Digital Transformation
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05 Novembre 2021

«Per fare le reti mancano 20mila persone, i migranti sono un’opportunità»

Parla Umberto Pesce, presidente di Psc, che chiede un tavolo ad hoc con sindacati, banche e istituzioni Migranti per fare le reti, e scuole tecniche ad hoc per favorire l'inserimento dei giovani, anche stranieri nel mondo del lavoro, già dopo un primo biennio. È il mix di soluzioni che propone Umberto Pesce, presidente del gruppo di impiantistica Psc. All'appello, secondo Pesce, mancano 20mila persone specializzate, tra reti di tlc ed elettriche. Di fronte a questa necessità, condivisa negli ultimi giorni da vari membri del Governo, per mettere in grado le aziende del settore di far fronte alla richiesta del mercato, «occorre aprire al più presto – dice Pesce, recentemente nominato Cavaliere del Lavoro, a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) - un tavolo con istituzioni, banche e sindacati». L'obiettivo posto dal ministro dell'Innovazione e transizione digitale, Vittorio Colao, è infatti, quello di cablare l'Italia entro il 2026 e, dunque, la necessità di competenze, si farà sentire molto presto, una volta assegnate le gare. Come si può risolvere il problema della mancanza di risorse umane per costruire le reti in fibra e 5G? Quale ruolo può giocare il Governo? Il sistema Italia si è sempre basato su micro, piccole e medie aziende, dall'artigiano alle imprese fino a 50milioni di euro di ricavi. Questa spina dorsale del sistema è sparita, e le poche aziende rimaste sono in grande difficoltà economica. Per affrontare il mutato scenario e il bisogno di competenze, occorre, dunque, innanzitutto il supporto dello Stato. Occorre, ad esempio, semplificare il sistema degli appalti pubblici, risolvendo anche il problema dei continui ricorsi al Tar che bloccano i lavori. Si potrebbe prevedere che, una volta aggiudicato il lavoro e stipulato il contratto, qualora il Tar dovesse dar ragione alla società ricorrente, quest'ultima venga risarcita per il mancato utile raggiunto, senza bloccare i lavori. Oltre agli interventi dal punto di vista degli appalti, occorre un piano che riguardi l'assunzione e la formazione del personale. Tra reti tlc ed elettriche mancano infatti circa 20mila persone specializzate. Come formare in tempi brevi i lavoratori necessari? Occorre un'azione di concerto con i ministeri del Lavoro, Istruzione, della Pa, dell'Innovazione e della Trasformazione digitale, predisponendo delle scuole ad hoc che, dopo un primo biennio, formino già i ragazzi per un impiego specialistico, prevedendo, anche durante gli studi, il tirocinio in azienda. Un nodo fondamentale è poi dove reperire i giovani che vogliano fare questo percorso. Visto che in Italia c'è una mentalità molto progredita per cui le nostre famiglie desiderano per i propri figli un percorso di istruzione quanto più completo, si potrebbe ricorrere ai giovani stranieri. Abbiamo tanti giovani stranieri in Italia, migranti di buona volontà, ma sfruttati tante volte con il caporalato. Noi abbiamo bisogno della migrazione, per noi la migrazione è un'opportunità, e questo momento storico potrebbe essere una buona occasione per formare le persone e farle lavorare. Una specializzazione tecnica di cui potrebbe farsi carico lo Stato che poi recupererà con le tasse pagate da questi lavoratori una volta acquisito un contratto. Un altro problema che bisogna risolvere è quello della patrimonializzazione delle imprese del settore che non sono attualmente in grado di far fronte alla formazione di nuove competenze da sole. Occorre dunque, oltre a quello del Governo, il supporto delle banche, visto che non ci sono aziende che, senza aiuto, riescono a fare investimenti dei livelli richiesti. Una volta inserite le persone in azienda e realizzate le reti, al 2026 queste persone potrebbero essere utilizzate in diverso modo, ad esempio per la manutenzione dell'infrastruttura? Oggi stiamo facendo il passaggio dal rame alla fibra, ma il rame richiede molta manutenzione, il sistema della fibra ottica è, invece, completamente diverso. Una volta finita la rete, dunque, ci sarà il problema della sostenibilità per le imprese delle 20mila persone assunte. Per questo chiediamo un incontro, un tavolo con istituzioni, mondo bancario e sindacati al fine di individuare tutte le soluzioni. È un intervento che va concertato assieme. D'altronde dobbiamo preparare l'Italia al boom economico al quale non siamo più abituati, l'ultimo boom è stato nel dopoguerra e, secondo me, questo che stiamo vivendo è un "dopoguerra". SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 5/11/2021

05 Novembre 2021

Italtel e Sirti a Colao: «Per realizzare il Pnrr servono 80% di occupati in più»

