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People management & analytics: una sintesi possibile e necessaria
People management & analytics: una sintesi possibile e necessaria
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(Di Laura Innocenti, Docente LUISS Business School |  People Management Competence Centre & Lab)
02/10/2015

People-management-&-analytics

La crescente complessità e frenesia che connota le organizzazioni richiede sempre più spesso ai manager di prendere decisioni rapide, talvolta istantanee. In situazioni di forte pressione può diventare quindi difficile fare “la scelta giusta”, ovvero individuare la risposta organizzativa o gestionale più appropriata. Ci si affida prevalentemente all’esperienza, all’intuito, al benchmarking, ma più raramente ai dati.

Questa è la tesi provocatoriamente proposta da Denise Rousseau e Eric Barends in un articolo apparso sullo Human Resource Management Journal (2011). Obiettivo degli autori è esortare ad un maggior ricorso ad un approccio “evidence-based”, ovvero suscitare interesse da parte del mondo degli HR manager ad avvalersi maggiormente di evidenze emerse da studi e ricerche empiriche come elementi a supporto dei processi decisionali. Per sostenere la loro tesi gli autori propongono un breve test. È vero o falso che:

  • le persone con performance scarse traggono maggiore beneficio dai feed-back rispetto a quelle con performance elevate;
  • i conflitti relativi al “task” migliorano le performance di un gruppo, mentre quelli di natura relazionale le penalizzano;
  • i test che misurano l’integrità non sono affidabili poiché le persone tendono a mentire.

A quanti avessero risposto con un sì anche ad una sola di queste affermazioni gli autori rispondono facendo ricorso ad un vasto e consolidato corpo di ricerche empiriche che ne dimostrano l’infondatezza.

Adottare un approccio “evidence-based” richiede un cambiamento radicale rispetto alle modalità più consuete e in qualche modo rassicuranti che orientano generalmente le scelte di HRM. Significa, infatti, in primo luogo assumere una prospettiva critica non solo rispetto a ciò che non funziona nell’organizzazione, ma soprattutto rispetto a ciò che sembra funzionare. Significa cercare risposte oggettive, dentro e fuori la propria organizzazione, che siano in grado di supportare in modo empirico le scelte effettuate.

Come muoversi quindi nella direzione di un maggiore orientamento “evidence-based”?

Certamente un passo importante è acquisire maggiore familiarità con gli studi e le ricerche condotte dalla comunità accademica, che offrono evidenze empiriche solide e affidabili che possono fornire validi spunti di riflessione per chi opera nelle imprese. È altrettanto importante acquisire una maggiore sensibilità alla valorizzazione dei dati empici disponibili “in-house”. Talvolta può capitare che le funzioni HR non riescano – per mancanza di tempo o di una specifica sensibilità – ad estrarre dai molteplici dati in loro possesso indicazioni che possono essere strategiche nell’indirizzare le decisioni. Si tratta in alcuni casi di provare a leggere i dati con occhi diversi, in altri di andare ad acquisire mirate informazioni supplementari.

La rivoluzione dei Big Data si fonda certamente su queste premesse e tocca tutte le aree dell’organizzazione. Saper leggere, combinare, aggregare ed estrarre insight dai dati rappresenta oggi una competenza distintiva anche nei business più tradizionali. Questo valore non è però alla portata di tutti. Per garantire questi risultati, le Direzioni HR devono farsi carico di avviare un cambiamento che è culturale ma che richiede, al tempo stesso, di essere sostenuto da solide competenze nell’utilizzo di metriche e modelli analitici.

Data pubblicazione
5 Ottobre 2015
Categorie
News & Eventi