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15 Ottobre 2021

Castagna (Banco Bpm): «Gli Esg per la nostra comunità, i clienti, e il territorio. La sostenibilità è il futuro»

L'ad Giuseppe Castagna traccia il percorso che sta portando avanti il terzo gruppo bancario del Paese Un impegno per la sostenibilità che si traduce in prodotti e servizi improntati ai criteri Esg ma anche in azioni di carattere sociale legate alle esigenze dei territori. E' il percorso che sta portando avanti Banco Bpm, come racconta l'amministratore delegato, Giuseppe Castagna a SustainEconomy.24, il report di Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. Anche perché l'attenzione alla sostenibilità ambientale, economica e sociale non solo si concilia con il profitto e il successo economico di una banca, ma, in una prospettiva di medio-lungo periodo, risulta anche conveniente. E traccia un bilancio positivo del modello omnicanale del terzo gruppo bancario del Paese. Per una banca come la vostra che ha il dna di banca del territorio, quanto conta un percorso di sostenibilità e come si traduce questo impegno? «Nel loro insieme, le istanze legate alla sostenibilità hanno un impatto molto concreto sul contesto socioeconomico: sui territori, sulle imprese, sulle comunità e sulle persone. In quest'ottica, penso che una banca commerciale come Banco Bpm, le cui performance economico-finanziarie sono correlate al benessere dei territori in cui opera, sia in grado di tradurre concretamente e proficuamente il proprio impegno verso la sostenibilità innanzitutto attraverso il credito, i prodotti e i servizi che tengono conto di criteri Esg, ma anche attraverso azioni di carattere sociale legate alle esigenze dei diversi territori, come quelle realizzate durante la pandemia dal Gruppo Banco Bpm e dalle sue Fondazioni che comprendevano iniziative a supporto di ospedali, strutture sanitarie, onlus e scuole (oltre 400 istituti) per un ammontare complessivo che supera i 6 milioni di euro. Questo senza contare ciò che abbiamo avviato, a partire dal 2020, specificamente sulle tematiche Esg». Quest'anno avete avviato sette cantieri di attività proprio allo scopo di sviluppare l'integrazione dei temi Esg nel business. Ce ne parla? «In realtà, si tratta di una strategia avviata lo scorso anno, grazie all'azione del Comitato manageriale Environmental Social and Governance che ricade sotto la mia diretta responsabilità e di cui fanno parte le principali figure apicali della banca. È proprio su iniziativa del Comitato Esg, alla luce delle richieste dei Regolatori, delle aspettative dei mercati finanziari e delle best practices dei competitor nazionali e internazionali, che abbiamo avviato - tra le altre iniziative - 7 cantieri di attività con l'obiettivo di rafforzare e concretizzare l'integrazione delle tematiche Esg all'interno delle attività aziendali e nel business. I cantieri coprono integralmente l'orizzonte Esg e si suddividono in queste aree: Governance, People, Risk & Credits, Customers-Business, Customers-Wealth Management, Stakeholder engagement & Measurement, Environment. Al loro interno sono stati definiti 32 progetti da realizzare con il coinvolgimento di 15 diverse strutture della banca e oltre 50 tra colleghe e colleghi coinvolti». Si concilia l'attenzione alla sostenibilità ambientale, economica e sociale con il profitto e il successo economico di una banca? «Non solo si concilia, ma in una prospettiva di medio-lungo periodo risulta anche conveniente. La questione ambientale è sicuramente prioritaria e Banco Bpm già da tempo si impegna per ridurre il proprio impatto ambientale diretto utilizzando il 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili certificate ed evitando l'immissione di oltre 33.000 tonnellate di CO2 equivalenti in atmosfera. Relativamente agli impatti indiretti, l'adozione di politiche ambientali che guidino la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio porterà benefici in termini di investimenti e implementazione di tecnologie più efficienti da una parte e minori rischi ambientali per la banca dall'altra. Come tutti i grandi cambiamenti, occorre applicarli con gradualità ma senza indugio, avendo chiaro il piano d'azione e i tempi previsti per realizzarlo. Banco Bpm è fortemente focalizzato su questi obiettivi: vogliamo dare il nostro contributo al miglioramento della situazione ambientale e, insieme, lavoriamo per il successo economico della banca stessa e di tutti i nostri stakeholder». A livello di prodotti avete integrato i fattori Esg nei mutui e annunciato dei Fondi. Ci sono altre novità? «Il lancio dei Mutui Green e la distribuzione dei fondi Anima che tengono conto di criteri Esg come il Fondo Investimento Gender Equality 2026 finalizzato a sostenere società che valorizzino la parità di genere, non sono state le prime iniziative in questo ambito. Già dallo scorso anno siamo entrati nel mercato dell'efficientamento energetico con i prodotti legati al Super-Eco bonus e abbiamo stanziato, a partire dal dicembre scorso, un Plafond Investimenti Sostenibili 2020-23 pari a 5 miliardi di euro a disposizione delle aziende che investono in sostenibilità e green transition. Inoltre, a luglio abbiamo emesso il nostro primo Social Bond da 500 mln di euro per finanziare le Pmi colpite dall'emergenza pandemica. Abbiamo anche dato vita, insieme a Vera Financial, all'iniziativa "Una polizza, un albero", così che ad ogni polizza acquistata corrisponda una donazione per supportare il rimboschimento delle aree alpine colpite dalla tempesta Vaia nell'ottobre di 4 anni fa. Stiamo lavorando per ampliare ulteriormente l'offerta commerciale Esg e siamo convinti che questo filone continuerà ad arricchirsi, anche nell'immediato, per esempio grazie a iniziative collegate all'utilizzo delle risorse rivenienti dal Pnrr». Dopo l'esperienza difficile della pandemia, tracciate un bilancio positivo del vostro modello di business? E cosa vedete nel futuro? «Banco Bpm, in linea con le banche italiane, ha dimostrato una grande flessibilità organizzativa e operativa. Siamo riusciti a rafforzare in una logica sempre più digitale l'offerta dei servizi ai clienti, garantendo allo stesso tempo la sicurezza per tutti, clienti e colleghi. Abbiamo assicurato il trasferimento all'economia reale delle risorse messe a disposizione dal Governo e siamo stati vicini a imprese e famiglie in un momento difficile anche dal punto di vista economico. Questo è stato possibile perché eravamo preparati. Non ci aspettavamo certo un contesto pandemico, ma gli investimenti nel digitale effettuati a suo tempo e le innovazioni organizzative introdotte nei processi e nelle reti, territoriali e virtuali, ci hanno permesso di agire con la necessaria prontezza. Questo dimostra che c'è spazio per un modello di business come quello espresso da Banco Bpm: un modello omnicanale, in cui l'offerta di prodotti e servizi da remoto si integra con una rete di filiali in cui colleghe e colleghi esperti assistono la clientela con un modello di consulenza evoluta». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 15/10/2021

17 Settembre 2021

La Rocca (Italo): «Vogliamo essere un esempio per sostenibilità e treni sicuri»