Nel documento preparato dalle due aziende si chiedono anche contratti pluriennali e adeguato livello dei prezzi Contratti pluriennali in linea con gli investimenti, meccanismi premianti per il ri-uso delle infrastrutture esistenti, obbligo di apertura a tutti gli operatori non solo a quelli con significativa forza di mercato, quadro normativo semplificato e adeguato livello dei prezzi. Sono tra le richieste che Sirti e Italtel hanno messo nero su bianco, secondo quanto risulta a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) in un documento consegnato al ministero dell'Innovazione e della Transizione digitale, guidato da Vittorio Colao. Il nodo è come reperire le oltre 10mila figure mancanti Per realizzare gli investimenti in fibra e 5G è necessario, spiegano le società, l'80% in più dell'attuale livello occupazionale delle aziende di rete. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, d'altronde, destina il 27% delle risorse alla transizione digitale, ovvero 6,7 miliardi per la strategia italiana per la banda ultra larga entro il 2026. Di recente Colao ha annunciato che da gennaio prossimo partiranno le gare per la fibra, e subito dopo quelle per il 5G; ne seguirà, ha detto il ministro, la creazione, appunto, di 10-15 mila nuovi posti di lavoro per la realizzazione dell'infrastruttura. Il nodo ora è come creare questa occupazione e, secondo quanto spiegano gli addetti del settore, come utilizzare poi l'80% di occupazione in più, una volta realizzati gli investimenti. Delle due società, l'una, Italtel, oggetto del salvataggio da parte del gruppo Psc, l'altra controllata dal fondo Pillarstone che intenderebbe valorizzarla, hanno presentato al Ministero dei numeri precisi: le risorse richieste nel campo della progettazione sono attualmente circa mille; i piani cumulati degli operatori assieme a quelli previsti dal Pnrr richiedono la disponibilità di circa 800 persone aggiuntive. Per la realizzazione delle reti l'attuale disponibilità di personale specializzato è pari a 12mila unità: la necessità per i prossimi anni è di altre 10mila persone, con un incremento, per l'appunto, pari all'80 per cento. Occorre un quadro amministrativo, normativo e di mercato che consenta di assumere Ma non basta avere il personale per realizzare le infrastrutture, occorre inoltre, secondo le aziende, un quadro normativo, amministrativo e di mercato che consenta alle imprese di assumere e investire. Innanzitutto le società chiedono contratti pluriennali che siano in linea con l'estensione temporale dei piani al fine di consentire alle imprese gli opportuni investimenti in competenze e strumenti che assicurino la realizzazione degli stessi. Ridurre il numero di pratiche amministrative e tempi di attesa Bisogna inoltre ridurre il numero delle pratiche amministrative e i relativi tempi di attesa per il loro espletamento che hanno impatti negativi sul raggiungimento delle milestone previste, pena la perdita del finanziamento. Anche le imprese di rete, come le telco ultimamente, toccano il tema dei prezzi. Temi peraltro correlati perché coi prezzi più alti praticati dalle telco, e ricavi maggiori, probabilmente anche le gare per le aziende di rete presenterebbero prezzi più alti. Di recente Luigi Gubitosi, ad di Tim, ha annunciato l'intenzione del gruppo di alzare i prezzi offerti ai clienti e il ministro Colao, all'evento Asstel-Telecomunicazioni sul quadro del comparto, ha invitato i vertici delle società a «guardarsi negli occhi» visto che «i prezzi non li fanno i politici né i regolatori». Evitare le gare al massimo ribasso Di fronte a questo scenario, le aziende di rete chiedono dunque un adeguato livello dei prezzi, evitando approcci al massimo ribasso e offerte anomale, per preservare la remunerabilità degli investimenti richiesti all'industria, come ad esempio il reclutamento e la formazione di nuovo personale, l'aumento dei costi delle materie prime e della componentistica. Un'ultima richiesta riguarda il tema della fatturazione e dei pagamenti: le imprese suggeriscono su questo fronte l'allineamento agli standard europei, sia per quanto attiene al valore riconosciuto all'industria sia per quanto riguarda i tempi di fatturazione e pagamento che seguono la progressione delle opere. In Francia, ad esempio, ricordano Sirti e Italtel, ci sono prezzi superiori in media del 25 per cento. Tutto ciò per farsi trovare pronti nel secondo semestre del 2022 quando verranno assegnati i bandi delle gare previste dal Pnrr e saranno avviate le fasi di implementazione dei progetti e lo sviluppo dell'infrastruttura in banda ultra larga.  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 5/11/2021

05 Novembre 2021

«Formazione sia continua, anche attraverso piattaforme ispirate all’entertainment»

Parla Elisa Zambito Marsala, ad di IntesaSanpaolo Formazione, a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School Da elemento straordinario della vita professionale a elemento imprescindibile e continuo. Così è cambiata la formazione, soprattutto nel post pandemia, secondo quanto sottolinea Elisa Zambito Marsala, ad di IntesaSanpaolo Formazione, realtà che nel corso della sua attività ha coinvolto oltre 19mila tra giovani e professionisti e più di 4500 aziende con l'erogazione di oltre 660mila ore formative. Oggi la formazione va erogata con modalità sempre nuove, comprese le piattaforme ispirate a quelle dell'entertainment tipo Netflix, accessibili da ogni device, che garantiscono una modalità immersiva. In Italia nel 2020 investimenti inferiori rispetto alla media europea «In passato – spiega l'ad a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) – gli investimenti in formazione effettuati in Italia sono stati inferiori rispetto al contesto europeo: nel 2020 il 4% del Pil rispetto al 4,6% della media dei Paesi europei. Oggi la formazione è una priorità per il Paese, abilita il cambiamento e supporta le imprese nel rendere sostenibile il business in mercati in continua evoluzione. Come gruppo proponiamo una nuova filosofia di formazione, costante e continua, lavorando in partnership con eccellenze italiane, università, associazioni. Attiviamo collaborazioni per percorsi formativi di qualità proponendoli a imprenditori e manager, facilitandone l'accesso sia in termini economici sia di modalità di fruizione, facendo squadra con l'ecosistema nei diversi territori». Importanza della formazione riconosciuta nel Pnrr, per Italia momento magico L'importanza della formazione è riconosciuta e sottolineata anche a livello di Pnrr. «Sono previsti circa 17 miliardi a supporto di istruzione, formazione, ricerca. Il Paese ha, quindi, una grossa opportunità per poter approcciare la formazione secondo un nuovo modello, vivendola in maniera più integrata con la vita professionale, con nuove modalità di fruizione». In particolare, il Pnrr ha identificato, ricorda l'ad, vari ambiti, dalla digitalizzazione alla sostenibilità. Occorre, dunque, stimolare la progettazione e individuare nuove forme di offerta per le imprese. Big data e Ai tra gli ambiti per cui c'è maggior bisogno Gli ambiti sui quali c'è maggiore bisogno di competenze sono quelli tecnologici, con big data e intelligenza artificiale in primis, ma anche quelli legati alle soft skillls, come comunicazione, evoluzione della leadership, sostenibilità, economia circolare e poi principi Esg, project management e decision making.Dal canto suo, Intesa Sanpaolo Formazione nel primo semestre 2021 ha promosso 22 corsi, con circa 500 aziende coinvolte e oltre 2500 ore di formazione erogate. Inoltre, grazie alla partnership con Luiss Business School prenderà il via l'Executive programme in gestione e innovazione d'impresa rivolto a imprenditori, manager e responsabili di funzioni aziendali che desiderano rafforzare le proprie competenze per una gestione innovativa e sostenibile dell'azienda. Per fine novembre partiranno le prime edizioni. «L'offerta con la Luiss Business School prevede 14 moduli, dura 5 mesi, e contempla anche testimonianze aziendali. Viene erogata – spiega Zambito Marsala - in modalità digitale, ma prevede momenti in presenza, importanti a dare valore al network, da sempre plus dei corsi di alta formazione». Imprese più recettive rispetto al passato Di fronte alle nuove offerte formative, le aziende oggi sono più ricettive che in passato. «Registriamo una risposta importante, è cambiata la percezione, ed è cambiata – aggiunge la manager - la modalità di erogazione della formazione». A questo proposito Intesa Sanpaolo investe nelle nuove piattaforme, che si ispirano a quelle di entertainment «applicate all'education. L'esperienza educativa deve essere sempre più immersiva, appealing, integrata nella vita delle persone. Vi si può accedere da qualsiasi dispositivo, in qualsiasi momento. Attraverso un portale, prima dell'estate scorsa, abbiamo lanciato una nuova versione della piattaforma Skills4Capital per le imprese, che garantisce un elevato livello di personalizzazione, esperienza multicanale e contenuti digitali sempre aggiornati». In generale, in ambito formazione, Intesa Sanpaolo continua «a progettare, indirizzare nuovi percorsi, guardare ai nuovi trend internazionali». Nella certezza che la formazione, conclude Zambito, è diventata parte integrante della vita di ogni professionista. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 5/11/2021

