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Women Empowerment, Boccardelli: «La policy dà la direzione, gli attori sociali chiudono il gender gap»
Women Empowerment, Boccardelli: «La policy dà la direzione, gli attori sociali chiudono il gender gap»
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Presentati i dati della ricerca Luiss Business School-Iren: il mondo dell’energia traina il discorso su gender equality nel settore servizi

Women Empowerment: presentazione della ricerca Luiss Business School-Iren

RASSEGNA STAMPA

Il Messaggero, Women Empowerment, Iren: studio su uguaglianza di genere nel settore dei servizi
La Repubblica, Women Empowerment, Iren: studio su uguaglianza di genere nel settore dei servizi
La Stampa, Women Empowerment, Iren: studio su uguaglianza di genere nel settore dei servizi
Milano Finanza, L’energia è maggiormente attenta alla gender equality
Avvenire, Parità di genere. La svolta mancata e il ruolo delle donne
Alley Oop Il Sole 24 Ore, Empowerment delle donne: il 2022 sarà l’anno della svolta?

Comprendere il fenomeno della gender equality attraverso lo storytelling del settore servizi è lo scopo di Women Empowerment @Iren – Valorizzare il ruolo delle donne nelle aziende del settore energetico, infrastrutture e trasporti, la ricerca condotta da Luiss Business School in collaborazione con Iren. Nell’aprire i lavori Paolo Boccardelli, Direttore, Luiss Business School ha sottolineato come il tema del gender gap sia al centro di numerose agende, compresa quella del governo Draghi, ma che senza l’azione diretta di tutti gli attori sociali c’è il rischio che le disuguaglianze si amplifichino.

Evitare i rischi di un pavimento appiccicoso

«Non è più un problema di soffitto di cristallo, ma di pavimento appiccicoso – ha spiegato Boccardelli Oggi, la difficoltà è far salire le donne perché non vengono offerte loro significative opportunità di crescita professionale. La nostra popolazione studentesca è costituita al 60% da donne, ma poi le troviamo in numero molto inferiore in posizioni di responsabilità. Per noi è una priorità promuovere il successo e le carriere dei nostri alunni. Per questo abbiamo lanciato il progetto Grow, che ha come obiettivo la promozione di un maggiore equilibrio nella leadership».

Secondo i dati Istat su 101 mila disoccupati, 99 mila sono donne. Il tasso di occupazione femminile italiano è di 13,5 punti sotto la media europea. «In questa fase è un rischio enorme – ha aggiunto Boccardelli – che il gap di genere non si chiuda, ma si amplifichi. Abbiamo una responsabilità: promuovere il recupero dell’uguaglianza di genere, anche nell’accesso alle discipline Stem. Il premier Draghi l’ha posta come priorità del suo mandato. Ma se la policy dà la direzione, il recupero di genere lo fanno gli attori della società».

La ricerca

La ricerca applicata al tema del gender gap permette di monitorare l’evoluzione del fenomeno e permette di elaborare una serie di idee e di ipotesi che migliorano l’approccio al tema della parità di genere nei sistemi economici e sociali del nostro Paese. «Per questo, la Luiss Business School ha collaborato con Iren per portare dati affidabili su cui poter basare anche delle proposte di policy», ha spiegato Matteo Caroli, Associate Dean e Head Business Unit Ricerca Applicata e Osservatori, Luiss Business School.

Nel delineare lo scenario sull’uguaglianza di genere, lo studio ha preso in esame l’offerta di contenuti online in 5 Paesi d’interesse (Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna) e 4 settori (Energy, Waste, Water, Telecom), nel periodo 2017-2021. Dai dati emerge come il settore energy è predominante in termini di quantità di contenuti gender presenti in rete: su un totale di 1.845 fonti web dalle quali sono emersi contenuti gender, il 43.7% deriva dal mondo energy, seguito da telco (23.8%), water (14.3%) e waste (13.6%).

