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«Puntiamo su un modello nuovo di cloud, in 5 anni mercato mondiale per Gaia-X»
«Puntiamo su un modello nuovo di cloud, in 5 anni mercato mondiale per Gaia-X»
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Parla l’amministratore delegato dell’associazione europea, Francesco Bonfiglio, a DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore

L’obiettivo del progetto di cloud europeo Gaia-X «non è quello di avere nuove regole che creino muri attorno alla tecnologia europea» ma dar vita a un modello diverso, «distribuito» e «ortogonale» rispetto a quello diffuso finora e tipico di hyperscaler tipo Google, Microsoft o Amazon. Lo spiega, in un’intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) Francesco Bonfiglio, CEO dell’associazione Gaia-X. Dando le tempistiche del progetto, Bonfiglio spiega che per fine anno si conta «di avere i primi servizi di federazione implementati, «dal 2022 si punta all’arricchimento dei cataloghi, mentre dal 2023 al 2025 si attende a una vera e propria «domanda di servizi Gaia-X». In cinque anni, inoltre, l’auspicio è che l’Europa passi dal possedere meno del 5% delle piattaforme (relative ad aziende quotate) al 30 per cento. Acquistando dunque un peso a livello globale, in competizione con i colossi di Usa e Cina. Il progetto Gaia-X nasce nel 2019 in Germania, si allea subito la Francia per poi acquistare velocemente un respiro europeo. A giugno 2020 nasce infatti l’aisbl Gaia-x, associazione internazionale no profit guidata da Bonfiglio con sede a Bruxelles. Le adesioni, a oggi, sono oltre 230. Tra 1-2 anni il CEO si aspetta salgano a 300-400.

Come si declina in pratica la sovranità europea dei dati obiettivo, di Gaia-X?

La sovranità significa due cose: avere totale controllo e trasparenza delle infrastrutture su cui vengono condivisi i dati, e diventare più indipendenti rispetto a tecnologie prevalentemente americane e asiatiche.  Oltre alla condivisione di regole ci sono altri aspetti fondamentali del progetto Gaia-X? Premetto che occorre comprendere meglio che cosa sia Gaia-X. Uno dei problemi, normali per un progetto così innovativo, è la difficoltà a comunicarlo. Bisogna, innanzitutto, sottolineare che noi rappresentiamo la voce del mercato, non abbiamo finanziamenti pubblici, e questo ci permette di avere un’autonomia unica. Il nostro obiettivo non è quello di avere nuove regole che creino muri attorno alla tecnologia europea, ma dar vita a una nuova generazione di cloud che, a differenza di quella attuale, non sia concentrata all’interno di pochi grandi data center, governati da tecnologie non europee, come nel caso di hyperscaler come Google, Microsoft e Amazon. Gaia-X sta cioè implementando un modello diverso, distribuito e ortogonale rispetto a quello verticale finora dominante. C’è di più. Gaia X sta anche realizzando infrastrutture software. Non solo, dunque, si tratta di un’associazione per definire linee guida e regole, ma di un progetto che realizzerà servizi di federazione e li renderà disponibili. Sarà open source, noi non stiamo costruendo delle barriere, tutti i fornitori di cloud compresi Amazon, Google e Alibaba partecipano al progetto.

Qual è la tempistica per vedere i primi progetti realizzati?

L’implementazione di Gaia-X non è veloce e semplice, molti working group sono partiti, stanno lavorando su vari aspetti. Inoltre, abbiamo finanziamenti da parte di Governi anche se non diretti a Gaia X come associazione, ma alla creazione di progetti Gaia X compliant. Il Governo tedesco, quello francese, e a brevissimo quello italiano, stanno creando gare per servizi federati Gaia X o casi d’uso per l’utilizzo di dati basati su Gaia-X. Alcuni dei progetti più importanti sono legati alla creazione di un nuovo continous computing e si svilupperanno, ad esempio, attraverso varie gare per un ammontare superiore a 150 milioni. Un altro progetto importante vede la collaborazione dei più grandi produttori di automotive tedeschi e i produttori di pezzi di ricambio in modo da condividere i dati di produzione, ridurre i tempi di riparazione, aumentare la qualità e tagliare i costi. Inoltre, ci sono decine di bandi, che interessano Gaia-X, che ci stiamo attrezzando a intercettare sia a livello di Commissione sia di singoli Paesi. C’è poi un recente bando del Mise per un Important project of common european interest (Ipcei), legato alla nuova infrastruttura cloud di Edge computing.