05 Novembre 2021

Condivisione degli investimenti e formazione per cablare l’Italia entro il 2026

Esperti e manager dicono la loro sulla necessità di reperire oltre 10mila persone per realizzare le infrastrutture Davanti alla deadline ravvicinata del 2026, c'è la necessità di reperire le competenze necessarie per costruire le reti di tlc, pensando anche a come impiegarle, in maniera diversa, una volta cablata l'Italia. Esperti, manager e imprenditori condividono la necessità di dare una risposta di sistema al bisogno di reperire oltre 10mila figure specializzate per stendere la fibra e realizzare le reti 5G. «Una problematica – spiega Stefano da Empoli, presidente di I-Com, Istituto per la Competitività - è quella di trovare persone con le competenze adatte alle sfide che si stanno affrontando, un numero di figure tecniche che deve aumentare nel giro di pochissimo. Inoltre, bisogna prepararsi, una volta formate le persone e fatti gli investimenti, alla fase di rallentamento che tra qualche anno, post Pnrr, si prevede, cominciando sin da ora a immaginare come utilizzare le competenze che potrebbero tornare utili anche nella fase successiva». Da Empoli (I-Com): puntare sulla condivisione delle opere Per risolvere la prima questione, da Empoli suggerisce di puntare sugli accordi tra gli attori del sistema, sulla condivisione delle opere, in modo tale da ridurre la domanda di figure specializzate. Per il secondo tema propone di «incentivare i percorsi di reskilling e upskilling all'interno delle aziende» e immaginare un potenziale assorbimento di una parte delle competenze che risultasse in eccesso in settori affini come quello della transizione ecologica. «Le aziende, in ogni caso, vanno aiutate, perché viene loro richiesto uno sforzo ingente con deadline ravvicinata». Per Opilio (Fondo Cebf) occorre un modello simile a quello adottato per l'energia La soluzione secondo Roberto Opilio, ex capo della rete di Tim e oggi director Italia e Sud Europa del Fondo Cebf, passa anche dall'evitare «la duplicazione degli investimenti da parte di Tim e Open Fiber, ragionando quindi sui co-investimenti. Duplicare gli investimenti, infatti, penalizza il piano di capacità produttiva, e bisogna anche tener conto che Open Fiber sulle aree bianche è già in ritardo. Il Governo potrebbe dunque adoperarsi invitando i due maggiori competitor a scegliere un modello di suddivisione degli investimenti, come nel campo dell'energia. D'altronde alle aziende di rete non va bene un picco di investimenti che finisce nel 2026 perché temono di dover formare migliaia di persone che poi, a fine piano, si ritroveranno sul groppone». Caroppo (Solutions 30): «Basta alle gare al massimo ribasso» Solutions 30, una delle aziende di rete presente in Italia con circa 700 dipendenti, è pronta, qualora ci fossero le condizioni, a fare investimenti. Secondo Antonio Caroppo, una carriera in Sirti e in altre aziende del settore, oggi presidente di Solutions 30 Italia, per mantenere in piedi il comparto occorre innanzitutto dire «basta alle gare al massimo ribasso. Solutions 30 ha in programma di investire molto in Italia, ma ci devono essere le condizioni. Al momento abbiamo assunto 300 dipendenti in sette mesi, ne avevamo 400, e siamo arrivati dunque a 700 dipendenti. Solo relativamente al contratto da 200 milioni firmato con Telecom per cablare Piemonte e Valle d'Aosta in associazione con un gruppo spagnolo, abbiamo bisogno di 300 persone e non sappiamo dove trovarle». Un altro problema grosso è la difficoltà a reperire personale che dal Sud si trasferisca al Nord dove c'è il deficit più forte. «Si fa fatica – spiega il manager - per due ragioni: le attività sono partite in tutta Italia, anche in campo elettrico con società come Enel, Terna, e la gente, dunque, avendo il lavoro a casa non ha necessità di spostarsi. Un altro deterrente è il reddito di cittadinanza che, pure necessario, scoraggia le persone a trasferirsi». Se a tutto ciò si aggiunge la difficoltà di trovare giovani italiani da impiegare nella costruzione delle reti, per Caroppo «va valutata l'ipotesi di ricorrere ai migranti e di lavorare in stretta connessione con università e istituti tecnici per formare i giovani». In conclusione, considerata la difficoltà a reperire i materiali sempre più costosi a causa dell'aumento del costo delle materie prime, «occorre aprire un tavolo con i ministeri coinvolti e gli esperti delle aziende di rete al fine di trovare una soluzione complessiva. Se non si fa tutto questo, non si riuscirà a centrare l'obiettivo del 2026 fissato da Colao per la realizzazione dell'infrastrutturazione in fibra». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 5/11/2021

22 Ottobre 2021

Asstel: per rilanciare le telco «puntare su servizi digitali e nuovi mercati»

