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18 Maggio 2023

Ascolto, fiducia e flessibilità: il modello lavorativo vincente di Amgen Italia

Con il flexible working il team italiano affronta il New Normal in controtendenza rispetto alle altre organizzazioni. Lo racconta un business case targato Luiss Business School In un report di dicembre 2021 l'Ocse aveva profetizzato che «le innovazioni nei metodi professionali con l’adozione massiccia del lavoro a distanza» sarebbero rimaste tali e quali anche negli anni a venire. Ma questa speranza sembra svanita. Le aziende di tutto il mondo stanno richiamando i propri dipendenti e manager in ufficio. Ma c'è qualcuno che va controcorrente, come dimostra il business case “Amgen: quando lo Smart working diventa lavoro agile per una crescita sostenibile. Il ricercato equilibrio tra DNA aziendale, ingaggio dei dipendenti e competitività”. Condotto da Maria Isabella Leone, Direttrice Osservatorio sull’equità di genere nella leadership in Sanità, Luiss Business School, e Ginevra Assia Antonelli, Dottoranda di Ricerca in Gestione dell’Innovazione (aperta) e pratiche organizzative, Luiss Guido Carli, lo studio dimostra come la strada per creare engagement e nuovi modelli di organizzazione passi dal mettere le persone al centro. Ne abbiamo parlato con Livia Alessandro, Direttrice HR, Amgen Italia. In questo New Normal, dopo l'isolamento della pandemia, come possono le aziende mettere le persone al centro? Come lo ha fatto Amgen? Amgen ha iniziato questo percorso ormai da molti anni, valorizzando il capitale umano con politiche che riflettono i nostri valori: completa fiducia e collaborazione. Mettere le persone al centro significa riconoscere che le colleghe e i colleghi sono la risorsa più importante per l'azienda. Di conseguenza, valorizzare le loro capacità, fare in modo che possano esprimere il loro potenziale, tutelando il loro benessere, sono aspetti fondamentali per la buona salute dell'azienda stessa. Alcuni esempi: non timbriamo il famoso cartellino da 10 anni e avevamo già prima della pandemia la possibilità di lavorare in smartworking. Per questo, per quel che ci riguarda, il New Normal ha impattato molto poco dal punto di vista organizzativo. Eravamo già pronti, ma abbiamo dovuto riorganizzare le nostre modalità di interazione, collaborazione e scambio. La pandemia ci ha offerto l'occasione di fare un passo avanti. Su cosa avete lavorato? Prima di tutto, abbiamo lavorato per favorire un’evoluzione dell’ingaggio e su una comunicazione con i colleghi continua e trasparente. Prima della pandemia era possibile, dato il contesto fisico, comunicare in maniera più immediata, quando lo si fa attraverso uno schermo si deve essere quanto più efficaci e chiari possibile. Ciò è rimasto anche dopo la pandemia. Abbiamo favorito un dialogo su attività e politiche aziendali. Un altro punto fondamentale è stato offrire una formazione continua: abbiamo lavorato sulle competenze tecniche, sulle soft skills, con particolare attenzione sul change management. Inutile negare che l'organizzazione del lavoro post-pandemia è cambiata, a partire dalla leadership fino all'interazione con i colleghi. Abbiamo lavorato sulla flessibilità. Le aziende dovrebbero esserlo, noi lo siamo sempre stati. L'ultimo punto fondamentale è stato l'ascolto strategico. “Mettere al centro le proprie persone, ascoltarne i bisogni per individuare insieme le risposte più giuste è uno dei punti di forza di Amgen”. Perché puntare sull’ascolto e quali sono stati i pilastri di questa strategia? L'ascolto strategico va oltre il semplice ascolto attivo. Permette di misurare il clima aziendale e aiuta a prendere le decisioni anche tenendo conto delle indicazioni della popolazione aziendale. Ciò significa costruire sulla fiducia. Nel lungo periodo è fondamentale, soprattutto in un'organizzazione con lavoro ibrido, in cui non richiediamo la presenza costante in ufficio. Abbiamo creato finestre di ascolto e anche grazie alla predisposizione delle persone a interagire, c’è stato un punto di svolta. Le persone devono sapere che quello che ci dicono e come ce lo dicono, fa la differenza. Un esempio su