Digital Transformation
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11 Marzo 2022

«In Ucraina non è ancora cyber war, ma occorre prepararsi e difendere le infrastrutture»

Parla Eugenio Santagata, AD di Telsy (TIM): «Stiamo cercando di trovare le vulnerabilità e simulare attacchi cyber su larga scala» Nel caso del conflitto russo-ucraino, al momento, non è corretto parlare di cyber war e, secondo Eugenio Santagata, ceo di Telsy, società della cybersecurity del gruppo Tim, è improbabile che ci sia un'escalation. Ma in questi casi è bene prepararsi e, indipendentemente da quello che si registra, aggiunge il manager nell'intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School), «stiamo cercando di trovare le vulnerabilità delle nostre infrastrutture e simulare attacchi cyber su larga scala». Occorre, inoltre, innalzare gli investimenti per i progetti di cybersecurity: i 650 milioni previsti dal Pnrr sono «un buon inizio», ma «la necessità di investimenti è molto più alta». Santagata, già ceo di Cy4Gate e vicedirettore generale di Elettronica, ha trascorso 15 anni in vari ruoli operativi come ufficiale di comando in operazioni militari. Quali sono i settori più a rischio in caso di attacchi cyber? I settori che presentano un maggior livello di esposizione al rischio riguardano sicuramente le infrastrutture su cui si basano i servizi di pubblica utilità e dove operano sia le grandi aziende sia le Pmi. Le prime, grazie a una sensibilizzazione continua, hanno già sviluppato sistemi di difesa avanzati. Nel vasto mondo delle Pmi, invece, per fattori culturali o di budget, c'è ancora una scarsa percezione dell'utilità degli investimenti nella difesa da attacchi cyber. Per queste ragioni stiamo ponendo particolare attenzione a questo comparto, con una rinnovata strategia di offerta.In generale Telsy, grazie alle proprie competenze, e in piena sinergia con la forza vendite di Tim, offre le più avanzate tecnologie e servizi di sicurezza per le diverse tipologie di clienti, pubblici e privati. Per la loro strategicità vanno considerati con attenzione anche il mondo della sanità e quello della pubblica amministrazione, settori nei quali è necessario innalzare il livello di sicurezza informatica. Anche perché dal 6 marzo, nell'ambito del conflitto russo-ucraino, c'è stata la segnalazione, da parte del Csirt di un potenziale incremento di attività cyber rivolto agli obiettivi italiani. È stato importante sensibilizzare una platea più ampia possibile di attori in concomitanza con la recrudescenza di azioni offensive. Peraltro, stiamo vivendo in un periodo in cui tutti i giorni si registrano azioni con motivazioni varie, un fenomeno che in realtà perdura da tutto l'anno h24. La presa d'atto del pericolo è di per sé una buona notizia, spinge a porre in essere come sistema Paese delle contromisure. Bastano i 650 milioni stanziati dal Pnrr per la cybersecurity? Sicuramente costituiscono un buon inizio, ma la necessità di investimenti per progetti di cybersecurity è molto più alta. Il tema è comprendere il valore intrinseco della sicurezza cibernetica in ogni settore. Se pensiamo, ad esempio, ad investimenti di intelligenza artificiale per le smart city oppure alla sensoristica occorre chiedersi: qual è la quota destinata alla cybersecurity? E così via. Un altro aspetto rilevante per poter pensare a una strategia difensiva solida è quello di avere tecnologie di proprietà: l'80% delle tecnologie è di provenienza estera, il rischio è dunque quello di finanziare, anche con il Pnrr, soprattutto le aziende straniere. Sono temi sui quali stiamo lavorando direttamente. Il terzo tema è quello dei talenti. In questo periodo di incremento della campagna offensiva, si fa sempre più fatica, per varie ragioni, a reperire le competenze necessarie. In caso di escalation campagna offensiva, si può parlare di rischio di cyber war per il conflitto russo-ucraino? Su questo c'è molta disinformazione, proviamo a fare chiarezza. È vero che si è registrato un aumento significativo di operazioni finalizzate a creare disservizio; al tempo stesso, non credo si possa parlare di cyber war nel caso dell'Ucraina. Quello a cui abbiamo assistito sono principalmente attacchi dimostrativi, volti a fare rumore. Niente di paragonabile a quanto accaduto in Ucraina nel 2014 e nel 2016-2017, quando la Russia dimostrò di poter colpire la rete elettrica nazionale. Non è detto che non avvenga in seguito, ma a mio avviso è improbabile sulla base di diverse considerazioni. Se da un lato la forza difensiva ucraina è più solida rispetto al 2016-2017, d'altro canto quando si passa a operazioni militari di tipo convenzionale, l'attacco cyber, se c'è, diventa secondario. Negli ultimi 20 anni le operazioni di attacco cyber in grande scala sono state poche, considerando anche quelle rivolte contro l'Ucraina nel 2014 e nel 2017. Quando avviene l'attacco cyber in larga scala in genere tacciono le armi. Al momento l'arma cyber è stata usata più per creare fake news o fare propaganda. Nel caso, che lei ritiene improbabile, di escalation dei cyber attacchi, l'Italia è pronta? In questo campo vale il detto "se vuoi la pace devi preparare la guerra", indipendente da quello che registriamo anche a fronte di un fenomeno cyber poco rilevante. Vale da stimolo per aumentare la nostra capacità di resilienza. Stiamo cercando di trovare le vulnerabilità delle nostre infrastrutture, simulare attacchi cyber su larga scala, ci concentriamo talvolta sui servizi più esposti di un'azienda, come il sito web o la posta. Avete studiato prodotti per l'emergenza, state portando avanti iniziative ad hoc? Tra le soluzioni sul mercato ne abbiamo una di education sotto forma di tutorial rivolta al mondo delle Pmi, ma anche alle grandi aziende che vogliano dotare tutti i dipendenti di conoscenze, coinvolgendo pure coloro che non lavorano nel settore della sicurezza. Occorre ricordare che nella maggior parte dei casi l'anello debole è proprio l'uomo. In ottica nazionale, noi stiamo interagendo continuamente con gli stakeholder, con l'Agenzia per la cybersicurezza, i nostri partner storici come la Difesa o le forze armate.  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 10/3/2022

11 Marzo 2022

Urso (Copasir): «Attacco cibernetico su vasta scala va considerato atto terroristico»