L’indagine di tipo semantico dei contenuti ha permesso di circoscrivere gli argomenti più rilevanti, e vede in testa il tema dell’uguaglianza (22.3%) inteso come parità di genere, seguito dalla disuguaglianza, che affronta la stessa prospettiva dall’accezione contraria del temine (11.2%). Analoghe conclusioni si riscontrano sia che si guardi ai risultati aggregati, sia alla distribuzione macroscopica degli argomenti tra i settori. Un focus sulla mappatura delle fonti in italiano mette in luce che i contenuti tematici relativi al gender sul web si attestano sul 20% del totale, del quale il 16% è equamente diviso tra temi di disuguaglianza (8.4%) e uguaglianza (8.1%), mentre il 2% è rivolto alla disparità salariale.

L’analisi delle ricerche web compiute nei 5 Paesi di riferimento permette inoltre di scattare una fotografia dell’interesse nei confronti dei contenuti di genere, anche dal punto di vista cronologico, rilevando un trend in costante crescita: da 63mila ricerche mensili del 2017 alle 98mila del 2021 (+53%).

I dati del “Gender Equality Index” misurati dall’EIGE-Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, evidenziano proprio un effetto di She-cession dovuto alla pandemia, per il quale rispetto al 2019 ci saranno 13 milioni di donne occupate in meno, mentre l’occupazione maschile sarà tornata ai livelli di partenza. In Italia in particolare, le donne che hanno perso il lavoro nel 2020 sono il doppio rispetto ai colleghi uomini, a causa di posizioni lavorative meno tutelate e impiego nei settori più colpiti della crisi

«Con questo studio ribadiamo l’importanza di dare una interpretazione “piena” del concetto di Empowerment, di autoaffermazione delle donne a tutti i livelli, anche, e non solo, nei ruoli decisionali – ha sottolineato Maria Isabella Leone, Professoressa Associata di Management dell’innovazione, Luiss Business SchoolAllarghiamo inoltre il suo raggio di azione: non solo quindi le donne, ma tutti al centro delle politiche di valorizzazione e crescita di ogni organizzazione. In tale accezione, si ribadisce che ognuno di noi ha la propria voce e che è importante impegnarsi affinché quelle di tutti vengano ascoltate».

Una Certificazione per la Parità di Genere

Nell’analizzare i dati della ricerca, i relatori coinvolti hanno sottolineato diverse criticità nello sviluppo di una strategia che vada a intervenire concretamente sul tema del gender gap. Tra gli strumenti a disposizione, la ministra Elena Bonelli ha presentato la Certificazione per la Parità di Genere.

«Il tema della parità di genere e dell’empowerment femminile in ambito professionale è uno degli assi strategici su cui l’Italia ha scelto di investire e di impostare il Pnrr – ha dichiarato Elena Bonetti, Ministro per le pari opportunità e la famigliaParlare di empowerment femminile significa mettere in campo energie che riconoscano i talenti delle donne, ma che sanno anche quanto siano necessari per l’intera comunità. Le competenze restano un tema fondamentale: abbiamo bisogno di aumentare e qualificare quelle femminili in ambito Stem. Abbiamo bisogno di introdurre una chiara prospettiva di genere e una leadership che attui subito questa transizione. Ci sono strumenti innovativi, che metteremo in campo, per raggiungere questi scopi. Tra questi c’è la Certificazione per la Parità di Genere, che abbiamo voluto inserire come progetto pilota nel Pnrr, una certificazione che permetterà alle imprese di avere uno strumento anche di supporto in una progettazione indirizzata per le politiche di piena promozione dei talenti femminili, che ne incentivino le carriere, che favoriscano strumenti di welfare a favore di una piena armonizzazione tra la vita familiare e quella lavorativa, strumenti che valorizzino le competenze e la possibilità di assunzione di responsabilità nell’approccio alla governance da parte delle donne. A questa certificazione seguiranno dei benefici perché alla scelta di investire nelle pari opportunità e nell’empowerment delle donne di fatto stiamo investendo risorse che attiveranno le migliori energie di cui il nostro Paese può disporre. Verrà anche costituto un Osservatorio per le Pari Opportunità e l’Empowerment delle Donne, che viene istituito a monitoraggio di questo percorso.».

