L’intervista al ceo Italia, Gianluca Landolina
Nonostante l’epidemia di coronavirus i piani di investimento di Cellnex Italia, divisione italiana dell’operatore europeo indipendente di torri per le telecomunicazioni controllato dai Benetton, non sono cambiati «di un centesimo». In più si continua a puntare a una crescita per linee interne ed esterne, guardando anche a Inwit, che da poco ha concluso l’operazione di fusione delle torri di Tim con quelle di Vodafone. Lo dichiara, nel corso di un’intervista a DigitEconomy.24 l’amministratore delegato del gruppo, Gianluca Landolina. Riguardo alla possibilità di creare un maxipolo con Inwit, eventulità che secondo il top manager sarebbe logica in un’ottica finanziaria industriale, spiega: «Ad oggi tutte le operazioni inorganiche le abbiamo fatte acquisendo il controllo. Certo finora abbiamo sempre puntato al controllo perché col controllo riusciamo a fare sinergie.». Quanto all’attuale emergenza coronavirus, Cellnex auspica che il Parlamento accolga, nell’ambito del dl Cura Italia, la proposta di un procedimento autorizzativo più agile, con «una sorta di silenzio assenso» e totale responsabilità del proponente, per andare avanti senza intoppi sugli investimenti.
Con l’epidemia di coronavirus avete cambiato i vostri piani di investimento per l’anno in corso?
Non stiamo modificando di un centesimo i nostri progetti, manteniamo un atteggiamento positivo e ottimista, siamo consapevoli del fatto che una porzione di investimenti in questo momento non potremo realizzarla, ma puntiamo a un’accelerazione decisa a fine anno. Abbiamo un piano di aumentare la dotazione di antenne, migliorare la capacità, permettere che una buona parte di investimenti autorizzati prima dell’emergenza venga realizzata.
Quali iniziative avete preso per contrastare l’epidemia di coronavirus?
Abbiamo messo tutti in smart working, d’altronde eravamo pronti, prima nelle aree del Nord, poi in tutto il resto d’Italia. Quello che è importante è anche lavorare sulla cultura del lavoro a distanza, non basta essere pronti tecnicamente, ma bisogna esserlo anche culturalmente. I nostri dipendenti stanno lavorando più di prima per soddisfare le esigenze attuali, in maniera molto efficace. Lo sentiamo come un dovere morale. Stiamo soffrendo non tanto nella capacità di andare avanti, fare manutenzioni, ma per il fatto che, nonostante le nostre attività siano state dichiarate essenziali, le nostre squadre non sempre hanno libero accesso all’interno del territorio nazionale, prescindendo dalle aree rosse.
Quali criticità avete riscontrato?
A volte c’è asincronia tra quello che è stato deciso a livello centrale, in questo caso da un decreto della Presidenza del consiglio, e le decisioni di chi esercita il controllo delle disposizioni a livello locale. Inoltre ci sono delle assenze, giustificate, di persone negli uffici locali, un gap che è difficile da colmare. Una parte della nostra velleità di investire sta subendo uno stop.
Come si possono superare queste problematiche?
Auspichiamo che in Parlamento, nell’ambito del decreto “Cura Italia”, venga stabilito un processo autorizzativo agile e rapido, una sorta di silenzio assenso con totale assunzione di responsabilità da parte del proponente, cioè nostra, che prevede anche la sottoposizione a qualsivoglia controllo successivo. Tutto ciò per assicurare un contributo di servizio migliore rispetto a prima dell’emergenza e circoscritto alle infrastrutture già esistenti. Sul “Cura Italia” stiamo avendo con le istituzioni un’interlocuzione costante, abbiamo avanzato alcune proposte concrete che speriamo vengano recepite in Parlamento.
Che altre iniziative avete messo in campo per l’emergenza coronavirus?
Stiamo cercando di aiutare i nostri clienti, cioè gli operatori telefonici la cui rete è molto congestionata. Spesso inoltre, a fronte di un traffico aumentato esponenzialmente, non vengono utilizzati dagli utenti servizi che per le telco comportano ricavi incrementali, considerata ad esempio la grande quantità di tariffe flat esistente. Ne deriva una situazione di sofferenza. Noi, quindi, per venire loro incontro, intendiamo dare sei mesi di ospitalità gratuita nelle infrastrutture offrendo sia le spese di installazione sia, alla fine dei sei mesi, anche quelle di disinstallazione.
Anche se ci troviamo in una situazione economica difficoltosa per il coronavirus, valutate ugualmente aggregazioni o acquisizioni?
Sì certamente, questo tipo di operazioni sono nel nostro dna. Noi cresciamo ogni anno, organicamente e anche acquisendo infrastrutture. E’ la storia e anche il futuro di Cellnex. Rispetto a questi obiettivi non ci distraiamo assolutamente, anche se è difficile avere in questo momento interlocutori mentalmente disponibili.
Valutate anche la creazione di un maxi polo con Inwit che ha appena terminato il processo di aggregazione con le torri di Vodafone e se sì siete interessati anche a una quota di minoranza?
Ad oggi tutte le operazioni inorganiche le abbiamo fatte acquisendo il controllo. Certo finora abbiamo sempre puntato al controllo perché col controllo riusciamo a fare sinergie. D’altronde gli operatori telco guadagnano sei euro per ogni euro investito nelle torri, le tower company come noi ne guadagnano 20. Per questa ragione mi aspetto, in base a questo ragionamento razionale, che a un certo punto gli azionisti possano prendere in considerazione di lasciare il controllo a un soggetto indipendente che fa questo di mestiere.
09/04/2020