A proposito di Recovery Fund, che spinta vi aspettate dalle risorse europee per la digitalizzazione?

Il programma preparato dal ministro Colao nell’ambito del Pnrr prevede la partecipazione dell’Italia al progetto Gaia-X per realizzare un cloud sovrano. È uno dei punti fondamentali del Ministero dell’Innovazione che si è dimostrato molto attivo, così come i membri italiani di Gaia-X e in particolare Confindustria che avrà il ruolo di coordinare l’hub nazionale. Una caratteristica di Gaia-X è, infatti, la creazione di hub nazionali, molti dei quali sono già pronti. Le 35 società italiane potranno, dunque, avere un punto di incontro per la discussione locale, con una connessione stretta con la politica, il Governo, allo scopo di sviluppare progetti. La data strategy europea annunciata dalla presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, e ripetuta a settembre annunciava investimenti importanti da parte della Ue, ma dalla fine del 2020 sappiamo che gran parte delle risorse passeranno attraverso il Recovery Fund. L’Italia ha un ruolo importantissimo, anche di leadership a livello Ue. Tutti i progetti di cui ho parlato, pure se ad esempio finanziati da Germania o Francia, si realizzeranno attraverso bandi pubblici europei, c’è molta apertura da parte dei Governi affinché si creino consorzi di aziende.

Quando il progetto Gaia-X sarà pienamente operativo?

Alla fine del 2021 contiamo di avere i primi servizi di federazione implementati e resi disponibili, con esempi concreti di condivisione dei dati. Dall’anno prossimo i servizi saranno completati e si arricchiranno di cataloghi. Dal 2023 al 2025 attendo invece di vedere l’inversione di tendenza, ovvero anziché avere un’associazione che spinge in una direzione, sarà il mercato stesso che tira. Nascerà cioè una domanda di servizi Gaia-X. Noi stiamo lavorando non solo alla realizzazione di questi servizi dal punto di vista tecnologico, ma anche a un sistema innovativo di definizione di marchi di certificazione dei servizi Gaia-X che non saranno rilasciati solo dall’associazione, ma che saranno controllati e verificati dall’architettura stessa. Chiunque potrà creare servizi Gaia-X che saranno affidabili in quanto garantiti dalla tecnologia. In questo scenario stimo che i partecipanti a Gaia-X salgano a oltre 300-400 nell’arco di uno –due anni.

Quando pensate di essere competitivi anche all’estero?

Nel giro di cinque anni Gaia-X avrà un mercato mondiale. Tutti dovranno fare scelte, sicuramente l’Europa ha investito di meno in passato e ha un gap maggiore, ma da un certo punto di vista questo può essere un vantaggio. Chi ha investito di più avrà maggiore difficoltà nel caso a cambiare modello. Nel peggiore dei casi Gaia-X ci darà, dunque, l’opportunità di competere alla pari, nel migliore dei casi potremmo essere in anticipo e avere un vantaggio competitivo, realizzando da zero qualcosa che non c’era, non dovendo buttar via miliardi di investimenti.

Come farà l’Europa a essere competitiva con i colossi di Usa e Cina, partendo oggi dal possesso di una quota bassa delle piattaforme dati presenti nel mondo?

Oggi l’Europa ha, in effetti, secondo dati Gartner riferiti al 2019, meno del 5% delle piattaforme dati relative ad aziende quotate. Al di là delle ricadute economiche, dipendere completamente da tecnologie che non sono controllate dalla nostra giurisdizione è un rischio. Credo che l’economia del futuro sarà basata sulla capacità di sviluppare le proprie piattaforme, i nostri figli vivranno questo grande cambiamento, non è quindi una scelta che possiamo procrastinare o accantonare. Nel 2019 il mercato delle piattaforme in Europa è stato pari a 100 miliardi di fatturato, nel 2025 la previsione per la data economy europea è di un fatturato pari a circa un trilione. Ci si aspetta una crescita enorme, da conquistare. Mi aspetto che questo 5% nei prossimi 5 anni possa arrivare al 30% che potrebbe tradursi nel 50% considerato il solo territorio europeo. Cercheremo di fare un più in fretta possibile, bisogna fare scelta giusta per non tornare indietro. Credo gli strumenti e tempi ci siano, non sarà un’operazione velocissima, ma determinante e irreversibile.

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14/5/2021

Data pubblicazione
14 Maggio 2021
Categorie
DigitEconomy.24