tutti: il continuo adattamento della nostra policy di smart working, fino ad arrivare al modello attuale che noi chiamiamo flexible working. Nella vostra azienda il lavoro agile viene considerato abilitante di una crescita sostenibile, capace di innescare anche l'ingaggio dei dipendenti e competitività. Qual è la formula vincente dietro questo modello? Quando si esplora una nuova era, ci sono tanti punti interrogativi. Siamo partiti da due punti solidi: l’ascolto, come spiegavo prima e la fiducia rispetto all'organizzazione. Quando abbiamo deciso di evolvere il nostro modello lavorativo abbiamo optato per una liberalizzazione completa tenendo anche conto anche delle richieste della popolazione aziendale. In accordo con le rappresentanze sindacali, oggi abbiamo solo due giorni al mese obbligatori di lavoro in ufficio, ma notiamo che le persone di sede tendono a venire in ufficio un paio di volte a settimana.  Abbiamo reso flessibile anche l'orario, 8 ore di lavoro comprese tra le 7 e le 20. Questa fiducia ha responsabilizzato ulteriormente i colleghi e ha garantito il raggiungimento degli obiettivi individuali e di team. Possiamo contare su una maturità dell'organizzazione. In che modo? Tra i valori di Amgen c'è quello di “collaborare, comunicare ed essere responsabili”. Il nostro approccio, legato alla matrice americana si riflette sulla responsabilizzazione di ciascuno, tutte le persone sono “imprenditori” del proprio ruolo, sanno che devono programmare obiettivi di medio, breve e lungo periodo. La combinazione tra la matrice americana e l'approccio locale volto alla fiducia ha fatto sì che la formula diventasse vincente. Secondo un report di Manpower, la maggior parte dei lavoratori (51%) e la metà dei datori di lavoro (50%) sostengono che le idee più creative nascono durante le sessioni di brainstorming dal vivo. Qual è il suo pensiero? L’ingaggio delle persone in un contesto di lavoro ibrido è stata una tematica complessa da gestire e sulla quale lavoriamo di più sul lungo periodo. Eseguiamo due sondaggi l'anno, per misurare il clima aziendale e individuare le motivazioni che spingono le persone a lavorare in modalità ibrida. Questo ci permette di adeguare le policy. Durante la nostra ultima indagine, eseguita a luglio 2022, il 90% degli intervistati si è detto soddisfatto delle nostre politiche di flexible working. D'altra parte, il 70% delle persone afferma che il lavoro in presenza alimenti il networking e la collaborazione. Da qui abbiamo sviluppato un approccio per il quale prediligiamo il lavoro in presenza per attività che necessitino di uno scambio maggiore tra i team, come per esempio riunioni dove dobbiamo condividere decisioni importanti e il brainstorming. Con il mio team, ogni sei settimane abbiamo un deep dive meeting in presenza per confrontarci e approfondire degli argomenti specifici.  “Il mercato italiano è tra i più strategici per il gruppo”. Come Amgen Italia punta a fare la differenza nel settore farmaceutico nazionale? Amgen è leader nel settore delle biotecnologie farmaceutiche e grazie a una profonda conoscenza della biologia, unita alle tecnologie più innovative, è in grado di rendere disponibili ai pazienti soluzioni inedite per il trattamento delle patologie più gravi. In Italia siamo presenti, con circa trecento collaboratori e un mercato che per dimensioni è il sesto del gruppo a livello globale: siamo una realtà saldamente inserita nel tessuto economico, scientifico e sociale del paese.  Puntiamo a “fare la differenza” mettendo a disposizione competenze scientifiche e soluzioni terapeutiche innovative in onco-ematologia, nel cardiovascolare nelle malattie infiammatorie e nell’osteoporosi: tutte aree nelle quali Amgen dispone di una pipeline R&S ampia e innovativa. L’Italia, pienamente partecipe di questi sviluppi, gioca un ruolo significativo e qualificato nelle attività di ricerca clinica: nel 2022, 42 studi clinici, 282 centri di ricerca coinvolti con 100 nuovi studi, 785 pazienti arruolati. Inoltre, con i biosimilari contribuiamo ad affrontare i grandi problemi della salute e dell’accesso alle terapie innovative, offrendo farmaci biotecnologici ai pazienti in