L'amministratore delegato della società a SustainEconomy.24 parla degli impegni tra sostenibilità e Covid e rilancia sul Sud: «Aumenteremo le tratte» La forza di non fermarsi e la voglia di essere un esempio sul fronte della sostenibilità. L'amministratore delegato di Italo, Gianbattista La Rocca in un'intervista a SustainEconomy.24, il report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, parla dell'ultimo bilancio di sostenibilità con i traguardi raggiunti e i prossimi obiettivi. Ma anche della sicurezza dei treni in epoca Covid e gli investimenti per dotarli, primi al mondo, dei filtri Hepa. E dei progetti futuri a partire dalle nuove rotte al Sud dove «c'è grande domanda di mobilità». Avete da poco pubblicato il Bilancio di Sostenibilità 2020. Quali sono i traguardi raggiunti? «Questo bilancio è motivo di grande orgoglio per tutti noi di Italo. Un anno come il 2020 non verrà dimenticato facilmente, con tutti gli eventi legati alla pandemia ed i risvolti negativi per il nostro settore. Abbiamo avuto la forza di non fermarci, neppure nel periodo in cui circolavano solo 2 treni rispetto ai 112 pre-Covid, e di questo voglio ringraziare ogni singola persona che fa parte della squadra di Italo. Questo spirito ci ha permesso di raggiungere i traguardi messi in evidenza nel Bilancio di Sostenibilità 2020: 91,7% dei clienti soddisfatti, quasi 1milione e mezzo di follower sui nostri canali social, 100% dei treni equipaggiati per il riciclo dei rifiuti, infortuni sul lavoro dimezzati (-49%) rispetto al 2019, più di 270 milioni di acquisti inerenti alle nostre attività investiti in fornitori italiani, contribuendo al rilancio dell'economia del Paese. Sono solo alcuni esempi ma significativi, che mostrano come agiamo quotidianamente, mettendo sempre al primo posto i nostri passeggeri ed i nostri dipendenti». Avete definito il piano di sostenibilità triennale. Ci parla dei prossimi obiettivi? «Abbiamo raggiunto risultati importanti ma per noi rappresentano un punto di partenza, non di arrivo. Crediamo fortemente in questo progetto e vogliamo diventare un esempio per rendere il sistema dei trasporti sempre più sostenibile. Italo ha allineato la sua strategia a 6 pilastri chiave con 12 obiettivi legati agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. I nostri pilastri sono ambiente, clienti, persone, sicurezza, società e coinvolgimento. Grazie ad un comitato interno, preposto al perseguimento di questi obiettivi, abbiamo sviluppato un piano triennale di crescita intorno ai 6 pillar, per migliorare quanto fatto finora. Da inizio anno siamo al lavoro, impegnati su diversi fronti, finanziando borse di studio per ricercatori scientifici, sposando progetti di riciclo ambientale, investendo in sicurezza e formazione per il nostro personale. La strada è tracciata, siamo certi che ci miglioreremo». Il 2020 è stato un anno difficile e anche quest'anno sta richiedendo uno sforzo aggiuntivo per trasportare i passeggeri in sicurezza. Italo ha messo a punto una serie di misure, a partire dai filtri Hepa ad alta efficienza sull'intera flotta. «Lo diciamo con immensa soddisfazione: Italo è il primo treno al mondo ad aver installato i filtri Hepa. Siamo gli unici, al momento, ad utilizzare questi particolari filtri ad alta efficienza, che garantiscono un ricambio d'aria costante e completo ogni 3 minuti in tutte le carrozze. È stato per noi un investimento rilevante, di circa 50 milioni di euro, a dimostrazione di quanto la società sia sempre pronta a mettere la sicurezza delle persone al primo posto. Prima di introdurre questi particolari filtri, che sono gli stessi presenti sugli aerei, abbiamo collaborato con esperti del settore ferroviario e sanitario come il Politecnico di Milano e l'Ircss Ospedale San Raffaele, e gli Hepa sono risultati la soluzione più innovativa volta a favorire il miglioramento del ricambio d'aria. Oggi, grazie a questa misura, Italo ha un riempimento potenziale del 100% delle sedute; dico potenziale perché purtroppo il riempimento reale è ancora molto al di sotto delle cifre pre-pandemiche. Il nostro impegno per la sicurezza non si è limitato comunque solo agli Hepa: abbiamo seguito scrupolosamente tutte le direttive ministeriali per adeguare la nostra flotta al contesto del Covid (gel disinfettante, sanificazione degli ambienti a bordo treno prima-durante-dopo il viaggio, porte separate per salita e discesa, ecc.), oltre che predisporre un piano d'azione per il nostro personale, garantendogli un'apposita assicurazione, un servizio di assistenza psicologico per tutta la famiglia, attività di formazione e anche di "svago" specie durante il periodo del lockdown. Ci siamo comportati da vera squadra, come sempre fatto del resto». Guardando invece alla ripartenza di settembre, alle normative anti Covid a partire dal green pass, cosa vede nel futuro di Italo e quali misure sarebbero necessarie? «Per il settore dell'Alta Velocità e della lunga percorrenza è stato introdotto il green pass. Abbiamo debitamente formato il nostro personale sia di bordo che di stazione, per informare e supportare i viaggiatori. A bordo treno, in fase di controllo del biglietto, ora ci si accerta che il passeggero sia anche in possesso della certificazione verde. Le persone sono informate e hanno la premura di esibire il pass. Come sempre noi ci allineiamo alle direttive governative, interloquiamo costantemente con le istituzioni e mi auguro che ogni misura futura concili sempre la prevenzione contro con il Covid con il regolare svolgimento delle attività aziendali, permettendo così una forte ripartenza». Nella strategia di Italo ci sono nuove rotte nel Sud Italia? «Il Sud è un mercato che studiavamo da anni e grazie al progressivo aumento della flotta, con i nuovi treni Italo EVO, siamo riusciti ad espandere il network. Dai 25 treni con cui Italo ha fatto il suo esordio sui binari, a breve arriveremo ad averne 51. Così dalla scorsa estate ci siamo spinti oltre Salerno, servendo il Cilento e la Calabria fino a Reggio. Mi fa molto piacere poter dichiarare che siamo stati i primi a garantire un collegamento diretto, senza cambi intermedi, che unisse tutta Italia da Torino a Reggio Calabria. Da maggio 2021, con la graduale riapertura, abbiamo triplicato i collegamenti verso la Calabria, abbiamo introdotto nuove fermate in Puglia, in Basilicata ed in Campania, collegando alla nostra rete città quali Bari, Foggia, Maratea, Benevento, Caserta, solo per fare alcuni esempi. E' nostra intenzione implementare le corse per il Sud e aprire nuove tratte, stiamo già valutando diverse opzioni e speriamo di poter presto dare importanti novità per un territorio che ha grande domanda di mobilità». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 17/9/2021

17 Settembre 2021

Vaimoo: «L’e-bike sharing made in Italy scelto in Europa è pronto per l’intermodalità»

Il ceo e fondatore Matteo Pertosa racconta il successo nelle capitali green nordeuropee e i progetti in Italia L'idea è made in Italy ma il successo è europeo. Vaimoo, unica italiana ad essersi aggiudicata il Ces 2021 Innovation Awards di Las Vegas, è una la soluzione completa di e-bike sharing (biciclette elettriche, stazioni di ricarica e app per l'utilizzo del servizio) del Gruppo Angel, pensata per la mobilità urbana sostenibile e inclusiva e progettata per poter essere rapidamente integrata con i sistemi di trasporto esistenti. Già adottata dalle capitali nordeuropee green come Copenaghen, Rotterdam e da qualche settimana Stoccolma, oltre che nel Regno Unito e in Polonia, si prepara alle città italiane, partendo dalla ‘sua' Bari, e a nuovi progetti intermodali «per dare accesso alla mobilità ad una fascia di popolazione che sia la più ampia possibile» come racconta il ceo e fondatore Matteo Pertosa a SustainEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School. L'idea è made in Italy ma il successo è estero. Qual è stata l'idea di Vaimoo e qual è la caratteristica vincente? «È nata da un paio di intuizioni: la prima che la mobilità elettrica sarebbe stata un driver importante per lo sviluppo della mobilità urbana in generale e dell'ultimo miglio in particolare; la seconda è che per mettere insieme questa tipologia di prodotti bisognava dominare tante componenti tecnologiche, dalla meccanica all'hardware al software e questo poteva essere un vantaggio competitivo. Abbiamo iniziato ad investire, quindi, in questo business e in questo nuovo mercato un po' di tempo fa, prima degli altri, e questo ci ha dato un vantaggio e consente oggi di fare leva su questo vantaggio. Il mercato della mobilità dell'ultimo miglio ha dato vita e sta dando vita a tantissimi nuovi servizi, sia di sharing che di delivery e noi siamo tra le 3-4 società nel mondo, in questo momento, che stanno affrontando questo tema e siamo gli unici europei a competere con società cinesi. L'intera soluzione, sia la parte hardware (anche la bici stessa) sia software, è prodotta in Italia, che è un grande Paese manufatturiero e con tantissime competenze». Siete presenti in varie città all'estero, ma l'Italia? «In realtà noi siamo partiti con l'Italia; cioè l'idea nasce da un'opportunità in Italia perché proprio a Bari, nel 2016, avevano fatto partire un bando molto innovativo per la mobilità elettrica e da lì ci attivammo. Poi ci sono voluti quattro anni per aggiudicare la gara ed entro la fine dell'anno dovremmo riuscire a mettere i primi veicoli a Bari». Avete anche altri progetti? «Per quanto riguarda le altre città europee adesso stiamo lavorando con i nostri partner, che sono quelli che poi operano il servizio utilizzando la nostra tecnologia e i nostri veicoli, perché questa mobilità dell'ultimo miglio possa essere sempre più integrata con normali sistemi di mobilità urbana che possono essere il treno piuttosto che l'autobus o la metro, andando a coprire un segmento che prima era scoperto. Stanno nascendo tante iniziative in nord Europa ma si è innescata ormai una direttrice e siamo, quindi, fiduciosi che sarà un trend che nascerà e partirà anche in Italia. Noi ci siamo specializzati sul bike sharing elettrico, sostenibile anche dal punto di vista economico e perché è l'unico sistema ibrido – prevede sia rastrelliere dove ricaricare le bici sia la possibilità di lasciare le bici per strada come avviene per i monopattini e questo rende un pochino più accessibile il servizio soprattutto nelle zone periferiche - ma anche più inclusivo. A differenza dei monopattini, la bici viene più facilmente usata su tratte più lunghe ed è più adatta a tutte le fasce di età. Insomma, la nostra linea di pensiero è sviluppare e progettare dei veicoli che siano sempre più inclusivi e che diano accesso a questo tipo di mobilità ad una fascia di popolazione che sia la più ampia possibile. Stiamo lavorando proprio su tutto quello che può servire per costruire questo segmento in maniera intelligente». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 17/9/2021

