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04 Febbraio 2022

Carrère (Suez): «Con l’economia circolare e digitale aiutiamo l’Italia a stare al passo con l’Ue»

«Aspettiamo il decreto biometano, è una soluzione contro il caro-prezzi» dice a SustainEconomy.24 la Presidente e Ceo di Suez Italia che parla anche del progetto di contatori intelligenti con Acea Suez ha un obiettivo ambizioso sulla sostenibilità a livello di Gruppo e, in Italia, accanto alle due attività ‘core' (di gestore dei servizi idrici integrati e di progettazione e realizzazione di impianti di potabilizzazione e depurazione) sta lavorando, in particolare, alla digitalizzazione delle reti, ai contatori intelligenti, alla produzione di biometano da rifiuti e a soluzioni innovative per la qualità dell'aria. Il Gruppo francese, secondo in Europa per il trattamento di acque e rifiuti, vuole sostenere l'Italia affinché possa stare al passo con l'Europa, complici anche le risorse e le ambizioni del Pnrr. Tutto ciò tenendo in considerazione l'importanza di accelerare le tempistiche di ottenimento degli iter autorizzativi e di contare su più operatori industriali dell'acqua al Sud, come spiega Aurélia Carrère, presidente e ceo di Suez Italia, a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. Carrère parla anche del modello "che funziona" delle partnership con i clienti locali e con aziende come Acea, di cui Suez è azionista al 23,3%. L'impegno per lo sviluppo sostenibile e per l'economia circolare è un pilastro per il Gruppo Suez che opera lungo tutta la catena del valore nei settori dell'acqua, della gestione dei rifiuti e dell'aria. Come si concretizza questo impegno? E quali i risultati? «Il Gruppo ha un ulteriore obiettivo molto ambizioso sulle emissioni di Co2, in conformità con gli accordi di Parigi e i target di 1,5° di riscaldamento all'orizzonte 2100 e validato da SBTi (Science Based Target initiative). Il Gruppo ha, inoltre, una proposta di valore per i propri clienti che si basa su 5 pilastri: l'impatto positivo sul clima, l'attenzione alla salute e qualità della vita, l'impatto positivo sul capitale naturale e la preservazione della biodiversità, la circolarità di tutte le nostre attività e soluzioni e infine , molto importante, la fiducia consolidata con i clienti locali, perché vi sono dei servizi che non è possibile delocalizzare». Parliamo dell'Italia dove Suez è presente con progetti e investimenti per sostenere la transizione ecologica e ambientale. Che ruolo avete e intendete avere in Italia? «Siamo in Italia da 60 anni e siamo state tra le prime aziende private che hanno partecipato alla nascita delle Concessioni sui servizi integrati dell'acqua in Toscana. Da più di 20 anni, partecipiamo alle Concessioni in società miste ad Arezzo, Firenze e Siena dove siamo in partnership con Acea e i comuni. A questa nostra attività di gestori del servizio idrico, si aggiunge il business infrastrutturale sulla progettazione e realizzazione di impianti di potabilizzazione e depurazione: in tutto abbiamo costruito 700 impianti municipali e industriali. In parallelo a queste due attività ‘core business', stiamo applicando il nostro know how in Italia in nuovi mestieri: nell'acqua, accompagnando la digitalizzazione per l'efficientamento della gestione di reti e impianti e nell'energia rinnovabile, con la produzione di biometano da rifiuti e da fanghi di depurazione e soluzioni per il monitoraggio della qualità dell'aria e degli odori». Le ambizioni del Pnrr e l'attenzione crescente a queste tematiche nel nostro Paese quanto possono favorire e sostenere il percorso di Suez? «Per quanto riguarda lo sviluppo delle nostre attività in Italia il Pnrr è veramente un elemento chiave che può permetterci di stare al passo con l'Europa. Mi rendo conto che ripeto spesso questo concetto ma, per fare un esempio, nel settore idrico, l'Italia investe la metà della media europea e sono state riscontrate delle disparità fra il Nord Italia e il Mezzogiorno. Il Pnrr mette a disposizione quasi 4 miliardi per la depurazione, l'infrastruttura idrica primaria, e la digitalizzazione; quasi 2 miliardi per il biometano e 1,5 miliardi per i rifiuti. I fondi sono e saranno disponibili e alcuni progetti di investimento sono già stati approvati. Ci sono però alcuni punti a cui bisogna fare attenzione: innanzitutto gli iter autorizzativi, che nel Paese, in passato, richiedevano tempi lunghi, e vanno ora snelliti. Questo perchè l'Unione Europea ha richiesto che tutti gli investimenti siano completati entro il 2026. Un altro punto a cui guardiamo con attenzione è il decreto sulle condizioni di sostegno al biometano. Questo decreto, che attendiamo nelle prossime settimane, è molto importante perché, in questa fase, con i prezzi dell'energia che si stanno impennando, sia per le aziende che per le famiglie, è importante avere un'indipendenza energetica e quindi disporre del biogas locale prodotto dai fanghi o dai rifiuti che permette di avere maggiori margini di manovra. L'ultimo punto da sviluppare, per assicurare che con il Pnrr si raggiungano i migliori risultati, è disporre di una rete di operatori idrici nel Mezzogiorno più forte perché adesso, dove non ci sono operatori industriali dell'acqua, c'è il rischio di non avere accesso ai fondi del Pnrr per realizzare queste infrastrutture». Siete presenti nel Paese in partnership con le municipalizzate e con aziende italiane, come nel caso di Acea, di cui siete azionisti. È un modello che funziona? «La partnership con entità pubbliche, è un modello che funziona molto bene perché integra i bisogni della collettività, dal momento che noi ci occupiamo del servizio pubblico e abbiamo bisogno di rispondere a fondo alle problematiche del territorio dove interveniamo. A questo va aggiunto che, appartenendo a un gruppo di livello internazionale, questo ci permette di disporre e di proporre tutte le innovazioni tecnologiche che abbiamo già sperimentato in altri Paesi. Un esempio recente è la partnership con la regione Campania con cui abbiamo realizzato i progetti di modernizzazione degli impianti di depurazione delle acque di Cuma e Napoli Nord, i maggiori in Europa e questo, a dimostrazione che possiamo fare cose concrete insieme». State lavorando anche con Acea alla progettazione di contatori intelligenti per l'idrico. E' qualcosa che avete già fatto in altri Paesi? Ce ne parla?  «Stiamo lavorando con Acea per i contatori intelligenti. L'Italia è molto in ritardo rispetto ad altri Paesi d'Europa. In Francia abbiamo già 9 milioni di contatori intelligenti installati, in Spagna più di 3 milioni e in Italia solo 500 mila, per questo dobbiamo accelerare per implementarli. Questi contatori permettono due cose: innanzitutto, agevolano le persone al controllo del consumo dell'acqua, al controllo della fattura e a preservare le risorse; in secondo luogo la digitalizzazione della rete e il monitoraggio consentono di velocizzare la ricerca delle fughe d'acqua, un tema importante in Italia dove abbiamo circa il 40% di perdite nella rete. Credo che la partnership con Acea sia molto interessante perché conoscono il mercato, le funzionalità dei contatori da installare e le aspettative dei residenti. Per questo insieme proporremo, quindi, le ultime tecnologie di comunicazione». In questo percorso quanto può aiutare la digitalizzazione? «La digitalizzazione, per noi, non è solo uno strumento ma fa parte integrante dei nostri processi. Nel mestiere dell'acqua, il vantaggio della digitalizzazione è a esempio quello di poter lavorare in tempo reale: per allertare su episodi di crisi (alluvioni, fughe d'acqua, etc.), per permettere di valutare velocemente il fenomeno e dimensionare il livello di risposta o per capire se si è veramente risolto il problema».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 4/2/2022

