23 Settembre 2020
Al via oggi l' “Export Champion Program”, un programma di alta formazione tecnico-manageriale promosso da SACE SIMEST, in collaborazione con Luiss Business School e Ambasciata d'Italia negli Emirati Arabi Uniti, che ha visto gli interventi istituzionali di Nicola Lener, Ambasciatore d’Italia negli Emirati Arabi Uniti, e Omar Obaid Mohammed Al Hossan Al Shamsi, Ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti in Italia. Il progetto si rivolge a un selezionato numero di PMI esportatrici, interessate ad approfondire la conoscenza del mercato emiratino e intercettare opportunità commerciali. Il programma mira a: Rafforzare le competenze tecnico-specialistiche aziendali in tema di export e internazionalizzazione; Approfondire la conoscenza degli strumenti SACE SIMEST per operare in maniera sicura e solida in UAE; Favorire lo scambio di buone prassi e la creazione di nuove sinergie di filiera tra le imprese partecipanti. SCOPRI DI PIÙ 23/9/2020
15 Settembre 2020
Nel corso della nuova edizione gli studenti svilupperanno proposte per le future strategie di YOOX ancora più sostenibili Luiss Business School riapre agli studenti e riprende le attività didattiche in presenza a Villa Blanc con l’MBA International Week. La quarta edizione del programma, in partnership con YOOX NET-A-PORTER GROUP, vedrà 20 studenti MBA di ESSEC Business School in Francia, Mannheim Business School in Germania, KU Leuven in Belgio confrontarsi sul business case “YOOX – Beyond seasons, beyond trends: the future of fashion e-tail”. L’MBA International Week è un appuntamento della Luiss Business School che ogni anno si focalizza sulle sfide future del Made in Italy e che vedrà al centro dell’edizione 2020 le trasformazioni di moda e lusso sempre più all’insegna della sostenibilità. La collaborazione con YOOX NET-A-PORTER sarà un’occasione unica per gli studenti internazionali di conoscere in prima persona e approfondire sul campo la storia di YOOX, primo e-commerce al mondo di moda e lusso, nato in Italia e diventato un successo globale. Oltre ai workshop e alle lezioni, che coinvolgeranno anche Paolo Mascio, Presidente Fashion Division di YOOX NET-A-PORTER, gli studenti visiteranno l’innovativo centro di distribuzione di Bologna. Alla fine della settimana, i partecipanti all’MBA International Week avranno l’opportunità di proporre le proprie visioni sulle strategie future di YOOX, da sempre leader nel settore della moda e del lusso per l’adozione di comportamenti sostenibili. Fin dalla sua nascita nel 2000, infatti, YOOX ha sempre promosso un approccio consapevole e responsabile allo shopping, incoraggiando i clienti a rispettare il pianeta attraverso acquisti che durano nel tempo e superano il concetto di stagionalità delle collezioni. “L’MBA International Week è un’occasione unica per approfondire le eccellenze del Made in Italy e stimolare con avanzati casi di studio gli studenti MBA delle più prestigiose Business School internazionali – ha dichiarato Raffaele Oriani, Associate Dean Luiss Business School e MBA Director –. Il business case di Yoox ci permetterà di analizzare un successo internazionale dal punto di vista dell’innovazione e di esplorare le opportunità di un futuro sostenibile, essenziale per ripensare i modelli di business”. “Siamo felici di collaborare con la Luiss Business School e condividere con gli studenti internazionali l’esperienza ventennale da pionieri nel settore dell’e-commerce della moda e del lusso e la visione strategica per il futuro dell’industry. Per affrontare le sfide imposte da un settore in forte fermento è indispensabile investire nel capitale umano, supportare i giovani e favorirne la crescita. La sostenibilità è sempre stata nel DNA di YOOX quindi instaurare un dialogo con i migliori talenti su questi temi è fondamentale per formare leader del futuro più consapevoli.” ha concluso Paolo Mascio, Presidente Fashion Division di YOOX NET-A-PORTER. 15/09/2020
28 Ottobre 2019
Commento di Matteo Caroli, Associate Dean for Executive Education Luiss Business School, pubblicato su Repubblica Affari & Finanza, 28 ottobre 2019 L’agricoltura italiana è sempre più avviata verso l’eccellenza internazionale: le aree di miglioramento ovviamente non mancano, ma i dati sono positivi e robusti. Nel nostro Paese, il valore aggiunto agricolo supera il 2% di quello totale, contro l’1,7% della Francia e cifre al di sotto dell’1% in Germania e Regno Unito. Dal 2015, l’occupazione in agricoltura è in deciso aumento ed è ormai pari a poco meno del 4% del totale; anche in questo caso, il dato è molto superiore a quello di Francia, Germania e Regno Unito. Nell’ultimo decennio, la produttività del lavoro è cresciuta in maniera consistente, anche se il dato congiunturale degli ultimissimi anni non è positivo. Infine, si registra un incremento di quasi il 4% delle esportazioni agricole; di circa il 6% dei prodotti alimentari trasformati e del 7,5% delle bevande. Agricoltura: più occupazione, export e produttività Sono