La soluzione migliore per la rete di tlc, dice inoltre il presidente del Comitato, è un'infrastruttura «unica e a controllo pubblico» Nuove proposte in arrivo da parte del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, per migliorare l'asseto normativo e fronteggiare i rischi cyber che emergono dal conflitto tra Russia e Ucraina. Lo annuncia a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) il presidente Adolfo Urso.«In passato - spiega -  abbiamo anche sottolineato come la Russia sia il Paese più attrezzato al mondo per la guerra cibernetica e come sia necessario anche predisporre una difesa pro-attiva». Il Comitato ha di recente audito il direttore dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale e ritiene che l'attacco cibernetico non vada perseguito come truffa ma come atto terroristico. Quanto alla sicurezza di un asset strategico come la rete di tlc, Urso rimarca che la soluzione migliore sarebbe «una rete unica a controllo pubblico». In occasione del conflitto russo-ucraino e dell'ipotesi di uno scenario di guerra cibernetica che cosa si può fare per migliorare la risposta dell'Italia? Proprio ieri abbiamo audito il direttore della Agenzia per la cybersicurezza nazionale e nei prossimi giorni presenteremo nostre specifiche proposte per migliorare l'assetto normativo anche per fronteggiare nuovi rischi che emergono dal conflitto in Ucraina. Già nella prima relazione in questa legislatura il Copasir, tra i tanti aspetti, aveva sottolineato che mancava allora e manca ancora oggi una fattispecie di reato specifico. L'attacco cibernetico è perseguito come truffa, una fattispecie inadeguata tantopiù nel caso in cui l'autore sia uno Stato o un gruppo terroristico. In passato abbiamo anche sottolineato come la Russia sia il Paese più attrezzato al mondo per la guerra cibernetica e come sia necessario anche predisporre una difesa proattiva. Alla stregua di quanto già detto da alcuni colleghi del Copasir, posizione che io condivido, occorre anche configurare l'attacco cibernetico su vasta scala come attacco terroristico. In generale, la guerra russo-ucraina, nel cuore della nostra Europa, ci rende consapevoli di quanto importante sia la sicurezza nazionale. Credo che sia un punto di svolta il dibattito che si terrà sabato in Senato sulla nostra relazione al Parlamento: non era mai accaduto dal 2007 ad oggi, cioè dalla istituzione del Copasir. Gli asset strategici come la rete di tlc sono adeguatamente tutelati? Come Copasir abbiamo individuato alcuni aspetti per rafforzare la sicurezza cibernetica del Paese: l'implementazione dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, l'accelerazione del cloud nazionale della Pa, la realizzazione della rete unica a controllo pubblico, l'importanza dell'industria strategica dei cavi marittimi e la interconnessione globale, l'implementazione del perimetro nazionale sulla sicurezza cybernetica. Sono aspetti per migliorare non solo la sicurezza, ma anche la difesa del Paese e la sua competitività. Sulla rete fissa di tlc, per la quale si parla di integrazione tra l'infrastruttura di Tim e quella di Open Fiber, qual è la soluzione migliore, anche in chiave sicurezza? Noi diamo indicazioni sulla strada da seguire per garantire la sicurezza nazionale, quindi la parola passa al Parlamento, per quanto riguarda l'aspetto legislativo, e soprattutto al governo che può agire relativamente a eventuali attori pubblici in campo e soprattutto c'è il mercato con le sue regole e con i suoi attori, da valorizzare. Ci tengo a sottolineare che non interferiamo sul mercato, ma diamo un quadro di insieme su quanto secondo noi, in materia di politica strategica della rete, sia più utile per garantire la sicurezza nazionale. Tornando al conflitto russo-ucraino, che ha fatto alzare l'allerta sugli asset strategici, era prevedibile ed evitabile? Nella relazione al Parlamento al 9 febbraio, prima dell'inizio del conflitto, abbiamo già evidenziato la situazione critica nelle relazioni tra Russia e Ucraina e delineato una accresciuta postura aggressiva di Mosca non solo in Europa Orientale ma anche nei Balcani, nel Mediterraneo e nel Sahel. Attualmente c'è un confronto su scala globale, che speriamo non si trasformi mai in conflitto, tra sistemi autoritari e democrazie occidentali, confronto che trova un esempio drammatico nella invasione Russia in Ucraina. Il confronto si estrinseca già in forme di competizione, la prima delle quali riguarda la supremazia tecnologica e il controllo delle materie prime. Altrimenti non si spiegherebbe perché la Russia è così interessata alla Libia e alla regione del Sahel, dove guarda caso si trova anche la Cina che, a sua volta, utilizza altri mezzi, ovvero la sottomissione del debito, in Africa come nella realizzazione della via della Seta. L' obiettivo dei due Paesi è lo stesso: il controllo delle materie prime, dei minerali preziosi e delle terre rare, ma anche delle risorse energetiche e alimentari, sicuramente di tutto ciò che serve alla transizione digitale ed ecologica. Alla luce delle emergenze epocali come la pandemia e l'attuale conflitto, quale è la migliore strada da seguire in tema di politica industriale? L'Italia deve essere protagonista dell'autonomia strategica europea e occidentale. Per alcuni settori ci vuole tempo, ma è importante che ci sia la consapevolezza in Italia ed Europa della strategia da seguire per garantire la sicurezza del Continente che passa anche da una politica industriale che metta in salvaguardia gli asset strategici italiani ed europei e l'investimento sulle nuove frontiere della tecnologia. L'autonomia strategica che viene giustamente declamata per la difesa europea, infatti, vale anche per la sicurezza europea e ancor più per i nostri asset strategici, per l'economia digitale e per la transizione ecologica, senza le quali è impossibile realizzare e garantire una piena indipendenza. Il Copasir ha da tempo messo in guardia dall'utilizzo di tecnologia cinese per asset strategici, non c'è lo stesso pericolo di ingerenze con le big tech americane? Siamo consapevoli, e lo sono anche negli Usa, dello strapotere delle big tech. Un ambito per cui vale quello che sostengono autorevoli pensatori liberali sui problemi che sorgono quando una azienda ha dimensioni superiori allo Stato in cui opera. In più, in questo caso, vi sono problemi connessi non solo alla privacy, che noi giustamente tuteliamo, ma anche alla sfera più intima delle nostre libertà. Oggi con il riconoscimento facciale è possibile individuare persino quali siano le opinioni politiche di un individuo. E questo richiama quel che prima affermavo sul confronto in corso tra democrazie occidentali e sistemi autoritari che hanno altre scale di priorità, per esempio il controllo sociale e di ogni forma di dissenso. Per semplificare, quale dovrebbe essere il nostro approccio sugli asset strategici? Siamo italiani, di conseguenza fondatori dell'Europa e parte essenziale dell'Occidente. Quindi, quando cerchiamo una soluzione, in prima istanza proviamo a trovarla in sede nazionale, se ciò non fosse possibile per motivi di dimensione finanziaria, tecnologica o produttiva, è bene che sia europea, se per motivi di economia di scala o altre ragioni non può essere solo europea, è bene che sia occidentale. Un principio che si applica, per esempio, anche per il progetto di cloud nazionale o nell'ambito della produzione di microchip, materia prima che scarseggia per varie ragioni geopolitiche. La logica, in quest'ultimo caso, dovrebbe privilegiare una soluzione europea, in partnership con le aziende americane o taiwanesi o coreane. Credo che la guerra nella nostra Europa, con gli orfanotrofi e gli ospedali pediatrici bombardati, abbia cambiato ogni paradigma. Chi poteva immaginare che la Polonia aprisse per prima le frontiere? L‘Europa oggi è rinata proprio con la resistenza ucraina che scuote le nostre coscienze e che ci fa capire il valore delle libertà su cui si fonda la nostra civiltà. L'Europa rinasce a Kiev. Sono convinto che tornerà ad affermare sua volontà più forte che mai, sta rinascendo un sentimento europeo. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 10/3/2022

11 Marzo 2022

Clusit: «Infrastrutture critiche ben difese da cyber attacchi, anello debole sanità»

