Il presidente dell’associazione, Lorenzo Poli, parla dei risultati raggiunti a livello di decarbonizzazione e si sofferma sull’attuale congiuntura
Il settore cartario italiano, a livello di decarbonizzazione, è uno di più avanzati d’Europa con l’85% dell’energia elettrica usata dalle cartiere proveniente da una cogenerazione in sito. E per il futuro c’è un ambizioso programma di utilizzo di biogas e biomasse. Lorenzo Poli, presidente di Assocarta, l’associazione che riunisce le aziende che producono in Italia carta, cartoni e paste per carta e coprono il 90% della produzione nazionale, traccia con SustainEconomy.24, il report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, i risultati del settore. Anche sul fronte del riciclo. E si sofferma sull’attuale congiuntura e sull’esigenza di un mercato davvero europeo dell’energia che annulli le differenze di prezzo con gli altri Stati europei, e della necessità di sterilizzare le speculazioni, perché il settore già è costretto a fermarsi.
Sul fronte della sostenibilità, il vostro settore ha già caratteristiche importanti ma ha, anche, portato avanti un percorso improntato alla decarbonizzazione. A che punto siete?
«A livello di decarbonizzazione, va ricordato che siamo, a livello industriale, uno dei settori più avanzati d’Europa in quanto settore della carta, che è il più sostenibile dei materiali sostenibili, ma soprattutto della carta italiana che – dovendo sempre fare i conti con un costo dell’energia relativamente più alto delle nazioni limitrofe – ha dovuto spingere molto sull’efficienza energetica sia nell’utilizzo sia nell’auto produzione. Oggi l’85% dell’energia elettrica usata delle cartiere italiane nasce da una cogenerazione fatta in sito e questo dà un senso del livello di decarbonizzazione importante. Poi abbiamo tutta una serie di progetti e programmi che vorremmo sviluppare in tempi rapidi, e mi riferisco al biometano e al biogas. Abbiamo chiuso un accordo quadro con il Consorzio italiano biogas e ci siamo dati un protocollo d’intesa che vede, da un lato, le cartiere investire in produzione di biometano e biogas e utilizzare lo stesso, dall’altro, il Consorzio e le industrie agroalimentari che con i loro residui possono produrre e compostare biogas. Analogamente vogliamo portare avanti dei progetti sulle biomasse e stiamo spingendo molto affimchè ci possa essere un’attenzione finalmente migliore sulla gestione forestale italiana».
Avete scritto, insieme ai sindacati, ai parlamentari europei per chiedere misure che consentano all’industria di proseguire sulla strada della neutralità carbonica al 2050. Cosa serve?
«A livello europeo, oggi, abbiamo assolutamente bisogno – ma abbiamo veramente un’esigenza istantanea – di una gestione diversa del mercato dell’energia: che diventi davvero un mercato unico europeo. Cioè, che il prezzo che paga un italiano sia il prezzo di un francese, un tedesco o di uno spagnolo senza che ci siano continue differenze tra le nazioni. E, secondo, abbiamo bisogno che il mercato venga il più possibile sterilizzato dalla speculazione finanziaria».
Voi non vi siete fermati con la pandemia. Ora però, in una situazione di prezzi energetici fuori controllo e, come diceva, anche frutto di speculazione, il conflitto in Ucraina e il problema delle materie prime, c’è il rischio di fermarsi davvero questa volta? Cosa chiedete?
«E’ vero, con la pandemia non ci fermammo. Eravamo pronti a fermarci ma poi alla fine il settore venne dichiarato essenziale e non ti fermi se arrivano gli ordini. Oggi, invece, ci siamo già fermati, a macchia di leopardo, un po’ tutti o tanti fra noi produttori di carta in Italia, e le ragioni sono i costi più che le materie prime, che sono andate negli ultimi periodi in tensione ma sono gestibili: se paghi trovi il materiale. Il problema sono stati soprattutto i costi dell’energia che nei momenti iper-speculativi – dove il gas, che oggi quota 100, è andato fino a 300 o anche solo a 200 – costringono i conti economici delle cartiere a una tal perdita che è conveniente star fermi. Costa meno star fermi che produrre. Cosa chiediamo? Io non ho mai chiesto niente perché penso che gli imprenditori debbano vivere i mercati per quello che sono. Ma, in effetti, c’è un’unica cosa che chiediamo: essere messi a pari competitività con gli altri player europei. La Francia, in gennaio, ha deciso una grossa operazione sull’elettricità mettendo a disposizione tanta energia elettrica ad un prezzo convenuto, che poi è quello del nucleare, la Germania ha fatto un’azione a livello di fiscalità per le imprese, l’Italia ha fatto un qualcosa cui noi plaudiamo perché è un primo passo di gestione delle emergenze e dimostra l’interesse verso la manifattura italiana ma, ad oggi, non abbiamo ancora contezza di cosa valga e non riesco a dirle se è tanto o se è poco. Parte dal mese di aprile e scopriremo a giorni di cosa stiamo parlando e capiremo se c’è un mantenimento della competitività al pari degli Stati europei. Ribadisco la necessità di un mercato unico europeo dell’energia perché non si può, a distanza di 100 km, avere trattamenti differenti».
Tornando all’economia circolare, la fotografia sul riciclo del settore delinea risultati importanti. E’ così?
«Tra le eccellenze da segnalare del settore cartario italiano c’è sicuramente quella del riciclo. Oggi in Italia più del 60% delle materie prime che utilizziamo viene da raccolta da macero e parliamo di numeri invidiati nel mondo. A questo va associato il fatto che questo macero resta sempre più in Italia. Fino a un paio d’anni fa ne esportavamo tanto, ora, invece, l’industria cartaria italiana è cresciuta a tal punto da diventare il secondo produttore europeo dopo la Germania e davanti a Svezia e Finlandia, che sono nazioni forestali, proprio perché utilizza il macero che è una delle nostre risorse nazionali».
1/4/2022