Parla Rosario Pingaro, vicepresidente del Namex e ad di Convergenze
L’interesse dei fondi per le infrastrutture di tlc, come quello di Kkr per Tim, «non è di per sé negativo, ma è importante che ci siano regole certe per l’utilizzo della rete, nel rispetto della libera concorrenza». È la posizione di Rosario Pingaro, vicepresidente del Namex, il maggiore Internet exchange point in Italia, nonché amministratore delegato di Convergenze, operatore di tecnologia integrato attivo nei settori tlc, energia ed e-mobility. Nel tratteggiare con DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore e della Luiss Business School) le opportunità oggi sul tavolo per il futuro dell’infrastruttura, Pingaro sottolinea la sua contrarietà alla soluzione di creare una rete unica, obiettivo che si otterrebbe sostanzialmente mettendo assieme quella di Tim con Open Fiber. Un argomento tornato di attualità visto che a breve dovrebbe andare in porto l’operazione del passaggio di quote da Enel a Macquarie in Open Fiber e la contestuale ascesa di Cdp al 60 per cento della società della fibra. Tim, invece, è impegnata nell’analisi dell’offerta del fondo americano che, per estrarre valore dalla società vorrebbe dividere la rete dai servizi.
«Rete unica? La partita non può essere giocata da un unico grande attore»
«Il mercato libero, fatto di tanti piccoli operatori in concorrenza tra loro, ha generato innovazione e miglioramento continuo nell’offerta tlc in moltissimi Paesi del mondo, inclusa l’Italia. Per ciò che riguarda la rete unica, di cui tanto si discute come migliore soluzione per dotare il nostro Paese di un’infrastruttura digitale capillare e di ultima generazione, dal mio punto di vista, la partita non può essere giocata da un unico grande attore, ma dovrebbe prevedere il contributo delle telco di piccole e medie dimensioni presenti in tutta Italia, che perseguano la stessa finalità, ossia infrastrutturare le aree ancora affette da digital divide, in maniera molto efficiente e nel rispetto di regole certe e durature imposte dal legislatore».
«Un piano di investimenti multiplo consentirebbe maggiore capillarità d’azione»
Poste queste premesse, Pingaro ritiene che «un piano di investimenti multiplo permetterebbe in ogni caso una maggiore capillarità di azione, dando pari opportunità alle aree al di fuori dei grandi centri urbani, e velocizzerebbe allo stesso tempo la realizzazione dell’opera, grazie al contributo sinergico e su più fronti da parte di molteplici soggetti». Certamente, secondo il vicepresidente del Namex, «le forze in gioco sono tante, sicuramente è necessario un coordinamento e delle regole comuni, ma credo questa sia la via giusta per sfruttare quanto già fatto finora dalle telco nazionali e locali, in attesa di un vero e proprio piano per la rete unica, ancora dai contorni troppo sfumati. Inoltre, anche per quanto riguarda il discorso economico non ritengo fondamentale che gli investimenti facciano capo ad un’unica fonte: il caso di Convergenze dimostra al contrario come con un oculato piano di investimenti anche un piccolo operatore possa fare molto per cablare il territorio».
«Per investitori internazionali il settore delle tlc è sempre più attrattivo e strategico»
In conclusione, l’auspicio è che «gli stakeholder del settore tlc possano comprendere i vantaggi del mercato libero e che il Governo metta in campo proposte più concrete per agevolare gli operatori di telecomunicazioni a svolgere il loro lavoro in un contesto sempre più competitivo, affinché il processo di digitalizzazione del Paese possa continuare senza interruzioni, anche in assenza di un unico macro-operatore». Tornando quindi all’interesse dei fondi per le infrastrutture, «il recente rumor relativo all’offerta da parte del colosso indiano Reliance per comprare la big di telecomunicazioni inglese British Telecom, poi smentito dai diretti interessati, e anche l’interesse del fondo Usa Kkr su Tim, dimostra come il settore delle telecomunicazioni sia ritenuto sempre più strategico e attrattivo da parte degli investitori internazionali». Ed è in questo contesto che Pingaro chiede, di fronte all’interesse di fondi o player di grandi dimensioni internazionali, regole certe per l’utilizzo della rete, nel rispetto della libera concorrenza. «La diversificazione – conclude – rimane una prerogativa per il successo del processo di trasformazione digitale e per questo i Paesi dovrebbero dotarsi di normative e stabilire principi comuni per impedire che ci siano problemi di utilizzo e sviluppo della rete».
3/12/2021