L’intervista alla direttrice dell’associazione Laura Di Raimondo che rinnova l’istanza al Governo di finanziare il fondo di solidarietà
Focus sui bandi del Pnrr, con l’obiettivo di ottenere «il massimo dei benefici per il Paese» e di aumentare le competenze digitali, ma al contempo attenzione alla tenuta del settore telco, chiamato a ingenti investimenti. A parlare è Laura Di Raimondo, direttrice di Asstel, che chiarisce con DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School), la posizione dell’associazione di filiera in vista della rivoluzione digitale prevista da qui al 2025, secondo la strategia messa a punto dal ministero per l’Innovazione e la trasformazione digitale.Per Di Raimondo occorre, in primis, spalmare su un triennio la prossima scadenza per le telco del pagamento della rata da 4,8 miliardi relativa all’affitto delle frequenze 5G, in linea con i tempi dello sviluppo dei bandi legati al Pnrr. Richieste al Governo anche sul fondo bilaterale di settore, che prevede già il contributo di aziende e dipendenti. «Al ministero del Lavoro – afferma Di Raimondo – rinnoviamo l’istanza che per la fase di start up, almeno per un primo triennio, occorra un investimento da parte del Governo aggiuntivo rispetto a quello di imprese e lavoratori; ciò può avvenire anche attraverso le linee d’azione del Pnrr dedicate all’inclusione e allo sviluppo delle competenze».
Che prospettive si aprono per le telco con i bandi legati al Pnrr? Le tempistiche previste sono realizzabili?
Siamo fortemente impegnati ad affiancare le istituzioni nella messa a terra del Pnrr e nella missione di digitalizzare il Paese attraverso lo sviluppo dell’infrastruttura, della banda ultra-larga, del 5G. Il fatto che ci sia una tempistica fissata, logica comune a tutto il Pnrr, è importante e consente di velocizzare l’iter. L’obiettivo è quello di realizzare il massimo dei benefici per il Paese anche in termini di ambiente, e, quindi, di transizione ecologica ed energetica. In questo contesto, l’educazione digitale diventa fondamentale per colmare i divari esistenti nel nostro Paese, siano di competenze, di genere, generazionali e territoriali. Da un lato occorre educare la cittadinanza, e, quindi, entro il 2025 circa 120 milioni di cittadini europei, tra i 16-74 anni, dovranno sviluppare le competenze digitali. Dall’altro c’è il tema dell’orientamento dei ragazzi e delle ragazze verso le nuove professionalità. E, infine, per correre alla velocità necessaria per la piena attuazione del Pnrr, bisogna agire su re-skilling e up-skilling.
A che punto siete col piano di re-skilling delle telco che riguarda il 100% dei dipendenti?
Noi abbiamo l’85% della popolazione aziendale over 40 anni, il 15% over 55 anni, e l’1,9% under 30. Anche in relazione ai fabbisogni di nuovi profili professionali, c’è quindi l’evidente necessità di continuare nel percorso di up-skilling e re-skilling, con ancora più pervasività. La media, quest’anno, arriverà intorno a 9 giorni pro capite rispetto alle 4-5 giornate del 2021.
Come sta cambiando il modello di business del settore telco?
La filiera delle tlc è in profonda trasformazione e deve affrontare la sfida di ampliare le competenze interne e, in parte, il proprio modello di business per avere un ruolo importante nello sviluppo e nella diffusione di nuove piattaforme di servizi anche attraverso la costruzione di un ecosistema con attori di altre filiere.
Prima dell’estate dovrebbe essere completato lo switch off della tv, liberando così le frequenze adatte per il 5G acquistate dalle telco in asta, ma al contempo gli operatori dovranno saldare il conto con lo Stato. Le aziende sono pronte?
Abbiamo richiesto un approfondimento: occorre dilazionare gli oneri per l’affitto delle frequenze 5G, superando così la scadenza di settembre 2022. Anche considerati gli effetti del Covid e il rallentamento che ne è seguito per tutto il sistema.
A questo proposito avete avuto segnali positivi dal Governo?
Abbiamo portato avanti delle richieste al Mise e al Mef. Ora il dl Milleproroghe potrebbe essere il veicolo adatto per dare delle risposte agli operatori, chiamati ad una rata di circa 4,8 miliardi. Noi chiediamo che si possa rimodulare il pagamento con una scadenza triennale, fino al 2025, in linea con i tempi del Pnrr.
Sul fronte delle professionalità richieste, considerati anche i lavori aggiuntivi previsti dal Pnrr per la stesura delle reti, il settore si è attrezzato?
Attraverso formazione permanente e certificata, up-skilling e re-skilling, si possono dotare le persone delle competenze necessarie per le attività core da qui al 2026, al fine di realizzare quanto previsto dal Pnrr. Inoltre, è necessario investire sull’orientamento dalla scuola, negli Its e nell’università. Per questo è importante potenziare il sistema educativo, con l’attenzione puntata al rafforzamento delle discipline Stem, in particolare per le nostre ragazze. Peraltro, Asstel, sulla parità di genere ha di recente sottoscritto il manifesto di Valore D.
Qual è il numero di assunzioni complessive attese nel vostro settore?
Le previsioni, a fronte del quadro normativo attuale, sono di circa 3.700 assunzioni. Numero che si amplierà tanto più si investirà sulle politiche attive.
A che punto è, invece, il Fondo di solidarietà bilaterale, richiesto per supportare i processi aziendali di trasformazione e i percorsi di formazione, finanziato da aziende e lavoratori?
Siamo arrivati alla fase esecutiva della costituzione. Al ministero del Lavoro rinnoviamo l’istanza che per la fase di start up, almeno per un primo triennio, occorra un investimento da parte del Governo aggiuntivo rispetto a quello imprese e lavoratori; ciò può avvenire anche attraverso le linee d’azione del Pnrr dedicate all’inclusione e allo sviluppo delle competenze.
28/1/2022