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02 Luglio 2024

La fiscalità delle imprese in Italia: la ricerca Luiss Business School

Luiss Business School ha analizzato il funzionamento del sistema fiscale italiano applicato alle imprese, con l’obiettivo di comprendere se alcuni settori contribuiscono maggiormente alle entrate pubbliche rispetto ad altri ed identificarne le motivazioni. L’analisi economica e finanziaria condotta ha esaminato gli indicatori principali del bilancio delle prime 3.000 aziende operanti in Italia, classificate per settore di appartenenza. I comparti indagati comprendono agricoltura, alloggio e ristorazione, commercio (al dettaglio e all'ingrosso), costruzioni, settore immobiliare, informatica, servizi personali, telecomunicazioni, trasporti e utilities. Sono stati calcolati, tra gli altri, il carico fiscale complessivo rispetto al valore aggiunto[1] e il carico fiscale complessivo in relazione ai ricavi[2]. Per approfondire, accedi alla ricerca integrale. Accedi alla ricerca integrale [1] Questo indicatore, rappresentato dal rapporto tra la somma delle imposte sul reddito (IRES e IRAP) e degli oneri sociali e il Valore Aggiunto, fornisce una misura del carico fiscale totale sostenuto dal settore. Il Valore aggiunto rappresenta la misura principale della capacità contributiva di un'azienda e indica il valore aggiunto dalla sua attività economica, cioè la differenza tra il valore della produzione e i costi intermedi. [2] Questo indicatore, calcolato come rapporto tra la somma delle imposte sul reddito e degli oneri sociali e i Ricavi delle vendite e delle prestazioni, offre una misura alternativa del carico fiscale complessivo. In particolare, si utilizza come base imponibile di riferimento la dimensione dell'attività economica dell’impresa approssimata dal livello dei ricavi.

26 Gennaio 2022

Global Minimum Tax, Boccardelli: «Ridurrà lo svantaggio di competitività dell’Italia»