L'intervista al presidente dell'associazione, Massimo Sarmi Puntare su nuova progettualità e produzione di servizi digitali per rilanciare la crescita del settore telco; più semplificazione, in vista dei nuovi bandi, per velocizzare la costruzione delle reti ad alta capacità; e l'auspicio di un aiuto esterno, pubblico, per il fondo bilaterale del settore finalizzato a formazione e riqualificazione. Sono i messaggi chiave dell'intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) di Massimo Sarmi, presidente di Asstel, associazione della filiera delle telco, al fine di realizzare il cambio di passo di un comparto che dà lavoro a circa 130mila dipendenti, ma che sta soffrendo il calo dei ricavi. Secondo gli ultimi dati del rapporto Mediobanca, nei primi sei mesi del 2021, il fatturato dei gruppi italiani di tlc è sceso di 320 milioni rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. In vista del Forum nazionale delle telecomunicazioni organizzato per il 28 ottobre, Sarmi rimarca inoltre che, di fronte alla necessità di nuove competenze e investimenti «è necessario pensare alla formazione, continua e certificata, come un diritto-dovere per i lavoratori nell'ottica di favorire una ancora più spiccata capacità di innovazione e la creazione di valore». Il settore delle tlc sta affrontando una serie di investimenti legati alla digitalizzazione, tra ricavi in sofferenza e competizione crescente. Come rilanciare la crescita? Che ruolo può giocare il Pnrr? La pandemia ha rafforzato il bisogno di connettività, quale fattore essenziale e strategico per il Paese. Un uso maggiore della rete non ha però coinciso nel 2020 con un aumento di ricavi per l'industria delle telecomunicazioni, che risentendo degli effetti connessi a una forte competitività tra i numerosi attori coinvolti, ha registrato, nel tempo, una progressiva flessione dei ricavi. Nonostante ciò, gli investimenti infrastrutturali realizzati dalla filiera, restano significativi. Un impegno in linea con la sfida che il nostro Paese ha accolto con il Pnrr e che passa dalla realizzazione di infrastrutture, dagli investimenti a sostegno dell'innovazione e da un rapido sviluppo di nuove generazioni di servizi concreti a supporto di imprese e cittadini. Per far sì che il processo di digitalizzazione rappresenti un'occasione di crescita per un'Italia che vuole tornare a essere leader in Europa e nel mondo, bisogna intervenire su fattori prioritari, capaci di far evolvere l'intera struttura sociale del presente e, soprattutto, del futuro. E in questa direzione è necessario riattivare il circuito virtuoso tra competenze, innovazione, investimenti, servizi, generazione e ridistribuzione della ricchezza. L'obiettivo è di puntare su una progettualità nuova e sulla produzione di servizi digitali per rendere più efficaci ed efficienti i processi interni, ma anche aprire a nuovi business e a nuovi mercati. La formazione delle persone al digitale è uno degli elementi più importanti per stare al passo con le richieste del mercato. A che punto è il lavoro delle aziende? Nel 2020 la filiera delle telco ha coinvolto in attività formative il 100% delle dei suoi lavoratori, per una media di 5-6 giornate che nel 2021 sono salite a circa 9, puntando a un aumento progressivo anche nei prossimi 4-5 anni. Si tratta di interventi formativi a beneficio di oltre 100.000 dipendenti con una spesa di circa 100 milioni di euro fino al 2025, per un investimento complessivo legato al ricambio generazionale e per le attività di formazione superiore a un miliardo di euro. È necessario, quindi, pensare alla formazione, continua e certificata, come un diritto-dovere per i lavoratori nell'ottica di favorire una ancora più spiccata capacità di innovazione e la creazione di valore. La scuola e l'istruzione universitaria sono indiscusse protagoniste, ma il futuro richiede un processo di aggiornamento dei modelli educativi - con particolare attenzione agli istituti tecnici ed agli istituti tecnici superiori, nonché ai corsi di laurea universitari, triennali e magistrali, delle facoltà scientifiche (Stem) e dei politecnici - che rispondano velocemente ai mutamenti, determinati dalla trasformazione digitale, del contesto economico e sociale del Paese. Per questo sarebbe importante sviluppare e impartire programmi didattici su vasta scala di "Innovazione Digitale" sin dalla scuola primaria per avere cittadini pienamente e consapevolmente digitali. Il settore è in evoluzione e così le professionalità richieste; servono dipendenti specializzati, come i giuntisti, per la stesura delle reti. Come risolvere questa situazione? Bisogna sostenere l'innesto di giovani all'interno delle nostre imprese, sia laureati in ambito Stem, sia di periti e figure tecniche come appunto i giuntisti. In Italia il numero di laureati rimane tra i più bassi in Europa, con un evidente mismatch tra domanda e offerta. Molto importanti, dunque, gli investimenti previsti dal Pnrr volti a rafforzare l'istruzione professionale. Una risposta concreta è fornita da Asstel insieme con le organizzazioni sindacali, nell'accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale delle Tlc, con la previsione del fondo di Solidarietà bilaterale per la filiera delle telecomunicazioni che, nell'ambito di uno schema di co-finanziamento imprese-lavoratori, potrà contribuire al riequilibrio della filiera offrendo anche agli interventi contingenti una prospettiva non più emergenziale, ma di risoluzione strutturale dei processi di trasformazione e transizione verso lo sviluppo tecnologico a beneficio di imprese e lavoratori. Il nostro auspicio è di un supporto economico esterno, aggiuntivo al finanziamento da parte di imprese e lavoratori, che ne acceleri, soprattutto in fase di avvio, la piena operatività. A breve si entrerà nel vivo delle gare per la realizzazione della banda ultra-larga nelle aree grigie e per il 5G. Quali suggerimenti può dare Asstel al Governo per quanto riguarda la preparazione dei bandi, visti i ritardi nell'infrastrutturazione soprattutto nelle aree bianche? Per rispondere alla sfida dell'innovazione è necessario assicurare la disponibilità di reti Vhcn (very high capacity network, ovvero ad alta capacità, ndr), come Ftth, Fwa e 5G nei tempi previsti per la realizzazione dei progetti di trasformazione digitale contemplati dal Pnrr stesso. Il nostro suggerimento alle istituzioni è di proseguire nel dialogo intrapreso per portare a compimento la missione di digitalizzare il Paese attraverso, in particolare, lo sviluppo di un'infrastruttura ultrabroadband ad altissima velocità fissa e mobile nel minor tempo possibile e di favorire il processo di semplificazione del sistema di norme che regola il settore, in passato abbiamo assistito a interventi di semplificazione normativa rimasti disattesi. È importante che le ultime norme di semplificazione vengano recepite concretamente sul territorio, per velocizzare l'apertura dei cantieri e consentire una realizzazione rapida delle infrastrutture SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 22/10/2021

22 Ottobre 2021

Consorzio Italia Cloud: «Interessati alla Nuvola di Stato, con noi anche Insiel»

