La presidente del Consiglio nazionale delle ricerche nell’intervista a SustainEconomy.24, parla anche di Cop26 e del Pnrr
Siamo tutti chiamati ad una vera e propria rivoluzione culturale per affrontare le grandi sfide di questo momento storico. E per i ricercatori questo comporta l’assunzione di una grande responsabilità. Ma per avere chance di successo la ricerca ha bisogno di grandi investimenti strutturali. La presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Maria Chiara Carrozza, in un’intervista a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School chiede un piano strategico per la ricerca. Perché la transizione e il cambiamento vanno accompagnati. E perché la ricerca, come quella del Cnr, può rispondere alle esigenze di conoscenza ma anche a quelle del mondo produttivo italiano. Con risorse, ma anche con un cambiamento di sistema. E in vista di Cop26, la presidente Carrozza si aspetta «decisioni radicali e coraggiose, univoche e seguite da comportamenti coerenti” perché «non c’è scelta». Il Pnrr, aggiunge, è un’occasione unica per rilanciare il nostro Paese, ma investire in conoscenza è cruciale per il progresso di qualunque sistema Paese.
Le principali sfide per un futuro sostenibile sono i cambiamenti climatici, l’ambiente e il post-pandemia. Presidente, quale percorso va tracciato?
«Cambiamenti climatici, transizione digitale, salute, formazione sono le grandi sfide di questo momento storico e per affrontarle siamo chiamati a compiere una vera e propria rivoluzione culturale. Se non interveniamo immediatamente e decisamente, come comunità scientifica, come cittadini e come istituzioni, ci troveremo sempre più spesso in situazioni in cui dovremo affrontare le emergenze sanitarie, ambientali e socio-economiche in tempo reale, con tutte le difficoltà che abbiamo sperimentato in questi ultimi anni. Per i ricercatori questa sfida progettuale comporta l’assunzione di una grande responsabilità. Il percorso della scienza è infatti quello di un impegno costante e progressivo nella conoscenza che però ha tempi non sempre ponderabili e margini di incertezza forti, pertanto è difficile e non scontato raggiungere nuovi avanzamenti concreti, quelli che si traducono nel benessere materiale, pratico degli individui e della collettività. Per stringere i tempi e aumentare le chance di successo, la ricerca ha bisogno di grandi investimenti strutturali che sostengano il lavoro quotidiano. Faccio un esempio: oggi quasi tutti capiscono l’importanza dei vaccini e apprezzano che quello per il Covid-19 sia stato sviluppato così rapidamente, ma se abbiamo ottenuto questo successo è perché prima c’è stata una ricerca di base importante in biologia molecolare, in immunologia, in virologia. Senza questa ricerca fondamentale non sarebbe stato possibile affrontare la pandemia, con questi fondamentali presidi, in meno di un anno».
Si sta per aprire la Cop 26. Sostenibilità, energia, inquinamento e clima. Cosa si aspetta? E quali decisioni andrebbero prese?
«La sostenibilità è una parola chiave del prossimo futuro. Dalle istituzioni competenti, dagli organismi decisionali mi aspetto decisioni radicali e coraggiose, univoche e seguite da comportamenti coerenti. Altrimenti non saremo in grado di imprimere quel cambiamento di cui il pianeta ha bisogno per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. In senso più ampio, siamo davanti a una svolta che riguarda il futuro delle nuove generazioni nel senso dell’equità, tra aree del pianeta, fasce sociali e generazioni più e meno fortunate. Davanti a noi abbiamo quest’opzione, oppure quella dell’aumento dei divari socio-economici e degli impatti climatico-ambientali. In realtà non c’è scelta, lo capiamo bene».
Quali sono gli impegni del Cnr in tema di ricerca per l’ambiente e il clima?
«Serve un piano strategico per la ricerca in cui la sostenibilità sarà un pilastro fondamentale e in questo ambito le risorse multidisciplinari e territoriali del Cnr sono fondamentali. Ricordo intanto che nel primo working group del VI Rapporto Ipcc figurano tre nostri ricercatori, ma in generale la sostenibilità si fonda su competenze e conoscenze scientifiche precise quanto complesse. Il cambiamento e la transizione sono processi da seguire, accompagnare, prevedere, che rappresentano anche opportunità e prospettive di grande trasformazione industriale, economica, culturale. Al Cnr studiamo dalle scienze polari al rischio idrogeologico, dal monitoraggio del suolo alla biologia marina, dal monitoraggio dei dati alla modellistica previsionale, dalla chimica verde ai beni culturali. Per questo riteniamo di poter rispondere alle esigenze di conoscenza ma anche a quelle del mondo produttivo italiano».
Si parla tanto delle risorse del Pnrr. Quanto è importante investire in ricerca?
«Il Pnrr è un’occasione unica per rilanciare il nostro Paese, non abbiamo precedenti di un finanziamento del genere per la ricerca in Italia. Ma investire in conoscenza è cruciale per il progresso di qualunque sistema Paese, in qualunque fase storica. La scienza deve mettersi sempre di più al servizio della società ed essere messa in condizioni di servirla, mirando a raggiungere gli obiettivi da cui dipende il miglioramento della vita delle persone. Si deve fare molto sul reclutamento, sulle progressioni di carriera, sui livelli retributivi, bisogna facilitare i brevetti, sostenere le certificazioni, i trial sperimentali, fornire assicurazioni, strumenti legali, agevolare il passaggio dalla scienza di base all’applicazione tecnologica. Le risorse finanziarie sono importanti ma serve un nuovo modello, un cambiamento di sistema».
29/10/2021