Parla il presidente dell'associazione italiana per la sicurezza informatica, Gabriele Faggioli: «Italia ha investito meno degli altri nel settore» Per il momento la percentuale di attacchi cyber attribuibili alla cosiddetta ‘guerra cibernetica' è bassa, intorno al 2 per cento. Ma Clusit, l'associazione italiana per la sicurezza informatica, si aspetta che questa quota aumenti. Tra i possibili target degli attacchi ci sono le infrastrutture critiche, come le reti di tlc, che però, spiega il presidente Gabriele Faggioli a DigitEconomy .24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) sono «ben difese ormai da anni», mentre l'anello debole resta la sanità. In generale, riguardo ai rischi futuri, il nostro Paese «è stato sempre abbastanza marginale nella partecipazione alle azioni sanzionatorie e militari e, quindi, potrebbe essere meno un target di attacco, d'altro canto l'Italia ha fatto investimenti in sicurezza inferiori rispetto agli altri e, in quanto più debole, potrebbe essere preferita per realizzare attacchi perlomeno dimostrativi». Avete calcolato l'impatto della crisi russo-ucraina sugli attacchi informatici? La stima dell'impatto della crisi russo-ucraina è molto difficile in questo momento. Guardando ai numeri che abbiamo già pubblicato, e che si riferiscono a dicembre, la percentuale di attacchi classificabili come guerra cibernetica è intorno al 2% mentre il numero largamente preponderante è quello relativo al cyber crime volto a guadagnare soldi. Negli ultimi due-tre anni, rispetto alla minaccia dell'Isis, la fettina riconducibile alla guerra cibernetica si è più che dimezzata ed è scesa dal 4-5% all'attuale 2% circa. Ci aspettiamo ora che questa percentuale aumenti. Di quanto? Dipenderà da quanti attacchi gravi, contro chi, e con quale virulenza. Le nostre infrastrutture critiche sono ben tutelate? Ci sono anelli deboli? Esistono normative che definiscono le infrastrutture critiche, che tra le altre sono quelle riguardanti l'energia, i trasporti, le banche sistemiche, gli ospedali, le Pa e quindi le società su cui si incentra la vita civile del Paese. Se qualcuno vorrà provare a porre in essere attacchi rilevanti, è probabile che proveranno contro queste tipologie di strutture. Ovviamente, ammesso che accada, dovremo vedere se si tratterà di attacchi volti solo a realizzare pesanti disservizi oppure se l'obiettivo sarà quello di arrecare danno diretto alle persone o addirittura vittime. Faccio un esempio: un conto è bloccare una rete di telecomunicazioni per qualche ora, un altro è attaccare il sistema del traffico aereo cercando di impedire la funzionalità dei sistemi che controlla la sicurezza dei voli. È pur vero, tuttavia, che le infrastrutture critiche sono quelle meglio difese in quanto, anche per la leva normativa, sono stati fatti ingenti investimenti in sicurezza ormai da anni. Penso faccia un po' eccezione il sistema sanitario nel quale, perlomeno sulla base dei dati che posso analizzare, penso non siano stati fatti abbastanza investimenti nel passato con la conseguenza che oggi si tratta di un settore strutturalmente più debole rispetto per esempio al comparto tlc o alle banche. Le infrastrutture di tlc sono in sicurezza? Di sicuro le tlc rappresentano un ambito critico e se ne sta parlando moltissimo, anche in merito alla possibile disconnessione della Russia da Internet, ma le aziende del settore sono attente, hanno fatto importanti investimenti e utilizzano tecnologie molto avanzate. Non vuol dire che siano impermeabili agli attacchi, ma la possibilità di anticiparli e di mitigarne gli effetti è più alta che in tanti altri settori. L'Italia è pronta in caso di escalation degli attacchi? Esiste l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale guidata da Roberto Baldoni che assieme ad altre autorità coinvolte sta facendo un grande lavoro a tutela della nostra nazione. Inoltre, a livello normativo, l'Italia ha seguito il percorso indicato dalla Ue, varando in maniera molto efficace il perimetro nazionale di cybersecurity. Infine, il Governo italiano e le istituzioni preposte stanno applicando correttamente la politica di difesa. Per fare un esempio il 6 marzo scorso il Csirt (Computer security incident response team) e l'Agenzia nazionale hanno inviato una comunicazione per innalzare l'allerta in vista di possibili attacchi cibernetici anche verso obiettivi italiani. L'allerta sarà alta in tutti questi giorni del conflitto. Sono scese in campo forze che si fronteggiano, come Anonymous e Conti. La possibilità che si realizzino degli attacchi è quindi molto alta. Se da un lato il nostro Paese è stato sempre abbastanza marginale nella partecipazione alle azioni sanzionatorie e militari e, quindi, potrebbe essere meno un target di attacco, d'altro canto l'Italia ha fatto investimenti in sicurezza inferiori rispetto agli altri Paesi e, in quanto più debole, potrebbe essere preferita per realizzare attacchi perlomeno dimostrativi. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 10/3/2022

04 Marzo 2022

L’impatto della legislazione sulle prospettive delle Telco

Un webinar di Luiss Business School e WINDTRE, per analizzare lo stato dell’arte e le prospettive della trasformazione digitale del Paese. Registrati! Stato dell’arte e prospettive della trasformazione digitale del Paese: il 15 marzo alle ore 18.00, ne discuteremo durante il webinar organizzato da Luiss Business School in collaborazione con WINDTRE. Un’occasione per fare il punto sullo scenario delle Telco in Italia insieme ai rappresentanti di istituzioni e aziende, soffermandoci sull’impatto economico del settore e sulle principali sfide da superare in termini di infrastrutture e di governance. AGENDA 18.00 IntroduzioneRaffaele Oriani, Associate Dean for Faculty, Luiss Business School 18.10 Saluti istituzionaliRaffaella Paita, Presidente Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni, Camera dei Deputati 18. 15 Presentazione della ricerca “Il settore Telco in Italia: assetto normativo e analisi di impatto” Davide Quaglione, Professore ordinario, Università “G. d'Annunzio” Chieti-Pescara; GRIF “Fabio Gobbo”, Luiss Guido Carli 18. 35 Tavola Rotonda Gianluca Corti, Amministratore Delegato designato, WINDTRE Corrado La Forgia, Vicepresidente, Federmeccanica; Amministratore delegato, VHIT Spa, Gruppo Bosch Monica Lucarelli, Assessore alle Attività produttive e alle Pari Opportunità, Comune di Roma Modera: Cesare Pozzi, Professore ordinario, Docente di Economia industriale; GRIF “Fabio Gobbo”, Luiss Guido Carli 19.05 Q&A 19.15 Conclusioni Il webinar è gratuito, per partecipare è necessaria la registrazione. REGISTRATI 4/3/2022

25 Febbraio 2022

Baggioni (Vodafone): «sul 5G in Italia c’è interesse crescente delle Pmi»