modo sostenibile per il sistema sanitario e consentendo di liberare risorse da destinare alla ricerca. Forti di un’esperienza pluriennale a contatto con pazienti, medici, istituzioni, in Italia siamo partner di questi interlocutori nella ricerca di risposte alla domanda di salute che viene dai cittadini. Al centro delle nostre attività, ci sono le persone: pazienti, professionisti della salute e naturalmente i collaboratori dell’azienda. Tra questi ultimi, un impegno speciale è dedicato ad attrarre e trattenere i giovani talenti, ma questa attenzione ai giovani va anche oltre i confini dell’azienda. Come investite su questo segmento? In primo luogo, investiamo per attrarre nuove generazioni all'interno dell'azienda. Il 28% delle persone di Amgen è under 40. Inoltre, attraverso la Fondazione Amgen realizziamo, anche in Italia, programmi con l’obiettivo di ispirare gli innovatori di domani e indirizzati allo sviluppo e diffusione della cultura scientifica per studenti e insegnanti delle scuole superiori e degli studenti universitari. Tra questi programmi, Amgen Scholars apre le porte dei più prestigiosi laboratori di ricerca internazionali agli studenti universitari più meritevoli e offre la possibilità di lavorare a progetti di ricerca reali. Dal 2009 sono stati coinvolti oltre 40 giovani talenti italiani. Interessanti sono anche Amgen Biotech Experience per gli studenti delle scuole superiori che hanno l’opportunità di vivere l’emozione della scoperta scientifica grazie a formazione e attrezzature avanzate per la ricerca nei laboratori. Questo progetto, in Italia ha coinvolto oltre 8300 studenti e più di 250 insegnanti di oltre 125 scuole. Infine, di altrettanto successo è LabXchange, una delle più innovative piattaforme di e-learning progettata insieme all’Università di Harvard, volta a migliorare l’educazione scientifica su scala globale che ha coinvolto oltre 50.000 studenti italiani. Come l’approccio al lavoro di Amgen favorisce il women empowement nel settore farmaceutico, alla luce della partnership per l’Osservatorio sull’equità di genere nella leadership in sanità? Sul fronte del genere se nel settore pubblico ci sono ancora diversi passi da fare, lo scenario è molto più bilanciato nel privato.  Amgen ha una forte cultura inclusiva e attiva sul fronte della “Diversità Inclusione e Appartenenza”: al centro ci sono le persone indipendentemente da età, genere, provenienza geografica, orientamento sessuale, religione. Riconosciamo e diamo valore ai team diversificati. Sul fronte del genere negli ultimi 10 anni abbiamo costruito un percorso solido, in cui possiamo dire che siamo arrivati a una parità: abbiamo una popolazione femminile pari al 54% del totale. Di cui il 51,8% occupa posizioni manageriali. I dati sono chiari per questo non parliamo di diversità, ma di equità di genere.Questo è stato possibile anche grazie a politiche aziendali inclusive e che mirano a mettere tutti nelle stesse condizioni per portare risultati. La soluzione è appunto nella capacità dell'azienda di mettere in atto politiche efficaci per valorizzare i propri collaboratori e tese al costante miglioramento della qualità dell’ambiente di lavoro, innescando un circolo virtuoso. 18/05/2023

17 Maggio 2023

Maria Isabella Leone: «Flessibilità senza isolamento, garantendo inclusione e ingaggio: le frontiere della “great re-imagination” del lavoro»

La Professoressa Associata e Direttrice dell'Osservatorio sull’equità di genere nella leadership in Sanità di Luiss Business School, racconta il caso di studio condotto su Amgen Italia e le nuove frontiere della crescita organizzativa sostenibile Nel New Normal post pandemico le aziende sono davanti a un bivio importante. Ripristinare lo status quo con il ritorno dei propri dipendenti nei vecchi uffici o re-immaginare luoghi e pratiche di lavoro. Il case study “Amgen: quando lo Smart working diventa lavoro agile per una crescita sostenibile. Il ricercato equilibrio tra DNA aziendale, ingaggio dei dipendenti e competitività” mostra che l’ascolto attivo delle persone, lavoro flessibile e fiducia sono le leve abilitanti di una crescita sostenibile. Il lavoro di ricerca condotto