17 Settembre 2021

Kme: «Il rame è circolare e anti-Covid. Il progetto per Linate da replicare nei trasporti e nella sanità»

Claudio Pinassi, ceo di Kme Italy, Kme Germany e di Kme Mansfeld parla a SustainEconomy.24 dei progetti futuri del gruppo che punta a diventarei uno dei primi due operatori al mondo nel settore di riferimento dei laminati e rolled Il rame può essere considerato un "principe" della circolarità e della sostenibilità. E, nell'era della pandemia, date le sue proprietà antimicrobiche, può conquistare nuovi spazi. A partire dai trasporti. Come dimostra l'esperienza di Kme con l'aeroporto di Linate. L'amministratore delegato di Kme Italy, di Kme Germany e Kme Mansfeld, Claudio Pinassi, racconta a SustainEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School, i progetti del gruppo che punta a diventare uno dei primi due operatori al mondo nel settore di riferimento dei laminati e rolled. E parla anche dei prezzi e della speculazione finanziaria. Kme è uno dei maggiori produttori al mondo di materiali in rame e leghe di rame. In che modo il rame può essere considerato un materiale ecologico? «Il rame, per tutta una serie di motivi sia metallurgici che economici, tende a non essere disperso nell'ambiente e viene recuperato: può essere considerato quasi ‘un principe' della circolarità e sostenibilità. Inizialmente, molto tempo fa, come Kme, abbiamo scoperto di essere circolari quasi ‘a nostra insaputa', perché da sempre cerchiamo di recuperare e raffinare tutti gli scarti dei materiali di rame e leghe e arriviamo per certi tipi di prodotti anche all'85% di recupero. Con due effetti positivi: di sostenibilità ambientale e di circolarità, diminuendo il prelievo da miniera. Da alcuni anni poi, in collaborazione con la scuola Sant'Anna di Pisa abbiamo anche aperto una Academy e organizziamo master sui temi della circolarità e dello sviluppo sostenibile». Il rame è anche antimicrobico. In questa fase pandemica, può offrire un contributo? «Le caratteristiche antimicrobiche e antivirali del rame sono conosciute dal tempo degli Egizi. Ma se questo era noto per esperienza, adesso è noto anche sulla base della ricerca scientifica. Noi circa 10 anni fa abbiamo iniziato a collaborare con diverse università, poi 4-5 anni fa abbiamo fatto uno studio abbastanza approfondito sul coronavirus e abbiamo verificato, in maniera indiscutibile, che le superfici in rame sono fondamentalmente auto sanificanti: il virus tende a sopravvivere ad esempio, a 22 gradi, per due giorni sulla plastica, per un giorno e mezzo sull'acciaio, per un giorno sull'alluminio e per pochi minuti sul rame. All'inizio ‘dell'epoca Covid' abbiamo voluto fare una campagna di verifiche sperimentali in vitro, una sorta di certificazione, che ha confermato quello che gli scienziati si aspettavano: cioè che in meno di 5 minuti si distrugge oltre il 90% della carica virale, in 10 minuti il 99%. Si tratta di tempi inferiori a quelli di sanificazione obbligatoria che vengono imposti dalle normative. Basandoci su questo principio abbiamo fatto prove sul campo». Una prima applicazione è il progetto pilota con Sea all'interno dell'aeroporto di Linate. Ce ne parla? «L'aeroporto era in fase di profonda ristrutturazione e quindi ci siamo incontrati con i vertici che sono partiti da una bella idea: non bisogna toccare niente salvo ciò che è indispensabile. Ma tutto ciò che nell'aeroporto va obbligatoriamente toccato, dai corrimani lungo le scale alle maniglie dei carrelli porta bagagli ai sostegni nei bus, è stato deciso di farlo in rame. Un approccio intelligente con due obiettivi: quello di massimizzare la salute pubblica dei passeggeri e, nell'ottica della sostenibilità, diminuire al massimo l'uso di sostanze chimiche disperse nell'ambiente. L'idea di Linate rappresenta un modello in Europa, e ci auguriamo che l'esperienza venga replicata in altri aeroporti o, per esempio, nelle metropolitane». In quali altri settori ci possono essere, nei vostri progetti, altri utilizzi? «Come dicevamo possono esserci altri utilizzi sicuramente nel settore trasporti e in altri settori come quello della sanità. Ma penso anche a edifici aperti al pubblico come gli uffici postali, le banche o le scuole. Certo è un po' più costoso della plastica ma vale il discorso di circolarità e sostenibilità ambientale». Guardiamo a Kme. Quali sono i progetti futuri? «Siamo in una fase di transizione abbastanza importante, ci stiamo focalizzando su M&A, sull'allargamento del nostro perimetro nell'ambito del core business ovvero i cosiddetti laminati e rolled. Abbiamo fatto di recente un'acquisizione importante in Italia e pensiamo di finalizzare a breve l'acquisto di una società olandese, Aurubis Netherland, con l'intenzione di diventare uno dei primi due operatori al mondo nel settore di riferimento. Contemporaneamente stiamo disinvestendo nei settori non core come quelli delle lavorazioni speciali del rame. Quindi stiamo razionalizzando e ridefinendo il nostro perimetro in un contesto molto particolare dove il mercato del rame e delle sue leghe sta veramente vivendo un periodo molto florido. Con aspetti positivi e aspetti negativi. Perché ovviamente c'è più produzione e i nostri materiali vengono apprezzati sempre di più e vengono usati come parametro di riferimento dell'effettiva svolta verde. Per esempio, le automobili e le biciclette elettriche, i mezzi della smart mobility passano attraverso un incremento dell'uso del rame. Una caratteristica che troviamo anche negli impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile. Purtroppo, di contro, questo momento porta con sé anche una inopportuna speculazione finanziaria che ha visto un incremento materiale del prezzo del rame: recentemente ha raggiunto il record storico di 10.000 $ a tonnellata. Ovviamente si tratta di attività finanziarie legittime ma che disturbano l'attività industriale come la nostra, che si basa sulla trasformazione del metallo. Però in questo momento noi siamo positivi perché la nostra azione di consolidamento sul mercato sta andando avanti». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 17/9/2021

17 Settembre 2021

Giovannini: «Un piano da 61 miliardi per la nuova mobilità. Miglioriamo la vita delle persone e la competitività delle imprese»

