I vantaggi della svolta sostenibile di finanza e imprese e l’accelerazione innescata dalla pandemia. Ma anche il Piano di ripartenza del Governo. Enrico Giovannini, portavoce di ASviS, Alleanza per lo sviluppo sostenibile, ne parla in una intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor
La pandemia ha accelerato la svolta sostenibile della finanza ma anche delle imprese e ha accresciuto anche la presa di coscienza della società. Enrico Giovannini, portavoce di AsVis, Alleanza per lo sviluppo sostenibile, in una intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor, sottolinea i vantaggi dalla scelta sostenibile e la necessità per il Paese di un piano di ripartenza ma soprattutto di resilienza trasformativa. Su questo l’ex ministro invita il Governo a non commettere errori. Per non rischiare bocciature dall’Ue.
Sostenibilità: una parola usata e abusata. Nell’economia e finanza è una moda o una priorità?
«È una priorità e la pandemia ha accelerato questo cambiamento, lo dicono i sondaggi, lo dicono i dati, le banche di investimento che hanno visto un orientamento ancora più forte dei risparmiatori verso fondi di investimento sostenibili e responsabili. Ma non è una sorpresa, questa crisi ha reso evidente che il livello di rischi cui siamo sottoposti. Questo cambiamento sta avvenendo per una presa di coscienza che già era in atto ma che ora coinvolge molte più persone di quante ne toccava prima».
Quindi, secondo lei, la pandemia di Covid-19 ha accelerato il cambiamento?
«La pandemia sulla finanza è stata certamente un acceleratore ma anche sulle imprese. I dati Istat mostrano che la quantità di imprese che a maggio erano già pronte a ripartire era del 20% per quelle imprese che prima della crisi non avevano scelto lo sviluppo sostenibile e del 40% tra le imprese che già prima avevano scelto la sostenibilità come visione strategica. Una differenza coerente con i dati già noti secondo cui le imprese che hanno scelto la sostenibilità hanno guadagni di produttività superiori fino al 15% rispetto a chi non la aveva scelta».
Dal lato, invece, del Governo e della politica, quali misure dovrebbero essere adottate e quali risorse messe in campo?
«A maggio come AsVis abbiamo presentato un rapporto che faceva una analisi dell’impatto della crisi ed evidenziava le politiche da mettere in campo. Le priorità erano: transizione ecologica, transizione energetica , transizione all’economia circolare, lotta alle disuguaglianze, digitalizzazione, semplificazione soprattutto per accelerare il percorso di uso dei fondi europei. Era l’inizio di maggio e oggi si parla esattamente di questi temi che ribadii anche come membro del comitato Colao che, non a caso, le tre priorità che indicava a giugno erano: transizione ecologica, digitalizzazione e lotta alle disuguaglianze poi fatte proprie dalla Ue. Quindi il piano italiano deve essere di ripresa e resilienza (parola che viene dimenticata quando di parla di Recovery Fund) che sono gli assi portanti. La ragione per cui insisto sulla resilienza è perché la resilienza trasformativa, cioè non tornare indietro ma sfruttare la crisi per rimbalzare avanti, è diversa ed è diventata il mantra della Commissione Ue che nel rapporto della scorsa settimana mette la resilienza trasformativa al centro usufruendo dei lavori che io e altri abbiamo fatto per 4 anni proprio per la Commissione. E sottolineo ancora resilienza perché l’Ue vuole che noi con questi fondi diventiamo meno fragili e vulnerabili, così potremo fronteggiare da soli le prossime crisi senza aver bisogno dei fondi degli altri. Per far capire la differenza rispetto al parlare solo di ripartenza.. Se non lo capiamo rischiamo già nel dibattito pubblico, ma sono sicuro che il Governo non farà un errore del genere, di vederci bocciati una serie di progetti perché non vanno in questa direzione, perché le precondizioni per l’accettazione dei progetti sono che vadano a favore di trasformazione ecologica, digitale e rafforzino la resilienza economica e sociale Questo dimenticare che l’iniziativa non si chiama Recovery Fund ma Next Generation, e che la facility che viene messa in capo si chiama Recovery and Resilience, speriamo non sia foriero di una impostazione sbagliata del piano italiano ma sono sicuro che il Governo non farà questo errore».
Dal prossimo 22 settembre promuovete l’edizione 2020 del Festival dello Sviluppo Sostenibile. Quale messaggio volete dare?
«Quest’annno abbiamo dovuto spostare il Festival da maggio-giugno a settembre-ottobre e si chiuderà l’8 ottobre, alla presenza del presidente del Consiglio, quando presenteremo il nostro piano che non potrà che ribadire le nostre proposte di maggio. Passeremo tre messaggi principali: il primo, nonostante la crisi avremo oltre 300 eventi e questo conferma lo straordinario interesse della società italiana per questi temi; secondo, è il momento chiave per cambiare le politiche ma anche i comportamenti di imprese e individui; terzo, daremo molto spazio ai giovani e alla loro visione di che cosa bisogna cambiare perché su di loro insisterà il debito che creeremo per rispondere alla crisi. Elementi importanti e ci aspettiamo che l’attenzione della società nel suo complesso possa crescere. Siamo a cinque anni dall’avvio dell’agenda 2030 e ci restano solo 10 anni che sono pochi, per realizzare quegli obiettivi».
17/9/2020