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La start-up Cryptosmart pensa nell’ottica della Borsa e punta su nuovi mercati
La start-up Cryptosmart pensa nell’ottica della Borsa e punta su nuovi mercati
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I due co-ceo, Alessandro Frizzoni e Alessandro Ronchi, già fondatori di Go Internet e Aria, spiegano i piani dell’azienda e le prospettive del settore

La start-up della criptovalute, Cryptosmart, guidata dai due co-ceo Alessandro Frizzoni e Alessandro Ronchi, guarda già da ora alla quotazione in Borsa e si prepara ad espandersi in altri Paesi come Francia e Germania. In un momento in cui le criptovalute sono sotto i riflettori internazionali e sempre più in discussione sotto vari profili, i due manager, già fondatori di Aria e Go Internet, spiegano a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore e della Luiss Business School) i piani futuri: «Il nostro obiettivo non è solo quello di portare un servizio dove è possibile fare trading di criptovalute, come nella cultura della maggior parte delle persone che si avvicina a questo tipo di moneta, ma creare un ecosistema dell’uso delle criptovalute nell’economia reale. La nostra è un’innovazione, non solo a livello italiano ma anche europeo; il nostro è il primo esempio di uso nella vita quotidiana. La società con questo obiettivo ha dato la possibilità di acquistare gift card digitali dei migliori marchi della grande distribuzione italiana dall’elettronica all’abbigliamento, senza alcuna intermediazione pagando in Bitcoin».

Il primo servizio lanciato a settembre scorso

Ronchi e Frizzoni hanno fondato, assieme ad altri soci, Cryptosmart a inizio 2021 e hanno lanciato a settembre scorso il primo servizio che permette di acquistare, vendere e trasferire criptovalute. «Noi veniamo dal mondo dell’innovazione avendo fatto già due esperienze professionali importanti: la creazione di Aria, che si era aggiudicata frequenze Wimax poi vendute a Fastweb, e il successivo lancio di Go Internet, società che abbiamo quotato e poi venduto nel 2019 a Linkem. Quindi abbiamo lanciato, a febbraio del 2021, la nuova start up sulle criptovalute».La società ha anche lanciato «servizi per le imprese che possono, integrando la piattaforma con aziende di e-commerce, farsi pagare in criptovalute. C’è grande interesse non solo da parte delle aziende che detengono piattaforme di e-commerce, ma anche da parte di chi non ce l’ha e ha iniziato ad aprire i cosiddetti wallet aziendali su Cryptosmart».

«Italia Paese ideale per l’uso della criptovalute, ora istituito anche il registro»

Con la recente istituzione del registro per le criptovalute, secondo i due manager, l’Italia è «un Paese ideale per l’uso di questo tipo di pagamento. D’altronde l’Agenzia delle entrate già da anni considera i pagamenti delle criptovalute come valute straniere e, quindi, quando si fanno acquisti in bitcoin non si deve pagare il capital gain se la giacenza è sotto i 51mila euro. Tutto ciò semplifica molto l’uso delle criptovalute nell’economia reale. Negli Usa, invece, ad esempio, se si compra il caffè con il bitcoin va calcolato il capital gain. Inoltre, se in una fase iniziale pensavamo che si trattasse di un mercato di nicchia, ci stiamo accorgendo che invece è in forte espansione. Sempre più gente si sta avvicinando a questo settore, non solo i professionisti. Tutto ciò contribuisce a rompere il muro di diffidenza. Anche il mondo bancario, inizialmente ostile, si sta avvicinando sempre di più; ha capito che è una rivoluzione inarrestabile. Siamo, quindi, in una situazione favorevole visto che non solo siamo tra i primi in Italia a fare un progetto del genere, ma c’è anche un ecosistema favorevole da un punto di vista legislativo e normativo».

Nel conflitto russo-ucraino criptovalute per donazioni oppure per aggirare le sanzioni

In Europa, ricordano, «è stata approvata la normativa che uniformerà l’exchange di criptovalute. Di conseguenza, l’azienda che ha una licenza in un Paese europeo potrà operare in tutti gli altri Paesi. Per i russi e gli ucraini, invece, poco prima dello scoppio della guerra sono state approvate leggi specifiche. L‘Ucraina ha ricevuto molte donazioni in criptovalute e i cittadini, con un territorio sempre più controllato da russi, non possono andare facilmente in banca. Non solo: anche l’opposizione al regime di Putin ha ricevuto per anni donazioni in criptovalute visto che Navalny non può certamente accedere al proprio conto in banca. Quindi per i russi quello delle criptovalute è un grosso problema perché in questo modo si finanzia l’opposizione ucraina. In una fase del conflitto, inoltre, i russi che hanno visto la loro moneta crollare, hanno anche cercato di salvarsi comprando bitcoin e vendendo rubli. Poi c’è l’altro problema dell’aggiramento delle sanzioni. Le criptovalute, infatti, non si possono fermare facilmente, vanno direttamente da un individuo all’altro; se volessi mandare un pagamento in criptovalute a un magnate russo lo potrei fare senza nessun blocco, ma poi si avrebbero problemi di cambiare la moneta».

In generale, secondo i due imprenditori, l’uso delle criptovalute, è più adatto nei Paesi che non hanno una valuta forte. «Oggi l’inflazione è a livelli record, ma in genere l’andamento dei prezzi al consumo è a livelli ragionevoli, quindi il bisogno delle criptovalute non è così grande». Nei prossimi anni il quadro si evolverà: «si potranno fare pagamenti in bitcoin senza tempi di attesa e commissioni. Negli Usa, ad esempio, hanno già annunciato che il più grande produttore di Pos accetterà pagamenti in criptovalute, quindi da Walmart, Starbucks, Mc Donald’s sarà possibile pagare con bitcoin anche nei negozi. La tecnologia sta maturando e l’uso delle criptovalute cresce del 450% l’anno».Tornando ai progetti della start up, Cryptosmart, di fronte a un mercato molto nuovo e in crescita, non ha fatto stime di fatturato per gli anni a venire. Intanto «anche se ci vorranno anni – dicono i due manager- stiamo costruendo l’azienda nell’ottica di quotarla in Borsa, è il mercato più efficiente per reperire i capitali per la crescita». Non si esclude l’interesse dei fondi che «ci conoscono e ci hanno accompagnato nella prima e seconda esperienza, adesso qualche capitale lo abbiamo anche noi, avendo venduto due aziende, e per ora abbiamo utilizzato i nostri fondi. Già dall’anno prossimo consideriamo l’espansione in Francia, Germania e in altri Paesi europei».

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20/05/2022

Data pubblicazione
20 Maggio 2022
Categorie
DigitEconomy.24