Parla il vicepresidente del gruppo americano, facendo un affresco sui bandi del Pnrr, i progressi nell’infrastrutturazione e il bisogno di competenze
Bene i bandi per la digitalizzazione del Paese, a cui Cisco parteciperà in partnership con altri attori del sistema, ma occorre evitare «che si costruiscano cattedrali nel deserto». Bene i progressi europei, e italiani, nell’ambito delle infrastrutture di rete, ma ora il problema riguarda le competenze. Bene la separazione di reti e servizi che saranno business sempre più differenti. A dirlo, in un’intervista a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School, è Paolo Campoli, vicepresidente del gruppo americano fornitore di apparati di rete, che analizza lo stato della digitalizzazione del Paese. Campoli sottolinea come vada nella giusta direzione la separazione, come prevista ad esempio nel piano dell’amministratore delegato Pietro Labriola per Tim, di servizi e rete. Sono, infatti, due business che vanno a velocità diversa.
«I bandi del Pnrr un segnale forte, la sicurezza delle reti tra i temi più importanti»
Riguardo ai bandi del Pnrr, aggiunge Campoli che è a capo a livello mondiale del segmento Service provider di Cisco, «questi rappresentano un segnale forte, la spesa infrastrutturale nell’accesso ultrabroadband sta avvenendo in Italia alla velocità richiesta per la digitalizzazione del Paese. Bisogna, tuttavia, che i soggetti che partecipano ai bandi facciano sistema, evitando cioè di avere tra 5 anni cattedrali nel deserto». Uno dei temi più complessi e importanti da affrontare è quello della sicurezza. «L’Italia è molto soggetta ad attacchi di cybersecurity e la rete è la prima linea di difesa da questo punto di vista». Altro elemento chiave è la sostenibilità: «realizzare reti che siano in grado di essere sostenibili, di inquinare meno, che abbiano la capacità di collegare le altre industrie e portare sostenibilità è fondamentale».
«Parteciperemo alle gare con un sistema di partnership»
Cisco Italia si presenterà alle gare con «un sistema di partnership, ci siamo sempre affacciati al mercato tramite grossi partner, che fanno system integration e realizzano reti con tecnologie Cisco». Un altro ingrediente importante per assicurare il successo dell’infrastrutturazione è la possibilità di misurare una serie di elementi. «Poter – spiega Campoli – misurare le metriche sul numero di abitazioni collegate, il numero di utenti che comprano, la sostenibilità e la sicurezza delle reti, è fondamentale. Non è un ragionamento teorico, si può rendere concreto con misure specifiche». Guardando a tutta l’Europa, dove Cisco è molto presente, il quadro globale di digitalizzazione appare positivo.
«Il problema oggi riguarda non tanto la fornitura di fibra ma le competenze»
«Riteniamo che ci sarà un’accelerazione non solo in Italia, ma anche in altri Stati membri nella distribuzione della fibra. Il nostro Paese, come si vede dagli ultimi indici, ha recuperato posizioni. Il problema oggi sembra essere relativo soprattutto agli skill piuttosto che alla fornitura di accessi ultra broadband. Stiamo cioè recuperando terreno sulla fibra, non altrettanto sulle competenze digitali».Su questo aspetto, spiega Campoli, occorre formare «competenze che riguardino fibra, rete, software. Le competenze settoriali hanno, infatti, i loro limiti, e bisogna formare generazioni che sappiano mettere in esercizio le reti, avendo competenze dalla fibra al backbone la software». In questo contesto, aggiunge, «ha una sua logica la scelta di specializzare le competenze sulla rete da una parte e sui servizi digitali dall’altra. Quello della rete è un business con tempi di ritorno più lunghi, anche a 10 anni; quando si parla di servizi digitali, invece, ci sono modelli simili a quelli usati dalle web companies, con dinamiche di ritorno degli investimenti molto più a breve termine».
«Il traffico internet e il lavoro ibrido terranno dopo la pandemia»
Inoltre, dal prossimo ultrabroadband index che sarà pubblicato da Cisco a febbraio emerge, spiega Campoli anticipandone alcune linee, che «il traffico continuerà a crescere, anche nel dopo pandemia, il lavoro ibrido non tornerà indietro, la struttura del backbone deve essere tale da trasportare miliardi di byte in modo finanziariamente sostenibile» In generale, «investire in infrastrutture e servizi digitali sono azioni sinergiche ma richiedono skill, obiettivi di business molto diversi. Sulle reti in fibra, sulle tower companies, stanno arrivando gli investimenti dei grossi fondi come Kkr, Macquarie» e, quindi, «separare le due gestioni, reti e servizi, conviene: se si vuole offrire servizi digitali veloci bisogna anche avere un modello operativo che consenta di spegnere velocemente un servizio che non ha presa o, ad esempio, fare alleanze con gli operatori web». Un indicatore forte, sempre riguardo alla separazione dei business, proviene dal mercato delle torri: «gli operatori hanno separato il loro business delle torri rispetto a quello dei servizi a valore aggiunto, da un lato per ridurre debito, ma anche perché i modelli di business si stanno biforcando. Lo stesso sta avvenendo per le reti in fibra». Cisco ha ruolo molto attivo in queste dinamiche: «quando disegniamo sistemi – conclude Campoli – pensiamo alla separazione logica tra reti e servizi a valore aggiunto».
11/2/2022