21 Gennaio 2022

“Decarbonizzare è la più grande occasione di investimenti”

“Ci concentriamo sulla sostenibilità non perché siamo ambientalisti, ma perché siamo capitalisti e siamo legati da un rapporto di fiducia con i nostri clienti”. Larry Fink, amministratore delegato di BlackRock, la più grande società di investimento del mondo, che pochi giorni fa ha annunciato di aver superato i 10mila miliardi di dollari in gestione, si sofferma sul tema della sostenibilità nella sua ormai consueta lettera aperta di inizio anno agli amministratori delegati delle aziende in cui investe in tutto il mondo.  Perché “ogni azienda e ogni settore saranno trasformati dalla transizione verso un mondo a zero emissioni” e “la decarbonizzazione dell'economia globale creerà la più grande opportunità di investimento della nostra vita”. E’ una lunga lettera che parte da una premessa. “Nel mondo odierno globalmente interconnesso, un'azienda deve creare valore ed essere apprezzata dall'intera gamma di stakeholder al fine di fornire valore a lungo termine per i propri azionisti. È attraverso un efficace capitalismo degli stakeholder che il capitale viene allocato in modo efficiente, le aziende ottengono livelli di redditività duratura e il valore viene creato e mantenuto nel lungo termine. Ma non dobbiamo farci ingannare: la giusta ricerca del profitto è ancora ciò che anima i mercati e la redditività a lungo termine è la misura con cui i mercati determineranno in definitiva il successo della tua azienda” premette Fink.   Ma complice un mondo che cambia, con la transizione e la pandemia, “alla base del capitalismo c'è il processo di reinvenzione costante: il modo in cui le aziende devono evolversi continuamente mentre il mondo intorno a loro cambia o rischiano di essere sostituite da nuovi concorrenti”. E qui l’accelerazione sulla transizione su cui, rivolto ai ceo, non usa mezzi termini. “Poche cose influenzeranno le decisioni di allocazione del capitale – e quindi il valore a lungo termine della tua azienda – più dell'efficacia con cui affronterai la transizione energetica globale negli anni a venire” avverte. “Sono passati due anni da quando ho scritto che il rischio climatico è un rischio di investimento. E in quel breve periodo abbiamo assistito a uno spostamento ‘tettonico’ del capitale. Gli investimenti sostenibili hanno ora raggiunto i 4 trilioni di dollari.  Anche le azioni e le ambizioni verso la decarbonizzazione sono aumentate. Questo è solo l'inizio: lo spostamento verso gli investimenti sostenibili sta ancora accelerando. Che si tratti di capitale destinato a nuove iniziative incentrate sull'innovazione energetica o di trasferimento di capitale dagli indici tradizionali a portafogli e prodotti più personalizzati, vedremo più soldi in movimento. Ogni azienda e ogni settore saranno trasformati dalla transizione verso un mondo a zero emissioni. La domanda è: sarai tu a guidare o ti farai guidare?” chiede. Perchè “ogni settore sarà trasformato da una nuova tecnologia sostenibile” e “credo che la decarbonizzazione dell'economia globale creerà la più grande opportunità di investimento della nostra vita” ma allo stesso tempo “lascerà indietro le aziende che non si adattano, indipendentemente dal settore in cui si trovano”.  La decarbonizzazione dell'economia “sarà accompagnata da un'enorme creazione di posti di lavoro” e “i prossimi 1.000 unicorni non saranno motori di ricerca o società di social media ma saranno innovatori sostenibili e scalabili: startup che aiutano il mondo a decarbonizzare e rendere la transizione energetica alla portata di tutti i consumatori” prevede Larry Fink.    “Ci concentriamo sulla sostenibilità non perché siamo ambientalisti, ma perché siamo capitalisti e siamo legati da un rapporto di fiducia con i nostri clienti” afferma. Certo, osserva, la trasformazione non sarà dall’oggi al domani e quindi non si dovrà tradurre in un disinvestimento totale, rimarcando l’impegno di Blackrock e l’invito ad aziende e governi.  “La transizione verso le emissioni zero è irregolare e diverse parti dell'economia globale si muovono a velocità differenti. Non accadrà dall'oggi al domani. Dovremo passare dalle sfumature del marrone alle sfumature del verde. Ad esempio, per garantire la continuità di forniture energetiche a prezzi accessibili durante la transizione, i combustibili fossili tradizionali come il gas naturale svolgeranno un ruolo importante sia per la produzione di energia e riscaldamento in alcune regioni, sia per la produzione di idrogeno. Il ritmo del cambiamento sarà molto diverso nei paesi in via di sviluppo e nei paesi sviluppati. Ma tutti i mercati richiederanno investimenti senza precedenti nella tecnologia di decarbonizzazione. Mentre perseguiamo questi obiettivi ambiziosi - che richiederanno tempo - i governi e le aziende devono garantire che le persone continuino ad avere accesso a fonti energetiche affidabili e convenienti. Questo è l'unico modo per creare un'economia verde che sia equa e giusta ed evitare le disuguaglianze sociali”. E se invita le aziende a “fissare obiettivi a breve, medio e lungo termine per la riduzione dei gas serra” perché “il capitalismo ha il potere di plasmare la società e agire come un potente catalizzatore per il cambiamento”, allo stesso tempo spiega che “le aziende non possono farlo da sole e non possono essere la polizia climatica”. “Abbiamo bisogno che i governi forniscano percorsi chiari e una tassonomia coerente per la politica di sostenibilità, la regolamentazione e la divulgazione in tutti i mercati. Devono inoltre sostenere le comunità colpite dalla transizione, contribuire a catalizzare capitali per i mercati emergenti e investire nell'innovazione e nella tecnologia che saranno essenziali per decarbonizzare l'economia globale”. Così come “è stata la partnership tra governo e settore privato che ha portato allo sviluppo di vaccini anti Covid-19 in tempi record” osserva, “quando sfruttiamo il potere sia del settore pubblico che di quello privato, possiamo ottenere risultati davvero incredibili. Questo è ciò che dobbiamo fare per arrivare alle emissioni zero”. In questo scenario, “disinvestire da interi settori – o semplicemente trasferire asset ad alta intensità di carbonio dai mercati pubblici ai mercati privati ​​– non porterà il mondo a emissioni zero. E BlackRock non persegue il disinvestimento dalle compagnie petrolifere e del gas come politica. Riteniamo che le società che guidano la transizione rappresentino un'opportunità di investimento vitale per i nostri clienti”. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 21/1/2022

21 Gennaio 2022

Assogestioni: «Per 3 italiani su 4 la svolta green passa dagli investimenti ma serve informazione»