Dall'industria al turismo alla formazione all'automotive fino a un occhio al 6G: la manager fa un punto sulle applicazioni in Italia Avanti con le applicazioni su servizi, turismo, automazione industriale, formazione, con un interesse crescente anche da parte delle aziende italiane piccole e medie. Servirà più tempo, invece, per vedere le applicazioni attese nell'automotive come la guida autonoma per cui tecnologicamente siamo pronti ma mancano ancora dei passi da fare. A tirare le somme, con DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) sull'evoluzione delle applicazioni 5G in Italia è Sabrina Baggioni, direttrice del programma 5G di Vodafone Italia. Per il 6G, invece, dovremmo ancora aspettare. In Italia, aggiunge la manager, «ci sono nei laboratori vari studi sul 6G, ma prima di vederli in campo ci vorrà qualche anno». Che bilancio si può trarre sull'applicazione del 5G in Italia? Quali sono i settori maggiormente all'avanguardia? Dall'osservatorio privilegiato che abbiamo sull'evoluzione del 5G tramite la nostra call per startup, notiamo un crescente interesse delle piccole e medie imprese italiane, non solo delle startup innovative, a proporre soluzioni che si basano sul 5G. Ma quello che rileviamo, e questo lo noto dall'interlocuzione con le imprese di grandi e medie dimensioni, è soprattutto la maggiore chiarezza che le aziende hanno sulle potenzialità della tecnologia nel portare beneficio al business. Un fenomeno che si vede in particolar modo nel mondo industriale, dove applicazioni che si basano su una latenza bassissima consentono, tra le altre cose, di migliorare la gestione degli impianti e di condividere informazioni con più utenti. Un altro ambito per cui si registra un interesse trasversale, dalle grandi aziende alle piccole, è quello della formazione, con soluzioni di realtà immersiva e realtà aumentata abilitate dal 5G. È un campo che suscita molto interesse in ambito produttivo e anche nel settore dei servizi, compresa la sanità, realizzando formazione non solo universitaria, ma anche attraverso il training continuativo del personale medico-sanitario. Come inciderà il Pnrr nell'evoluzione delle applicazioni 5G? Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha un ruolo molto importante perché, al di là del grosso degli investimenti destinati alle infrastrutture, molte delle missioni e sotto-missioni si concentrano sulla digitalizzazione, sulle tecnologie e sui servizi a supporto dell'acquisizione continuativa, precisa e in tempo reale delle informazioni. Nell'ambito del Pnrr ci sono alcuni bandi principali con scadenza entro il mese di marzo, sui quali aziende ed enti pubblici stanno accelerando. Sono bandi che riguardano il turismo, a supporto di una fruizione del bene comune, delle aree pubbliche, delle aree verdi; c'è un bando dedicato ai borghi, ci sono opportunità in direzione di un tipo di esperienza museale o all'aperto diversa e immersiva, dove il 5G è proprio la risposta. Da sottolineare anche la missione 6 che è dedicata alla salute: sono previsti sia il presidio territoriale e la creazione di nuovi punti di vicinanza al paziente, sia la digitalizzazione dei processi e le soluzioni digitali, dove l'acquisizione dei dati diventa importante per la cura, in tutto il processo che va dalla prevenzione alla ospedalizzazione, fino al post ricovero. In Italia parliamo ancora di 5G, ma nel mondo si discute già del 6G, che orizzonte ci aspetta? Al momento il 6G è nei laboratori, peraltro anche il 5G ha fatto una "gavetta" molto lunga. La nostra sperimentazione di Milano sul 5G è partita nel 2018, stiamo cioè parlando di tempi che sono pluriennali. Ci sono nei laboratori vari studi sul 6G, ma prima di vederli in campo ci vorrà qualche anno. Vedremo a breve applicata la guida autonoma? L'impatto del 5G su tantissimi servizi e sulla gestione più efficiente delle città è chiarissimo e fondamentale. Noi a Milano, ad esempio, stiamo sviluppando il trasporto pubblico locale elettrico autonomo grazie al 5G. La guida autonoma, tecnologicamente, è fattibile. Ma mettere assieme tutti i pezzi, che vanno dal singolo contributo tecnologico al veicolo, dalla raccolta dei dati fino agli elementi fondamentali come la regolamentazione e il codice della strada, richiede tempo. L'Italia in generale, dal vostro punto di osservazione, a che punto è rispetto agli altri Paesi europei? All'interno del Gruppo Vodafone, il livello di evoluzione tecnologica è equivalente in tutti Paesi dove operiamo. Dal punto di vista delle soluzioni, tuttavia, l'Italia è molto avanti perché siamo partiti prima grazie alla sperimentazione promossa dal Ministero dello Sviluppo economico, e abbiamo imparato tantissimo. Ora altri Paesi stanno accelerando: ci sono sperimentazioni molto importanti in Spagna, negli ospedali e nelle università in Gran Bretagna, qualche azienda sta sperimentando in ambito produttivo in Germania. Stiamo affrontando le stesse tematiche con soluzioni abbastanza simili. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 25/2/2022  

25 Febbraio 2022

«Quest’anno reti 5G standalone in Italia, rendere sostenibili gli investimenti delle telco»

Parla  Emanuele Iannetti, ad di Ericsson Italia. Al Mobile Congress di Barcellona prodotti sostenibili e a risparmio energetico La sostenibilità sarà uno dei temi più rilevanti del Mobile World Congress di Barcellona che si apre il 28 febbraio. Lo anticipa Emanuele Iannetti, presidente e amministratore delegato di Ericsson Italia nell'intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School). Il gruppo mette sul mercato «prodotti che garantiscono un notevole risparmio energetico e un aumento della capacità fino a dieci volte», aggiunge Iannetti. Tra le applicazioni che vedremo più rapidamente realizzate ci sono il cloud gaming e le applicazioni che permettono di vivere esperienze immersive negli stadi, come avvenuto con il Super Bowl. In Italia quest'anno è prevista l'implementazione delle reti 5G standalone (soluzione che prevede che la rete 5G sia in tutto e per tutto autonoma), ma per velocizzare lo sviluppo della tecnologia servono, secondo il manager, riforme e non bisogna «ostacolare la remunerazione degli investimenti degli operatori, per una sostenibilità economica di tutta la filiera». Si aprirà tra breve il Mobile Congress di Barcellona, in che direzione si guarda? Il Mobile World Congress si aprirà con oltre 660 milioni di abbonamenti 5G già attivi nel mondo, come certifica la nuova edizione del Mobility Report di Ericsson. Una cifra considerevole se pensiamo che a fine 2019, prima dello scoppio della pandemia, le sottoscrizioni al 5G erano appena 13 milioni. Due anni di Covid che hanno messo in evidenza quanto sia importante la connettività per continuare a lavorare, studiare e socializzare anche a distanza, e che in molti casi ha accelerato l'implementazione delle reti di nuova generazione. Anche se ciò vale soprattutto per Asia e Stati Uniti, in misura minore per l'Europa. Ora è tempo di proiettarci verso una connettività senza limiti che consenta di migliorare la vita delle persone, digitalizzare scuole, ospedali e industrie e aprire le porte a un futuro sempre più sostenibile e rispettoso dell'ambiente. Al Mobile World Congress sarà proprio la sostenibilità uno dei temi più rilevanti. In questa ottica mostreremo il nostro nuovo portafoglio di reti di accesso radio, con soluzioni che soddisfano gli obiettivi di efficienza energetica e rapida implementazione del 5G condivisi con gli operatori. Per accelerare l'implementazione del 5G su scala nazionale, mettiamo sul mercato prodotti che garantiscono un notevole risparmio energetico e un aumento della capacità fino a dieci volte, con un ingombro aggiuntivo minimo o nullo. Quali saranno le applicazioni più innovative e in che settori? Quando le vedremo sul mercato? Con la rapida crescita del 5G e le prime implementazioni del 5G standalone, gli operatori avranno la necessità di monetizzare i loro ingenti investimenti, puntando su nuovi modelli di business e casi d'uso innovativi sia per il segmento consumer che per le imprese. Nel breve periodo pensiamo al cloud gaming o alle applicazioni che permettono di vivere esperienze immersive negli stadi, come è avvenuto recentemente durante il Super Bowl. Di estremo interesse le applicazioni evolute per l'Industria 4.0 in grado di migliorare la sicurezza sui luoghi di lavoro e ottimizzare i processi, così come il monitoraggio e trattamento da remoto di un paziente in ambulanza prima dell'arrivo in ospedale. Tecnologie come la network slicing ed edge computing saranno importanti abilitatori. Quali tempistiche sono previste per la guida autonoma? Anche se ci sono già delle sperimentazioni molto interessanti, la guida autonoma non sarà diffusa nell'immediato. La tecnologia sta invece rivestendo un ruolo sempre più centrale per aumentare la sicurezza e prevenire situazioni di pericolo. I veicoli connessi già beneficiano di un'ampia varietà di servizi abilitati dal 4G ma nei prossimi anni il 5G permetterà ai sistemi avanzati di assistenza alla guida (adas) di evolvere ulteriormente. Pensiamo ad esempio a un veicolo dotato di pneumatici intelligenti, in grado di trasmettere il rischio di acquaplaning ad un altro veicolo che segue nell'immediato, attraverso l'utilizzo della banda ultra larga e la bassa latenza del 5G. In Italia ci sono progressi sulla copertura delle reti, ma ancora sono connesse solo alcune principali città. Quali gli ostacoli principali? Per accelerare l'implementazione del 5G su banda media, quella considerata più adatta per la copertura nazionale del 5G, servono principalmente due azioni: attuare riforme e non ostacolare la remunerazione degli investimenti degli operatori, per una sostenibilità economica di tutta la filiera. Secondo quanto dichiarato da Asstel in Senato, il contesto del mercato delle telecomunicazioni italiane è già caratterizzato da un livello elevatissimo di concorrenza, per cui provvedimenti in materia devono essere orientati a favorire l'esercizio dell'attività degli operatori, per andare nella direzione della massima semplificazione e del rafforzamento della stabilità e prevedibilità del quadro normativo. Occorre ad esempio armonizzare i limiti di emissione elettromagnetica vigenti in Italia agli standard europei e continuare a semplificare le autorizzazioni necessarie alle istallazioni delle reti. Limiti meno stringenti consentirebbero di accelerare il raggiungimento degli obiettivi di copertura del territorio nazionale in tecnologia 5G, cui il Piano nazionale di ripresa e resilienza destina oltre 2 miliardi di euro. Che cosa vi aspettate dai bandi sul 5G che usciranno a breve e quali requisiti dovrebbero avere? Il Governo con Italia 5G ha definito il piano di intervento pubblico nazionale per incentivare la realizzazione delle infrastrutture. Penso che a fine 2026 si potranno considerare terminati molti dei punti fissati per raggiungere gli obiettivi programmatici. Si punta a colmare il divario nelle province e nelle città dove oggi c'è effettivamente un digital divide. Per arrivare alle coperture richieste sarà opportuno usare un'architettura mista fibra e radio. Il 5G Fwa è una soluzione efficiente già ampiamente adottata con successo dagli operatori americani e che dovrebbe essere usata maggiormente nel prossimo futuro anche in Italia. Quando avremo in Italia le reti 5G stand alone? Siamo stati i primi in Europa a lanciare il 5G standalone, e stiamo lavorando con moltissimi operatori per preparare il lancio di ulteriori reti. L'Italia seguirà già quest'anno e il 2023 sarà l'anno in cui vedremo tanti casi d'uso che fanno leva proprio sulle caratteristiche di questa piattaforma. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 25/2/2022  