dalla prof.ssa Maria Isabella Leone, Direttrice dell'Osservatorio sull’equità di genere nella leadership in Sanità Luiss Business School, e Ginevra Assia Antonelli, Dottoranda di Ricerca in Gestione dell’Innovazione (aperta) e pratiche organizzative Luiss Guido Carli, racconta e analizza l’evoluzione delle scelte organizzative di un’azienda, alla ricerca di nuovi modelli di lavoro in grado di attrarre e trattenere il talento. Maria Isabella Leone, quali sono gli spunti più interessanti in tema di lavoro agile nel caso di studio Amgen da lei condotto? Il caso studio Amgen, condotto all'interno dell'Osservatorio sull’equità di genere della leadership in sanità, ha la caratteristica di raccontare il percorso che l'organizzazione ha affrontato durante il cosiddetto New Normal per mettere a punto una nuova gestione delle risorse umane. Ha, dunque, il grande pregio di raccontare un tema visibile a tutti, ma di farlo in maniera granulare, analizzando le diverse fasi decisionali e le sfide legate ad esse. Siamo partiti dalla situazione pre-pandemia, dove furono prese scelte prodromiche, che avrebbero indirizzato il futuro dell’azienda, attivate in una situazione ancora non definita. Siamo passati poi ad analizzare la risposta reattiva alla situazione pandemica, che ha accomunato tantissime aziende. Fino a giungere, poi, ad una riflessione più accurata sulle implicazioni di tale scelte sul futuro dell'organizzazione. In definitiva, il caso studio analizza le scelte da compiere e come compierle, enfatizzando l'ascolto delle persone che resta centrale nelle decisioni da prendere. Inoltre, il testo permette di ragionare sui vari passaggi, sulle leve utilizzate e di inquadrare questa nuova modalità di lavoro come un fattore abilitante di una crescita sostenibile. Che cosa può testimoniare l’esperienza Amgen in termini di women empowerment, alla luce della partnership per l’Osservatorio sull’equità di genere nella leadership in sanità? L'Osservatorio rappresenta un luogo virtuale e fisico di dibattito e di confronto sui temi legati alla equa rappresentatività dei generi nelle posizioni apicali e, più in generale, alla diversità e inclusività nel settore sanitario. Ciò che emerge dal rapporto annuale e in particolare dall’indice “Gender Leadership Index in Health”, che unisce evidenze del settore pubblico e privato, è che le aziende farmaceutiche rappresentano esempi virtuosi di equa rappresentatività nelle posizioni apicali. In quest’ottica, il caso della azienda farmaceutica Amgen ci permette di dare maggiore sostanza al numero sintetico dell’indice. Nel caso specifico, ci permette di analizzare come gli strumenti di progettazione organizzativa, quali il contratto di Lavoro agile, possano fungere da volano per una forza lavoro bilanciata e inclusiva. I numeri di Amgen sono chiari in termini di presenza femminile e ci raccontano come vengono messe in pratica operazioni organizzative di inclusione come il lavoro flessibile (flex working) che sicuramente agevola il women empowerment, inteso come possibilità per le donne di poter portare avanti i propri talenti, trovando un buon work-life balance, senza dover rinunciare a nessuna opportunità di sviluppo personale e professionale. Che peso può avere il purpose aziendale su talent attraction e retention con o senza lavoro agile? Come Luiss Business School siamo molto attenti alla parte di formazione e accompagnamento dei partecipanti dei nostri corsi, e ad anticipare le dinamiche del mercato del lavoro. Subito dopo il primo lockdown si parlava di Great resignation. Oggi si parla di Great Re-imagination, che ci porta a re-immaginare proprio il significato del lavoro. Abbiamo colto le difficoltà portate dal Covid e le abbiamo trasformate in opportunità di maggiore autonomia e flessibilità. Allo stesso tempo, stiamo ripensando a come non trasformarle in situazioni di isolamento individuale diffuso. Di conseguenza, i talenti decidono di candidarsi in posizioni lavorative caratterizzate da un purpose aziendale che rifletta queste nuove dinamiche e assicuri nuovi requisiti essenziali.   