L'aggiornamento dell'Osservatorio Assogestioni-Censis dimostra che gli italiani vedono nella sostenibilità un'occasione per mobilitare i risparmi ma non sono disposti a pagare direttamente i prezzi della transizione green e chiedono informazioni più mirate Gli italiani riconoscono la sostenibilità come una spinta per il futuro, una frontiera da seguire e una grande occasione per mobilitare i propri risparmi. Il cambiamento climatico, però, li spaventa e sulla questione sostenibilità chiedono una consulenza più mirata. Due cose, però, le hanno ben chiare: non sono disposti a pagare direttamente il prezzo della transizione green e sono convinti che il mondo finanziario possa essere protagonista della svolta sostenibile. Emerge dall'aggiornamento dell'Osservatorio Assogestioni-Censis sulla sostenibilità analizzato da SustainEconomy.24. Secondo l'indagine, il 79,9% degli italiani ha, quindi, paura del cambiamento climatico, in particolare dell'aumento sopra 1,5 gradi della temperatura della Terra. Una percentuale che arriva all'83,8% nel Nord-Est e all'82,7% tra le donne. Nonostante i timori, però, il 73,9% degli italiani afferma che, se per bloccare il riscaldamento globale e non inquinare si ricorrerà a soluzioni che faranno aumentare i prezzi di energia, beni e servizi, allora bisognerà cercare altre strade. Lo pensa il 69,5% di chi risiede nel Nord-Ovest, il 73,9% nel Nord-Est, il 79,4% nel Centro e il 74,1% al Sud. Se i combustili fossili vanno limitati, tuttavia non piacciono le alternative che generano un'inflazione a trazione ‘green'. Del resto, il 44% degli italiani è contrario a pratiche all'insegna della sostenibilità che determinino ulteriori iniquità sociali. Il 74,6% degli italiani ritiene poi che ci sia troppa confusione sui temi del riscaldamento globale e della sostenibilità. Se ne parla tanto, ma la moltiplicazione delle informazioni non aiuta a capire. Lo pensa il 72,1% dei residenti nel Nord-Ovest, il 75,7% nel Nord-Est, il 77,2% nel Centro e il 74,5% al Sud. Solo il 26,2% afferma di sapere precisamente cosa si intende per sostenibilità, il 60,8% ne ha una conoscenza per grandi linee e comunque non sarebbe in grado di spiegarlo ad altre persone. Allora come conciliare la paura per il riscaldamento globale con il rischio di inflazione indotta dalle politiche green?  Per gli italiani la soluzione passa anche per la finanza, anzi per 3 italiani su 4. Secondo il 76,6%, infatti, la finanza giocherà un ruolo importante e saranno cruciali gli investimenti Esg. Tuttavia, pur riconoscendone l'importanza, ancora il 64,4% degli italiani dice di saperne poco o niente. Il 63,4% ne ha solo sentito parlare. Secondo Assogestioni orientare una parte dei 1.600 miliardi di euro delle famiglie giacenti sui conti correnti (+5% rispetto allo scorso anno) verso l'acquisto di prodotti finanziari Esg sarebbe un boost per la transizione ecologica, Ma perché ciò avvenga, per l'84,6% degli italiani occorrono chiarezza e semplicità delle informazioni. E il 72,5% individua nella consulenza finanziaria un attore positivo, che potrebbe promuovere la finanza sostenibile.  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 21/1/2022

21 Gennaio 2022

Un rating Esg per misurare la sostenibilità del risparmio gestito

L'ad di Fida, azienda italiana attiva nella raccolta e redistribuzione dei dati del risparmio gestito, Gianni Costan, parla del primo giudizio di sostenibilità italiano del settore C'è un sempre maggiore riposizionamento verso le tematiche Esg da parte di gestori di fondi e un'attenzione a sondare le preferenze degli investitori a queste tematiche nella valutazione dei portafogli. Partendo da questo scenario Fida, azienda italiana leader nella raccolta e redistribuzione dei dati del risparmio gestito, ha lanciato ‘Fida Esg Rating', il primo giudizio di sostenibilità a livello italiano del settore. Per soddisfare, come racconta l'amministratore delegato Gianni Costan a SustainEconomy.24, report di Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, le richieste crescenti di trasparenza offrendo agli asset manager opportunità di riconoscimento della propria attività ed agli investitori strumenti di ricerca e selezione. Le tematiche Esg ormai hanno un ruolo di primo piano negli strumenti finanziari. Dal vostro punto di osservazione qual è lo scenario italiano? «Dal nostro osservatorio volto prevalentemente verso gestori di fondi comuni ed etf, distributori e consulenti, stiamo rilevando, soprattutto negli ultimi mesi, un'attività intensa di riposizionamento e adeguamento delle procedure a tali tematiche come richiesto dal mercato, imposto dalle normative e condiviso dagli operatori. Nell'ambito della raccolta di informazioni che abbiamo realizzato presso le società di gestione dei fondi ed etf finalizzata al nostro rating Esg, abbiamo riscontrato un interesse ed una risposta che ha superato le aspettative. Negli ultimi mesi si è intensificata l'interlocuzione dandoci la possibilità di realizzare ulteriori approfondimenti e poter accrescere l'informazione al mercato. Vediamo quindi un'attenzione specifica anche alla comunicazione delle attività svolte dagli operatori. La distribuzione, in campo finanziario ma anche assicurativo, ove non lo ha già fatto, si sta organizzando per rilevare le preferenze degli investitori sul tema della sostenibilità nel processo di profilazione e nella valutazione dei portafogli per i controlli di adeguatezza. Da questo punto di vista le metodologie sono ancora in fieri, in coerenza con l'evoluzione in corso della normativa ed in particolare dei relativi dettagli tecnici. Allo stato riteniamo che quindi la maturazione debba ancora avvenire, ma è un fatto certamente fisiologico». Avete lanciato il primo rating del risparmio gestito nel campo della sostenibilità a livello italiano. Ci parla dello strumento e delle finalità? «La tematica del green-washing ed in generale la molteplicità delle fonti di valutazione a volte contraddittorie ci ha spinto a pensare ad una metodologia proprietaria composita che incrociasse diversi elementi al fine di aumentare la robustezza e la coerenza dei risultati. A fianco della tradizionale e classica analisi di sostenibilità del contenuto dei portafogli abbiamo pertanto deciso di realizzare una due diligence delle politiche in ottica Esg implementate nelle società di gestione, volta a verificarne la Csr (Corporate Social Responsability), le procedure organizzative e la struttura della gamma prodotti. Tramite una specifica survey periodica sono raccolte informazioni quali-quantitative direttamente dalle società di gestione e asset manager per comprendere l'approccio alle tematiche Esg in maniera completa anche a prescindere dalle scelte specifiche di investimento e comunque proiettate al medio periodo. I dati raccolti contribuiscono a definire il grado di sostenibilità previsto dal processo di investimento delle società di gestione e quello dei prodotti, ottenuto combinando le analisi del contenuto dei portafogli dei fondi ed etf tramite un modello proprietario e la classificazione da regolamento Sfdr (Sustainable Finance Disclosure Regulation). Fida intende così soddisfare le richieste crescenti di trasparenza dei propri utenti offrendo agli asset manager opportunità di riconoscimento della propria attività ed agli investitori strumenti efficaci di ricerca e selezione». Di fronte al diffondersi di tanti prodotti targati Esg ci possono essere rischi? La normativa dovrebbe aiutare di più? «La normativa, come in altri casi, è un driver fondamentale e sta svolgendo una funzione di forte accelerazione. Come in tutte le fasi di transizione le prassi non sono ancora consolidate, i requisiti di conformità non ancora del tutto definiti e pertanto il comportamento degli operatori non è omogeneo. Pensiamo però che la strada intrapresa sia tutt'altro che generica e rileviamo come man mano che le prescrizioni diventano più cogenti (requisiti tecnici della Sfdr, la tassonomia, l'integrazione della Mifid2 e quindi i riferimenti alle preferenze sul tema da parte degli investitori finali) la normativa diventa più efficace anche nel rendere il quadro più omogeneo e agevole la comprensione delle caratteristiche dei prodotti. Le innovazioni richieste, oltre che importanti, sono particolarmente impegnative anche dal punto di vista organizzativo, pertanto riteniamo corretto lasciare al settore il tempo necessario per adeguarsi. Anche Fida adotta dei criteri di prudenza in tal senso prima di emettere il proprio rating». Che scenario vedete per il nuovo anno? «Questo sarà l'anno in cui dalle disquisizioni di tipo teorico, le analisi, e la prima fase, in buona parte commerciale, di adeguamento dell'offerta alla sostenibilità, si passerà alle modifiche più strutturali in modo diffuso. Sta accadendo tra i produttori con rilevanti innovazioni di gamma e mutamenti nelle strategie di gestione, così come nell'ambito della distribuzione con le modifiche nei processi di profilazione ed adeguatezza. Anche la domanda, pur immatura, sta conoscendo una crescente presa di coscienza della tematica ed interesse sempre più specifico. La sostenibilità può significare per l'investitore un modo per proteggersi da un rischio finora sottovalutato così come un buon proposito sul quale investire. Forse su questa distinzione le analisi sono state ancora limitate. Così come quelle sui costi aggiuntivi che la ricerca della sostenibilità implica, per ora non ancora considerati esplicitamente quale elemento di trade off. E' su questi aspetti che con la disponibilità di classificazioni sempre più omogenee, società indipendenti come Fida potranno svolgere il proprio ruolo informativo e formativo». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 21/1/2022