L'intervista a Marco Bruni, ad di Sourcesense e amministratore di Consorzio Italia Cloud Il Consorzio Italia Cloud è ancora nella partita della Nuvola di Stato. E, nonostante non abbia presentato la proposta entro la scadenza del 30 settembre, ha continuato e continuerà a dialogare con il ministero dell'Innovazione guidato da Vittorio Colao nell'ottica di presentare una proposta. Inoltre, come racconta Marco Bruni, presidente e amministratore delegato di Sourcesense, nonché consigliere di amministrazione del consorzio, a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School), nella compagine è appena entrata la prima società in-house, Insiel, che progetta, realizza e gestisce servizi informatici per conto della Regione Friuli-Venezia-Giulia in collaborazione e sinergia con il territorio. Altri ingressi sono previsti nella compagine di cui fanno già parte oltre a Sourcesense, Seeweb, Infordata, Babylon Cloud, Eht e NetaliaIl.  «Giochi ancora aperti, daremo il nostro contributo alla discussione» Dopo aver ricevuto rassicurazioni sulla procedura che sarà seguita e sulla possibilità di partecipare ancora, il consorzio, che non aveva presentato una proposta entro la scadenza poiché non aveva ancora chiare le caratteristiche della gara, ha deciso di andare avanti. Entro il 30 settembre sono state, ivnece, presentate due proposte, quella di Almaviva- Aruba e quella di Tim, Sogei, Leonardo e Cdp. «In realtà – spiega Bruni – i giochi sono ancora aperti, daremo il nostro contributo alla discussione in corso sul modello da adottare. E riteniamo molto importante l'adesione al consorzio della società in house, così come le adesioni che auspichiamo seguiranno nell'ottica di una proposta alternativa e praticabile». D'altronde, prosegue Bruni, «è emerso uno scenario più aperto di quanto apparisse inizialmente quando sembrava si sarebbe scelta una proposta e il proponente si sarebbe trovato in pole position. In realtà non è così». «Occorre prendere in considerazione le infrastrutture già esistenti» Secondo il consorzio, il modello da utilizzare non dovrebbe basarsi sulla creazione di un'infrastruttura ex novo, ma sulla federazione delle infrastrutture e dei servizi già esistenti. «Non bisogna considerare l'opportunità della gara come la realizzazione soltanto di una nuova infrastruttura con certe caratteristiche, ma bisogna prendere in considerazione le infrastrutture certificate che ci sono già. Secondo noi, cioè, dovrebbe essere posto l'accento sulla federazione di servizi già esistenti, facendo molta attenzione al valore effettivo dei dati che il cloud andrà a gestire. Si tratta, infatti, dei nostri dati, dati importanti che hanno anche un valore economico rilevante e dobbiamo proteggerli, evitando di farli andare in mano agli hyperscaler americani che hanno già tanti nostri dati, e che acquisterebbero così anche quelli sensibili». Da una parte, dunque, bisogna prestare molta attenzione «alla fase di categorizzazione dei dati», dall'altra occorre «considerare che ci sono già tante, forse troppe, infrastrutture cloud; bisogna, invece, sfruttare bene quello che c'è e ha già i giusti livelli di sicurezza». «Importante che la giurisdizione dei gestori del cloud sia quella italiana» L'interrogativo, infine, riguarda il fatto se «valga la pena di mettersi nella condizione di affidare i nostri dati a soggetti che giuridicamente non rispondono al nostro Stato; è importante, cioè, che la giurisdizione a cui sono sottoposti i gestori del cloud sia quella italiana, non estera. Oggi ci sono già leggi estere che consentono di acquisire i dati, come il Cloud Act americano, e ce ne potrebbero essere altre. Inoltre, quando parliamo di hyperscaler pensiamo ai big americani, ma sono da considerare anche i cinesi. In conclusione, qualunque Stato sovrano può cambiare le proprie leggi e imporre ai soggetti che sono nelle loro legislazioni di adempiere a certe richieste: è il rischio più grande, da evitare, che si corre con il cloud». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 22/10/2021

22 Ottobre 2021

«La regolazione può favorire gli investimenti delle tlc, per Ott servono nuove norme»

A fare il punto è Elisa Giomi, commissaria Agcom. Intanto la prima grande mappatura dell'ecosistema digitale slitta al 2022 Per il settore delle telco, i cui ricavi sono in calo, la regolazione può «porre condizioni pro-competitive per favorire gli investimenti di tutti come, per esempio, nel caso dell’intervento dell’Autorità per lo sviluppo delle reti ad altissima capacità in fibra ottica di Tim e Open Fiber». E mentre la conclusione della prima indagine per mappare l’intero ecosistema digitale è slittata al 2022, nei confronti degli Over the top «l’adozione di nuove norme ci dovrebbe consentire di intervenire» in situazioni che «per definizione sfuggono ai classici paradigmi normativi». A fare il punto su alcuni dei grandi temi trattati oggi dall’Agcom, è la commissaria Elisa Giomi, nei mesi scorsi, tra l’altro, nominata rappresentante del ‘Chapter’ italianio dell’Iic, associazione internazionale che riunisce regolatori, istituzioni e operatori. Da questo punto di osservazione la commissaria vede «grandi opportunità derivanti dallo sfruttamento di esternalità positive, che potrebbero originarsi dalla capacità delle reti di nuova generazione di dare ai cittadini, ai lavoratori e agli utenti finali nuovi e migliori servizi online», come spiega nell’intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School). Commissaria Giomi, come sta cambiando l’uso della comunicazione a livello italiano ed europeo? Quanto ha inciso e sta incidendo la pandemia e quali i rischi maggiori? Mi sembrano molto interessanti i dati presentati questa settimana dal Censis nel rapporto “La digital life degli italiani”, che raccontano di un Paese in cui il 71,7% degli utenti svolge ovunque le proprie attività digitali, arrivando al 93% quando parliamo di giovani. A livello mondiale, l’Italia risulta al 10° posto per digital divide e al 5° posto in Europa (fonte: The Inclusive Internet Index). Per le reti o nell’uso della comunicazione non vedo rischi significativi causati dalla pandemia. Piuttosto vedo grandi opportunità derivanti dallo sfruttamento di esternalità positive, che potrebbero originarsi dalla capacità delle reti di nuova generazione di dare ai cittadini, ai lavoratori e agli utenti finali nuovi e migliori servizi online. A inizio anno l’Autorità ha avviato una ricognizione sistematica delle criticità che emergono dall’evoluzione continua dei servizi erogati dalle piattaforme online, indagine di cui lei è relatrice. A che punto siamo? La disciplina che applichiamo oggi ha come presupposto una direttiva del 2000, decisamente datata, e ci sono state solo delle misure episodiche. Dunque, abbiamo avviato un’indagine conoscitiva con una formula innovativa che mapperà l’ecosistema digitale in tutte le sue componenti. La sfida è di individuare tutte -le principali problematiche e benefici che le piattaforme possono generare alla collettività per fornire un quadro utile all’adozione di eventuali correttivi normativi mirati e proporzionati. Abbiamo concluso la fase di individuazione dei servizi infrastrutturali e stiamo per concludere quella di individuazione delle misure legislative vigenti. La conclusione dell’indagine inizialmente prevista per la fine del 2021 subirà uno slittamento al 2022. L’Autorità ha gli strumenti necessari per gestire le sfide regolatorie alla luce del nuovo assetto dell’ecosistema digitale che si sta delineando e del sempre più importante ruolo degli Over The Top come Google, Facebook o Amazon? Disponiamo di una pluralità di competenze difficilmente replicabili, ma il punto è piuttosto garantire che queste competenze siano aggiornate. Non si può negare che se le norme non sono adeguate, una risposta incisiva è difficile da mettere in campo. Dunque, se per alcuni aspetti mi sento di dire che siamo già pronti, per altri ritengo necessario attendere innanzitutto il recepimento delle direttive europee in discussione in Parlamento. L’adozione di nuove norme ci dovrebbe poi consentire di intervenire nei confronti dei soggetti Over The Top che per definizione sfuggono ai classici paradigmi normativi, anche in termini di competenza territoriale delle autorità nazionali. Il settore delle telco mostra ricavi complessivi ancora in calo, come mostra l’ultima indagine di Mediobanca e, al contempo, le società sono chiamate a ingenti investimenti per l’infrastrutturazione. Di fronte a questa situazione che ruolo può giocare la regolazione? Non sono convinta che una riduzione dei ricavi sia necessariamente un segno di sofferenza del settore e neanche che la concorrenza sui prezzi tra imprese possa avere effetti così negativi come paventato. In questo senso, i fattori che concorrono a determinare la riduzione dei ricavi possono essere positivi. Si pensi alla riduzione dei ricavi che segue a una diminuzione regolata dei costi degli input di produzione, oppure alla riduzione dei prezzi per effetto delle dinamiche concorrenziali, con evidenti benefici per i consumatori. Osservo comunque, a dimostrazione dell’alto livello di concorrenza presente nel nostro Paese e dei suoi effetti sul mercato, che da una lettura attenta dei dati, la riduzione dei ricavi non ha riguardato i nuovi operatori entranti e neanche quelli che più hanno investito. La regolazione non può e non deve certo avere un ruolo di riequilibrio dei ricavi degli operatori ma può invece porre condizioni pro-competitive per favorire gli investimenti di tutti come, per esempio, nel caso dell’intervento dell’Autorità per lo sviluppo delle reti ad altissima capacità in fibra ottica di Tim e Open Fiber. Durante la pandemia l’Agcom ha monitorato la tenuta delle reti di telecomunicazioni con l’obiettivo di assicurare la massima copertura possibile nel Paese. Il digital divide non è però ancora stato eliminato, che cosa può fare ora l'Autorità? È chiaro che quando si affrontano cambi tecnologici così radicali, come il passaggio dalle reti in rame alle reti in fibra ottica e dalle varie tecnologie di rete mobile alla rete 5G, si possono creare nuove forme di digital divide, ma dato lo scenario attuale e quello prospettico, si può ragionevolmente ipotizzare che le future generazioni, rispetto a quelle passate, soffriranno meno le problematiche legate all’esclusione sociale derivanti dalla carenza di connettività. Come società credo che non siamo riusciti a interiorizzare i nuovi modelli di vita e di lavoro che abbiamo dovuto faticosamente improvvisare con il lockdown. Lo smart working, ad esempio, si è rivelato misura funzionale alle esigenze delle imprese e confido che sarebbe capace, opportunamente regolato, di migliorare la vita individuale e collettiva, facilitando il work-life balance, contribuendo a riequilibrare le disuguaglianze di genere nella divisione del lavoro domestico e di cura, riducendo il traffico e quindi l’inquinamento. Altrettanto vale per la didattica a distanza, che dopo l’investimento economico di famiglie e scuole nella dotazione tecnologica e dopo l’impegno di docenti, studenti e genitori nell’apprenderne il funzionamento, adesso dovrebbe essere misura attivabile all’occorrenza per aiutare chi per varie ragioni, si trovi impossibilitato ad andare a scuola, in università o a fare lezione. Certo, queste sono scelte politiche che trascendono Agcom ma che ci vedrebbero pronti a dare il nostro contributo, e che già ci trovano impegnati in prima linea attraverso i Co.re.com., nostre emanazioni territoriali attivissime nella alfabetizzazione mediale e nella sensibilizzazione di scuole e famiglie.  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 22/10/2021