Il Ministro delle Infrastrutture e mobilità sostenibili delinea il programma e il calendario. Dai treni agli aerei alla mobilità urbana, con il monitoraggio costante richiesto dall'emergenza Covid   Un piano ambizioso per trasformare la mobilità del Paese e migliorare la vita delle persone e la competitività delle imprese che si traduce in investimenti per 61 miliardi di cui il 56% al Sud. Il ministro delle Infrastrutture e mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, in un'intervista a SustainEconomy.24, report De Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, delinea il programma e il calendario. Dai treni agli aerei alla mobilità urbana e ‘dolce', con un monitoraggio costante richiesto dall'emergenza Covid. Ministro, sono arrivate le prime risorse del Pnrr. Sul fronte della mobilità sostenibile e delle infrastrutture avete un piano ambizioso. Quali sono le priorità? Qual è il calendario che si è dato? «Abbiamo un piano molto ambizioso ed è quello di investire 61 miliardi, di cui il 56% al Sud, per trasformare e innovare la mobilità del Paese e realizzare infrastrutture sostenibili, in linea con la nuova visione strategica del ministero: migliorare la qualità della vita delle persone e la competitività delle imprese nel rispetto dell'ambiente. Da questo punto fermo discendono le scelte che abbiamo già effettuato per utilizzare le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La prima tranche di fondi europei, 25 miliardi, è arrivata, ma il Mims lavora sull'intero pacchetto di investimento di nostra competenza. Ho già firmato diversi decreti, condivisi con le Regioni e gli enti territoriali, per assegnare circa 12 miliardi di euro, a partire da quelli del Fondo complementare che si affianca al finanziamento europeo. Ad esempio, sono stati ripartiti 2,8 miliardi di interventi per l'ammodernamento dei porti, 600 milioni di euro per l'acquisto di autobus verdi alimentati a metano, idrogeno o elettrici, 500 milioni per l'acquisto di treni elettrici o a idrogeno, 2 miliardi per la riqualificazione delle case popolari e degli spazi verdi delle città. Ulteriori 25 miliardi sono stati assegnati alle Ferrovie con l'aggiornamento del contratto di programma 2020-21: in particolare, sono fondi destinati ad alcuni lotti dell'alta velocità, all'implementazione del programma ERMTS, ossia il sistema europeo di gestione, controllo e protezione del traffico ferroviario, al potenziamento delle direttrici e dei nodi ferroviari e al piano stazioni per il Sud. Ricordo poi che 10 miliardi erano già stati previsti per l'alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria nel decreto legge n.59 che ha creato il Fondo complementare e stanziato altre risorse del bilancio nazionale per la realizzazione del Pnrr. Tuttavia, è bene ricordare che la programmazione del Mims non si ferma al 2026, cioè la scadenza per spendere le risorse europee, ma va oltre, guarda ai prossimi 10 anni. Intendo dire che la visione sulla sostenibilità, l'inclusività e il rispetto dell'ambiente che è alla base del Pnrr si applicherà anche ad altre risorse, come il Fondo Sviluppo e Coesione, i Fondi strutturali europei, al fondo pluriennale per gli investimenti. Come vede, stiamo intervenendo su molteplici fronti contemporaneamente e molto rapidamente». Lei si è dedicato al tema dei porti, degli aeroporti e delle ferrovie. Avremo infrastrutture low carbon e vettori ad idrogeno? «Certamente, il Pnrr darà una forte spinta alla giusta transizione ecologica. Nei porti sarà realizzata l'elettrificazione delle banchine, il cosiddetto cold ironing, che consentirà alle navi in sosta di accedere alla corrente elettrica da terra anziché tenere i motori accesi, con quello che determina in termini di inquinamento atmosferico e acustico. Previsti anche investimenti per l'aumento delle disponibilità di combustibili alternativi (Gnl) che consentirà di ridurre le emissioni inquinanti. Per gli aeroporti i progetti del Pnrr riguardano la digitalizzazione dei sistemi logistici e del traffico aereo e questo consentirà una migliore gestione dei voli e l'ottimizzazione della capacità dello spazio aereo. Per il settore ferroviario, un importante intervento è volto al rinnovo dei treni nelle linee regionali e alla sperimentazione dell'idrogeno per le ferrovie non elettrificate. Si partirà con i treni a idrogeno nel Salento e in Val Camonica». Guardando alla mobilità nelle nostre città, che traguardi si è dato?  «Gli interventi sulla mobilità urbana, che hanno l'impatto più diretto sulla qualità della vita delle persone e sulla vivibilità dei territori, abbracciano diverse modalità di trasporto. Saranno realizzati oltre 200 chilometri di nuove linee tranviarie, metropolitane e di filobus e acquistati 3.200 autobus elettrici o a idrogeno per le aree urbane e 2.000 autobus a metano per il trasporto extraurbano. Per le città lavoriamo ad un ambizioso piano di ciclovie per aumentare e incentivare la "mobilità dolce", finanziato con 200 milioni di euro. Sono già partiti i progetti per collegare le stazioni ferroviarie alle università in 7 città. Anche molti progetti del settore ferroviario avranno un impatto positivo per il sistema di mobilità delle città, mi riferisco al piano stazioni al Sud per il quale sono previsti 700 milioni da utilizzare per interventi di riqualificazione e per il miglioramento dell'accessibilità e agli interventi per 3 miliardi di euro di potenziamento dei nodi ferroviari a servizio delle aree urbane e per agevolare il collegamento con altre direttrici». Tutti i piani devono tener conto anche della pandemia di Covid-19 che ha modificato il modo di viaggiare, muoversi e lavorare. Dal suo ministero sono giunte le indicazioni per questa ripresa di settembre. Servirà la cooperazione di tutti? Dagli enti locali alle imprese ai sindacati? «Al Mims abbiamo avviato ad aprile scorso il confronto con Regioni ed enti locali per organizzare il sistema dei trasporti, soprattutto il trasporto pubblico locale, in vista della ripresa delle scuole e delle attività lavorative in autunno. Sono state predisposte linee guida per tutte le modalità di trasporto, validate dal Comitato Tecnico Scientifico. Per il trasporto pubblico locale, la modalità che interessa maggiormente studenti e lavoratori, e quindi la quotidianità di un numero elevato di persone, ci siamo concentrati su tre aspetti: potenziare l'offerta specialmente nelle ore di punta, favorendo le Regioni, che sono gli enti responsabili della programmazione e della gestione del Tpl, nel mettere a disposizione adeguati servizi aggiuntivi per evitare gli affollamenti nei mezzi; scaglionare gli orari scolastici e delle attività commerciali per evitare picchi di domanda di servizi; rafforzare i controlli e garantire la sicurezza dei lavoratori addetti e degli autisti. Il governo ha messo a disposizione le risorse per il finanziamento dei servizi aggiuntivi, 618 milioni di euro per il secondo semestre del 2021, una cifra molto più elevata rispetto ai 222 milioni rendicontati nel primo semestre. I piani elaborati dalle Regioni prevedono una quantità di servizi aggiuntivi più che tripla rispetto a quella messa in campo un anno fa. Ovviamente, il ministero effettuerà un monitoraggio costante sull'attuazione dei piani regionali per il Tpl, anche grazie alla collaborazione dei Prefetti, i quali hanno favorito, provincia per provincia, il dialogo tra le scuole, le aziende di trasporto e i Comuni al fine di predisporre i piani per i servizi aggiuntivi e lo sfasamento degli orari scolastici». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 17/9/2021

16 Luglio 2021

Chef Express (Cremonini): «Ristorazione green e catena di fornitura al 100% italiana. Pronti a nuove aperture»

