La sostenibilità è una missione, spiega l’ad Giuseppe Bono in una intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e il Sole 24 Ore Radiocor. E parla della risposta del gruppo al Covid
Per Fincantieri la sostenibilità è una missione. Che si traduce in un piano che va di pari passo con il business plan e che è stato aggiornato alla luce della crisi innescata dalla pandemia. Di fronte alla quale, spiega l’amministratore delegato Giuseppe Bono in una intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Busines School e Il Sole 24 Ore Radiocor, Fincantieri è riuscita ad avere conseguenze sulla tabella di marcia del 2020 molto limitate con il portafoglio ordini intatto che «ci permette di guardare al domani con fiducia, confermando un carico di lavoro per i prossimi 6/7 anni»
Un percorso verso un futuro sostenibile. Cosa significa per un gruppo come Fincantieri? E come si concilia con la crescita del business?
«Vorrei rispondere con il principio che ha ispirato le nostre azioni durante il percorso che lei cita: Fincantieri non intende la sostenibilità solo come un’opportunità, ma come una vera e propria missione per rappresentare un modello di eccellenza. Il prodotto nave è uno dei più complessi, se non il più complesso in assoluto, e la sua realizzazione investe un ventaglio amplissimo di campi. In un certo senso, la sostenibilità era parte del nostro lavoro anche prima di diventare un tema d’interesse globale, e perciò i risultati raggiunti dal gruppo sono il risultato di un costante perfezionamento, senza il quale non saremmo cresciuti come è successo. Il caso dei cantieri americani è emblematico. Li abbiamo acquisiti nel 2008 e ammodernati massicciamente fino a rendere all’avanguardia il sito di Marinette, Wisconsin, che ha ricevuto nel 2019 sia il premio “Excellence in Safety” che quello “Improvement in Safety” dallo Shipbuilding Council of America. Senza questo grado di efficienza, la controllata americana non avrebbe potuto aggiudicarsi la costruzione delle nuove fregate lanciamissili del programma FFG(X) per la US Navy, una commessa che per noi vale circa 5,5 miliardi».
Voi avete adottato un Piano di sostenibilità. Ce ne parla? E ci dà un‘idea anche dell’impegno sul fronte degli investimenti?
«Si tratta di una tappa davvero fondamentale. Il piano, che va di pari passo con il business plan, rappresenta la nostra visione strategica della sostenibilità, declina gli impegni in obiettivi misurabili nel tempo e contribuisce al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. È stato aggiornato lo scorso luglio, a seguito dell’emergenza sanitaria, proprio perché la sostenibilità rappresenta un fattore imprescindibile che contribuisce a garantire un elevato livello di resilienza del gruppo nel medio e lungo termine. Gli obiettivi sono ambiziosi, e vanno dalla diffusione della cultura della sostenibilità alla promozione di una catena di fornitura responsabile, dal miglioramento della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro al supporto all’innovazione tecnologica, fino al mantenimento dei livelli di fiducia dei clienti e alla riduzione degli impatti ambientali contribuendo alla lotta ai cambiamenti climatici. Gli investimenti hanno toccato un gran numero di attività e intendiamo continuare su questa strada. Solo per citarne alcuni ricordo che lo scorso anno i fondi per le iniziative a favore della comunità sono stati 2,4 milioni di euro, quelli destinati a programmi formativi 4,8 milioni, ben 10,5 milioni nella tutela dell’ambiente, il 33% in più rispetto all’anno precedente. Un ulteriore passo che abbiamo compiuto è stata l’adesione al Global Compact delle Nazioni Unite, la più estesa iniziativa a livello mondiale per la sostenibilità del business. Fincantieri è stata il maggiore costruttore navale, e il primo tra quelli attivi nel cruise, ad adottare tali principi nella propria strategia».
I piani industriali e di sostenibilità devono necessariamente misurarsi con le conseguenze della pandemia da Covid-19 sul mercato. Cosa è cambiato nelle prospettive di Fincantieri e come state affrontando questa fase di emergenza?
«Sin dall’insorgere dei primi segnali dell’emergenza abbiamo costituito un comitato di crisi, tutt’ora in essere e attivo, per il monitoraggio e il coordinamento delle azioni necessarie alla salvaguardia della salute di tutti i lavoratori, compresi naturalmente quelli del nostro indotto. Ad oggi abbiamo implementato soluzioni organizzative e gestionali per ridurre le presenze attraverso turnazioni, elasticità di orario e smart working. Sul fronte strategico il rapporto con i nostri clienti si è rivelato assolutamente fondamentale. Grazie alla solidità delle nostre relazioni, infatti, non abbiamo avuto nessuna cancellazione di commesse, e anche le conseguenze sulla tabella di marcia del 2020 sono state limitate. Il portafoglio ordini è intatto e ci permette di guardare al domani con fiducia, confermando un carico di lavoro per i prossimi 6/7 anni. In ottica futura sarà importante potenziare ulteriormente le attività incentrate sull’innovazione, per proporre agli armatori navi ancora più moderne ed efficienti che ci consentano di intercettare la ripartenza quando questa prenderà abbrivio. Abbiamo già cominciato, con l’innovativo sistema di sanificazione dell’aria “Safe Air” basato sulla tecnologia delle lampade UV-C, presentato ad MSC che ha deciso subito di installarlo su Seashore, attualmente in costruzione a Monfalcone».
In questa settimane si parla tanto di Recovery Plan, si discute di risorse e progetti sostenibili. Cosa serve al vostro settore?
«Il contributo che l’economia del mare può dare alla ripresa economica e alla sfida ecologica e digitale che dobbiamo affrontare è determinante. Fincantieri ha proposto al Governo un piano di decarbonizzazione focalizzato sui porti, che dovranno diventare smart e green. Infrastrutture più moderne potranno infatti azzerare le emissioni grazie al cold ironing, una tecnologia che permette di alimentare le imbarcazioni in rada attraverso l’energia elettrica erogata dalle banchine, anziché costringerle a mantenere i motori in servizio. In parallelo abbiamo lanciato l’idea di rottamare le unità dedicate al trasporto locale nazionale, peri ridurre l’impatto ambientale e rilanciare l’industria italiana di settore. Bisogna puntare a nuove navi a propulsione LNG, vale a dire a gas naturale liquefatto, elettriche e, in prospettiva, a idrogeno. Insomma, le sfide sono tante ma non ci spaventano, perché abbiamo molti progetti e idee per superarle».
29/10/2020