22 Ottobre 2021

Reevo punta su gare cloud, a fianco di Almaviva e Tim per bando Consip da 585milioni

L'azienda, quotata all'Aim, interessata anche ad affiancare le aziende che si aggiudicheranno il progetto di Polo strategico nazionale Non c’è solo il polo nazionale strategico nella partita italiana del Cloud a cui sono interessate tutte le aziende del comparto. Reevo, provider quotato al circuito Aim di Borsa Italiana, punta, più che sulla costruzione delle infrastrutture e dei data center, sulle gare per i servizi cloud e cybersecurity e partecipa, secondo quanto risulta a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School), in cordata con Almaviva, Tim, Kpmg e Net Group alla gara Consip da 585milioni per i servizi di sicurezza da remoto, di compliance e controllo per le pubbliche amministrazioni. Una gara divisa in due lotti, da 468 e 117 milioni. Interessati al progetto di polo strategico e a essere a fianco delle aziende aggiudicatarie «Reevo – spiegano Antonio e Salvatore Giannetto, rispettivamente amministratore delegato e presidente della società – ha intenzione di posizionarsi come cloud e cybersecurity provider per la protezione dei dati delle aziende italiane e delle pubbliche amministrazioni. Offriamo sia sistemi cloud sia servizi di cybersecurity messi a disposizioni delle infrastrutture della Pa che non sono in grado di proteggerle». Ciò non toglie che Reevo è, seppur indirettamente, interessata al progetto di polo strategico nazionale per il quale, peraltro, partecipano in due cordate diverse sia Tim sia Almaviva, entrambe aziende con le quali si è presentata per la gara della Consip. «Il nostro primo obiettivo è partecipare attivamente al polo strategico nazionale, tramite l’erogazione di servizi cloud e cybersecurity, al fianco delle aziende che si aggiudicheranno la gara per portare loro valore per la costruzione delle infrastrutture e dei data center nazionali». Estrema attenzione a cybersecurity, c'è molto da fare per proteggere dati della PA  Tornando alle gare, spiegano Antonio e Salvatore Giannetto, quella Consip «è la più grossa a cui stiamo partecipando, pensiamo che la strategia nazionale sia quella di creare accordi quadro, ci aspettiamo sempre meno gare piccole, e sempre grandi più accordi quadro gestiti dalla Consip». La gara da 585 milioni, peraltro, ha rilevanza poiché negli ultimi mesi, anche alla luce dei numerosi attacchi hacker registrati dalla pa, «c’è estrema attenzione sulla cybersecurity, e dal punto di vista tecnologico c’è molto da fare – concludono - per proteggere i dati della pubblica amministrazione».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 22/10/2021

