Parla Danilo Cattaneo, amministratore delegato di InfoCert (Tinexta), a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. Intanto il gruppo punta ad acquisizioni all’estero, come in Francia e UK
InfoCert, società del gruppo quotato Tinexta che offre, tra l’altro, soluzioni di firma digitale, si prepara alla sfida del passaporto vaccinale. E, dopo aver stretto un accordo con la Regione Lazio e aver garantito già 900mila attestati, studia altre intese, con altre Regioni e anche con una provincia autonoma. In attesa, spiega l’amministratore delegato Danilo Cattaneo, che arrivi tra qualche settimana lo standard europeo definitivo. Il sistema messo a punto dall’azienda, aggiunge nell’intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School), è a prova di contraffazione visto che «anche cambiando un solo bit, anche mutando un solo carattere del documento ne sarebbe evidente la falsità». InfoCert propone questo modello per evitare il mercato dei falsi, particolarmente in auge in Gran Bretagna. Alla luce della domanda crescente di digitalizzazione, da parte di imprese e Pa, InfoCert, che aveva registrato una crescita del fatturato dell’11-12% nel 2019, prepara nuove acquisizioni fuori dall’Italia, come in Francia e UK. L’obiettivo, spiega Cattaneo, «è seguire i nostri clienti più grandi in tutte le regioni europee».
Com’è cambiata la vostra attività dopo l’avvento del Covid?
Nei primi anni i nostri prodotti erano venduti soprattutto per obbligo normativo. Le aziende venivano da noi perché obbligate ad avere la Pec o la firma digitale. Abbiamo attraversato due fasi di trasformazione. Una, iniziata nel 2014, in cui siamo passati dall’uso obbligatorio di strumenti di digital trust all’adozione nella consapevolezza di trarne vantaggi. Abbiamo lavorato soprattutto con le grandi aziende, le grandi banche, ma i nostri sistemi sono utili anche per le piccole e medie realtà. Con il lockdown di marzo è iniziata una seconda fase di accelerazione: anche i clienti più piccoli hanno cominciato giocoforza a chiederci servizi e, una volta sperimentata l’utilità, continuano oggi a utilizzarli. Per loro, d’altronde, era necessario lavorare da subito in remoto e in digitale e abbiamo fatto in pochi mesi quello che normalmente sarebbe avvenuto in 4-5 anni. Il processo è ancora in corso. C’è stata, per fare un esempio, un’accelerazione sull’ identità digitale Spid. A febbraio 2020 le identità digitali erano cinque milioni, ora sono stati superati i 20 milioni. Questa è una grande opportunità.
Dalle aziende private c’è stata dunque una grande richiesta di servizi digitali, e la Pa?
Su questo fronte abbiamo sottoscritto quattro mesi fa un contratto molto importante con una grande Pubblica amministrazione. A giugno partiranno servizi digitali per tutti i cittadini italiani con uno sportello virtuale che offrirà informazioni, certificazioni, soddisferà richieste on line. Si potranno effettuare anche transazioni o sottoscrivere rateizzazioni. Lato cittadino, ciò consentirà di risparmiare tempi, file, inquinamento, stress per il parcheggio; lato Pa si consentirà all’impiegato pubblico di avviare finalmente lo smart working. D’altronde il sistema, di cui potremmo dare maggiori dettagli a breve, è stato scelto da una delle più grandi pa a livello centrale e da tutte le sue diramazioni nel territorio. Un cambiamento che sicuramente aiuterà anche l’imprenditoria visto che le grandi multinazionali a volte evitano di venire in Italia proprio perché la Pa del nostro Paese ha fama di non essere particolarmente evoluta. Grazie a questi nuovi servizi, l’Italia avrà strumenti innovativi che non ha nessuno in Europa, tranne la Scandinavia.
Di recente avete siglato un accordo con la Regione Lazio sul passaporto vaccinale. Ci sono altre intese del genere e come funzionerà in vista dello standard europeo unico?
Per il passaporto vaccinale abbiamo collaborato innanzitutto con alcuni centri per avere la raccolta di tutti i dati digitali ab origine, risparmiando tempi e costi di scannerizzazione dei documenti cartacei. Nel caso della Regione Lazio, abbiamo gestito il passaporto vaccinale in modalità totalmente digitale, prima che uscissero le normative europee sui formati del digital green pass, e abbiamo registrato già 900mila passaporti digitali rilasciati ai cittadini con doppia vaccinazione. Ora si prevede una fase di sperimentazione fino a metà giugno e alla fine del mese prossimo la diffusione dello standard europeo. I passaporti già rilasciati verranno dunque trasformati nel nuovo standard: è una procedura semplice, bastano poca programmazione e pochi secondi per realizzarla. Il sistema da noi utilizzato, inoltre, evita il rischio di contraffazione. Anche cambiando un solo bit, anche mutando un solo carattere del documento ne sarebbe evidente la falsità. Tutto ciò è particolarmente importante in un momento in cui c’è un grosso problema di certificati vaccinali falsi. Ad esempio si è potuto acquistare nel dark web per 20 sterline certificati inglesi falsi, un espediente cui hanno fatto ricorso in Gran Bretagna per evitare la quarantena. Basti pensare che nel dark web a novembre c’erano 20 siti che vendevano certificati falsi, a marzo 2021 sono diventati 1.200. Si tratta di un mercato purtroppo fiorente.
Alla luce della spinta a digitalizzare di pa e aziende private, che proiezioni avete sul vostro fatturato? Prevedete acquisizioni?
Negli anni siamo passati da 20milioni di fatturato nel 2010 a 100milioni nel 2020, in aumento dell’11-12% sul 2019. Anche l’anno scorso, nonostante i lockdown, siamo, infatti, cresciuti double digit, abbiamo fatto acquisizioni e proceduto con le assunzioni, anche se a un ritmo più lento. Solo per avere un’idea, InfoCert dava lavoro a 130 persone nel 2011, ora i dipendenti sono oltre 500. Abbiamo proseguito col nostro piano di assunzioni nel primo trimestre dell’anno e siamo cresciuti intorno al 20 per cento. Siamo in fase avanzata anche per alcune acquisizione all’estero. Vogliamo, infatti, seguire i nostri clienti più grandi in tutte le principali aree europee. Abbiamo filiali in Spagna, Colombia, Perù e Germania. Vogliamo crescere in altri Paesi europei come UK e Francia. Vi aspettate una spinta ulteriore al vostro business dal Pnrr? Il Pnrr, per come è stato pensato, non solo potrà, ma in alcuni casi dovrà, spingere sulla digitalizzazione. Noi siamo molto fiduciosi, anche se non ci sono articoli specifici sul digital trust, che è il nostro business, ma indirettamente saremo coinvolti in questa ondata che durerà almeno un paio d’anni. InfoCert, peraltro, è leader in Europa nella firma digitale, nella trasformazione in digitale di una serie di processi e noi siamo la prima digital trust firm in Europa e la terza al mondo.
28/5/2021