Quali sono? Secondo i dati del McKinsey Great Attrition and Great Attraction 2.0. Global Survey (2022), si chiede un luogo di lavoro inclusivo, flessibile, dove si possa apprendere e crescere, fare carriera, un lavoro che sia di significato (meaningful), cioè che abbia valore, che permetta di bilanciare, o meglio, integrare, lavoro e famiglia. Trovare il modo di attirare i talenti e mantenerli in maniera stabile all'interno dell'organizzazione richiede una re-immaginazione delle modalità di lavoro da parte delle aziende. Il caso Amgen ci permette di ragionare in modo ampio sullo scenario attuale e su quanto sia importante per le aziende prendere le giuste decisioni per attirare giovani talenti. Il che non significa fare solo employer branding, ma mettere in campo leve di attrazione durevoli e concrete per una crescita organizzativa sostenibile. Sembra che fare sviluppo e innovazione non si può a distanza. Secondo un report di Manpower, la maggior parte dei lavoratori (51%) e la metà dei datori di lavoro (50%) sostengono che le idee più creative nascono durante le sessioni di brainstorming dal vivo. Da esperta di Open Innovation qual è il suo pensiero? Come anticipato, abbiamo vissuto diversi stadi. Lo smart working è stata una reazione al Covid, ma in alcuni casi ha prodotto troppo isolamento. Con il rientro dello stato d’emergenza, le aziende hanno immaginato giornate in presenza per portare i dipendenti di nuovo in ufficio. Tuttavia, si sono resi conto che riportarli indietro, nelle vecchie stanze, non agevolava la creatività, e anzi, veniva vissuto come ulteriore costrizione, e in cui non veniva garantita necessariamente la possibilità di collaborare o semplicemente la socialità tra colleghi. Ora siamo in una terza fase, molto più interessante. Quale? C'è un allineamento tra canoni di collaborazione diffusa e i canoni di progettazione organizzativa diffusa. Le aziende hanno iniziato a progettare gli spazi in maniera differente, coerenti con la re-immaginazione del lavoro. Non solo mirano a garantire la flessibilità individuale, ma si propongono a fare leva sulla responsabilità, contemplano la valutazione per obiettivi, assicurando socialità, collaborazione e creatività. Uno dei casi più interessanti a riguarda il progetto hub quarter promosso da Efm che coinvolge tante Corporate italiane. Di cosa si tratta? È un nuovo modello organizzativo, basato sulla transizione da headquarter a hub quarter o hub&spoke, in cui c'è un punto centrale (hub) e tanti luoghi (spoke) sparsi territorialmente. Si tratta di spazi configurati in maniera diversa tra di loro, anche a seconda degli immobili, delle persone coinvolte e degli obiettivi che si vuole raggiungere. Si decuplica la possibilità di poter riconfigurare degli spazi coerenti con il nuovo modello abilitante della creatività. Si assicura la flessibilità individuale garantendo allo stesso tempo l’opportunità diffusa, anche territorialmente, di creare insieme e collaborare. Questo permette l'accesso a un bacino talenti infinito, perché in questo modello non ci sono barriere geografiche. Allo stesso tempo, si può essere più coerenti con nuovi dettami e concetti di progettazione organizzativa, che garantiscono flessibilità ma non isolamento. Tutto ciò è possibile se le persone sono pronte a farlo. Con molte aziende si ragiona su come cambiare la cultura organizzativa, attraverso un’efficace formazione delle persone coinvolte e l’uso abilitante di sistemi tecnologici, piattaforme e che permettono di gestire questi spazi, allocare le risorse, favorire un calendario ad hoc sulle attività da condurre. 17/05/2023

20 Luglio 2021

Aziende come comunità: il futuro dello smart working