08 Ottobre 2021

Per l’86% degli enti il Pnrr è opportunità, ma per il 41% uffici non pronti

I risultati dell'indagine svolta da The Innovation Group e Gruppo Maggioli su 224 tra comuni, regioni, province, scuole Il Pnrr è un'occasione per riformare la Pa, ma   servono interventi ad hoc, visto che la pubblica amministrazione, per quasi la metà degli enti pubblici, è poco o per niente pronta a recepire le novità. Le opportunità e le criticità del Piano nazionale di ripresa e resilienza, visto con gli occhi degli enti pubblici emergono, dall'indagine curata da The Innovation Group e Gruppo Maggioli sul "Pnrr e l'innovazione digitale nella Pa" che sarà pubblicata il 18 ottobre in occasione del prossimo evento "Digital Italy Summit 2021" e che DigitEconomy. 24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) può anticipare. In particolare l'86% degli enti pubblici (comuni, province, regioni e scuole) promuove il piano nazionale di ripresa e resilienza e lo giudica un'occasione importante per promuovere nella Pa le riforme strutturali da tempo auspicate. Tuttavia, serviranno degli interventi specifici per favorire l'adozione del piano, visto che per il 41% degli intervistati la Pa è "poco/per niente" pronta a recepire il Pnrr. All'indagine hanno partecipato 224 enti, tra comuni, province, regioni e scuole, di tutte le dimensioni. Tra i benefici del Pnrr la semplificazione dei processi Tra i benefici delle misure del Pnrr percepiti nel settore pubblico, gli intervistati individuano la possibilità di semplificare e sburocratizzare i processi (50% delle risposte); maggiori fondi a disposizione per l'innovazione digitale (45%) e promozione del ricambio generazionale (40%). Parlando di trasformazione digitale, lo stato dell'arte dell'agenda digitale, ossia dell'attuazione di obiettivi pregressi di digitalizzazione, è considerato sufficiente dagli enti intervistati. Il 44% dei partecipanti al sondaggio è "abbastanza" soddisfatto del progresso tecnologico raggiunto dalla propria organizzazione nell'ultimo anno, contro il 23% che è "molto/moltissimo" soddisfatto e il 32% "poco/per niente". Per il 51% le misure del Pnrr accelereranno "abbastanza" la trasformazione digitale della Pa, mentre per il 31% il cambiamento sarà più intenso. Per superare le criticità per il 53% degli intervistati serve una Pa digitalmente preparata Ma che cosa servirà per garantire una corretta attuazione del Pnrr e superare le criticità? Secondo il 53% dei rispondenti, sarà importante avere una Pa digitalmente preparata a programmare e a gestire progetti. Segue, come aspetto abilitante, il tema di un modello di governance che attribuisca precise responsabilità politiche e amministrative (51%) e la possibilità di dotarsi di una gestione integrata dei progetti e di un chiaro monitoraggio sull'andamento della spesa (entrambi aspetti indicati dal 47% del campione).Il piano dovrebbe inoltre essere migliorato, da più punti di vista, per portare risultati concreti e per evitare gli "errori del passato". I punti critici individuati nell'attuale approccio del Pnrr sono: governance, competenze e selezione del personale, resistenza al cambiamento, procurement, scarso sostegno alle logiche di partenariato pubblico-privato, mancanza di una più ampia riforma istituzionale e organizzativa, possibilità di incorrere in una dispersione di iniziative. Solo per il 19% degli enti la digitalizzazione raggiunta è sufficiente per recepire il Pnrr Anche per quanto riguarda il livello di digitalizzazione raggiunto, solo un 19% degli enti intervistati afferma che, allo stato attuale, è sufficiente per recepire bene i progetti previsti dal Pnrr: per il 49% l'adozione sarà rallentata da ostacoli che ancora permangono.«Un aspetto centrale del piano sarà il miglioramento del rapporto con i cittadini – ha dichiarato Roberto Masiero, presidente di The Innovation Group - soprattutto sul fronte della semplificazione dell'accesso ai servizi pubblici e di un migliore citizen journey. Alla trasformazione digitale, favorita fortemente dal piano, è oggi riconosciuto un ruolo centrale per ottenere benefici come l'ampliamento dei servizi digitali erogati; il lancio di servizi di cittadinanza digitale (app Io, pagoPa, Cie, Spid, la condivisione di informazioni tra Pa). Il problema sarà come adeguarsi alla nuova rapidità di attuazione delle misure imposta dal piano. Un ente su due afferma infatti di essere pronto ad accogliere i cambiamenti previsti sul fronte della trasformazione digitale, ma dichiara che si tratterà di un percorso di adozione lento». L'indagine svolta in collaborazione con The Innovation Group, «rappresenta una conferma rispetto alle necessità di riforma della Pa, percepita anche dagli enti. Sappiamo - afferma Paolo Maggioli, amministratore delegato del Gruppo Maggioli - che le perplessità e le difficoltà organizzative del settore pubblico possono rallentare un processo già avviato, ma integrando competenze pubblico-private, sia in termini operativi che consulenziali, si può davvero cogliere le opportunità che il Piano ci presenta, accelerando e concretizzando l'evoluzione. La trasformazione digitale è inevitabile, non dobbiamo temerla ma guidarla e favorirla grazie allo slancio che il Pnrr può apportare».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 8/10/2021

08 Ottobre 2021

Amazon: «Aiuteremo le Pmi italiane a digitalizzarsi per competere nel mondo»