21 Gennaio 2022

Corsello (AllianzGI): «Sostenibilità è driver per azioni e reddito fisso. Sempre più presente nei portafogli italiani»

ll Country Head Italy della società parla a SustainEconomy.24 anche del nuovo anno, ancora volatile, e conferma la preferenza per le azioni rispetto alle obbligazioni Gli ultimi 10 anni hanno dimostrato come, con ogni crisi, la sostenibilità diventa una tendenza più forte, agendo come elemento stabilizzante e generando ritorni più elevati per gli investitori. Enzo Corsello, Country Head Italy di Allianz Global Investors, una delle principali società di gestione attiva a livello mondiale, che gestisce fondi sostenibili dal 1999, registra come i fattori Esg e i temi della sostenibilità stiano acquisendo uno spazio sempre più rilevante nei portafogli degli investitori italiani, sia istituzionali che retail. E, in un'intervista a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, vede la sostenibilità come un elemento destinato a offrire un driver di performance addizionale sia alle azioni che al reddito fisso, e da considerare, quindi, come discriminante imprescindibile nella costruzione del portafoglio. E per il nuovo anno, ancora volatile, conferma la preferenza per le azioni rispetto alle obbligazioni. Allianz Global Investors gestisce un'ampia gamma di fondi di investimento sostenibili. Perché scegliere di investire sostenibile? E come conciliate le scelte strategiche con la sostenibilità? «AllianzGI gestisce fondi sostenibili dal 1999, in tutte le asset class e affrontando i temi chiave che abbracciano il futuro del nostro pianeta, sia dal punto di vista ambientale che sociale. L'investimento sostenibile è diventato ancora più cruciale nel mondo post-pandemia e Cop26 ha evidenziato quanto il settore privato possa contribuire a gran parte del lavoro divenuto ormai impellente e necessario. Gli ultimi dieci anni hanno inoltre dimostrato che, con ogni crisi, la sostenibilità diventa una tendenza più forte, agendo come un elemento stabilizzante che contribuisce a offrire più resilienza nel sistema economico e a generare ritorni più elevati per l'investitore rispetto a un investimento non sostenibile. E' dunque inevitabile che le nostre scelte strategiche integrino l'analisi dei fattori Esg, sia come strumento fondamentale nel calcolo del rischio nelle gestioni dei nostri prodotti, che come driver di un impatto reale positivo sull'ambiente e sulle performance».Come gli investitori possono generare un impatto positivo attraverso le scelte di portafoglio? «Un chiaro esempio è dato dai fondi che sono allineati agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (gli SDGs). Queste strategie aiutano gli investitori ad indirizzare i propri investimenti in ambiti utili ad affrontare importanti questioni di interesse globale: il quadro di riferimento degli SDG consente infatti di investire in modo efficace a favore di ambiente e società traducendosi a sua volta in investimenti tematici, quali ad esempio quelli che riguardano la scarsità delle risorse idriche, la sicurezza alimentare, l'economia circolare, le energie rinnovabili, la salute sostenibile e la transizione energetica». Che tipo di risposta riscontrate nei clienti italiani? «I fattori Esg e i temi della sostenibilità stanno acquisendo uno spazio sempre più rilevante nei portafogli degli investitori italiani, sia istituzionali che retail. Se guardiamo alla clientela istituzionale, le motivazioni principali alla base di tale scelta sono rappresentate dalla coerenza degli investimenti sostenibili con le finalità istituzionali e la possibilità di coniugare l'impatto socio ambientale con un congruo ritorno economico gestendo più efficacemente i rischi finanziari. Anche la clientela retail si sta orientando sempre più verso questo approccio, nonostante diverse ricerche evidenzino come la conoscenza dell'Esg e della stessa sostenibilità sia ancora molto contenuta. Per questo motivo in Allianz Global Investors riteniamo che tra le iniziative più efficaci per far conoscere la finanza sostenibile ci siano quelle di educazione finanziaria, rivolte sia ai professionisti della consulenza finanziaria, con la costruzione di laboratori ad-hoc che affrontano l'argomento in chiave innovativa, sia alla clientela finale, attraverso eventi che coniugano formazione e intrattenimento illustrando come gli investimenti sostenibili possono consentire di allineare gli obiettivi dell'uomo a quelli del pianeta». La pandemia di coronavirus incide sui processi di investimento e sull'approccio degli investitori? «La pandemia ha fortemente caratterizzato il corso dei mercati e le scelte degli investitori dal suo primo manifestarsi fino alla pubblicazione dei primi studi sulla efficacia dei vaccini risalenti al Novembre 2020. In questa prima fase si è registrata una delle correzioni di borsa più rapide e profonde degli indici azionari dell'ultimo secolo, seguita da una progressiva stabilizzazione e risalita delle quotazioni supportata da interventi di politica monetaria e fiscale senza precedenti. Dopo i primi dati che dimostravano l'efficacia dei vaccini lo scenario è radicalmente cambiato e i mercati hanno sempre più marginalizzato il ruolo della pandemia come driver rilevante nel determinare la direzione dei mercati, focalizzandosi maggiormente sulla condotta delle banche centrali e sull'andamento di alcuni variabili chiave come inflazione, tassi di interesse e utili aziendali. Anche l'impatto sulla crescita economica determinato dai lockdown e dalle restrizioni imposte al comportamento degli agenti economici a fronte delle ondate successive della pandemia è sempre stato interpretato dagli investitori come temporaneo, con le assunzioni di crescita economica che venivano semplicemente traslate in avanti e invece di essere definitivamente cancellate. Di conseguenza l'impatto delle restrizioni per il contenimento della pandemia sui livelli degli indici azionari è risultato ridotto e contenuto». Si è appena aperto un nuovo anno ma restano le incognite legate alla pandemia e anche volatilità e alti prezzi. Come preparate i portafogli di investimento? «Ci aspettiamo un anno difficile per i mercati finanziari connotato dal rallentamento della crescita economica, dalla riduzione marcata degli stimoli fiscali e monetari, e da una dinamica inflazionistica ancora sostenuta sebbene in decelerazione. Il primo corollario di tale situazione sarà l'aumento della volatilità e la maggiore rilevanza delle valutazioni e dei fondamentali delle società nel processo di investimento. Pur a fronte di tale contesto complicato reiteriamo la nostra preferenza per le azioni rispetto alle obbligazioni e suggeriamo di costruire un portafoglio che abbia una componente azionaria pesata intorno al 55/60% e una componente obbligazionaria al 40/45%. Pensiamo infatti che una crescita degli utili robusta pur in presenza di una probabile contrazione dei multipli dovrebbe permettere ritorni positivi in singola cifra (tra il 5 e il 7%) per gli indici azionari, a fronte di un mercato obbligazionario che dovrebbe offrire ancora un potenziale ritorno nell'intorno di zero. Tuttavia, l'esposizione obbligazionaria risulta rilevante per il suo forte potere di diversificazione e decorrelazione rispetto alle azioni. A fronte di una volatilità che è ragionevole assumere in forte aumento, suggeriamo inoltre di allocare una quota importante del portafoglio (non inferiore al 10/15%) alla liquidità, per beneficiare di un buffer di protezione nelle fasi di ribasso e di uno strumento per ricomprare il mercato a fronte di eventuali, probabili, correzioni dei corsi di borsa, e di considerare l'obbligazionario cinese e l'esposizione al tasso variabile in dollari come fonte di ulteriore di decorrelazione dei portafogli. Consideriamo infine il tema della sostenibilità come un elemento destinato a offrire un driver di performance addizionale sia alle azioni che al reddito fisso e da considerare quindi come discriminante imprescindibile nella costruzione del portafoglio». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 21/1/2022