i risultati di un processo avviato una quindicina di anni fa, quando si iniziò a percepire il grande potenziale economico delle nostre filiere agroalimentari e, allo stesso tempo, l’attrattività di questi comparti da un punto di vista anche lavorativo, sociale e culturale. Come in altri settori, si comprese che la strada maestra non poteva che essere la qualità del prodotto e la valorizzazione del suo legame a tutto tondo con il territorio di origine. Oggi l’Italia vanta il più alto numero di prodotti agroalimentari a denominazione registrati nella UE, con una buona distribuzione territoriale, grazie all’accelerazione in questi ultimissimi anni delle regioni meridionali. Sono anche in crescita il numero degli operatori, degli impianti di trasformazione e della superfice agricola coinvolti nelle filiere dei prodotti DOP e IGP. E non è solo un fatto di certificazioni: a livello internazionale, i prodotti agroalimentari italiani sono quasi sempre posizionati nelle fasce alte, non di rado “premium”, dei mercati. Un posizionamento forte che riguarda non solo le specifiche marche, ma spesso l’offerta nel suo insieme di numerose tipologie di prodotto, magari di nicchia. Valorizzazione del territorio di origini dei prodotti Tuttavia, la sempre maggiore complessità del consumatore e la rapida crescita dell’offerta proveniente dai Paesi emergenti spostano sempre più in alto l’asticella. Le nostre imprese devono quindi continuare a migliorare su tutte le componenti fondamentali della qualità percepita del prodotto alimentare: sicurezza, salute, benessere ed esperienzialità. È anche necessaria un’intensa azione di comunicazione per sviluppare nel largo pubblico una vera educazione alimentare, che chiarisca come l’impatto sulla salute non dipenda dalle caratteristiche di un singolo alimento ma dalla qualità della dieta e quindi dai quantitativi complessivamente assunti, oltre che da un corretto stile di vita. Bisogna continuare a lavorare sulla qualità “esperienziale” in termini di miglioramento del gusto, di valorizzazione dei significati immateriali del prodotto, delle sue connessioni con il territorio di origine e con la cultura locale; potenzialmente rilevante è anche la storia del prodotto e dell’azienda che lo realizza. Agricoltura più smart: investire nell’innovazione Cruciale è inoltre il tema dell’innovazione. Le quattro grandi traiettorie tecnologiche in atto, digitale, big data, intelligenza artificiale e “internet of things”, blockchain determineranno un cambiamento strutturale dell’agricoltura: da un lato, favoriscono il radicale miglioramento della produttività e la riduzione dei costi; dall’altro, creano le condizioni per garantire la massima sicurezza alimentare e il perfetto adeguamento dell’offerta alle specifiche esigenze del singolo cliente. Gli spazi di crescita sono amplissimi, considerato, ad esempio, che si stima sia gestita in modo “smart” solo l’1% della superfice agricola nel nostro Paese. Che il settore sia in fermento è confermato anche dalle circa cento start-up innovative nate in questi anni in Italia per fornire tecnologie per il miglioramento dell’efficienza e la sostenibilità delle produzioni agricole. Tre condizioni per la crescita dell’agricoltura in Italia Ci sono tre condizioni, tra loro collegate, fondamentali perché il nostro sistema agricolo colga queste opportunità e rafforzi la sua espansione qualitativa e quantitativa. La prima è l’integrazione con l’industria di trasformazione: lo sviluppo anche nei Paesi emergenti di imprese agroalimentari di grandissime dimensioni capaci di competere sui mercati internazionali, la necessità di realizzare forti investimenti in tecnologia, l’aumento dei rischi determinato dai cambiamenti climatici, il crescente squilibrio tra domanda e offerta di alimenti sono tutte sfide che si affrontano meglio integrando la filiera così da raggiungere una adeguata “massa critica” in termini di capacità produttiva, visibilità sul mercato, produttività, efficienza logistica. La seconda condizione è quindi il superamento del nanismo delle imprese agricole (e alimentari) italiane. Anche in questo caso, la tendenza è positiva: da diversi anni si osserva una costante concentrazione dei terreni agricoli in un numero decisamente minore di aziende: in particolare, dal 2013 il loro numero è diminuito di quasi un quarto, mentre la superficie agricola utilizzata è leggermente aumentata; di conseguenza, la superficie media aziendale è cresciuta da circa otto a oltre undici ettari. Infine, è necessaria una strategia a livello nazionale che indirizzi lo sviluppo delle produzioni agricole sulla base delle reali vocazioni dei territori; serve un approccio analogo a quello dei cluster nel manifatturiero o nei servizi avanzati: specializzazioni produttive (che non significa necessariamente mono-culture) in relazione alle caratteristiche del contesto, e filiere integrate possibilmente fino alla distribuzione al cliente finale. 28/10/2019
22 Gennaio 2018