L'intervista alla Country Manager per l'Italia e la Spagna, Mariangela Marseglia. Con le autorità, dice, massima collaborazione sulle indagini aperte  Sei miliardi spesi dal 2020 in Italia, 12.500 posti di lavoro e 50 siti sparsi sulla penisola: ora Amazon continuerà a investire nell'occupazione ed è alla ricerca di 500 nuovi dipendenti entro l'anno, 50 in ambito tecnologico. Ingegneri, informatici, sviluppatori di software, sales e marketing account tra i profili richiesti. «Abbiamo – afferma la country manager per l'Italia e la Spagna di Amazon, Mariangela Marseglia, in un'intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore-Radiocor e della Luiss Business School) diverse posizioni aperte in tutta Italia, dai ruoli entry level nella nostra rete logistica agli esperti di machine learning che rendono Alexa ogni giorno più intelligente». Amazon si definisce «un alleato» per l'esercito delle 18mila piccole e medie imprese italiane che vendono sul sito del gigante di commercio elettronico e preannuncia che il sostegno alle Pmi sarà centrale anche in futuro e in relazione al Pnrr italiano, con l'obiettivo di aiutare le imprese a digitalizzarsi e a competere con i cugini europei e mondiali. Riguardo alle indagini Antitrust in corso, Marseglia dichiara che il gruppo ha sempre offerto, e continuerà a farlo, «la massima collaborazione alle autorità italiane e internazionali». Dopo il recente accordo con i sindacati il colosso dell'e-commerce ritiene, infine, che «le relazioni improntate su queste basi possano favorire le strategie di investimento nel Paese». L'anno scorso avete lanciato il programma ‘Accelera con Amazon' per incrementare l'e-commerce delle Pmi. A che punto è, dal vostro punto di vista e dopo l'impatto della pandemia, la digitalizzazione delle imprese in Italia? Amazon svolge un importante ruolo a sostegno del tessuto imprenditoriale italiano: siamo infatti un alleato per le oltre 18.000 piccole e medie imprese italiane che vendono sul nostro sito online. Specialmente negli ultimi due anni abbiamo visto come le Pmi abbiano aumentato la consapevolezza che l'omnicanalità e la tecnologia possano essere strumenti efficaci che consentono di raggiungere più clienti. E i risultati sono molto positivi: nel 2020, infatti, oltre 200 realtà Pmi italiane presenti sul nostro negozio online hanno superato 1 milione di euro di vendite su Amazon per la prima volta e i partner di vendita italiani hanno superato in totale 600 milioni di euro di fatturato all'estero.Tutto questo è stato possibile laddove le aziende hanno potuto giovare di una formazione adeguata e di servizi e strumenti accessibili ed efficaci. Per rafforzare il nostro supporto, lo scorso novembre abbiamo lanciato "Accelera con Amazon", il programma di formazione gratuito per accelerare la crescita e la digitalizzazione di oltre 10.000 piccole e medie imprese italiane. Le testimonianze positive delle aziende che hanno deciso di aderire a questo programma di formazione ci dimostrano che stiamo andando nella direzione giusta ed è per noi uno stimolo continuo a fare sempre di più. Colgo l'occasione per raccontarvi di alcune realtà che hanno preso parte ad Accelera con Amazon: Claudio Bettini Design è un partner di vendita della provincia di Bologna che si occupa di design del prodotto e comunicazione visiva da più di 25 anni; da due anni ha iniziato a vendere oggetti di design su Amazon per raggiungere un pubblico più ampio e, grazie ad Accelera con Amazon, ha potuto arricchire le sue competenze e conoscere tutte le potenzialità per lo sviluppo del suo business attraverso i canali di vendita digitali, con l'obiettivo di raggiungere anche i mercati internazionali. Cito, inoltre, il caso di una giovane coppia della Sardegna che ha deciso di lanciare la sua prima linea di prodotti cosmetici su Amazon: Papavero Biocosmesi. La loro esperienza con Accelera con Amazon è stata molto positiva e, attraverso i moduli formativi sul marketing digitale e l'omnicanalità, hanno potuto migliorare la propria offerta, grazie anche a un utilizzo sempre più efficace della Seo. Ad oggi la loro esperienza sul digitale è focalizzata sul territorio nazionale, con l'obiettivo entro la fine dell'anno di raggiungere anche i mercati internazionali. Di recente avete annunciato altre 500 assunzioni entro l'anno in Italia, quante di queste saranno in ambito tecnologico e quali sono le professionalità più richieste? Prevedete di proseguire col trend di assunzioni nel 2022? Oggi Amazon in Italia conta 12.500 dipendenti a tempo indeterminato, di cui 3.000 assunti solo nel 2021. In occasione della prima edizione italiana del Career Day, uno dei più grandi eventi online di recruiting a livello europeo che si è tenuto nel mese di settembre, abbiamo annunciato l'apertura di 500 nuove posizioni a tempo indeterminato, di cui più di 50 in ambito tecnologico, in tutta Italia. Queste nuove posizioni si rivolgono a persone di ogni livello di esperienza, istruzione, background e professionalità, siano essi profili principianti o più esperti. Le assunzioni sono aperte in tutta Italia e coinvolgono differenti aree dell'azienda, dagli uffici corporate di Milano, ai centri di sviluppo tecnologico, ai data center, fino al settore della logistica. In questo momento, Amazon è alla ricerca di differenti profili, tra questi ingegneri, informatici, sviluppatori di software, sales e marketing account. Abbiamo diverse posizioni aperte in tutta Italia, dai ruoli entry level nella nostra rete logistica agli esperti di machine learning che rendono Alexa ogni giorno più intelligente. Questi dati confermano che Amazon è tra i più importanti creatori di posti di lavoro in Italia e posso assicurare che il nostro impegno continuerà anche nei mesi a venire. Un impegno che si estende anche alla qualità del lavoro che offriamo, perché puntiamo ad essere il miglior datore di lavoro del mondo. State investendo in poli logistici in Italia, come quello dell'Abruzzo o della Basilicata. Prevedete anche l'apertura di negozi fisici in Italia? Dall'arrivo in Italia nel 2010, Amazon ha investito oltre 6 miliardi di euro creando più di 12.500 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato, in oltre 50 siti sparsi in tutto il Paese. Solo nel 2020, l'azienda ha inaugurato due nuovi centri di distribuzione in provincia di Rovigo e a Colleferro. Inoltre, sono stati recentemente aperti i centri di distribuzione di Novara e Cividate al Piano, mentre nelle prossime settimane entrerà in attività il centro di smistamento di Spilamberto. L'azienda ha inoltre da poco annunciato un nuovo centro di distribuzione a San Salvo, in provincia di Chieti, che creerà 1000 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato entro i primi tre anni. Negli ultimi anni, Amazon ha inoltre aperto vari centri e depositi in tutta la Penisola per le consegne di ultimo miglio. Per servire i clienti Amazon Fresh, l'azienda dispone di tre centri di distribuzione urbani a Milano, Torino e Roma. Non commentiamo sui piani futuri ma posso dire che continueremo ad impegnarci per offrire ai nostri clienti la migliore esperienza di acquisto possibile sul nostro negozio online, offrendo loro una selezione di prodotti sempre più ampia, consegne più veloci e prezzi vantaggiosi. Il Pnrr italiano punta molto sul piano di digitalizzazione, in che modo Amazon potrebbe dare il suo apporto? L'impulso alla trasformazione digitale delle imprese, in linea con il Pnrr italiano, è anche per noi una priorità. Da parte nostra, il 2020 ha visto crescere i nostri investimenti per supportare le 18.000 piccole e medie imprese italiane che si affidano ad Amazon. Abbiamo investito più di 16 miliardi per aiutarle a incrementare le loro vendite su Amazon. Non solo, nel 2020 abbiamo investito circa 2,8 miliardi di euro in Europa in logistica, strumenti, servizi, formazione e programmi per aiutarle ad avere successo. Continueremo a innovare e offrire nuovi strumenti e programmi per supportare la formazione e la crescita delle Pmi italiane, accompagnandole nel loro percorso di digitalizzazione affinchè possano competere ad armi pari con i cugini europei e mondiali. Amazon negli ultimi anni è stata al centro delle accuse dei sindacati e nel mirino delle Autorità come, solo per fare un esempio, nel caso dell'indagine Antitrust sull'ipotesi di intesa restrittiva della concorrenza con Apple. Che cosa vi aspettate dopo la prima intesa con i sindacati di settembre scorso e come va il dialogo con le Autorità italiane? Non commentiamo sulle indagini in corso, abbiamo sempre offerto, e continueremo a farlo, la massima collaborazione alle autorità italiane e internazionali. Ci preme sottolineare che il supporto alle Pmi è al centro del modello di business di Amazon: oltre la metà del totale delle vendite annuali su Amazon supporta il business di venditori terzi. In merito all'aspetto sindacale, negli ultimi mesi abbiamo lavorato al fine di stabilire un dialogo positivo con le organizzazioni sindacali in linea con quanto suggerito dal ministro del Lavoro. I protocolli siglati a metà settembre rappresentano un'ulteriore prova del nostro impegno nell'instaurare un dialogo costruttivo e responsabile con i rappresentanti dei lavoratori sia a livello nazionale sia di sito. Riteniamo che le relazioni improntate su queste basi possano favorire le nostre strategie di investimento nel Paese. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 8/10/2021