L'ad Cristian Biasoni a SustainEconomy.24 racconta il percorso sostenibile e conferma un programma di nuove aperture nelle stazioni e 20 nuovi locali Roadhouse nel 2021 I punti chiave Sostenibilità come asset strategico del business e parte del valore economico dell'impresa considerando tutta la catena di fornitura 100% italiana con diversi progetti che valorizzano il territorio e con attenzione al sociale. Questa la filosofia di Chef Express, la società del Gruppo Cremonini attiva nei servizi di bar, ristoranti e fast food con oltre 400 punti vendita. L'amministratore delegato Cristian Biasoni racconta a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, l'impegno su ristorazione green, economia circolare e risparmio energetico. E le sfide post Covid a partire dalla scelta ‘con coraggio' di confermare le nuove aperture e programmarne altre. Filiera, prodotti, packaging e sensibilità del cliente. Quanto si è inserita la sostenibilità nel mondo della ristorazione? «Tutte le attività e gli obiettivi di sviluppo del Gruppo Cremonini sono basati su processi che integrano la dimensione sociale, ambientale ed economica, con un percorso ventennale iniziato in Italia nel settore produzione e progressivamente esteso a quello della distribuzione e della ristorazione. Grazie alle caratteristiche del business alimentare e prima ancora che si concretizzassero gli SDG dell'Onu, il nostro Gruppo ha sempre approcciato i temi della sostenibilità in modo pragmatico, considerandoli come asset strategico del business e parte del valore economico dell'impresa. Chef Express, in particolare, operando nell'ambito dei servizi, deve necessariamente considerare tutta la catena di fornitura. L'azienda ha, pertanto, avviato un programma di engagement con i principali fornitori, in modo da condividere gli obiettivi e, soprattutto, poter mettere a sistema dati precisi in vista della stesura del Bilancio di Sostenibilità. Per l'aspetto della sostenibilità sociale, Chef Express ha definito una Politica di Responsabilità Sociale, secondo lo standard internazionale SA8000 certificata da un ente terzo indipendente, che assicura non soltanto l'impegno dell'azienda nella lotta al lavoro minorile, al lavoro forzato e alla discriminazione, ma tutela la salute e sicurezza e la libertà di associazione. L'impegno prosegue ovviamente sul Punto di Vendita, accompagnando anche l'evidente nuova sensibilità dei nostri clienti: riduzione della plastica, utilizzo di materiali riciclabili, biodegradabili e compostabili, raccolta differenziata, lotta allo spreco grazie agli accordi con associazioni, come il Banco Alimentare, sono attività ormai pienamente integrate nell'operatività dei nostri bar e ristoranti. Per essere concreti: nei nostri Punti di Vendita si trovano un gran numero di prodotti freschi consegnati in giornata, con una catena di fornitura 100% italiana e diversi progetti che valorizzano il territorio e i piccoli fornitori locali». Qual è l'impegno del vostro gruppo sul fronte di una ristorazione green e un'economia circolare? «L'impegno strategico riguarda l'allineamento puntuale della visione generale sulla sostenibilità agli obiettivi SDG, in modo da avere un rapporto diretto tra azione e singolo obiettivo, con output precisi e misurabili. In questo senso, il coinvolgimento con i nostri maggiori fornitori, come Coca-Cola, San Benedetto, Lavazza, Inalca e Marr ci permette di avere risultati tangibili in tema di riduzione dei rifiuti prodotti e il loro recupero in un'ottica circolare, oltre alle iniziative promosse riguardo all'efficientamento energetico e alla riduzione delle emissioni di CO2, il risparmio dei consumi idrici, la tutela del benessere animale e la tracciabilità certificata lungo tutta la filiera». Avete anche messo a punto una serie di progetti di risparmio energetico? «Questo aspetto è uno di quelli su cui maggiormente possiamo avere risultati tangibili. Agire "green" significa attuare su ogni Punto di Vendita politiche volte al risparmio energetico attraverso il monitoraggio costante dei consumi e l'utilizzo di energia, che oggi è 100% garantita da fonti rinnovabili per tutti i punti vendita Chef Express e Roadhouse. Parte di questa energia è autoprodotta grazie a oltre 4.000 pannelli solari istallati su 63 punti vendita. Sul recupero energetico lavoriamo costantemente al revamping di impianti di climatizzazione, soprattutto sulle aree di ristorazione sulle autostrade. Sul tema dell'efficienza, ottimi risultati vengono dall'attività di building automation, che consente il monitoraggio e la gestione in continuo degli impianti di climatizzazione e delle attrezzature. A questi si aggiungono i risultati ottenuti grazie anche agli interventi sulle strutture dei nostri punti vendita, quali l'installazione di infissi più efficienti e di sistemi di illuminazione a basso consumo. Abbiamo inoltre un Energy Manager di gruppo che sovrintende tutti i punti vendita, progettando tutti gli interventi rivolti alla corretta ed efficiente gestione dell'energia impiegata e puntando a realizzare edifici che si avvicinano a un impatto ambientale prossimo allo zero, i "near-zero emission buildings". Accanto alle azioni di efficientamento energetico, nelle tratte autostradali in cui Chef Express è incaricata della gestione del piazzale adiacente al punto vendita, è in fase di analisi la progressiva installazione di colonnine di ricarica dedicate alle auto elettriche. Un'altra direttrice lungo la quale l'azienda sta operando importanti investimenti è quella della digitalizzazione. Da un lato, automatizzando i sistemi di reporting dei processi interni, promuovendo una maggiore efficienza e la progressiva dematerializzazione che consente di risparmiare il consumo di carta; dall'altro, nei punti vendita, adottando algoritmi di intelligenza artificiale per una previsione più accurata dei consumi, in base alle serie storiche, che ci permette di ridurre al minimo la generazione di food waste». Chef Express e Roadhouse, due marchi di famiglia per gli italiani, alla ripartenza dopo il Covid. Quali percorsi state tracciando? «In questo anno horribilis, il peggiore della storia mondiale della ristorazione, per prima cosa abbiamo messo al centro il tema della sicurezza per i nostri dipendenti e clienti, anche considerando che molti nostri punti vendita, soprattutto sulle autostrade, hanno svolto un servizio pubblico rimanendo aperti anche durante il lockdown più duro. Da un punto di vista strategico abbiamo accelerato sulla digitalizzazione, un percorso avviato ben prima della pandemia per migliorare engagement del cliente e facilitare molte funzioni, come ordinare, pagare rapidamente, tutto con app molto funzionali. Oppure con i kiosk digitali per ordinare e pagare in tutta sicurezza e velocemente in autostrada. E' chiaro che app e servizi digitali non possono sostituire totalmente l'esperienza fisica, ma in queste circostante si rivelano strumenti preziosi e servono comunque a stringere una relazione solida con il cliente. E poi guardiamo avanti. Siamo un grande gruppo, solido e con una proprietà alle spalle motivata e lungimirante, con una visione di lungo periodo. Per quanto possibile abbiamo confermato con coraggio alcune aperture previste, come per i ristoranti inaugurati negli aeroporti di Bari e Cagliari, o nella stazione Tiburtina di Roma, o i locali di Wagamama aperti a Milano e nell'outlet di Serravalle. Abbiamo ora un programma di nuove aperture nelle stazioni di Napoli, Roma, Torino, Firenze e Palermo. E Roadhouse aprirà complessivamente 20 nuovi locali nel 2021, arrivando a un numero totale di oltre 200 ristoranti in Italia». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 16/7/2021

16 Luglio 2021

Gambero Rosso: «I bravi vanno premiati. Dal vino all’alta ristorazione il mercato dei prodotti sostenibili sarà vincente»

