Occorre ripensare le destinazioni in ottica sostenibile, spiega la presidente di Federturismo a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School
Per il settore turistico il tema della sostenibilità, dopo la pandemia, è diventato una necessità. Marina Lalli, presidente di Federturismo, parla in un’intervista a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, della nuova risposta da parte delle aziende del settore e dei consumatori che apprezzano l’attenzione ai temi ambientali e sostenibili. Un settore, quello del turismo, ancora in sofferenza e che, nonostante l’entusiasmo per la ripresa della stagione, ha ancora bisogno, sottolinea Lalli, di aiuti e, soprattutto, di sconti fiscali.
Il tema della sostenibilità quanto si concilia con quello del turismo?
«Il tema della sostenibilità, in realtà, già prima della pandemia, iniziava a essere abbastanza predominante in tutte le riflessioni turistiche; dopodiché, come è avvenuto per molte cose, con la pandemia è diventato non più un argomento, ma determinante per il successo e la ripresa del turismo perché ci si è resi conto – in un momento di riflessione e pausa che il turismo ha vissuto e in parte sta ancora vivendo – che lo sfruttamento eccessivo dei territori stava danneggiando l’essenza stessa della ragione del viaggio ed è qualcosa, quindi, che non ci si può permettere. In senso assoluto nessuna azienda dovrebbe danneggiare l’ambiente nel quale si trova ma, in campo turistico, è una necessità: non ci si può permettere di rovinare il luogo nel quale si vuole che i turisti vadano. Quindi tutte le zone super sfruttate, quelle che erano state definite luoghi di over tourism, non possono più proporsi come un modello appetibile, vincente e desiderabile agli occhi del turista che viaggia. In questo senso la sostenibilità è diventata una necessità e quindi si è dovuto ripensare molte delle nostre destinazioni, anche quelle che ben funzionavano, in un’ottica sostenibile».
Che tipo di risposta vedete da parte delle aziende del settore a questa necessità e poi anche da parte della clientela?
«Fino al 2019 questo era il vero problema: le aziende si rendevano conto che avevano bisogno di cambiare un po’ il paradigma, ma nessuno aveva il coraggio di farlo più di tanto, se non nelle destinazioni di estremo lusso dove comunque la differenza del prezzo era più facile da colmare perché il costo della sostenibilità finiva per ricadere completamente nelle tasche degli imprenditori e non si poteva in qualche modo rivoltare sul turista perché continuava a non esserci questa riconoscibilità all’investimento sostenibile tanto da essere disposti a pagare un po’ di più per impattare meno sull’ambiente; ora invece, a livelli non necessariamente di lusso, inizia ad esserci questa necessità da parte del consumatore che quindi è attento all’impatto ambientale, al fatto che ci sia il km zero nella consumazione dei cibi, che ci siano delle pratiche di attenzione all’ambiente da parte delle aziende nelle quali si va a soggiornare; quindi il consumatore inizia a apprezzare e inizia anche a essere disposto a lasciare una quota di prezzo in più pur di essere meno responsabile dell’impatto sull’ambiente».
Siamo all’inizio della stagione, ci sarà questa ripartenza e quali misure invece sarebbero necessarie per aiutare il settore in questa fase?
«Devo dire che c’è tanto buonumore, tanta voglia di ricominciare a lavorare e quindi siamo tutti molto carichi. Ora le difficoltà purtroppo non sono, però, svanite in un momento e ce ne sono ancora tante; siamo tutti contenti della vaccinazione che va bene e quindi ci fa immaginare che questa sia una ripresa per non rifermarci più. Ma appunto, come dicevo, molti problemi non sono svaniti e le aziende arrivano a questo appuntamento di ripresa in estrema sofferenza, più sofferenti di quanto già non lo fossero l’anno scorso. Molte vengono da un anno intero di chiusura e ed è veramente pesante rimettersi in gioco ed essere di nuovo attrattivi. Abbiamo quindi bisogno di tutto l’aiuto possibile: avremmo, per esempio, bisogno, se non di finanza fresca che ovviamente sarebbe importante – ma ci rendiamo conto che comunque le spese da parte dello Stato sono già tante – quanto meno di ottenere degli sconti fiscali perché molta della fiscalità che ci si richiede è brutalmente percentuale e secca e non su quello che noi effettivamente guadagnano; mi riferisco, per esempio, all’Imu e alla Tari. Sebbene l’Imu ci sia stata in qualche modo sospesa per un paio di scadenze, ritornerà nella sua interezza e noi non ce la facciamo a pagarla. La Tari l’abbiamo pagata per tutto il 2020 a fronte di un servizio nullo e voglio sottolineare che per un’impresa turistica la Tari pesa per diverse decine di migliaia di euro, se non centinaia di migliaia quando parliamo di strutture particolarmente grandi o in posti particolarmente importanti. Quindi avremmo bisogno di diversi aiuti, anche sul lavoro, da parte dello Stato per quelle aziende che hanno sofferto di più».
18/6/2021