25 Febbraio 2022

Hu Kun (Zte): «Il 6G non è lontano, pronti a sperimentarlo anche in Italia»

Il manager cinese sottolinea la necessità, in tema di situazione internazionale, di maggiore collaborazione, anche in ambito di supply chain Il 6G, che comporterà una connettività illimitata e quasi istantanea, «non è così lontano da noi», sarà uno dei fondamenti della società, cambierà il sistema delle imprese e gli anni '30 «potrebbero essere ricordati come l'inizio dell'era della robotica mobile personale». A tracciare le linee prospettiche del mondo che ci attende è Hu Kun, presidente di Zte Western Europe e Ceo Zte Italia, in occasione del Mobile Congress di Barcellona che si aprirà il 28 febbraio. All'evento il vendor cinese ha scelto il tema "Inspire digital world", come annuncia Hu Kun nell'intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore e della Luiss Business School) e coglierà l'occasione «per mostrare come Zte aiuterà gli operatori a trasformarsi rapidamente in fornitori di servizi digitali nell'era 5G». Guardando allo scenario globale, Zte ribadisce la necessità di una maggiore collaborazione, anche sul fronte della supply chain. Per quanto riguarda gli investimenti in Italia, nonostante il rallentamento della pandemia, il gruppo è impegnato a raggiungere gli obiettivi previsti di un miliardo di investimenti in un quinquennio. C'è molta attesa per il prossimo Mobile World Congress che si apre a Barcellona il 28 febbraio, dopo le edizioni sottotono in piena era Covid. Cosa possiamo aspettarci in termini di nuove applicazioni e orizzonti per il 5G? Il nostro tema MWC2022 è "Inspire the digital world". Comprende cinque argomenti: "Miglioramento della rete", "Oltre la connettività", "Sviluppo sostenibile", "Futuro digitale" e "Vita digitale". Coglieremo questa occasione per mostrare come Zte aiuterà gli operatori a trasformarsi rapidamente in fornitori di servizi digitali nell'era del 5G. Ad esempio, nella sezione Network Enhancement, si possono trovare i nostri prodotti di sistema innovativi. Come il sito radio più semplice con la maggiore capacità del settore, un sito tipico che prima necessitava di 15 Rru (Remote radio unit), ora ne richiede solo 2. Il tema "Oltre la connettività" spiega come gli operatori possano sfruttare appieno i vantaggi dell'edge computing per espandere le capacità del servizio e contribuire al successo aziendale. Inoltre, oggi tutto il mondo parla di "carbon neutrality". Il "verde" non è solo un problema morale, è diventato la regola e persino la legge per lo sviluppo futuro. Nella sezione "Sviluppo Sostenibile" presenteremo un pacchetto di strumenti per costruire una rete verde e sicura. Ad esempio, la nostra soluzione PowerPilot può ridurre il consumo energetico medio attuale del 25 per cento. Nell'area "Digital Future", ci concentreremo sugli scenari applicativi e le richieste del mercato per guidare la continua evoluzione della rete. Inclusa la distribuzione del segnale 5G e della rete ottica ovunque, che è ciò che stiamo facendo ora. La funzionalità, le prestazioni e l'efficienza delle reti saranno ulteriormente ottimizzate. Allo stesso tempo, gettiamo lo sguardo sul 6G. "Digital Life" è un invito a provare i nostri nuovissimi smartphone e altri gadget per la casa. Si parla sempre più di cybersecurity, applicata anche alle reti 5G. Ci saranno nuove soluzioni e proposte su questo fronte a Barcellona? I nostri laboratori di sicurezza informatica fungono da centro di trasparenza e piattaforma di cooperazione, per fornire funzioni come la revisione del codice sorgente, la revisione dei documenti, i test di penetrazione e il trasferimento delle conoscenze. In Italia abbiamo avviato un centro di cybersecurity a Roma. Oltre a rispettare rigorosamente le leggi e i regolamenti locali sulla sicurezza informatica, aggiungiamo un'ulteriore garanzia di sicurezza del software testando ogni versione prima di installarla nelle reti dei clienti. Sembra ancora un'utopia, almeno in ottica italiana, ma che cosa possiamo aspettarci in vista dell'avanzamento del 6G e quali nuove applicazioni? In effetti, il 6G non è così utopico, non è fantascienza. Penso che il 6G non sia così lontano da noi. Gli anni 2030 potrebbero essere ricordati come l'inizio dell'era dell'ampio uso della robotica mobile personale. Ci saranno applicazioni impegnative come la telepresenza olografica, la comunicazione immersiva, ecc. Nel prossimo decennio si aprirà una nuova era in cui miliardi di cose, esseri umani e veicoli connessi, robot e droni genereranno Zettabyte di informazioni digitali. Lo Zettabytes è un'unità che comprende 1.000 miliardi di miliardi di byte. Per affrontare queste sfide abbiamo, quindi, bisogno di costruire una rete mobile 6G. E Il 6G sarà probabilmente un ecosistema autonomo di intelligenza artificiale. Si evolverà progressivamente dall'essere umano-centrico a essere sia umano sia macchina-centrico. Il 6G porterà una connettività wireless completa quasi istantanea e illimitata. Emergerà anche un nuovo panorama per le imprese, come risultato della convergenza che il 6G consentirà nei settori della connettività, della robotica, del cloud e del commercio sicuro e affidabile. Ciò rimodellerà radicalmente il modo in cui operano le imprese. In breve, il 6G sarà uno dei fondamenti delle società umane del futuro. Abbiamo fondato lo Zte Innovation and Research Center in Italia all'inizio del 2018. Ha verificato molti prodotti, funzionalità e casi d'uso 5G avanzati anche prima della commercializzazione su larga scala. Abbiamo un ampio collegamento con operatori, imprese, università ed enti locali per spingere insieme sull'innovazione. Sono sicuro che applicheremo la stessa prassi per il 6G. Quando arriverà la finestra temporale adatta, Zte sarà di nuovo in prima fila in Italia per prepararsi abbastanza bene per l'era del 6G. La pandemia, le tensioni geopolitiche stanno giocando un ruolo importante anche in tema di investimenti. Zte ha sempre sottolineato la necessità di una collaborazione sul 5G. A che punto siamo? Sebbene la pandemia abbia portato molte sfide e abbia rallentato gli investimenti in tecnologie futuristiche, nel 2021 l'industria e la società non solo hanno compreso il valore della connettività delle telecomunicazioni, ma ora stanno esaminando tecnologie trasformative come il 5G insieme all'edge computing, IoT, AI e Big data per stimolare la ripresa economica. Parlando dei diversi mercati, Zte espanderà il business in quelli di alto valore, rafforzerà le partnership con gli operatori chiave e si concentrerà sulle reti più importanti per garantire una crescita costante. Il nostro mercato strategico per il prossimo anno è rappresentato dall'Asia, dall'Europa e dall'Africa. Vogliamo aiutare gli operatori su scala globale ad aggiornare e modernizzare le loro reti Lte e ad entrare nell'era del 5G. Quanto agli operatori che stanno già investendo nel 5G, noi vogliamo lavorare con loro, per aiutare a costruire reti 5G stand alone, al fine di monetizzare le applicazioni 5G. Vorrei inoltre sottolineare l'importanza di una collaborazione globale, noi siamo molto focalizzati sulla globalizzazione, occorre più integrazione anche sul fronte delle catene di fornitura. È importante lavorare con i nostri fornitori globali per creare un ecosistema globale delle catene di fornitura. Da vari punti di prospettiva, insomma, la collaborazione globale è la chiave. Avete annunciato nel 2020 un miliardo di investimenti in un quinquennio in Italia. A che punto siete, avete subito rallentamenti per la pandemia? Dal 2016 al 2020, nei primi cinque anni, abbiamo investito in Italia 500 milioni di euro. Inoltre, il nostro primo traguardo ci ha fatto capire meglio l'Italia, il mercato italiano, il contesto regolatorio, l'industria italiana. Poi, abbiamo definito il secondo target di un miliardo di investimenti. La pandemia ha impattato ogni industria, e dobbiamo riconoscerlo. Ma noi siamo molto fiduciosi che continueremo a investire e siamo fortemente impegnati nel raggiungimento della seconda pietra miliare (ovvero 1 miliardo di investimenti tra il 2021 e il 2025) che abbiamo annunciato.  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 25/2/2022