Il Direttore Luiss Business School inquadra l'impatto della misura europea sul sistema Paese: «con i fondi della GMT bisogna investire su altri fattori della competitività, come digitalizzazione e costo energie» Dalla sua approvazione al G20, la Global Minimum Tax continua a tenere banco. Benché miri a una tassazione più equa da imporre a quelle imprese nazionali e internazionali sempre alla ricerca di aliquote e sistemi fiscali più favorevoli ai propri utili, la GMT rappresenta anche un'opportunità non solo per l'Unione Europea ma anche per l'Italia. Il Paese combatte da sempre con una pressione fiscale altissima, che smorza l'attrattiva verso capitali e gruppi esteri. Ma, come spiega Paolo Boccardelli, Direttore Luiss Business School, «la Global Minimum Tax può essere un'ulteriore occasione per ridurre lo svantaggio di competitività dell'Italia rispetto ad altri. Affinché ciò succeda, bisognerà utilizzare i ricavi di questa tassazione per investire su altri fattori, come digitalizzazione e costo delle energie». Cos'è la Global Mininimum Tax La Global Minimum Tax è l’imposta minima del 15% che si applicherà agli utili dei grandi gruppi che hanno un fatturato consolidato superiore ai 750 milioni di euro. È stata approvata durante il primo giorno del G20 di Roma e mira a garantire un livello di tassazione minimo per le imprese internazionali, quale che sia il Paese in cui operano, evitando che queste continuino a trasferire la propria sede fiscale in un paese dove il trattamento è più favorevole. L'obiettivo è realizzare una redistribuzione del gettito fiscale e, come spiega Andrea Silvestri, Adjunct Professor, Luiss Business School, «limitare la competizione a ribasso tra i vari stati che, nel corso del tempo, per attrarre investimenti di impresa hanno ridotto le aliquote fiscali e hanno previsto delle agevolazioni». Al momento sono 137 (su 140) gli stati del mondo che hanno accettato l'accordo OCSE in cui la GMT è presente. Ci sono pochissime eccezioni all'applicazione della GMT, come i fondi pensione e i fondi di investimento. Per determinare il reddito soggetto alla GMT si parte dall'utile contabile, quello che ciascuna società deve determinare sulla base del reporting package ai fini del bilancio della sua specifica capogruppo. A questo gruppo vengono apportati degli aggiustamenti limitati (dividendi e plus valenze per partecipazione). Su questo si crea la prima base di calcolo della tassazione. Poi si passa a determinare le imposte rilevanti (imposte correnti che risultano da bilancio, a cui vengono applicati piccoli aggiustamenti). Questo dà l'effective tax rate, che riguarda tutte le società del gruppo in una determinata giurisdizione. Anche gli Stati Nazionali potranno applicare la Domestic Top Up Tax, qualora ci siano evidenze di differenze non tassate. Le recenti modalità applicative adottate dall’OCSE e la proposta di direttiva della Commissione Europea forniscono un quadro dettagliato, ma su cui rimangono zone d'ombra. La Global Minimum Tax è una profonda innovazione nel sistema di tassazione per tutti i Paesi che hanno aderito, come spiega Francesca Mariotti, Direttore Generale, Confindustria, «è una novità importante che cambia il panorama della fiscalità internazionale alla luce di un’economia radicalmente trasformata dagli ultimi decenni.L’Italia deve essere protagonista di questi processi per assicurare un ambiente favorevole alla crescita e allo sviluppo competitivo delle imprese sul piano internazionale, garantendo un’equa tassazione ed evitando nuovi oneri su chi già paga le imposte in misura adeguata». L'impatto della Global Minimum Tax sul sistema Paese Secondo i dati Istat 2019, la Global Minimum Tax si dovrebbe applicare a 800 unità locali, pari allo 0,3% dei gruppi domestici, responsabili di 20 miliardi di valore aggiunto e 52 miliardi di fatturato prodotto. Considerando i gruppi multinazionali con casa madre nazionale, con i requisiti di fatturato consolidato superiore ai 750 milioni di euro, a rispondere alle nuove regole saranno 800 gruppi domestici, pari al 2,2% dei gruppi domestici. Sono responsabili di 58 miliardi di valore aggiunto e 250 miliardi di fatturato prodotto nel 2019. «Non sono numeri elevati, ma rappresentano imprese di particolare valore. Le aziende italiane hanno accolto con ottimismo gli esiti del lavoro sul pillar due dell'OCSE, un risultato per nulla scontato e positivo. Le fughe in avanti e le sperimentazioni domestiche non ci hanno mai visti favoriti. Tuttavia, ci sono aspetti critici e incerti, come gli oneri amministrativi e di compliance che si possono generare. Occorrono dei correttivi che semplifichino l'attuazione», ha aggiunto Mariotti. «Gli stati hanno iniziato a ragionare su nuovi modelli di business – ha spiegato Paolo Valerio Barbantini, Agenzia delle Entrate – La crisi finanziaria ha spinto l'opinione pubblica a scagliarsi anche contro il reddito non tassato che le multinazionali riuscivano a portare a casa negli Stati in cui operavano. Se lo scopo era mettere un freno alla concorrenza fiscale dannosa, le modalità proposte dall'OCSE sono interessanti. La Global Minimum Tax assicura che le multinazionali paghino un congruo ammontare di tasse sul reddito interessato». Gli interventi sono stati raccolti durante l'evento Nuove regole per l’economia globale: quali saranno gli effetti per le istituzioni e le imprese italiane della recente Global Minimum Tax?, tenutosi il 20 gennaio presso la sede di Luiss Business School, Villa Blanc, Roma. Sono intervenuti Paolo Boccardelli, Direttore, Luiss Business School, Andrea Silvestri, Adjunct Professor, Luiss Business School, Francesca Mariotti, Direttore Generale, Confindustria, Paolo Valerio Barbantini, Agenzia delle Entrate, Valerio Barbantini, Vicedirettore, Agenzia delle Entrate, Alessandro Bucchieri, Head of Tax, Enel, Silvia Sardi, Group tax director, Ariston Group, Giuseppe Zingaro, Head of Group Tax Affairs, UniCredit Group. RIVEDI IL WEBINAR 26/1/2022