Il 99% delle comunicazioni internazionali passa per l’infrastruttura che si estende per 1,3 milioni di chilometri. In 30 anni investiti quasi 50 miliardi
Il 99% del traffico delle comunicazioni internazionali avviene tramite cavi sottomarini, un’infrastruttura che si estende per oltre 1,3 milioni di chilometri. Sono i numeri di un business in crescita che dal 1990 al 2020 ha registrato investimenti per quasi 50 miliardi di dollari. 120mila, 103mila e 116 mila: sono i chilometri in più che saranno costruiti nei prossimi tre anni. Nel periodo 2016-2020 si era registrata in media una messa in posa di circa 67mila chilometri aggiuntivi ogni anno. A scattare una fotografia dettagliata del settore è uno studio Astrid, firmato dai ricercatori Valerio Francola e Gordon A . Mensah, che mette, tra l’altro, in luce i problemi di sicurezza del settore e la necessità di un ruolo più rilevante della Ue che al momento sembra mancare di una strategia, nell’ambito della competizione Cina-Usa.
Si aspetta una crescita significativa nelle Americhe, in Asia australiana ed Emea
All’inizio del 2021 si contavano 426 cavi sottomarini in servizi in tutto il mondo; numero che si modifica costantemente, man mano che nuovi cavi entrano in servizio e i vecchi vengono smantellati. «Una crescita significativa della rete dei cavi sottomarini fino al 2023 avverrà nelle regioni delle Americhe, dell’Asia australiana e dell’Emea» ed è “stimolata dalle esigenze infrastrutturali dei fornitori di contenuti, ma anche dalla necessità di sviluppare nuove rotte e dalla sostituzione di infrastrutture obsolete nelle Americhe, in Europa e in Africa. L’implementazione di nuove infrastrutture diversificherà il traffico, in particolare tramite i collegamenti tra mercati in crescita in Sud America, Europa e Africa, consolidandone anche la struttura», precisano gli studiosi.
100 interruzioni l’anno al flusso di dati per incidenti naturali o causati dall’uomo
Non sono trascurabili gli aspetti legati alla sicurezza. Un primo tipo di rischio è rappresentato dai danni accidentali provocati in prossimità delle coste, dove i cavi sottomarini sono esposti a eventuali danni provocati da ancoraggi di imbarcazioni o attività di pescherecci, nonostante i più recenti siano progettati secondo lo standard “cinque nove” che consente di raggiungere una percentuale altissima di affidabilità (99,999%). Gli incidenti naturali o causati dall’uomo generano una media di circa cento interruzioni all’anno sul flusso di informazioni e dati. Su questo versante, precisa lo studio, è in atto una discussione sulla necessità di creare perimetri di sicurezza nei tratti di passaggio dei cavi in prossimità delle coste. Da questo punto di vista «esistono molti dubbi sul fatto che i cavi siano adeguatamente tutelati dal diritto internazionale esistente».
Si guarda a una nuova legge internazionale sui cyber attacchi
I cavi sono, d’altronde, finanziati generalmente e controllati da consorzi di società di telecomunicazioni o dalle Big Tech, di conseguenza si tratta di infrastrutture non legate a una particolare nazionalità. Resta in ogni caso il tema degli attacchi alle infrastrutture informatiche, compresi appunto i cavi sottomarini. Ci sono diverse sollecitazioni che spingerebbero verso una nuova legge internazionale sui cyber attacchi in grado di porre un argine agli attacchi alle infrastrutture civili. C’è poi il rischio di intercettazione e va considerato che, in base alle informazioni emerse dal caso Snowden nel 2013, le intrusioni nelle linee di comunicazione non hanno più come obiettivo esclusivamente l’informazione classificate. Governi e agenzie di spionaggio sono sempre più coinvolti in una vasta raccolta di informazioni sulla popolazione in tutto il mondo. Non solo di metadati quindi, ma anche di contenuti.
Nel Mediterraneo si nota particolarmente la mancanza di coordinamento europeo
Il tema della sicurezza è legato al profilo geopolitico dell’industria. Stati Uniti e Cina si muovono in maniera diversa nel settore. I primi lavorano a livello globale per creare le migliori condizioni affinché le big americane, come Google e Facebook, possano operare. La seconda si impegna tramite il proprio modello di azienda statale e, come nel caso del produttore di cavi in fibra ottica Hengtong Group, per promuovere i propri interessi nazionali, non solo quelli delle imprese. In questo contesto l’Europa sembra in ritardo rispetto al rapido sviluppo di Stati Uniti e Cina. Nell’area del Mediterraneo, in particolare, si esemplifica la mancanza di coordinamento a livello europeo che impedisce il raggiungimento della cosiddetta “Sovranità strategica”. È evidente come vi sia una mancanza di strategia globale per il settore. «L’inerzia delle istituzioni europee – conclude lo studio – viene controbilanciata da iniziative di aziende di Paesi membri con maggiore esposizione, e interesse, verso la connettività con Africa e il Medio Oriente, spesso in consorzio con aziende di potenze concorrenti come la Cina. Di riflesso, negli ultimi anni, aziende come Huawei, Google e Facebook hanno aumentato la propria presenza nel mercato dei cavi sottomarini che collegano gli Stati europei e non europei del Mediterraneo a parti del mondo».
19/11/2021