Creare un mondo del lavoro più femminile

La parità di genere e l’empowerment, in Italia, si scontrano con un retroterra di arretratezza, complicato dagli effetti della pandemia. Infatti, l’Italia ha da sempre un problema di riconoscimento delle capacità femminili, creando una carenza di crescita ma anche di produttività. Perché, di fatto, si tiene fuori dal mercato del lavoro il 50% del capitale umano italiano.

«La parità di genere non è mai stato un obiettivo strategico reale – ha spiegato Linda Laura Sabbadini, Chair W20, Direttrice centrale Istat altrimenti avremmo investito, ad esempio, sulle infrastrutture sociali, strumento fondamentale per liberare le donne da un carico di cura familiare superiore rispetto a quello degli altri Paesi. Bisogna agire: il Pnrr può essere un’occasione per questo rilancio. C’è una sensibilità crescente sul tema: il problema è la messa a terra dei temi».

«Ci sono due criticità: la necessità delle organizzazioni di adottare dei modelli femminili di lavoro e il dovere di toccare l’elefante nella stanza, cioè il potere– ha sottolineato Giorgia Ortu La Barbera , Consulente Senior per la Diversity & Inclusion , Fondazione Libellula, Consigliera di Fiducia in Rai, Sapienza e Greenpeace Italia – Uomini e donne hanno esperienze di vite differenti che si riflettono nella vita lavorativa. Ci sono molte aziende organizzate per essere compatibili con lo stile di vita degli uomini su diversi fronti: overtime, orario di lavoro, percorso di carriera, sistemi di valutazione performance. Quando le aziende decidono di sviluppare programmi di gender inclusion, devono rivedere i propri modelli per renderli compatibili con la vita professionale e personale delle donne. È necessario cambiare i propri modelli interni per permettere alle donne di crescere. Quando si parla di donne, la diversità viene cancellata e si chiede di trasformarsi, di superare i limiti della propria condizione sociale di genere. Sono rarissime le aziende che decidono di cambiare quando sviluppano dei programmi di gender equities. Infine, quando si tratta di lavorare sull’empowerment delle donne non si può parlare di equità senza parlare delle donne nella stanza dei bottoni. Basti pensare che le donne rappresentano il 52% della popolazione italiana, ma nelle organizzazioni sono una minoranza, che diventa tanto più esigua quanto più si scalano le gerarchie».

La strategia di Iren

In questo quadro sfidante, coscienti delle criticità del quadro economico e sociale in cui pulsa il problema del gender gap, Iren ha rivisto la sua strategia aziendale in favore dell’inclusione e del recupero dell’uguaglianza in azienda. «L’ambizioso piano industriale di Iren al 2030 – ha dichiarato l’Amministratore Delegato e Direttore Generale di Iren Gianni Vittorio Armaniè contraddistinto non solo da importanti target di natura industriale e finanziaria ma anche sostenuto da un forte empowerment delle persone che lavorano in azienda. Crediamo che la differenza di genere sia un assoluto valore su cui fondare presente e futuro di Iren e l’obiettivo di avere, entro il 2030, il 30% dei nostri manager di sesso femminile testimonia la nostra volontà di superare ogni tipo di barriera nei processi di crescita professionale e manageriale».

La ricerca è stata presentata a Villa Blanc, sede della Luiss Business School, il 15 dicembre 2021 con gli interventi di: Paolo Boccardelli, Direttore, Luiss Business School, Gianni Vittorio Armani, Amministratore Delegato e Direttore Generale Iren, Barbara Falcomer, Direttrice Generale, Valore D, Giorgia Ortu La Barbera, Consulente Senior per la Diversity & Inclusion, Fondazione Libellula, Consigliera di Fiducia in Rai, Sapienza e Greenpeace Italia Linda Laura Sabbadini, Chair W20, Direttrice centrale Istat. Hanno presentato i lavori: Matteo Caroli, Associate Dean e Head Business Unit Ricerca Applicata e Osservatori, Luiss Business School, Maria Isabella Leone, Professoressa Associata di Management dell’innovazione, Luiss Business School.

17/12/2021

Data pubblicazione
17 Dicembre 2021
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diversity Ricerca