25 Febbraio 2022

Nokia: «Italia a due volti per il 5G, copertura disomogenea, ma ottimismo su 2022»

Parla  l'AD Giuseppina Di Foggia. Sulla sostenibilità degli investimenti da parte delle telco la manager confida nell'aiuto dei fondi del Pnrr Un'Italia a due volti, con lo spettro 5G già assegnato e precisi obblighi, ma copertura «ancora disomogenea più concentrata sulle grandi città e non ancora adatta a soddisfare le esigenze di aziende distribuite sul territorio». Giuseppina Di Foggia, ceo di Nokia Italia, a pochi giorni dalla vetrina mondiale del Mobile Congress di Barcellona, fa un punto con DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) sull'avanzamento della nuova tecnologia in Italia. Per la manager, «occorre guardare alle reti private 5G, che sono un abilitatore della nuova rivoluzione industriale». Facendo un bilancio, Di Foggia è comunque ottimista sulla maggiore consapevolezza acquisita dalle aziende riguardo alla necessità della trasformazione digitale e ritiene che il 2022 sarà «l'anno della partenza del 5G». Quanto al problema della sostenibilità degli investimenti delle telco, confida nella consapevolezza sulle opportunità del 5G e i fondi del Pnrr «aiuteranno ad affrontare – e spero – risolvere il problema. È in gioco il futuro dell'Italia». Recentemente avete siglato la partnership con Sirti per consolidare la collaborazione tra le due aziende, che cosa vi aspettate dall'accordo? La rivoluzione del 5G richiede un approccio nuovo, in termini di capacità di innovazione e di competenze. E poiché per la corretta realizzazione di progetti verticali non basteranno competenze "generiche", ma sarà indispensabile essere specialisti nel dato settore, la collaborazione tra le imprese deve essere più stretta che in passato. L' accordo con Sirti va in questa direzione. Due aziende con esperienza e presenza in Italia da oltre 100 anni uniscono la profonda conoscenza della realtà nazionale, le rispettive capacità tecnologiche e operative, l'innovazione e, non ultimo, la determinazione necessarie perché la trasformazione digitale del Paese diventi realtà. Sono in vista intese con altre società di rete presenti nel territorio italiano? Il 5G rappresenta una vera rivoluzione. In funzione della specificità del singolo caso d'uso entreranno in gioco nuovi elementi tecnologici e nuovi attori. Ciò comporta una costante osservazione della dinamica dell'ecosistema e la valutazione di eventuali altre partnership per realizzare la trasformazione tecnologica per il futuro del nostro Paese. Su quali target e applicazioni punterete nell'anno in corso in Italia? Il 2022 dovrebbe essere per l'Italia l'anno della partenza. Dico partenza e non ri-partenza perché questa volta si va in una direzione diversa, determinata dalla spinta post-pandemica e dalle opportunità tecnologiche offerte dal 5G.E' chiaro che l'ambito infrastrutturale è quello su cui continueremo ad essere focalizzati. La progettazione e realizzazione delle reti essenziali per il Paese è il nostro obiettivo primario. Ci onoriamo di essere partner dei maggiori operatori italiani con i quali lavoriamo per garantire al Paese la disponibilità delle reti di comunicazione. Ma la trasformazione digitale resa possibile dal 5G e dalle tecnologie collegate coinvolgerà nuove imprese, in particolare le aziende manifatturiere Italiane, che dovranno rapidamente adeguarsi per affrontare le nuove sfide. La fusione dei mondi fisico e digitale, resa possibile unendo i sistemi umani con sistemi di intelligenza artificiale, robotica e rilevamento stanno trasformando le aziende. Per l'Italia, secondo Paese manifatturiero in Europa, è imperativo cogliere al più presto questa opportunità. Noi, con le nostre soluzioni di smart manufacturing e l'esperienza che ci deriva dalle oltre 1500 reti industriali mission-critical e le oltre 380 reti wireless private realizzate nel mondo, saremo partner delle aziende italiane in questa nuova sfida. A breve si aprirà il Mobile Congress di Barcellona: quali aspettative sulle applicazioni del 5G e quali le novità a livello globale? È una bella notizia tornare ad incontrarsi di persona, anche se ancora con le necessarie precauzioni, a un evento così importante. È il segnale che tutti aspettavamo. Non posso anticipare dettagli ma, per quanto riguarda Nokia, la partecipazione sarà incentrata su come costruire un futuro sostenibile, produttivo e inclusivo, sintetizzato dallo slogan "non c'è green senza digital'. Mostreremo soluzioni per costruire reti che abbiano la capacità e la sicurezza necessarie sfruttando la tecnologia adatta, per ridurre il consumo di energia e creare crescita attraverso nuovi modelli di business e servizi. Tecnologie come il 5G, 5G advanced, 6G, software cloud-native, intelligenza artificiale e machine learning ci permetteranno di realizzare il mondo del futuro, come diciamo noi, #NoBoundaries. Nel mondo si parla già di 6G, ma il limite italiano è che per ora non ci si può connettere ovunque con la rete 5G, ma solo in alcune zone delle maggiori città. Da cosa dipende? L'Italia mostra due volti: siamo tra i pochi Paesi in cui lo spettro disponibile è stato sostanzialmente assegnato, con precisi obblighi temporali di copertura. L'Italia ha quattro operatori con servizi 5G attivi. Ma la copertura è ancora disomogenea, più concentrata sulle grandi città e non ancora adatta a soddisfare le esigenze di aziende distribuite sul territorio (per non parlare di porti ed aeroporti). Occorre, quindi, guardare alle reti private 5G, che sono un abilitatore della nuova rivoluzione industriale. Oggi è possibile realizzarle sia in ambito pubblico sia privato, come dimostrano i moltissimi progetti che stiamo portando avanti, in particolare in Europa. Sono ottimista, e direi che la sempre maggiore consapevolezza delle aziende sulla necessità della trasformazione digitale per mantenere competitività, unita alla disponibilità dei fondi derivanti dal Pnrr che, ricordiamolo, impone importanti vincoli temporali sulla realizzazione dei progetti spingeranno verso una disponibilità adeguata del servizio per imprese e cittadini. Nei mesi scorsi ha parlato di aspettative di un boom di investimenti sul 5G, compresa l'Italia e della necessità di investire sulle competenze necessarie. Il nostro Paese è stato al passo con le aspettative? La pandemia ha favorito la consapevolezza della necessità di disporre di reti a banda larga e ultra-larga, fisse e mobili. Ora che il peggio sembra essere passato possiamo ritornare a concentrarci sulle nuove tecnologie, 5G incluso. Ma ho osservato che durante la pandemia tanti professionisti ed aziende hanno avuto modo di aumentare il livello di conoscenza sulle nuove tecnologie e le opportunità che si aprono. E' un segnale importante: i report mostrano che in Italia è aumentato l'interesse nei confronti del 5G. Siamo passati da un 20% di aziende che guardano al 5G nel 2020 al 34% del 2021. È un segnale incoraggiante. Nell'ambito del Pnrr, per il bando del 5G che dovrebbe arrivare a marzo ci sono due miliardi di euro per le reti, finanziando per la prima volta la costruzione di reti mobili con risorse pubbliche. Parteciperete, direttamente o indirettamente, al bando? Come sa, in generale i bandi sono destinati agli operatori, per cui non ci è possibile partecipare direttamente. Ovviamente, mettiamo a disposizione del Paese la nostra presenza in Italia, la grande capacità in termini di innovazione e realizzazione di reti complesse come il 5G. Bassi livelli dell'elettromagnetismo in Italia, scarsità di manodopera per realizzare le reti, difficoltà delle telco a investire anche perché dovranno saldare il conto con lo Stato per le frequenze 5G: vede in questi elementi delle criticità per lo sviluppo delle reti e del 5G in Italia? Andiamo con ordine. Dal punto di vista tecnico, il 5G utilizzando frequenze più elevate, ha una minore capacità di penetrazione e copertura, pertanto, richiede livelli di campo maggiori per poter erogare i servizi. Gli enti regolatori dovranno esprimersi, valutando le istanze che gli operatori presentano da tempo. Non vedo scarsità di manodopera per realizzare le reti. Esiste certamente un tema legato agli investimenti delle telco, a causa dell'elevato costo delle licenze e della sostenibilità. Ma confido che la consapevolezza sulle opportunità del 5G e i fondi del Pnrr aiuteranno ad affrontare – e spero – risolvere il problema. È in gioco il futuro dell'Italia. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 25/2/2022