Formazione, leadership e senso per le persone: sono queste le nuove sfide per riconnettere le aziende ai propri dipendenti e creare un lavoro a distanza davvero intelligente, senza perdere il valore del ritrovarsi in presenza Lo smart working ha cambiato il modo di lavorare. Diventati più flessibili sul fronte spazio-temporale, i lavoratori sembrano non avere più motivi per ritornare in ufficio, sacrificando la socialità e la creatività collettiva che solo lo spazio condiviso può dare. Tre le direttrici su cui investire per riconnettere le aziende come vere e proprie comunità: formazione, leadership e senso per le persone. È quanto è emerso durante il webinar “Ri-connettersi: come riparte il lavoro smart dopo la pandemia. Persone, spazi, creatività” organizzato da Luiss Business School in collaborazione con Oracle – società leader nella tecnologia, che si è distinta anche recentemente per l’efficacia delle sue soluzioni cloud HCM (Human Capital Management) nella cura e gestione delle risorse umane, anche da remoto - e tenutosi il 15 luglio. Smart working: cosa è successo durante la pandemia Se in passato lo smart working era considerata una bizzarria da Silicon Valley, la pandemia ha messo faccia a faccia con tutti i suoi vantaggi e criticità. Superata la confusione tra remote working, home working e smart working, la popolazione ha sperimentato i lati positivi del lavoro da casa, dalla sostenibilità ambientale ai benefici in termini di work-life balance. Tra le insidie da superare c'è stato l'over working che alcune aziende hanno tenuto a bada con un'adeguata netiquette. A valle dei lunghi mesi in cui i processi organizzativi sono forzatamente cambiati per necessità, si è iniziato a parlare anche di working from anywhere, delle sue potenzialità e degli interventi a supporto per la sua realizzazione. «I lavoratori si sono scoperti molto produttivi, e spesso anche di più, anche fuori dagli uffici – ha spiegato Monica Parrella, Adjunct Professor Luiss Business School – Per questo i datori di lavoro hanno bisogno di far comprendere che esistono buone ragioni anche per tornare in parte a lavorare nelle ordinarie sedi di lavoro. Se è vero che il lavoro individuale si fa benissimo e forse meglio da casa, è soprattutto attraverso le interazioni  fisiche che si  innova,  si cresce, si impara gli uni dagli altri. Per questo vanno riprogettati gli uffici. Lo smart working è in transizione e non esiste una soluzione unica. La sfida è manageriale e di leadership». Pandemia, sanità e digitale: verso lo smart patient Un esempio delle grandi potenzialità legate allo smart working lo ha offerto il settore sanitario. Dall'inizio della pandemia sono state avviate visite d'emergenza su piattaforme online, lavori in team dislocati in più luoghi diversi e la stessa campagna vaccinale senza il digitale non avrebbe preso avvio facilmente. Abbiamo assistito anche alla nascita del problem networking, cioè la capacità di risolvere problemi in un network che non è più dentro l'organizzazione, ma fuori o anche a metà strada. Lo ha osservato Daniele Piacentini, Direttore Risorse Umane Policlinico Gemelli. «Per fare smart working ci sono quattro elementi essenziali: lo smart worker, ancora da costruire, lo smart office, gli smart leader, adattivi e inclusivi, ma soprattutto gli smart patient – ha sottolineato Piacentini, aggiungendo – Rendere emotivamente piacevole l’interazione digitale nella relazione con i pazienti sarà la prossima sfida della sanità». Leadership e formazione: strategie vincenti Ma la vera tecnologia restano le persone: cambiare mindset e attitudeè necassario per realizzare la digital transformation nell’organizzazione del lavoro. A dimostrare questa teoria durante la pandemia è stata la classe dirigente, soprattutto nei casi in cui dirigenti e i manager hanno esercitato prevalentemente la cultura del controllo e dell'over working per monitorare la produttività. In alcuni ambiti come la Pubblica Amministrazione, dove le carenze sulla digitalizzazione sono più ampie, c'è chi è stato lasciato indietro senza essere recuperato.  «Già prima della pandemia la Regione Lazio si è occupata di smart working, inquadrandolo nella trasformazione digitale, anche come organizzazione agile – ha spiegato Alessandro Bacci, Direttore Affari istituzionali, Personale e Sistemi Informativi della Regione Lazio – Ma durante la pandemia ci siamo trovati ad affrontare l'incapacità di alcuni nostri capi nel trattare i dipendenti a distanza. La formazione sarà indispensabile per realizzare il cambiamento che permetterà di superare la cultura dell’ufficio tradizionale e del modello comando-controllo». Condividere valori e obiettivi dell'azienda diventa cruciale per uno smart working