Articolo di Luca Pirolo, Direttore del LUISS Creative Business Center della LUISS Business School Uno dei marchi più famosi del made in Italy è andato alla conquista del mercato americano. Si tratta del Gruppo Ferrero che, lo scorso 16 gennaio 2018, ha annunciato l’accordo per l’acquisizione del business dolciario statunitense di Nestlé. L’operazione, del valore di 2,9 miliardi di dollari, porterà Ferrero – ad oggi la quarta più grande azienda nel mercato globale del cioccolato confezionato, con vendite per oltre 10 miliardi di dollari – ad acquisire più di 20 storici brand americani tra cui Butterfinger, BabyRuth, 100Grand, Raisinets e Wonka, più il diritto esclusivo sul marchio Crunch negli Stati Uniti e i brand di caramelle SweeTarts, LaffyTaffy e Nerds. Ferrero, già nota negli Stati Uniti oltre che per Nutella, per prodotti come le caramelle Tic Tac e i cioccolatini Rocher, aggiunge quindi marchi che valgono circa 900 milioni di dollari di fatturato. Ma perché allora questa discrepanza tra il valore dell’operazione e il valore reale generato dalle vendite dei brand acquisiti? Innanzitutto, attraverso questa acquisizione Ferrero scala una posizione tra gli operatori del settore dolciario diventando, quindi, il terzo produttore più grande a livello globale, con una fetta di mercato probabilmente destinata ad aumentare di molto nelle prossime rilevazioni. Nel corso del 2017, Ferrero aveva già completato altre due importanti acquisizioni nel mercato americano: in marzo, la società di Alba aveva preso il controllo di Fannie May, impresa specializzata nella produzione di cioccolato premium, per 107 milioni di euro; pochi mesi più tardi, in ottobre, era stato il turno di Ferrara Candy, terza società statunitense nel settore delle caramelle e delle gomme da masticare. L’operazione Nestlé rappresenta quindi una strategia ben definita attraverso cui Ferrero si pone l’obiettivo di entrare in un mercato dolciario, quello americano, che è il più grande del mondo per consumo e opportunità. Si tratta di una scelta innovativa che segna un’importante rottura rispetto al passato della società. Nel corso dei primi 50 anni di storia dell’azienda, infatti, Michele Ferrero, storico fondatore della società, aveva pensato a far crescere il gruppo sul territorio nazionale. La nuova generazione, rappresentata dal figlio Giovanni, attualmente presidente esecutivo della società, ha invertito questa tendenza dando vita ad una serie di operazioni che mostrano un atteggiamento diametralmente opposto. Il fatto che le strategie siano sempre più da multinazionale non deve tuttavia far credere che il legame con il territorio nazionale e, nello specifico con Alba, comune piemontese in cui la società è nata, sia svanito. Al contrario, il legame è rimasto forte ed imprescindibile come mostrano gli ottimi numeri sulla tenuta occupazionale e sui lavoratori stagionali impiegati. Le strategie di crescita oltreoceano sono quindi possibili perché basate sulla solidità della produzione e del know-how albese. La strategia di acquisizione è inoltre frutto anche di una nuova sensibilità del mercato americano per un’alimentazione più sana. Le pressioni significative di associazioni e gruppi di interesse hanno, infatti, spinto molte società, tra cui la stessa Nestlé, ad abbandonare il business dei dolci zuccherati e focalizzarsi su altro. Il CEO del gruppo elvetico ha ad esempio dichiarato di voler investire e innovare in alcuni settori in forte crescita come il pet care, il caffè, l’acqua minerale, i surgelati e i prodotti per l’infanzia. Anche il gigante Mars, primo operatore nel settore dolciario americano, si è da poco avvicinato al mondo del fitness con la vendita di barrette proteiche e prodotti più sani ed equilibrati. Ferrero, essendo una società di proprietà di una singola famiglia e non quotata in borsa, è meno esposta a questo tipo di pressioni e può quindi continuare ad operare nel settore dolciario con meno problemi anche in virtù del fatto che i prodotti offerti sono senza dubbio di qualità maggiore rispetto a quelli di Nestlé o Mars. La reale preoccupazione di alcuni esperti del settore è comprendere come riuscirà Ferrero ad inserire i prodotti Nestlé tra i suoi marchi di alta gamma, ma questo è un tema che attiene alla future decisioni in tema di posizionamento e, più in generale, di strategie di marketing. Il master in Food and Wine Business della LUISS Business School offre una formazione manageriale generale combinata allo sviluppo di competenze specifiche della filiera, per preparare figure professionali specializzate in grado di affrontare le sfide del settore enogastronomico in un contesto internazionale e multiculturale. Food & Wine Manager, consulenti per il riposizionamento aziendale e la creazione di Start up nell’ambito della ristorazione, Banqueting Manager, Communication Manager, responsabili Relazione esterne, Marcom Manager & Pr Manager: scopri i profili in uscita del Master in Food & Wine Manager del LUISS Creative Business Center! DOWNLOAD BROCHURE 22/02/2018