L’azienda, chiarisce il co-ceo designato, è pronta anche a una strategia stand alone
Bene gli investimenti previsti dal Pnrr, ma non bastano per risollevare un comparto in crisi come quello delle telco. Un settore che «oggi ha un ritorno del capitale investito inferiore al costo del capitale. Sicuramente così non si può andare avanti». Lo afferma, in un’intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School), Gianluca Corti, co-ceo designato di WindTre, che succederà (assieme a Benoit Hanssen, attualmente chief technology officer) a Jeffrey Hedberg in occasione della prossima assemblea di aprile.
Nella sua prima intervista come amministratore delegato designato, Corti chiede dunque di intervenire in aiuto del comparto innanzitutto con una mossa «a costo zero», cioè l’innalzamento dei limiti elettromagnetici. Un’altra strada perseguibile è quella del consolidamento che «può giovare» ma «tutto dipende dall’approccio che sul tema avrà Bruxelles». Dal canto suo WindTre è «aperta ad accordi costruiti nel rispetto delle norme Antitrust, ma siamo pronti anche ad andare avanti da soli. Se ci sono opportunità interessanti per l’azienda le coglieremo, altrimenti noi siamo una grande realtà e possiamo andare avanti stand alone». Nel frattempo il gruppo ha in corso un dialogo con Iliad per la condivisione della rete mobile, ma, afferma Corti, «è troppo presto per qualsiasi altro commento».
L’Italia, come emerge anche dallo studio WindTre Luiss BS, è ancora indietro nelle reti very high capacity, perché e come si può risolvere questo problema?
Bisogna innanzitutto tener presente che per ottenere i permessi occorrono cinque mesi in media, in Sicilia come in Veneto. Gli operatori devono interfacciarsi con tanti enti, dai 6 agli 8, per avere le autorizzazioni, e quindi devono fronteggiare un grande costo in termini di gestione della permissistica. A tutto ciò si aggiunge il fatto che ci troviamo in un momento in cui bisogna favorire gli investimenti. Il comparto delle telco, negli ultimi 10 anni, ha investito circa 7 miliardi all’anno, grosso modo l’equivalente del totale che il Pnrr devolve all’intero settore da qui al 2026. Un intervento assolutamente benvenuto ma che da solo non risolve le necessità. In questo contesto una mossa a costo zero, che potrebbe giovare, è quella di equiparare i limiti elettromagnetici italiani per il 5G a quelli della media europea.
Ci sono segnali in questa direzione da Governo e Parlamento?
In Parlamento molti sono favorevoli, speriamo che con il prossimo decreto semplificazioni ter oppure il disegno di legge sulla Concorrenza, decidano in tal senso. Può sembrare una decisione impopolare, ma secondo me il Governo ha fatto scelte più complicate rispetto a questa. Probabilmente ci sarà sempre una minoranza che non sarà d’accordo, ma è un passaggio molto importante che consentirà all’Italia di avere davvero il 5G, fondamentale per il sistema Paese e per la competitività delle aziende. Al contrario, senza alzare i limiti elettromagnetici, non ci sarà la possibilità di avere il 5G in tutta Italia perché dovremmo mettere un numero di antenne che non è conveniente economicamente e non avremmo probabilmente l’autorizzazione a realizzarle in tutte le località dov’è necessario. Senza 5G non rischiamo, dunque, solo di perdere l’impatto positivo sull’economia e sul sistema Paese, ma dovremmo anche fare i conti col fatto che tra 3-4 anni, non tra 20, le reti 4G saranno talmente sature al punto da fornire una performance simile a quella che oggi hanno le reti 3G. I cittadini, cioè, non potrebbero usufruire del live streaming, delle videochiamate, in alcuni casi dovrebbero accontentarsi del whatsapp testuale senza le foto. In conclusione, innalzare i limiti elettromagnetici è una manovra necessaria nella situazione attuale e non costa nulla.
Un altro problema del settore, soprattutto nel mobile, che ha compresso i margini, è la guerra dei prezzi. Il consolidamento nel comparto potrebbe essere una buona strada da seguire?
Alla base del fatto che i prezzi del mobile sono così bassi, ci sono due criticità: innanzitutto i nostri anziani sono molto meno digitalizzati degli anziani del Nord Europa e della Corea. Inoltre, si sconta la concorrenza del mobile. Infatti, il livello dei prezzi dei dati mobili e l’alta qualità delle reti cannibalizzano parte della domanda che nel resto del mondo va verso il fisso. L’Italia è il Paese che in Europa occidentale e negli Usa ha la più alta percentuale di case senza connettività fissa. Più cresce la qualità della rete fissa e meglio è per tutti. Tuttavia, se si mantiene un livello di prezzi del mobile molto basso, ci sarà gente che continuerà a trovare conveniente avere solo il mobile, anche perché il risparmio per alcune famiglie in questa fase è molto importante. In questo contesto penso che il consolidamento possa giovare: in Europa ci sono 100 operatori mobili, negli Usa con all’incirca la stessa popolazione e un reddito più alto, gli operatori sono solo tre. I giganti americani hanno potuto arricchirsi e investire molto, in Europa si fa più fatica. Tutto dipende dall’approccio che sul consolidamento avrà Bruxelles. In passato in Italia c’è stata un’aggregazione, di cui noi siamo stati protagonisti, ma siamo passati dalla padella alla brace, la situazione di mercato è peggiorata. Dal 2016, anno in cui Wind si è aggregata con 3 Italia, infatti, i prezzi si sono ridotti in modo brusco, anche a causa dell’arrivo, voluto proprio dall’Europa, di un nuovo operatore. Noi, d’altronde, siamo nati con la concorrenza e siamo favorevoli al mercato. Bisogna però sottolineare che il settore oggi ha un ritorno del capitale investito inferiore al costo del capitale. Sicuramente così non si può andare avanti.
Si parla della joint venture tra voi e Iliad sulla rete mobile, siete favorevoli a coinvestimenti e joint venture?
Siamo aperti ad accordi costruiti nel rispetto delle norme antitrust, ma siamo pronti anche ad andare avanti da soli. Se ci sono opportunità interessanti per l’azienda le coglieremo, altrimenti noi siamo una grande realtà e possiamo andare avanti stand alone.Confermo che con Iliad è in corso un dialogo, ma è troppo presto per qualsiasi altro commento.
Quanto agli investimenti affrontati dal settore, e in particolare alla maxi rata che gli operatori pagheranno a settembre per saldare il conto delle frequenze 5G, siete favorevoli a chiedere un rinvio?
Le telecomunicazioni da molti anni fanno battaglia commerciale e la concorrenza è il nostro pane quotidiano. Tuttavia c’è anche un’attività che non riguarda temi competitivi e su questi bisogna presentare alle istituzioni alcune proposte in modo coeso. Per noi, come WindTre, quello del pagamento della rata è un tema in secondo piano, ma siamo favorevoli a sostenere la posizione degli altri operatori.
25/3/2022