23 Dicembre 2021

Msc Crociere: «Il percorso delle navi green è tracciato. Investimenti e visione dal Gnl all’idrogeno»

Leonardo Massa, managing director Italia, parla anche della capacità di gestire l'impatto della pandemia e dei numeri importanti Volontà aziendale, investimenti e visione per il futuro. Sono i tre binari per cui passa il percorso sostenibile di Msc Crociere. Un percorso ormai tracciato per navi sempre più green, dal Gnl nel presente all'idrogeno nel futuro. Leonardo Massa, managing director Italia di Msc, sottolinea anche l'importanza delle sinergie in Italia, dall'accordo con Snam e Fincantieri al lavoro con il Governo per far ripartire il settore durante la pandemia. E a pochi giorni dal nuovo anno, vede ancora un contesto difficile ma con la forza di chi ‘sa gestire' con un milione di ospiti nell'ultimo anno e mezzo. Il Gruppo Msc punta a raggiungere, entro il 2050, l'azzeramento delle emissioni nette delle attività marittime. Quali sono le prossime tappe di questo percorso? «Il tema della sostenibilità è per noi caldissimo perché accompagna e accompagnerà tutta l'industria crocieristica. Per Msc quello per la sostenibilità è un percorso che passa per tre binari: il primo è chiaramente quello della volontà aziendale di intraprendere questa strada che è costosa e impegnativa sotto il profilo economico e  noi abbiamo la fortuna, come azienda familiare pur multinazionale, di avere Gianluigi Aponte, Pierfrancesco Vago e tutto il consiglio di amministrazione che hanno fatto della sostenibilità nelle crociere - e in generale di tutte le attività dell'azienda perché noi siamo il primo gruppo al mondo per il trasporto di contenitori - un chiaro goal, dichiarato e ufficiale; il secondo è quello degli investimenti; la sostenibilità passa inevitabilmente per la strada degli investimenti in tecnologia e in quello che oggi è disponibile sul mercato per abbattere le emissioni; il terzo elemento, più da visione, è quello della ricerca, pensando al futuro, di cosa si può fare per rendere più sostenibile il business. Quindi, in generale, questi tre binari sono i driver della nostra azienda che stiamo percorrendo anche con progetti non strettamente legati alle navi. E cito, come esempio, ‘Ocean Cay', la nostra isola privata ai Caraibi, un progetto visionario che ha permesso di trasformare un ex sito di estrazione di sabbia in un paradiso e un'oasi naturale». Approfondiamo alcuni di questi temi, iniziando dal binario degli investimenti. Avete pianificato un investimento di 3 miliardi di euro per la costruzione di tre navi alimentate a Gnl. Che obiettivi avete per il 2022? «Abbiamo investimenti già in atto con risultati immediati che sono quelli delle navi a gas liquefatto naturale. La prima ci verrà consegnata il prossimo anno, a fine 2022, la Msc World Europa, un prototipo innovativo sia nelle dimensioni che nella progettualità, e poi altre due unità. Abbiamo investimenti già ultimati, per esempio con la versione degli scrubber per abbattere le emissioni nell'ambiente. E, poi, abbiamo investimenti più a medio-lungo termine, e penso all'accordo siglato con Snam e Fincantieri per la realizzazione di un progetto più visionario di navi alimentate a idrogeno. Anche gli investimenti, quindi guardano a passato, presente e futuro: quanto già realizzato come gli scrubber, quanto stiamo realizzando come le navi a Gnl e quanto realizzeremo, come le navi a idrogeno». Quindi le navi saranno sempre più ‘green'? «Il percorso ormai è tracciato. Anche le navi varate nel corso di questo 2021 e ancora prima sono sempre più green perché più la tecnologia si sviluppa, più le aziende che hanno voglia di investire possono ridurre il loro impatto ambientale». Torniamo sull'accordo con Snam e Fincantieri per valutare la realizzazione di navi da crociera alimentate a idrogeno. È l'esempio di sinergie che possono funzionare unendo le forze? «Assolutamente sì, per noi è centrale la sinergia con gli altri gruppi, principalmente italiani, e questo è un esempio di percorso straordinario sulla sostenibilità. A proposito della capacità del Paese di fare sistema, trovo straordinario il lavoro fatto nell'ultimo anno e mezzo con il Governo italiano a 360 gradi perché le crociere sono ripartite, a livello mondiale, in Italia grazie ad un protocollo messo in piedi da Msc ma avallato da Governo e comitato tecnico scientifico che già un anno e mezzo fa, quindi ad agosto 2020, ci ha permesso, per primi al mondo, di ripartire. E sulla base di quel protocollo è ripartita tutta l'industria crocieristica a livello mondiale. È un classico bell'esempio di quando l'Italia si unisce e riesce a diventare una best practice a livello mondiale». La compagnia punta a diventare il secondo brand cruise al mondo entro il 2025. Ora inizia un nuovo anno ma restano le incognite legate alla pandemia. Cosa si aspetta per il prossimo anno? «Mi aspetto un anno comunque di difficoltà in cui, rispetto all'anno precedente, alcune cose tenderanno a migliorare e normalizzarsi ma è sbagliato avere il 2019 come riferimento perché la nostra idea è che con questa situazione pandemica dovremmo conviverci per un tempo abbastanza lungo. Il nostro obiettivo è quello di dimostrare di essere particolarmente bravi nella gestione di questa pandemia. Lo dimostriamo sulla base di quello che abbiamo fatto in quest'ultimo anno e mezzo in cui abbiamo avuto un milione di ospiti che significa 7 milioni di notti alberghiere: cioè abbiamo occupato 7 milioni di stanze e servito 21 milioni di pasti. Con questi numeri ci candidiamo a livello internazionale ad essere una delle più grandi aziende ad aver dimostrato di saper gestire la pandemia. E saperla gestire non vuol dire che il Covid non esiste ma vuol dire monitorare, controllare e quando ci sono casi di positività essere in grado di gestire».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 23/12/2021

23 Dicembre 2021

Fs: «I treni sono green, ricostruire l’esperienza di viaggio dal primo all’ultimo miglio»