Il presidente, Paolo Cuccia, in un'intervista a SustainEconomy.24 racconta l'attenzione su bilanci e prodotti e assicura che la sostenibilità è un driver di successo anche economico Il settore agroalimentare, sul fronte della sostenibilità, sconta ancora dei ritardi, ma ci sarà una accelerazione sia perché i produttori sono più sempre più bravi, sia perché i consumatori sono più attenti ed anche perché il mondo della finanza ha capito che aziende più sostenibili sono meno rischiose o per investimento o per credito. Paolo Cuccia, presidente de Il Gambero Rosso, riferimento del wine e food italiano, quotato a Piazza Affari, racconta a SustainEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School l'impegno di certificazione sia sui bilanci che sui prodotti. «I bravi vanno premiati" spiega. E assicura che la sostenibilità è un driver di successo anche economico: un prodotto sostenibile avrà più visibilità e sarà vincente. Lo sviluppo sostenibile è fondamentale nei settori agroalimentare ed enogastronomico. Come è cambiato il rapporto e qual è la risposta del settore? «Fondamentalmente è un mondo in evoluzione ed ha estremo bisogno di concretezza per non depauperare la definizione di sostenibilità. In generale il settore agroalimentare è abbastanza in ritardo. Ma occorre distinguere tra aziende e prodotti. C'è, infatti, un mondo della sostenibilità legato ai bilanci non finanziari: le aziende più grandi e che sono quotate, in questo settore, sono poche e, di conseguenza, le aziende che abbiano ottenuto rating per bilanci di sostenibilità sono pochissime sia in Italia che in Europa. Ci sono, poi, percorsi di sostenibilità che attengono alla certificazione del prodotto». Quanta attenzione pone Gambero Rosso ai temi della sostenibilità? «Su entrambi i temi – bilanci e prodotti - il Gambero Rosso è molto attivo da tempo: sui primi abbiamo un rapporto societario con Standard Ethics, che è l'unica realtà in Italia che analizza il rating di sostenibilità secondo i parametri Onu. Sul campo del prodotto, siamo soci fondatori di Equalitas, una società che nasce dal mondo del vino e da Gambero Rosso ormai 7 anni fa, in collaborazione con il mondo associativo e istituzionale. Ci siamo fatti promotori dell'iniziativa perché abbiamo riscontrato che ci sono mercati internazionali dove entreranno solo vini sostenibili e mercati dove i vini sostenibili già ottengono visibilità e prezzi migliori, come i mercati del Commonwealth e gli Usa. Equalitas oggi è uno degli standard privati ma il ministro Patuanelli molto lodevolmente ha deciso di creare uno standard nazionale - che sarà probabilmente più inclusivo – ma anche con standard privati. A fine anno ci saranno circa 150 produttori di vino che avranno ottenuto la certificazione di Equalitas: un numero massiccio. C'è un'evoluzione in questo comparto importante e mi risulta che ci siano evoluzioni simili di prodotto anche nel settore agricolo. Il discorso della sostenibilità supera il concetto del biologico – che è essenziale – perché parliamo di una sostenibilità di prodotto che è anche ambientale e guarda al rapporto con il territorio, sociale e con un bilancio economicamente in ordine. C'è, poi, tutto un tema che attiene al tema del turismo e degli Horeca che stiamo affrontando con il ministro Garavaglia e passa sicuramente da una evoluzione digitale». I vostri giudizi sono un riferimento per gli appassionati di tutto il mondo. Cosa serve per essere premiati? «I mondi che riguardano il Gambero sono due: uno del prodotto, vino e prodotti agroalimentari, e l'altro quello della componente enogastronomica che deve passare dal digitale. Ma che sia su multipiattaforma: un lavoro interrogabile con whatsapp, smartphone e non un portale statico che finisce là. La vera evoluzione nasce dal fatto di poter dare dei punteggi. Il tema che ha bloccato il nostro mondo, finora, è che tutti coloro che sono iscritti in registri pubblici o sono membri di associazioni devono essere considerati uguali. Ora invece è necessario distinguere i produttori in base alla qualità. E' il caso della nostra guida dell'olio - nata dalla grande intuizione del mondo Coldiretti-Confagricoltura – che prevede un soggetto terzo, appunto Gambero Rosso, che dà punteggi, sotto l'egida di Unaprol. E il mondo dell'olio è migliorato: tra quelli che, nella nostra guida, prendono le tre foglie, la grande maggioranza spunta prezzi al litro superiori ai 30 euro, un buon livello anche se non ancora sufficiente perché l'olio è un prodotto delicato e non può invecchiare, rispetto al vino. Insomma vanno selezionati e premiati i più bravi. In questo campo si assiste sempre di più ad un atteggiamento positivo, lo riscontriamo nel dialogo con il Mipaaf e il rinato ministero del Turismo, ma questo percorso va accelerato. E l'accelerazione, nella nostra percezione, va nel senso che la sostenibilità non deve essere l'ennesima incombenza sulle spalle dei produttori ma va sostenuta dal Governo perché serve a distinguere il nostro Paese in cui la biodiversità è fondamentale. Inoltre, le imprese del settore sono in maggioranza piccole; quindi, diventa determinante la formazione nel campo della creazione del valore e della marginalità ed una produzione sostenibile ha, da un lato, più incombenze e richiede più attenzione, dall'altro deve poter ottenere maggiore visibilità e prezzi più elevati: i produttori che vinceranno alla fine saranno quelli con maggiore sensibilità all'ambiente ed al sociale. Ciò conferma che la sostenibilità è un driver di successo anche economico». Quali sono i settori più virtuosi, oltre a quelli che mi ha citato, e cosa si sta facendo per premiare l'impegno? «Il mondo del biologico ha fatto grandissimi passi e rappresenta una componente indispensabile della sostenibilità, sia in campo agricolo che del prodotto trasformato. Nel mercato, da anni, c'è stata una accelerazione e grande attenzione anche da parte dei consumatori. Ma per il passaggio da un prodotto buono e fatto con tecniche rispettose dell'ambiente, ad un'evoluzione sulla sostenibilità c'è ancora tanto da fare. In questo viene in aiuto anche il modo della finanza. Se già tre anni fa BlackRock annuncia che investirà solo su aziende sostenibili, dà un segnale. Se Banca Intesa mette nei rating creditizi l'aspetto della sostenibilità è un incentivo. Ci sarà una accelerazione sia perché i produttori sono più bravi, sia perché i consumatori sono più attenti ma anche perché il mondo della finanza ha capito che aziende più sostenibili sono meno rischiose come investimento o per il credito». Le vostre guide vanno dai ristoranti ai vini, dalla pizza e di recente anche al sushi. E' cambiato il mercato? «Abbiamo realizzato anche la guida dello street food, del sushi e della panificazione: l'offerta enogastronomica è cambiata moltissimo. Vorrei richiamare l'attenzione anche sul fatto che l'alta ristorazione ha capito e - con tutto il rispetto per la chimica e l'azoto - la cucina di qualità oggi è realizzata con prodotti freschi, del territorio, con rispetto delle colture. Poi, complice anche il Covid, c'è stata una forte evoluzione del delivery. Le piattaforme digitali oggi permettono, oltre ad acquistare i prodotti dei grandi gruppi, a dare visibilità a decine di piccoli soggetti di alta qualità fino a ieri conosciuti solo localmente, che offrono salumi e formaggi eccellenti o ristorazione di nicchia. Nel mondo della ristorazione, c'è un grande cambiamento con un ritorno dell'attenzione per le materie prime e prodotti di prossimità e dall'altro lato, l'opportunità, in un Paese di biodiversità, di 8mila Comuni e tante piccole imprese, per chi è in grado di cavalcare il digitale, di vendere un prodotto che fino a ieri non si conosceva. L'Italia in questo è ben posizionata. L'anno scorso l'andamento dell'agroalimentare è stato positivo, nonostante la crisi. La ripresa è forte, i mercati stanno ripartendo. Se stiamo attenti, con mascherine e vaccini, il settore, che ha sofferto ma resistito, ce la farà alla grande». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 16/7/2021

16 Luglio 2021

Sammontana: «Dai lidi green al Barattolino sostenibile, impegnati su benessere, filiera e ambiente»

