un certo tipo di capitalismo può favorire. Un esempio di questo è l’insieme delle imprese B Corp, aziende rigenerative con un purpose che va ben al di là della sostenibilità economica. Bene, l’Italia è il paese con il maggior numero di BCorp al mondo, non solo, siamo stati il primo stato sovrano a livello globale a dare un riconoscimento giuridico a queste imprese, attraverso l’approvazione di una legge, alcuni anni fa, che riconosce lo status di Società benefit.
E per chiudere. Parliamo dell’impegno di Hsbc. Solo pochi giorni fa avete annunciato l’impegno per raggiungere un’economia a impatto zero entro il 2050. Ce ne parla?
Ci siamo impegnati su due fronti: da un lato per allineare le emissioni di carbonio del nostro portafoglio di clienti all’obiettivo dell’accordo di Parigi di raggiungere emissioni zero entro il 2050, dall’altro per raggiungere, entro il 2030, emissioni zero nelle nostre operazioni e nella catena di fornitura. Nel dettaglio i nostri obiettivi sono di allineare le nostre attività commerciali agli obiettivi dell’accordo di Parigi e un percorso verso lo zero netto entro il 2050 o prima; migliorare il supporto per i clienti nella transizione verso un’economia a bassa impronta di carbonio ; sbloccare nuove soluzioni per il clima creando uno dei principali gestori di capitale naturale del mondo, creando un fondo di debito di rischio di 100 milioni di dollari per l’innovazione CleanTech e lanciando un programma filantropico per donare 100 milioni di dollari per portare nuove soluzioni alla fattibilità e alla scala; lavorare in collaborazione con colleghi, clienti, autorità di regolamentazione, governi e la società in generale per effettuare cambiamenti in tutto il sistema finanziario. Questo annuncio fa parte di una precisa strategia di impegno nelle questioni ambientali e climatiche iniziata nel 2017, quando la banca ha vincolato 100 miliardi di dollari in finanza sostenibile entro il 2025. Siamo consapevoli che il raggiungimento dell’obiettivo dell’accordo di Parigi richiederà uno sforzo supplementare, un cambiamento a un ritmo più rapido, per il quale sarà coinvolto il nostro network globale.