Ne parla Fabrizio Favara, chief strategy officer del Gruppo Fs Italiane a SustainEconomy.24 La ripartenza passa per soluzioni di trasporto intermodali e integrate che minimizzino l'impatto sull'ambiente. Va ricostruita l'esperienza di viaggio perché il treno, che è il vettore più green, deve essere il mezzo principale ma è necessario abilitare l'intero sistema e promuovere la intermodalità ferro-strada-aereo-mare dal primo all'ultimo miglio. Fabrizio Favara, chief strategy officer del Gruppo Fs Italiane parla a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, dei target del Gruppo e degli investimenti che supereranno i 10 miliardi annui nei prossimi 10 anni. La trasformazione e la ripresa economica del Paese passano verso modelli più sostenibili. La mobilità ferroviaria quale contributo può dare? «La ripartenza proposta dall'Europa, attraverso il Green Deal e la più recente strategia "Fit for 55", ha fissato obiettivi sempre più stringenti per un sistema dei trasporti europeo a zero emissioni con soluzioni intermodali e integrate che minimizzino l'impatto sull'ambiente, come l'infrastruttura ferroviaria che è la più sostenibile. E' significativo un dato del 2019: in Italia la gomma rappresenta il 92% degli spostamenti ed è responsabile di quasi il 94% delle emissioni complessive dei trasporti, mentre la ferrovia, che rappresenta il 6%, produce lo 0,1% di emissioni. Per una transizione ecologica verso una mobilità più green, occorre, pertanto, ricostruire un'esperienza di viaggio che abbia sempre più il treno come mezzo principale. Ma il trasporto ferroviario da solo non basta; è necessario abilitare un sistema perché la vera sfida è culturale. Le politiche di trasporto e i player che lavorano nel settore devono promuovere insieme la sostenibilità nel lungo periodo e accrescere l'intermodalità ferro-strada-aereo-mare, in cui l'infrastruttura ferroviaria possa accogliere i flussi di traffico che arrivano dalle altre infrastrutture e la strada "intelligente" li distribuisca in modo capillare e sostenibile nel primo e ultimo miglio». Parliamo delle società del Gruppo Fs e degli obiettivi orientati alla mobilità sostenibile. Quali sono i vostri target? «Vogliamo ridurre le emissioni e la dipendenza dai combustibili fossili e aumentare, sostanzialmente, l'utilizzo di fonti rinnovabili, puntando sempre di più sull'economia circolare. Nei cantieri gestiti dal Gruppo  i materiali impiegati provenienti da processi di riciclo sono oltre il 60%. I nostri treni di recente costruzione sono efficienti dal punto di vista energetico, silenziosi e veloci. I Frecciarossa 1000, ad esempio, sono più leggeri dei precedenti (riducono di circa il 5% la massa per posto a sedere), sono costruiti con materiale innovativo riciclabile al 94%, mentre i circa 600 nuovi treni regionali di ultima generazione, eco-sostenibili, arrivano fino al 97% di materiale riciclabile, oltre a ridurre i consumi di energia del 30% rispetto i treni della generazione precedente. Inoltre, ad oggi, più di 2/3 dei quasi 17.000 km di rete ferroviaria in Italia sono elettrificati e altri 1.800 km sono in corso di elettrificazione, di cui 700 km saranno pronti entro il 2026. Stiamo sperimentando anche soluzioni innovative come l'idrogeno, che può sostituire il diesel laddove l'elettrificazione dei binari non risulta conveniente». Come si traduce questo percorso in termini di investimento? «Circa il 13% delle risorse assegnate all'Italia, relative al Pnrr per interventi in coerenza con la transizione ambientale è stato destinato allo sviluppo di infrastrutture per la mobilità sostenibile. Oltre 24 miliardi di euro da rendicontare entro il 2026 sono assegnati al Gruppo Fs per rendere l'infrastruttura ferroviaria sempre più digitalizzata, resiliente ai cambiamenti climatici, integrata e interconnessa ai corridoi Europei. Sono previsti e in corso importanti investimenti di potenziamento anche per i quattro Corridoi transeuropei TEN-T di trasporto passeggeri e merci che attraversano l'Italia. Poi, ci sono le stazioni: 700 milioni di euro per interventi strutturali su 54 stazioni al Sud. Abbiamo inoltre i contratti di programma e di servizio che porteranno gli investimenti complessivi a superare i 10 miliardi di euro all'anno, nei prossimi 10 anni. Questo comporterà un grande sforzo nel mettere a terra gli investimenti, da affrontare con una pianificazione adeguata, di concerto con le istituzioni e gli stakeholder». Sta cambiando il modo di viaggiare. Come saranno le stazioni del futuro? Come il vostro piano strategico decennale potrà orientare le scelte? «Le stazioni saranno sempre più hub multimodali di interscambio tra ferro, gomma, micromobilità e sharing, ma anche con piste ciclabili e percorsi pedonali. Più di un quinto della popolazione italiana vive o lavora a meno di 1 km da una delle oltre 2.200 stazioni ferroviarie italiane. Oltre il 50% di italiani abita o lavora a meno di 3 km da una fermata del treno. È pertanto di fondamentale importanza collegare efficacemente le stazioni ai territori che le ospitano, in un più ampio piano di riassetto urbanistico e di rilancio territoriale in cui fondamentale è l'interazione con le comunità locali. Per questo stiamo attuando un approccio "data-driven" guidato da una conoscenza capillare dei territori, dall'analisi dei comportamenti e dei bisogni delle persone che li abitano. Il piano decennale su cui stiamo lavorando, e che verrà presentato a febbraio 2022, consentirà di intervenire in modo significativo sul sistema nazionale di mobilità sostenibile e integrata di persone e merci. L'intento è favorire l'uso del treno, rendendo sempre più efficace la sua integrazione con gli altri sistemi di trasporto sostenibile, e utilizzando la strada per l'ultimo miglio dove la ferrovia non arriva». Da un lato le risorse del Pnrr e dall'altro le incognite legate alla pandemia. Sta per iniziare un nuovo anno: cosa aspettarsi? «Il 2022 sarà ancora un anno di transizione: lo scenario pandemico è in rapida evoluzione e impone di accelerare verso soluzioni più sostenibile e integrate. Il Pnrr rappresenta senza dubbio un'opportunità senza precedenti per la ripresa e il rilancio del Paese e perché abbia successo è fondamentale il lavoro di squadra di tutti i player del settore insieme alle istituzioni e alle comunità coinvolte. La trasformazione digitale e la transizione ecologica stanno cambiando anche il mercato del lavoro e la messa a terra degli investimenti non può prescindere dalle persone. Per questo occorre investire sempre più sullo sviluppo e sulla capitalizzazione delle competenze, sulla formazione dei giovani e sulla ricerca. C'è infatti carenza di forza lavoro e il settore dovrà fare fronte ad un'addizionale richiesta di figure professionali pari a circa 150.000 unità tra operai generici e specializzati, ma anche ingegneri».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 23/12/2021

23 Dicembre 2021

Delphina: «Le scelte ecosostenibili premiano, i nostri hotel sempre più green»

