lbs
«Un’unica rete nazionale auspicabile anche per 5G, riduce rischi di investimento»
«Un’unica rete nazionale auspicabile anche per 5G, riduce rischi di investimento»
lbs

Parla il giurista Innocenzo Genna della trasformazione in corso, del consolidamento e degli impatti sull’occupazione

Le grandi telecom europee devono affrontare scenari di mercato in forte evoluzione, caratterizzati dal costante declino dei margini nelle telecomunicazioni, dagli elevati costi richiesti per le nuove reti in fibra ottica e 5G, nonché dall’esigenza di scalare le nuove catene del valore, dove il peso crescente è costituito dai servizi innovativi e dall’economia dei dati, mentre la connettività tende ad essere considerata come una commodity. Tali trend di mercato sono particolarmente critici per le telecom tradizionali (incumbent e principali operatori mobili), le quali risultano appesantite da ulteriori caratteristiche storiche: elevati livelli di indebitamento, numero di dipendenti troppo alto rispetto alle caratteristiche attuali del mercato, nonché necessità di soddisfare le aspettative di dividendi regolari degli azionisti, in particolare dei fondi. Risultano invece meno toccati da queste criticità gli operatori alternativi (che hanno livelli minori di indebitamento e costi) e quelli non quotati, i quali non devono distribuire dividendi annualmente ma possono pianificare con i propri investitori ed azionisti strategie di più lungo periodo.

«Telco tradizionali tra cambiamento e separazione delle reti d’accesso dai servizi»

Da tale scenario di mercato deriva una serie di cambiamenti strutturali che riguardano, per le ragioni anzidette, soprattutto le grandi telecom tradizionali: in primo luogo una tendenza al consolidamento tra operatori, ed in secondo luogo la sperimentazione di nuovi modelli organizzativi, in particolare la separazione delle reti d’acceso dai servizi. Il consolidamento viene perseguito da molti operatori per ridurre i costi ed aumentare la redditività, in un’ottica soprattutto difensiva. Alcune operazioni appaiono a rischio vista la tradizionale riluttanza della Commissione europea ad autorizzare una riduzione di operatori di rete mobili in ciascun mercato nazionale. Non si tratta però di una regola aurea e la stessa Commissione ha autorizzato tali operazioni quando esse non sembravano in grado di mettere a rischio la concorrenza nel caso specifico (ad esempio, in Olanda con la fusione tra T-Mobile e Tele2 nel 2018).

«Con rete unica Ue potrebbe ordinare di mettere in vendita le infrastrutture ridondanti»

In altri casi il consolidamento è stato autorizzato a condizione che venisse facilitata l’entrata di un nuovo operatore tramite la dismissione di spettro e reti da parte delle società che si fondevano (come nel caso di Hutchinson e Wind nel 2017 in Italia, che hanno consentito l’entrata di Iliad). Una soluzione del genere è prevedibile anche per Tim ed Open Fiber, qualora le due società confermassero l’intenzione di fondersi: le reti ridondanti, in particolare a Milano e nelle aree metropolitane in Italia, verrebbero verosimilmente messe in vendita su ordine della Commissione europea. A parte questi casi particolari, non si intravedono complessità specifiche per i casi di consolidamento, che la Commissione peraltro incoraggia qualora consentano di razionalizzare le risorse per gli investimenti o di creare dei player di livello internazionale. Gli uffici di Bruxelles manifestano infatti frustrazione verso le operazioni di consolidamento puramente nazionali, ritenendo invece più utili, nell’ottica dell’integrazione del mercato interno, le fusioni che unifichino players di paesi diversi e che quindi siano suscettibili di creare campioni continentali. Al momento queste operazioni di consolidamento paneuropeo sono scarse e solo pochi operatori vi si sono cimentati in tempi recenti, tra questi Iliad, Vodafone e Altice. Al contrario, i grandi incumbent europei (BT, Deutsche Telekom, Telefonica, Orange e Tim) da circa 20 anni hanno esaurito la spinta espansiva degli anni 2000 (quella della bolla Internet), ed hanno indirizzato la propria crescita solo nell’ambito di specifici mercati nazionali. La Commissione Europea vorrebbe scuotere questa inerzia e sarebbe sicuramente disposta a fare delle concessioni qualora i grandi player europei si mostrassero disponibili a delle fusioni transazionali.

«Per i fondi la separazione della rete è uno strumento di investimento ‘protetto’»

Il tema della separazione delle reti è perseguito dai fondi infrastrutturali, che ritengono troppo rischioso investire in operatori verticalmente integrati, stanti le criticità sopra evidenziate (margini declinanti ed investimenti crescenti), anche alla luce della maggiore profittabilità degli operatori Ott (Over the Top come Google o Facebook, ndr), Internet e cloud. La separazione della rete diventa quindi uno strumento per un investimento infrastrutturale “protetto”, soprattutto quando la rete è monopolista o quasi: in tali casi, si tratta di un investimento ventennale che peraltro, nel caso della fibra ottica, non richiede particolari costi di mantenimento. Il modello potrebbe anche estendersi alle reti 5G, viste le difficoltà che gli operatori mobili trovano nel finanziarne il roll-out: una singola rete nazionale 5G ridurrebbe drasticamente i rischi di investimento, pur richiedendo un assetto innovativo circa le modalità di accesso, trattandosi di una novità assoluta nel settore mobile (dove gli operatori tradizionalmente difendono il modello verticalmente integrato). Un progetto del genere era stato avanzato dall’amministrazione Trump nel 2018, come soluzione per permettere agli Stati Uniti di competere validamente con la Cina nella corsa del 5G, ma poi è stata accantonata. L’attuale situazione geopolitica in Europa potrebbe però di nuovo rendere interessante questo modello, anche dal punto di vista strategico.

«Recuperi occupazionali se si accompagna la ristrutturazione con i piani di rilancio»

Sia le fusioni tra operatori che le separazioni delle reti possono creare delle ridondanze di forza-lavoro, poiché tali operazioni sono condotte con l’esigenza di ridurre i costi, ed inoltre prevedono il roll-out di tecnologie più efficienti (fibra, 5G) delle attuali (rame, 3/4G), che richiedono meno manutenzione (e quindi di manodopera). Tuttavia, recuperi occupazionali sono possibili da parte degli operatori più innovativi, i quali accompagnino le loro ristrutturazioni con piani di rilancio basati sull’innovatività: ad esempio investimenti in tecnologia cloud, nei servizi ed in generale in software e tecnologia, riportando ricerca ed innovazione all’interno delle società ed arrestando il processo di outsourcing che, negli ultimi 10 anni, ha trasformato le telecom europee da operatori tecnologici quali erano in grandi organizzazioni commerciali. Un trend a cui purtroppo si assiste anche nel settore cloud, dove le grandi telecom europee tendono prevalentemente a porsi come partner commerciali dei grandi cloud provider americani, piuttosto che investire loro stesse in tecnologia cloud e software.

Innocenzo Genna, Giurista specializzato nella normativa europea del digitale

SFOGLIA IL REPORT COMPLETO

6/5/2022

Data pubblicazione
9 Maggio 2022
Categorie
DigitEconomy.24