22 Febbraio 2022

Laura Di Raimondo: «Trasformazione digitale completa solo con relazioni industriali forti»

Il Direttore di Asstel fa il punto sulla centralità della formazione nel disegnare forti legami capaci di sostenere anche le rivoluzioni legate al Pnrr Le relazioni industriali possono avere effetti sul Next Normal e sulle trasformazioni – digitale, ecologica ed energetica – in atto? Secondo Laura Di Raimondo, Direttore Asstel, sì. L'associazione che in Confindustria rappresenta le TLC è partner dell'Executive Course della Luiss Business School "Le Nuove Relazioni Industriali". Questo modulo si inserisce nella più ampia cornice dell'Executive Programme in Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane, che si terrà a Milano il 25 febbraio 2022 e a Belluno l'11 marzo 2022. Ecco perché questo corso può avere un ruolo cruciale anche nelle rivoluzioni legate al Pnrr. Quali sono le principali trasformazioni che, a oggi, hanno interessato il mondo delle relazioni industriali? Viviamo in una fase segnata dall'emergenza sanitaria Covid. Il Next Normal si sta configurando ed evolvendo giorno per giorno, insieme al nostro vivere e lavorare. Allo stesso modo, ne sono segnate le relazioni industriali, che si basano sui rapporti e sulle risorse umani. Tuttavia, viviamo un'epoca di grandi opportunità grazie al Pnrr, che mette insieme gli orizzonti della transizione digitale, ecologica ed energetica. In questo contesto, i temi di Asstel diventano centrali. In un momento di grande cambiamento, che dobbiamo governare e non subire, le relazioni industriali hanno grandi opportunità e responsabilità. Da che punto di vista? Le relazioni industriali sempre più devono evolvere verso un modello partecipativo, fondato su ascolto e dialogo. Cardine di questo modello è la contrattazione di anticipo che può favorire il governo delle transizioni occupazionali, accompagnando il lavoro e il capitale umano attraverso questa trasformazione. La capacità dei sistemi di rappresentanza di essere soggetti attivi e di avere una visione di frontiera e non di trincea, di saper governare le trasformazioni, diventa sempre più importante. Siamo convinti che non ci sarà una trasformazione digitale completa senza relazioni industriali forti. Quali nuove conoscenze e competenze si richiedono oggi a uno specialista delle relazioni industriali? Quando abbiamo iniziato il corso ho chiesto a tutti una parola. Sono arrivate “pazienza”, “visione”, “resilienza”, “fantasia”, “immaginazione”. Quando sono entrata nel mondo delle relazioni industriali, la competenza era un valore, ma intesa in senso molto verticale. Oggi alle competenze verticali deve affiancarsi la capacità di ampliare il bagaglio di conoscenze per avere una visione complessiva degli scenari di riferimento. Per questo diventano sempre più importanti le soft skill. Non governi la trasformazione, se non hai gli elementi che ti portano ad avere la capacità di governare e di rendere reale tutto ciò che è nuovo. Quanto pesano oggi queste capacità immateriali? Tanto, basti pensare che sono state il cardine della gestione della situazione emergenziale. Anche la leadership più forte, espressa di persona a un tavolo, ma filtrata attraverso il digitale deve trovare una nuova strada. Le competenze diventano sempre più orizzontali e sempre meno verticali. Bisogna essere resilienti per costruire nuovi orizzonti. Di quali figure professionali ha maggiormente bisogno oggi il mondo delle Tlc e come usare al meglio le risorse del Next generation EU? Quali sono i settori in cui sono più richieste? Le competenze di domani le abbiamo mappate con il Rapporto sulla Filiera delle Telecomunicazioni in Italia 2021. Ogni anno, con il supporto del Politecnico di Milano, facciamo questa fotografia sulla stato della Filiera TLC nella quale, tra le altre cose evidenziamo l’evoluzione delle competenze professionali. Si va dalla cybersecurity all'Internet delle cose, passando per la data analysis, intelligenza artificiale e il cloud computing. Ma la filiera ha anche bisogno di progettisti e giuntisti di fibra ottica, necessari per accelerare la realizzazione del Pnrr. In un circuito virtuoso diventa importante l'orientamento formativo dei ragazzi dalle medie, insieme all’aggiornamento delle competenze e alla formazione permanente, soprattutto per persone comprese tra i 40 e i 50 anni. In questa fascia anagrafica è necessario creare un mix virtuoso che vada a costruire un vero e proprio patto per le competenze indispensabile per governare la trasformazione. Reti e competenze digitali: di cosa abbiamo più bisogno per la competitività del Paese? Servono entrambi, ma senza capitale umano innovativo non si può guidare la trasformazione. È questa la leva strategica per accelerare la trasformazione e per rigenerare un circolo virtuoso che parte dalle competenze. Se ho competenze, faccio innovazione. Se faccio innovazione, creo nuovi servizi. Se ho tutto questo, attiro investimenti e genero valore. Se genero valore, ridistribuisco ricchezza. E tutto parte dalle competenze, fattore su cui l'Italia – insieme all'adattabilità del capitale umano – ha sempre avuto un ritardo storico non bisogna dimenticare che l'indice Desi ci dice che siamo terzultimi in relazione al capitale umano, alla capacità di reazione e accesso al digitale, nel mismatch rispetto alle professioni richieste. Poi c'è bisogno di accelerare sulla messa a terra delle reti. Abbiamo una grande responsabilità verso la cittadinanza che ha avuto accesso alle app e ai servizi. Next Generation EU investe miliardi sulla popolazione compresa tra i 16 e i 74 anni, per farli tornare sui banchi di scuola e colmare un gap culturale. Si può avere l'infrastruttura, che va costruita e migliorata. Deve essere pervasiva. Ma bisogna anche dotare le persone delle capacità e competenze per sfruttarne al meglio le potenzialità. SCOPRI IL PROGRAMMA 22/02/2022