Elena Muntoni, Sustainability director del gruppo alberghiero sardo e figlia di uno dei fondatori, spiega che fare delle scelte etiche e in chiave sostenibile ripaga sempre e dà i suoi frutti nel lungo periodo, anche da un punto di vista economico   'We are green': con questo marchio la catena alberghiera sarda Delphina sintetizza l'impegno per l'ambiente e il desidero di offrire una vacanza sempre più ecosostenibile. Elena Muntoni, sustainability director di Delphina hotels & resorts, e di una delle due famiglie proprietarie, racconta a SustainEconomy.24, report di Il sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, le buone pratiche che hanno consentito alla società, pochi giorni fa, di essere premiata ancora ai World Travel Awards come gruppo alberghiero indipendente più green al mondo. Dall'energia 100% verde alla sostituzione della plastica alla valorizzazione del territorio: perché, spiega, fare scelte etiche e sostenibili ripaga in termini di risposta dei clienti e anche economici. Solo qualche giorno fa Dephina è stata premiata ai World Travel Awards come gruppo alberghiero indipendente più green al mondo. Quali sono i punti di forza e come si concretizza il vostro impegno?  «Nascere, crescere e vivere in Sardegna ci rende profondamente legati a questa terra e ci fa sentire responsabili e in dovere di proteggere quest'isola con un patrimonio unico ma altrettanto delicato. Spinti dal desiderio di offrire una vacanza sempre più ecosostenibile, abbiamo creato e registrato il marchio ‘We are green' per rappresentare l'impegno di Delphina a favore dell'ambiente. Un protocollo di buone pratiche e azioni concrete adottate fin dalla progettazione delle strutture e poi estese alla fase gestionale e promozionale con iniziative di tutela e valorizzazione del territorio». Energia verde, riduzione della plastica. Quali sono i risultati raggiunti nei vostri resort? E quali sono gli obiettivi futuri? «Utilizziamo esclusivamente energia 100% verde proveniente da fonti rinnovabili per tutti gli hotel, resort, ville, residence, Spa e nella sede centrale Delphina. Questo ci ha consentito di risparmiare 13.828 tonnellate di CO2 nel quadriennio 2017-2020: l'equivalente della CO2 assorbita da circa 97.765 alberi in un anno intero. A partire dal 2019 abbiamo eliminato le bottiglie di plastica dai frigobar in tutte le camere, mentre nei bar viene proposta l'acqua in vetro, tetrapak o in lattina. Abbiamo sostituito la plastica con materiali biodegradabili per lunch-box, cannucce, posate, piatti e bicchieri, utilizzati durante le escursioni. Dal 2019 abbiamo inoltre abolito le bottiglie di plastica per tutti i collaboratori delle strutture e della sede centrale e lo staff ha ricevuto una borraccia in alluminio da ricaricare nelle fontanelle o nei dispenser installati appositamente in tutte le strutture. Un'iniziativa che, in epoca pre-covid, ha permesso a Delphina di risparmiare 68.700 bottiglie di plastica all'anno. Un ninvestimento che rappresenta un impegno economico per l'acquisto e la gestione di fontanelle e dispenser, ma che viene ripagato in termini di brand reputation e dall'apprezzamento dei nostri ospiti, molto sensibili a queste tematiche». Riscontrate, quindi, che il viaggiare e il turismo sostenibile si stanno diffondendo sempre più tra i clienti? «Il turismo responsabile si abbina sempre di più al desiderio di autenticità in tutte le sue sfumature: dalla ricerca di paesaggi autentici alla scoperta dell'essenza del territorio, oltre al bisogno sempre più sentito di entrare in contatto in maniera più profonda con sé stessi, vivere in totale libertà il mare e rilassarsi. Una vacanza ecosostenibile e di qualità valorizza uno stile di vita sano, permette di entrare in contatto con i sapori e le tradizioni dell'isola. Anche i nostri ospiti lo percepiscono e la scelgono consapevolmente per fare la loro parte nella salvaguardia del pianeta». Una scelta green può rappresentare anche un punto di forza nella difficile ripartenza post pandemia? «Sì, in questi anni abbiamo imparato che fare delle scelte etiche e in chiave sostenibile ripaga sempre e dà i suoi frutti nel lungo periodo, anche da un punto di vista economico. E possiamo dirlo dopo 29 anni di esperienza: quando abbiamo iniziato non si parlava tanto di sostenibilità e le iniziative a favore dell'ambiente non erano ancora così diffuse. Questo periodo storico che stiamo vivendo ci ha fatto capire quanto il cambiamento sia diventato necessario e urgente, per questo la sensibilizzazione verso questi temi è importantissima e cruciale nello sviluppo di un turismo ecosostenibile». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 23/12/2021

23 Dicembre 2021

Tomasi (Aspi): «Il nostro piano per una rete solida e sostenibile. Anticipiamo le esigenze della mobilità del domani»