Ne parla Carlo Chizzolini, direttore generale Industriale e Ambiente del gruppo di gelati e pasticceria surgelata nato 70 anni, a SustainEconomy.24 Dai lidi green al packaging sostenibile allo studio di soluzioni futuriste: Sammontana, il gruppo italiano dell'iconico Barattolino, unisce agli impegni ambientali, con un target di ulteriore riduzione di CO2 nei prossimi 5 anni in termini di impatto della sola fase produttiva, salute e benessere e filiere sostenibili delle proprie produzioni. Ne parla Carlo Chizzolini, direttore generale Industriale e Ambiente del gruppo di gelati e pasticceria surgelata nato 70 anni, a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. Un gruppo noto alle famiglie italiane con l'iconico Barattolino e, che, negli anni, ha visto crescere l'attenzione per filiere sostenibili, salute dei consumatori e ambiente. Ci traccia l'impegno di Sammontana? «Siamo passati da un'attività più orientata alla riduzione e alla compensazione della CO2, ad incorporare, proprio nel 2020, il nostro approccio in una strategia completa che prende in carico anche la progettazione dei prodotti e il controllo delle filiere su tutta la nostra produzione, non solo gelato. Prendendo spunto dagli obiettivi Onu e dal Green New Deal, abbiamo costruito, a maggio 2020 – in pieno lockdown - un gruppo interdisciplinare e definito una strategia che si basa su tre pilastri. Uno si occupa di salute e benessere, lavorando su alimentazione e nutrizione ma anche sul benessere animale e sulla lotta al food waste. Col secondo pilastro lavoriamo sulle filiere sostenibili con i nostri fornitori, quelli del packaging ma anche della materia prima, fondamentale per noi che facciamo gelato e pasticceria surgelata. E il terzo, appunto, è quello dell'impatto ambientale». A proposito del vostro impegno in termini di climate change quali sono gli obiettivi sulle emissioni? «Ci siamo impegnati e abbiamo lavorato in questi anni per rispettare l'accordo ministeriale, sottoscritto da Sammontana Italia già in tre versioni dal 2016, e ridurre o compensare l'impatto dei nostri prodotti. Abbiamo inoltre pensato una serie di progetti, non solo legati all'ambito produttivo. Con l'aiuto della scuola Sant'Anna di Pisa, abbiamo stabilito una base line, fissata al 2020, per valutare quanto fatto e dire quanto andremo a ridurre. Dal 2016 ad oggi siamo riusciti a ridurre l'impatto di CO2 del 12,6% per tonnellata di gelato e ci siamo dati l'obiettivo, per i prossimi 5 anni, di andare a ridurre un ulteriore 10,5% rispetto alla base line calcolata per gli stabilimenti produttivi». Si è aperta la stagione estiva; voi avete deciso di ripensare in chiave sostenibile e green l'esperienza dei lidi italiani. Qual è il progetto e che numeri prevedete? «Abbiamo fatto una riflessione, già da anni, sul valorizzare il momento del benessere in spiaggia come sempre più sostenibile, cercando di fornire ai nostri clienti, che sono i gestori dei lidi, soluzioni per ampliare la loro offerta. Abbiamo fornito il lido delle attrezzature green (come banchi frigoriferi a basso impatto ambientale) e compensato le vendite di gelato, in modo che l'atto di consumo sia a impatto zero. Siamo arrivati oggi a 150 lidi green e riscontriamo sempre più interesse. Quest'anno, poi, abbiamo deciso di andare oltre, e creare ombrelloni fotovoltaici che abbiamo sperimentato, simbolicamente, in una ‘spiaggia' milanese, alla BAM- Biblioteca degli alberi Milano, progetto della Fondazione Riccardo Catella. Gli ombrelloni servono ad alimentare sia i banchi frigorifero per il punto vendita dei gelati sia tutto il sistema di raffrescamento con un sistema di nebulizzazione aria-acqua per i clienti. Esperienza che per il momento è sperimentale ma, a breve, valuteremo i risultati per capire quanto possa essere riprodotta anche sui lidi tradizionali». Sul fronte del packaging cosa state facendo e cosa ci riserva il futuro a livello di prodotti? «Ci siamo impegnati, anche nell'accordo volontario con il ministero della Transizione ecologica, per sviluppare una serie di prodotti di eco-design e andare incontro alle esigenze sempre più stringenti di trovare packaging a minor impatto ambientale e più sostenibili. Nell'ultimo anno siamo passati, con l'intera gamma Barattolino, il nostro prodotto-icona - ne vendiamo circa 17-18 milioni in un anno - da plastica a carta. Un passaggio complesso, che va dal trovare l'imballo che garantisca la giusta sicurezza alimentare ad una serie di problematiche lungo tutta la catena del freddo prima di andare sul mercato. Ma sta avendo una ottima risposta da parte del consumatore. Oltre ad una serie di soluzioni con base carta che stiamo mettendo in commercio per eliminare la plastica, stiamo cercando anche soluzioni più avveniristiche. Anche se non siamo dei colossi come i nostri concorrenti in ambito gelato che sono multinazionali, cerchiamo di fare la nostra parte perché, essendo i numeri due in Italia su gelato e numeri uno nella pasticceria surgelata, sentiamo di avere una responsabilità nel dover sviluppare queste ricerche. In collaborazione con centri di ricerca e Università stiamo portando avanti soluzioni futuriste, per impattare meno ma, allo stesso tempo, dare garanzia di sicurezza». Mi ha parlato dell'accordo volontario che avete firmato con il ministero della Transizione Ecologica. «E' un accordo importante perché crediamo sia utile dialogare con il ministero ed avere dei contatti periodici, per allinearci alle tendenze e linee guida. Siamo coinvolti in studi di Lca (Life cycle assessment), eco-design ed economia circolare coinvolgendo fornitori e filiere. Ma già c'è un cambiamento: se qualche anno fa al tavolo col fornitore si parlava solo di prezzo, oggi sempre di più si parla di sostenibilità, attenzione agli impatti e soluzioni più vantaggiose». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 16/7/2021

16 Luglio 2021

Orsero: «Attenti all’alta qualità e alla filiera. Entro l’anno il piano strategico Esg 2022-2025»

La tracciabilità di frutta e verdura e la scelta di investire sulle eccellenze nazionali e sull'esotico 'made in Italy'. Matteo Colombini, co-ceo e cfo del Gruppo Orsero parla a SustainEconomy.24 anche dei progetti di M&A Un costante controllo della qualità e tracciabilità di frutta e verdura, selezione di prodotti certificati Residuo Zero e Nichel Free e attenzione alla filiera italiana ma anche la scelta di investire sull'esotico ‘made in Italy' e le M&A. Matteo Colombini, co-ceo e cfo del Gruppo Orsero, leader nell'Europa mediterranea per l'importazione e la distribuzione di prodotti ortofrutticoli di qualità, racconta a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, le scelte sostenibili e i progetti futuri del gruppo, che ha superato lo scorso anno il miliardo di fatturato, e sta lavorando al piano strategico Esg per il periodo 2022-2025 da presentare entro l'anno. Qualità dei prodotti e della filiera sono importanti per il settore ortofrutticolo. Quali sono gli impegni del gruppo Orsero sul fronte della sostenibilità? «Siamo convinti che qualità dei prodotti e attenzione alla filiera siano due elementi chiave per il settore ortofrutticolo, sia perché indispensabili per poter portare sulla tavola dei consumatori frutta e verdura di alta qualità, sia perché giocano un ruolo estremamente rilevante per la definizione di un approccio strategico e integrato alla sostenibilità. Questa attenzione si traduce per noi in un imprescindibile impegno nel rispetto delle norme e dei regolamenti, ma anche nella costante ricerca di soluzioni innovative che possano guidarci ad un continuo miglioramento in termini di qualità, sicurezza e tracciabilità dei prodotti lungo la catena del valore. Ad esempio quest'anno siamo stati orgogliosi di lanciare nella nostra azienda in Messico la collaborazione con Apeel – innovativa azienda americana con la missione di ridurre lo spreco alimentare - per l'utilizzo di una protezione a base vegetale sugli avocado che coltiviamo e distribuiamo, che permette di raddoppiare la durata di conservazione del prodotto mantenendone la qualità e aiutando a ridurre gli sprechi alimentari, un tema critico sul fronte della sostenibilità per il nostro settore. Siamo convinti che per sviluppare un approccio strategico alla sostenibilità sia necessario prendere in considerazione l'intera filiera, non solo per tutto quello che concerne tracciabilità e qualità dei prodotti, ma anche in relazione ai possibili impatti sociali e ambientali legati alle catene di approvvigionamento. Per questo ci impegniamo da sempre a creare e mantenere un dialogo costante e costruttivo con gli oltre 1.500 fornitori del nostro Gruppo». Avete annunciato un altro importante passo nel cammino sulla crescita sostenibile: voler predisporre un piano strategico Esg per il periodo 2022-2025. Ci state lavorando e lo presenterete entro l'anno? «Sì, abbiamo recentemente investito nella creazione di una nuova funzione dedicata alla sostenibilità, che sta lavorando al piano strategico con l'obiettivo di presentarlo entro la fine dell'anno. Partendo dai nostri valori, dal profilo e dall'identità del Gruppo, il Piano racchiuderà le sfide e gli obiettivi principali che affronteremo da qui al 2025 e oltre, e che andranno evolvendo nei prossimi anni alla luce del confronto con gli stakeholder». Continuate a investire sul made in Italy e sul controllo continuo della qualità. Ce ne parla? «Il costante controllo della qualità dei prodotti offerti sul mercato è uno dei maggiori punti di forza di Orsero: in ogni fase della filiera, durante il trasporto, in entrata ed in uscita dai magazzini, i prodotti devono rispettare severi standard che prevedono, solo in Europa, oltre 7.500 controlli qualità al giorno (dati del 2020). Accanto all'attenzione per la qualità e la tracciabilità, poniamo sempre più cura alla selezione di prodotti certificati Residuo Zero e Nichel Free: frutta e verdura di alta qualità coltivate seguendo le buone pratiche dell'agricoltura integrata, che rispondono a un crescente bisogno del consumatore di garanzia e rassicurazione circa i metodi di coltivazione e l'alta qualità del prodotto che sta acquistando. Queste linee di prodotto, frutto di partnership durature con produttori italiani, rientrano in un progetto più ampio portato avanti dal nostro Gruppo, dedicato alla valorizzazione delle eccellenze agroalimentari nazionali. Il Progetto Italia di Orsero si sviluppa attraverso la selezione di partner e nicchie di prodotti d'eccellenza, e la realizzazione di compartecipazioni con produttori agricoli, che il nostro Gruppo supporta anche finanziariamente. Un progetto che procede anche con diverse iniziative dedicate all'esotico italiano e specialmente all'avocado coltivato in Sicilia e Puglia». Cosa vede nei progetti futuri del gruppo Orsero? «Siamo impegnati in diversi progetti di sviluppo organico e sul fronte delle M&A con l'obiettivo del costante miglioramento della nostra offerta attraverso l'individuazione di nuovi trend, di consumo e di prodotto, che ci consentano di crescere in modo coerente con i nostri principi e la strategia di sostenibilità. Parlando di crescita organica possiamo citare, oltre al lavoro sulle filiere nazionali e sull'esotico italiano, il progetto dedicato ai prodotti ad alto contenuto di servizio, come il Fresh Cut, 100% frutta pronta per il consumo. Preparata artigianalmente ogni giorno nelle nostre strutture dislocate sul territorio italiano, è una linea per noi strategica, su cui abbiamo investito realizzando 4 nuovi stabilimenti produttivi nel 2018, e in cui crediamo fortemente, perché risponde a un bisogno sempre crescente del consumatore, che desidera uno snack fresco, sano e buono in tutti i momenti della giornata, anche e soprattutto fuori casa. Per quanto riguarda le M&A, monitoriamo nicchie specializzate di mercato nel Sud Europa, ad alto potenziale di crescita e valore aggiunto e iniziamo a guardare a nuovi mercati di distribuzione». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 16/7/2021