11 Febbraio 2022

«Telco in fermento, preservare unitarietà di Tim, a rischio migliaia di esuberi»

I sindacati del settore (Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil) fanno il punto tra nuovi progetti per Tim, proposta per Vodafone Italia e nuovi vertici per WINDTRE Problemi di tenuta occupazionale del settore telco chiamato a ingenti investimenti con prezzi calanti; ipotesi di spezzatini e concentrazioni; cambi al vertice, aziende di rete, che devono realizzare le infrastrutture in difficoltà. Un combinato disposto che, secondo i sindacati delle tlc, potrebbero portare a migliaia di esuberi diretti e indiretti. In vista dei bandi del Pnrr che entrano nel vivo a breve, e del riassetto in corso nel comparto, Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil fanno il punto della situazione con DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School). Solari (Slc Cgil): «Problemi del comparto da rinvenire nell'eccesso di competizione» Per Fabrizio Solari, segretario generale della Slc Cgil, il settore delle tlc «non è per niente decotto né ha una domanda calante, è invece in forte evoluzione. Ma, nonostante questo, ci sono tensioni a livello occupazionale in Italia. Occorre chiedersi perché. In Paesi europei comparabili con il nostro, questo non avviene. Il problema è allora da rinvenire nell'eccesso di competizione che ha prodotto una situazione di inefficienza, si continuano a perdere risorse, inducendo le aziende a tagliare l'occupazione e lesinare gli investimenti». Solari chiarisce che, per i consumatori, «è un bene che i prezzi scendano, ma se scendono troppo è un male per tutto il sistema; oltre una certa soglia non si remunera l'investimento e si rallenta l'innovazione». Vitale (Fistel Cisl): «occorre valorizzare italianità di Tim e tutelare l'occupazione» Tra le preoccupazioni dei sindacati c'è il futuro di Tim, che dovrebbe essere divisa, secondo le linee del piano industriale conosciute finora, nella Netco, la società della rete, e la ServiceCo, la società dei servizi. Per la Cgil   «è inaccettabile che si pensi a realizzare la rete unica, per evitare duplicazioni, collocando nella parte del network di Tim esuberi e debito». La tempistica dello scorporo della rete, prevista dal piano di Labriola, spiega Vito Vitale, segretario generale della Fistel Cisl, «appare, per quello che abbiamo saputo finora, troppo affrettata. Inoltre, il progetto sulla società dei servizi sta diventando sempre più ricco a discapito della rete; in questa maniera non ci sono certezze in termini occupazionali». Il sindacato sarebbe, invece, favorevole, aggiunge, «con l'accordo della politica a realizzare un'operazione che preservi l'unitarietà di un'azienda strategica per il Paese. Anche leggendo recenti articoli di stampa, si rafforza l'idea che si possa trovare una soluzione per valorizzare l'italianità dell'azienda, preservandone al contempo l'occupazione'". In ambito generale, aggiunge il Vitale, «c'è una tale evoluzione degli assetti del settore delle tlc, che a prescindere da Tim, ci aspettano grandi cambiamenti, da un lato l'offerta di Iliad per Vodafone Italia, dall'altro i cambiamenti al vertice di WindTre (l'attuale ad Jeffrey Hedberg è in uscita ad aprile e sarà sostituito da Gianluca Corti e Benoit Hanssen, ndr). Sono tutti riassetti per iniziativa di gruppi imprenditoriali stranieri; in questa situazione, diventa ancora più importante preservare il valore e l'unitarietà di Tim». Per Savant Levra (Uilcom) rete unica percorso difficile che porterebbe altro scompiglio Preoccupazione anche da parte della Uilcom Uil. «Oggi aleggia lo scorporo della rete - sottolinea Luciano Savant Levra, segretario nazionale della Uilcom Uil - per realizzare un unico network a seguito della fusione con Open Fiber: un percorso difficile con tempi lunghi che porterebbe a un ulteriore scompiglio del settore delle tlc». Per la Uilcom, «smembrare Tim, privandola della rete, causerebbe una reazione a catena perché resterebbe una società di servizi (ServiceCo) che dovrebbe competere da subito, rispetto agli altri concorrenti, con un numero di addetti praticamente doppio e iniziare la sua attività con un importante debito». La situazione «spingerebbe le altre telco alla realizzazione di accorpamenti o addirittura scomposizioni, si veda il possibile matrimonio tra Vodafone ed Iliad oppure la vendita di infrastrutture di rete, da parte di altre telco, non più necessarie avendo una unica rete da cui approvvigionarsi all'ingrosso. Si rischierebbero inoltre importanti e negative ricadute sul grande indotto di Tim perché le molteplici aziende che lavorano per l'ex incumbent non potrebbero più vendere gran parte dei loro servizi fino ad oggi effettuati». Il risultato, rimarca la Uilcom, «potrebbe portare ad avere migliaia di potenziali esuberi». I sindacati, infine, mettono l'accento anche sulla situazione delle aziende di rete, chiamate a breve a uno sforzo ingente, visto che dovranno realizzare, oltre alle infrastrutture già previste nei piani degli operatori, anche le reti descritte nei bandi del Pnrr. Un effetto dei bandi, notano i sindacalisti, è quello di far rimettere in discussione anche alcune commesse che gli operatori avevano già assegnato, visto che alle telco conviene procedere nell'infrastrutturazione attraverso le gare finanziate dalle risorse europee piuttosto che andando avanti con i propri piani di investimento. «In un mercato iper competitivo – conclude Solari – occorre tagliare, e quando si taglia si rimettono in discussione anche le commesse». In questa situazione, «la partita di Tim è la parte più evidente della malattia del settore». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 11/2/2022