L'amministratore delegato di Autostrade per l'Italia racconta a SustainEconomy.24 anche gli obiettivi e le sfide di Free To X che punta a un network di oltre 100 stazioni di ricarica al 2023 Porre la sostenibilità al centro di tutte le fasi di vita dell'infrastruttura autostradale è l'impegno del piano di Autostrade per l'Italia per una rete solida e diffusa. L'amministratore delegato di Aspi, Roberto Tomasi, racconta a SustainEconomy.24, gli obiettivi e le sfide di Free To X, la startup nata quest'anno, che punta a realizzare un network di 100 stazioni di ricarica da completare entro il 2023, e che viaggia con una frequenza di 4/5 stazioni ogni mese. Il traffico non è ancora ai livelli pre-pandemia, ma l'auto sembra essere maggiormente resiliente tra i diversi sistemi di trasporto scelti dai cittadini. Una nuova visione di mobilità è uno dei pilastri del Piano di Autostrade per l'Italia. Ma è possibile combinare gli obiettivi di profitto e di eccellenza operativa con una attenzione ai parametri della sostenibilità? «Non solo è possibile ma è anche doveroso. L'Italia è in una fase di ricostruzione, sta vivendo un periodo simile a quello del dopoguerra nella seconda metà del ‘900. La sfida della crescita oggi, però, non può prescindere dal contesto in cui deve compiersi. Il Piano di Trasformazione avviato nel 2020 è il punto di partenza di un percorso destinato a ridefinire visione e strategia del Gruppo, ponendo la sostenibilità al centro del processo. Autostrade per l'Italia vuole essere leader nell'applicazione dei criteri di sostenibilità nella realizzazione e gestione di una infrastruttura complessa e, come tale, vuole portare il proprio contributo alle iniziative per un "Green New Deal". Nel corso del 2021, Autostrade per l'Italia ha consolidato questa ambizione, definendo i temi materiali e gli obiettivi di sostenibilità e lanciando una serie di iniziative volte a inserire stabilmente criteri di Esg nella gestione del ciclo di vita dell'infrastruttura. In questo ambito, è stato anche avviato un processo di certificazione Esg e sono stati sottoscritti gli impegni per una transizione "Net Zero" con SBTi. Garantire una rete sicura e resiliente; mettere al centro la competenza, in un ambiente di lavoro inclusivo; favorire una nuova esperienza di viaggio con l'offerta di servizi innovativi e, soprattutto, porre la sostenibilità al centro di tutte le fasi di vita dell'infrastruttura, rappresentano le sfide per un Gruppo che punta a svolgere un ruolo chiave nello sviluppo di un nuovo modello di mobilità sostenibile da porre al servizio del Paese. E ottenere anche un posizionamento negli indici delle agenzie internazionali di rating Esg». Con Free To X volete cambiare l'esperienza di viaggio. E l'attenzione ai viaggiatori passa dal cashback alla realizzazione della più estesa rete italiana di colonnine di ricarica per veicoli elettrici sulla rete autostradale. A che punto siete? E quali sono i prossimi passi? «Free To X è la nostra start-up, nata nel 2021, proprio con l'obiettivo di sviluppare servizi avanzati per la mobilità, offrendo soluzioni per migliorare l'esperienza di viaggio a 360°, puntando su innovazione, tecnologia e Esg. La strategia industriale di Free To X è pienamente in linea con gli obiettivi del Recovery Fund e della Legge di Stabilità e facilita gli spostamenti di medio-lungo raggio sulle quattro ruote, considerati prioritari da moltissimi cittadini a seguito della pandemia. Il primo progetto in cui la nuova società si è impegnata è la realizzazione in Italia della più grande rete di ricarica ad alta potenza (High Power Charger – HPC) per veicoli elettrici, in ambito autostradale. L'entrata in funzione, lo scorso maggio, della prima stazione HPC (con colonnine in grado di erogare almeno 300 kW di potenza, da 4 a 8 punti di ricarica che permettono tempi medi di ricarica di 15 – 20 minuti) per i veicoli elettrici, nell'area di servizio di Secchia Ovest e della seconda stazione, situata a nord di Roma, si è dato inizio alla realizzazione del Network di 100 stazioni che assicureranno da nord a sud una interdistanza media di 50 km in autostrada. Tale piano verrà completato entro il 2023, con un investimento complessivo di 75 milioni di euro, completamente autofinanziati dalla società e consentirà tempi di "rifornimento" celeri e compatibili con un viaggio anche di lunga percorrenza con un'auto elettrica (ad esempio Milano-Roma) e assicurando un'esperienza di viaggio simile a quella di un veicolo con motore tradizionale a combustione interna. Ad oggi il piano sta vedendo l'avvio delle attività con una frequenza di 4/5 stazioni ogni mese; è stato presentato il 100% delle richieste di allaccio ai distributori locali e la totalità dei progetti di realizzazione; oltre il 50% ha ricevuto il via libera dagli enti locali».  Lei crede che si arriverà ad avere autostrade a emissioni zero, con veicoli elettrici a batteria o a idrogeno? «Secondo i dati dell'osservatorio sulla mobilità elettrica di Motus-E, tra gennaio e novembre 2021 sono stati venduti in Italia circa 125 mila mezzi elettrici. Le previsioni di mercato parlano di una forte crescita di questo settore: il target al 2030 è di oltre 6 milioni di veicoli full-electric in circolazione. Di qui, per noi l'istanza di investire fortemente sull'infrastrutturazione della rete autostradale. Il nostro compito è farci trovare pronti all'accelerazione che anche la mobilità sta vedendo sul fronte della sostenibilità e di contribuire noi stessi a fare in modo che lo sviluppo sostenibile viaggi a una maggiore velocità. Sul principio della neutralità tecnologica Free To X ha avviato progetti per la realizzazione di stazioni di ricarica fuori rete e stazioni per alimentazioni alternative come, per esempio, Lng e idrogeno. Ritengo che l'unico modo per far penetrare sistemi sostenibili di mobilità sia dapprima creare una rete solida e diffusa su tutto il Paese». Gli italiani chiedono un cambio di paradigma nel modo di viaggiare?  «Credo che il punto centrale sia non tanto l'esistenza di una richiesta quanto il dovere di saperla anticipare, soprattutto nel settore infrastrutturale è necessario muoverci oggi per essere pronti alle esigenze di domani. Storicamente e ciclicamente le rivoluzioni infrastrutturali producono un diretto e sostanziale sviluppo, nel caso specifico sostenibile. Questo approccio di lungo periodo è alla base del nostro piano industriale che ci vede impegnati per il Sistema Paese con 21,5 miliardi di euro che saranno dedicati alla mobilità a tutto tondo. Stiamo, come noto, intervenendo su tutte le infrastrutture della nostra rete con dei piani di ammodernamento che possano estenderne la vita utile, affinché siano sostenibili negli anni e adeguate per i viaggiatori. Intanto il mondo e anche il nostro Paese stanno andando nella direzione della digitalizzazione e anche qui il nostro contributo avviene tramite Free To X insieme a un piano di trasformazione digitale che ha come obiettivo l'uso della tecnologia per facilitare il viaggio, per esempio mostrando in anticipo i tempi di percorrenza attesa sulle nostre autostrade per pianificare al meglio e in modo sostenibile gli spostamenti». Siamo alle porte del Natale e all'inizio di un nuovo anno, ancora con la minaccia della pandemia. Cosa si aspetta?   «La variante Omicron è giustamente sotto la massima attenzione ed è doveroso che tutti continuiamo a fare il massimo per il contenimento del virus. In questi due anni abbiamo registrato importanti cali di traffico, soprattutto durante i periodi di intenso lockdown e abbiamo cercato di contribuire alla ripartenza senza fermare mai i nostri presidi operativi e anche portando avanti i lavori di ammodernamento sulle opere infrastrutturali con 300 cantieri aperti mediamente ogni giorno. I flussi sono risaliti da allora, non ancora ai livelli di traffico pre-pandemia ma senz'altro l'auto sembra essere maggiormente resiliente tra i diversi sistemi di trasporto. Un ruolo a sé poi è ricoperto dal traffico pesante, anche per via dell'evoluzione dei consumi online, registrata in questi due anni che ha coinvolto tutta la filiera dell'autotrasporto in movimento sulle autostrade. Considerando lo scenario attuale diventa ancora più importante sviluppare soluzioni che possano contribuire a snellire i flussi, pianificare il viaggio e lavorare su ogni nodo che possa facilitare il percorso, aumentando così la sostenibilità del viaggio». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 23/12/2021

10 Dicembre 2021

Lovrinovich (Guida Michelin): «Più attenzione a territorialità e sostenibilità. Premiamo i più responsabili»

Il direttore della guida italiana traccia un bilancio del panorama della ristorazione stellata e delle scelte sostenibili Cresce l'attenzione alla territorialità e alla sostenibilità e le esperienze culinarie appaiono più ricercate ma con una maggiore creatività in grado anche di ridurre lo spreco. Il direttore della Guida Michelin Italia, Sergio Lovrinovich, a pochi giorni dalla pubblicazione della nuova edizione, traccia un bilancio del panorama della ristorazione che ha meritato le iconiche stelle a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School.  Tante le novità al Sud e tra i giovani. E parla anche delle stelle verdi che vogliono promuovere chi si impegna per una gastronomia più sostenibile e responsabile. Avete appena pubblicato la nuova Guida Michelin che assegna le iconiche stelle. Sta cambiando il mondo della ristorazione? Ci sintetizza il quadro che emerge dalla nuova edizione? «Sono stati due anni molto particolari e difficili che hanno portato diversi cambiamenti. Abbiamo assistito ad un utilizzo abbastanza capillare dei menu degustazione o, comunque, di menu à la carte più ristretti, a base di materie prime stagionali; questo tipo di scelta può facilitare le preparazioni in cucina, acuire la creatività e potenzialmente ridurre lo spreco. Ne sono scaturite esperienze culinarie ancora più ricercate, uniche e personalizzate, in stile ‘omakase', o proposte in cui lo chef ha carta bianca e può esprimere la sua creatività secondo la disponibilità degli ingredienti. Cresce l'attenzione alla territorialità e alla sostenibilità, preziosi passi verso una ristorazione sempre più responsabile. Nella selezione Italia 2022 troviamo novità stellate in 14 regioni, con tante novità al Sud, compresi due nuovi ristorante 2 stelle in Campania. Un altro dato molto interessante è che il 50% degli chef che hanno preso la stella ha un'età pari o inferiore a 35 anni. In diversi casi sono degli under 30». Oltre alle mitiche stelle che distinguono le cucine più meritevoli, avete deciso di riservare una particolare attenzione al tema della sostenibilità ed è nata la stella verde. Ce ne parla? «La sostenibilità ispira e nutre l'intera strategia di Michelin. Domani tutto sarà sostenibile in Michelin. Questa è la visione del Gruppo e ad essa è dedicata l'energia di tutti i dipendenti. La Guida Michelin, come riferimento internazionale nel campo della gastronomia, vuole quindi impegnarsi per promuovere coloro che si impegnano per una gastronomia più sostenibile, e quindi una società più sostenibile. Valutiamo ogni aspetto della gastronomia che tocca da vicino o da lontano temi legati allo sviluppo sostenibile: la produzione delle materie prime, il loro smaltimento, il modo in cui viene gestito un ristorante passando anche attraverso la formazione dei giovani, le azioni mirate a minimizzare l'utilizzo delle risorse energetiche e l'impatto della struttura sull'ambiente, l'impegno sociale. La gastronomia è uno strumento per veicolare i messaggi e pensare a un mondo più virtuoso. I nostri lettori sono i primi a condividere con noi i loro pensieri sull'argomento e noi li ascoltiamo».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 10/12/2021