10 Luglio 2021

«Sostenibilità scelta ineluttabile, con fondi Ue nuova stagione di riforme»

L'intervento  su DigitEconomy.24r, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) del presidente di Open Fiber Franco Bassanini. L'epidemia di Covid19 ha segnato un cambio di paradigma che ha coinvolto non solo le modalità di relazione e le abitudini quotidiane, ma anche i processi produttivi, rendendo evidente la necessità di adeguare a una realtà radicalmente mutata i vecchi modelli di business e di crearne di nuovi. Uno scenario in cui la digitalizzazione si è consolidata come strumento imprescindibile per lavorare e rimanere in contatto con parenti e amici, e la sostenibilità non è più un'opzione, ma un fattore di efficienza e competitività delle aziende. Pubblicato il primo bilancio di sostenibilità di Open Fiber Open Fiber, nata per contribuire a ridurre un divario digitale che l'Italia ha accumulato in decenni di bassi investimenti, ha pubblicato in questi giorni il suo primo Report di Sostenibilità, che descrive un approccio al business caratterizzato dall'attenzione all'ambiente e ai nuovi bisogni della collettività, dalla valorizzazione delle persone, dalla conduzione etica delle attività e dal legame con i territori in cui operiamo.La pubblicazione del Report parte dal presupposto che la sostenibilità è una leva per la creazione di valore "interno" (per l'azienda) ed "esterno" (per gli stakeholders) se viene pienamente integrata in tutto il ciclo produttivo a partire dai processi di definizione dei piani industriali, economici e finanziari. Il documento descrive l'impegno profuso e le iniziative avviate per estrarre valore dalla sostenibilità "intrinseca" del nostro business e per metterla al centro della strategia per lo sviluppo di un'infrastruttura di ultima generazione, interamente in fibra ottica (Ftth), aperta a parità di condizioni a tutti gli operatori interessati.La sostenibilità caratterizza le operazioni di posa della fibra ottica. La fibra anche per porre un freno allo spopolamento delle aree periferiche Dove possibile, Open Fiber riutilizza infrastrutture già esistenti. Qualora fosse invece necessario intervenire con scavi, OF predilige l'utilizzo di tecniche di scavo innovative e a basso impatto ambientale, come la minitrincea e la microtrincea, che consentono di risparmiare materiali, produrre meno rifiuti e generare meno disagi per i cittadini. La valenza ambientale e sociale della fibra ottica non si limita tuttavia ai materiali e alle tecniche di cablaggio. Sono infatti numerosi i vantaggi che derivano dal suo utilizzo, in diversi ambiti. La possibilità di svolgere attività ed erogare servizi in modo telematico (smart working, e-learning, telemedicina, PA digitale) consente di ridurre non solo le emissioni inquinanti e climalteranti grazie all'alleggerimento dei flussi di traffico, ma anche di porre un freno all'urbanizzazione e di conseguenza allo spopolamento delle aree periferiche. L'introduzione di tecniche digitali di gestione del territorio e delle attività agricole, abilitate dalla fibra, permette di utilizzare in maniera più efficiente le risorse e di prevenire le calamità naturali o mitigarne gli effetti. Infine, la diffusione di pratiche digitali nella P.A. consente la riduzione di costi pubblici e la fruizione di servizi più efficienti per la collettività. Un'infrastruttura come quella di Open Fiber, la più tecnologicamente avanzata, permette all'Italia di colmare quel divario digitale che si avverte particolarmente nelle zone rurali e interne. Si tratta di un progetto che può definirsi universale, perché,  grazie anche al Piano Bul, che interessa circa 7.000 comuni italiani, prevede la realizzazione di un'infrastruttura in tutte le aree del Paese, siano esse popolose e ricche, siano esse isolate e tradizionalmente meno attrattive per investimenti infrastrutturali privati. Grazie alla fibra ottica, anche nei piccoli centri è possibile navigare alla stessa velocità di connessione di Roma o di Milano, annullando la distanza tra centro e periferia. Si realizza così un level playing field, una condizione di pari opportunità per i centri minori con molteplici effetti: dal ripopolamento delle aree interne allo sviluppo di realtà imprenditoriali territoriali, dall'aumento dell'attrattività di luoghi ricchi di bellezze naturali, storiche e culturali, ma con servizi inadeguati al turismo o alle attività economiche, fino alla riduzione dei costi pubblici grazie all'utilizzo di servizi da remoto. La fibra ottica abilita infatti una vastissima gamma di servizi digitali: per il singolo cittadino all'interno della propria abitazione (videoconferenze, streaming, domotica, etc.), per le città (mobilità intelligente, videosorveglianza), per le aziende, per le pubbliche amministrazioni, per le scuole e per i servizi sanitari. Con una rete ultraveloce, stabile e che non risente di condizioni meteorologiche o della distanza dalla centrale, tutto ciò che fino a pochi anni fa era possibile soltanto nelle grandi città è ora una realtà anche in migliaia di piccoli comuni. Sostenibilità e digitalizzazione driver del Next Generation Eu, occasione straordinaria Abbiamo sin qui discusso di sostenibilità e digitalizzazione: due driver chiave di Next Generation EU, il piano europeo che è stato paragonato al Piano Marshall, in grado di sostenere la ripresa del Continente. Esso rappresenta una straordinaria e forse irripetibile opportunità e al tempo stesso impone virtuosi vincoli "esterni" agli Stati membri che vogliano accedere alle sue ingenti risorse. Il nesso fra riforme e investimenti vi è individuato come indissolubile e strategico. Lo è in modo particolare per l'Italia. È evidente infatti che senza alcune riforme abilitanti risulterebbe difficile, se non quasi impossibile, la realizzazione di un piano di investimenti per 235 miliardi di euro, da completare entro il 2026, e dunque nell'arco di un quinquennio. Senza riforme coraggiose l'Italia non aumenterà l'insufficiente potenziale di crescita È altrettanto evidente che senza coraggiose riforme l'Italia non riuscirà a aumentare in modo strutturale e rilevante il suo insufficiente potenziale di crescita. Il processo riformatore italiano, negli ultimi decenni, è stato caratterizzato da stop and go, compromessi, ostacoli burocratici, resistenze corporative, ed è stato penalizzato dalla difficoltà di reperire le risorse necessarie per finanziare gli investimenti straordinari che le riforme richiedono nella loro fase iniziale e per mitigare gli effetti avversi che le riforme all'inizio possono produrre. Il vincolo esterno, da una parte, e i fondi UE dall'altra, possono rimuovere questi ostacoli. Il vincolo europeo può dunque costituire il motore di una nuova stagione di riforme nel segno della sostenibilità, per uscire da vent'anni di stagnazione o bassa crescita. *Presidente di Open Fiber SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 10/7/2021