efficace ed inclusivo. Ma non esiste smart working senza remote leadership. Nelle forme ibride di lavoro in presenza e da remoto saranno necessari capi team capaci di gestire persone in presenza e a distanza. «La leadership diffusa sarà fondamentale. Connettersi, ispirare e innovare sono i tre concetti chiave che guideranno il ritorno in ufficio. I leader dovranno essere dei community manager, animatori delle loro comunità. È in questo scenario che la formazione diventa indispensabile», ha sottolineato Rossella Gangi, Direttrice Risorse Umane WINDTRE. «In Terna abbiamo concepito un programma in sette cantieri per trasformare l'emergenza in cambiamento – ha sottolineato Emilia Rio, Direttore Risorse Umane e Organizzazione di Terna – nuova leadership, people care, metodo di ascolto, semplificazione, sostenibilità, digitalizzazione, riprogettazione degli spazi. Il digitale amplia i confini e può diventare disorientante: la nostra sfida è comprendere dov'è quel confine, cosa possiamo fare e permettere che le persone diventino consapevoli. In questo contesto abbiamo una grande opportunità di crescita responsabile delle nostre persone». Il futuro dello smart working La legislazione vigente sembra sufficientemente garantista sul fronte del diritto alla disconnessione e over working per gli impiegati. Le aziende si augurano che non ci siano interventi restrittivi per poter sfruttare appieno tutte le potenzialità dello smart working, impegnandosi a trasmettere una vision che faccia sentire tutelato il lavoratore dalle “invasioni” digitali nella sfera privata. «Le persone devono stare al centro – ha spiegato Andrea Langfelder, Human Capital Management Strategy Leader di Oracle Italia, che ha anche portato casi concreti di aziende che proprio grazie alle applicazioni Oracle Cloud hanno saputo rendere più semplice, piacevole e produttiva l’esperienza di lavoro delle proprie persone in questo periodo, come ad esempio illycaffè, Mondadori, Poste Italiane – Saranno sempre le persone a fare la differenza insieme alle capacità di leadership. La tecnologia è solo un facilitatore, che ci ha permesso di continuare a vivere e fare business, oltre a trovare un nuovo e migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata». RIVEDI IL WEBINAR 20/07/2020

01 Aprile 2020

CDP, Luiss Business School, Talent Garden e P4I: #ITALIASMART – Virtual Panel su innovazione e smart working

CDP, Luiss Business School, Talent Garden e P4I: il 1° aprile alle 15 #ITALIASMART – Virtual Panel su innovazione e smart working RIVEDI IL WEBINAR    Si terrà oggi 1° aprile alle ore 15:00 #ItaliaSmart, il virtual panel organizzato da Cassa Depositi e Prestiti in collaborazione con Luiss Business School, Talent Garden e P4I - Partners4Innovation per approfondire il tema dell’innovazione e dello smart working a cui parteciperà il Ministro per l'Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione Paola Pisano. L’emergenza Covid-19 impone infatti a tutte le organizzazioni di ridefinire i propri processi in una logica digitale, a partire dalla sperimentazione dello smart-working. Durante il virtual panel si analizzeranno quindi le opportunità connesse allo sviluppo delle nuove tecnologie, delineando trend e best practice per le competenze e il lavoro del futuro. Interverranno tra gli altri Maurizio Di Fonzo, Chief People and Organization Officer Cassa Depositi e Prestiti, Paolo Boccardelli, Direttore Luiss Business School, Mariano Corso, Direttore Scientifico P4I - Partners4Innovation, Davide Dattoli, CEO e Co-Founder Talent Garden, Monica Parrella, Direttrice generale del Personale Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il virtual panel, a cui parteciperanno i manager di tutte le società partecipate da Cassa Depositi e Prestiti, vuole essere anche un momento di riflessione per tutte le aziende italiane in un momento di profonda trasformazione. E proprio nell’ottica di formare la classe dirigente del Paese per un futuro che si preannuncia molto diverso da come lo si prospettava, Luiss Business School ha messo gratuitamente a disposizione di CDP e delle sue partecipate una serie di strumenti di formazione digitale. 01/04/2020