Kate Brandt, chief Sustainability officer di Google, racconta il percorso della big company e gli investimenti green con una forte risposta di utenti e imprese
Carbon neutral dal 2007, Google punta a zero emissioni al 2030 in tutte le operazioni e nella catena del valore. Kate Brandt, Chief Sustainability Officer di Google, racconta in un’intervista a SustainEconomy.24, il percorso della big company Usa che passa dai data center sostenibili, alimentati da energia carbon neutral e water positive. Al guidare gli utenti nelle scelte sostenibili nei viaggi, negli alloggi, negli investimenti finanziari o nell’acquisto di un prodotto e nei percorsi eco-friendly su Google Maps, in arrivo in Europa nel 2022. «Entro il 2025, ci aspettiamo di aver attivato oltre 2 miliardi di euro di investimenti in nuovi progetti per generare energia pulita e infrastrutture green in Europa, che speriamo aiutino anche a creare più di 2.000 nuovi posti di lavoro», sottolinea Brandt. Che vede una forte risposta da parte degli utenti e delle imprese. «Negli ultimi cinque anni in Google abbiamo visto un aumento di quasi 5 volte nelle ricerche online di beni sostenibili».
L’impegno per l’ambiente di Google ha già raggiunto obiettivi importanti. Carbon neutral dal 2007, Google punta a zero emissioni al 2030. A che punto siamo?
«Siamo in grado di assumerci questi impegni perché la sostenibilità è un valore fondamentale fin dalla fondazione di Google, più di 20 anni fa. Nel 2007 siamo stati la prima grande azienda a diventare carbon neutral, e nel 2017 abbiamo compensato il nostro uso di energia con il 100% di energia rinnovabile, e lo abbiamo fatto per quattro anni di fila. Ora il nostro nuovo obiettivo è quello di raggiungere entro il 2030 emissioni nette zero in tutte le nostre operazioni e nella catena del valore. E prima del 2030 puntiamo a ridurre la maggior parte delle nostre emissioni (rispetto al 2019). Siamo orgogliosi dei progressi che stiamo facendo. Cinque dei nostri data center, compresi quelli in Danimarca e Finlandia, sono alimentati al 90% o quasi di energia carbon neutral».
Ma la sfida della sostenibilità non si ferma all’ambiente e al cambiamento climatico. Avete annunciato innovazioni nelle ricerche, nei percorsi, nelle soluzioni di viaggio. Qual è l’obiettivo?
«Vogliamo rendere la tecnologia disponibile per tutti, organizzando le informazioni da tutto il mondo e rendendole universalmente accessibili e utili. Questo obiettivo, insieme al nostro impegno per la sostenibilità, si traduce nell’aiutare a rendere più semplice fare scelte sostenibili. Questo vale per i viaggi, così come per la scelta di un alloggio, un investimento finanziario o l’acquisto di un prodotto. Nel 2021, abbiamo introdotto nuove funzioni per prenotare voli o per esempio i percorsi eco-friendly su Google Maps (in arrivo in Europa nel 2022). Quando le persone cercano su Google informazioni sul cambiamento climatico, mostriamo loro informazioni credibili da fonti autorevoli, tra cui le Nazioni Unite».
State potenziando anche la rete dei data center sempre con attenzione alla sostenibilità?
«Per più di un decennio, abbiamo lavorato per rendere i data center di Google tra i più efficienti al mondo, progettando, costruendo e gestendo ognuno di essi per massimizzare l’uso efficiente di energia, acqua e materiali, migliorando le loro prestazioni ambientali anche quando la domanda dei nostri prodotti è aumentata. Nel 2020 abbiamo raggiunto il 67% di energia carbon-free su base oraria in tutti i data center, rispetto al 61% del 2019. In media, un data center di Google è due volte più efficiente dal punto di vista energetico di un tipico data center aziendale. Rispetto a cinque anni fa, forniamo una potenza di calcolo più alta di circa sei volte utilizzando la stessa quantità di energia elettrica. Inoltre, ci impegniamo affinché nessuno dei nostri rifiuti vada in discarica: nel 2020, il nostro tasso globale di deviazione in discarica per le operazioni dei data center era dell’81%. Stiamo anche costantemente lavorando per ridurre, reintegrare e ripristinare l’acqua nei nostri uffici e data center per diventare water positive entro il 2030. Questo significa che “restituiremo” il 120% dell’acqua che consumiamo, in media, nei nostri uffici e data center e aiuteremo a ripristinare e migliorare la qualità dell’acqua e la salute degli ecosistemi nelle società in cui operiamo. Lavoriamo, poi, per aiutare i nostri clienti a essere più sostenibili. Un esempio sono i due nuovi strumenti che abbiamo lanciato di recente. Il primo è il Google Cloud Region Picker, che aiuta i clienti a scegliere una Google Cloud Region considerando i parametri chiave tra cui il carbon footprint. E lo strumento “Carbon Footprint” utile in quanto riporta le emissioni di carbonio associate all’utilizzo della Google Cloud Platform di ogni cliente».
In questa ottica state lavorando anche a soluzioni di intelligenza artificiale che possano accompagnare la transizione. Ce ne parla?
«Il machine learning ci ha permesso di ridurre del 30% l’energia usata per il raffreddamento dei data center di Google e la tecnologia può anche aiutare nella decarbonizzazione delle città. Abbiamo recentemente condiviso un progetto di ricerca che, attraverso l’intelligenza artificiale, può aiutare le città a migliorare il traffico utilizzando in maniera più efficiente i semafori. In Israele è già stato adottato con successo: abbiamo visto una riduzione del 10-20% del consumo di carburante e del tempo di ritardo agli incroci. Presto estenderemo questo progetto ad altre città. Stiamo anche aiutando le città a ridurre 5 gigatonnellate di emissioni di CO2 entro il 2030, attraverso il nostro Environmental Insights Explorer (EIE)».
In termini di investimenti è un impegno importante? Che ripaga?
«Quando si tratta di impegnarsi per un mondo più sostenibile ed ecologico, le azioni e gli investimenti parlano più delle parole. Entro il 2025, ci aspettiamo di aver attivato oltre 2 miliardi di euro di investimenti in nuovi progetti per generare energia pulita e infrastrutture green in Europa, che speriamo aiutino anche a creare più di 2.000 nuovi posti di lavoro. Siamo anche impegnati a sostenere altre organizzazioni. Per citare solo uno dei tanti esempi: l’anno scorso abbiamo lanciato attraverso Google.org una Impact Challenge sul Clima, mettendo a disposizione 10 milioni di euro per il finanziamento di idee coraggiose che utilizzino la tecnologia per accelerare il progresso dell’Europa verso un futuro più sostenibile. E, pochi mesi fa abbiamo annunciato un nuovo progetto, Restor, disponibile in tutto il mondo – fondato da Crowther Lab e alimentato da Google Earth Engine e Google Cloud, che permette a chiunque di analizzare il potenziale di riqualificazione di qualsiasi area, fornendo dati accurati su qualsiasi zona».
Che tipo di sensibilità riscontrate a queste tematiche?
«Credo che ciò che è buono per il pianeta sia buono per il business. Sempre più aziende e clienti se ne stanno rendendo conto. Negli ultimi cinque anni in Google abbiamo visto un aumento di quasi 5 volte nelle ricerche online di beni sostenibili. I clienti stanno attivamente scegliendo opzioni sostenibili rispetto a quelle non sostenibili. E le aziende stanno giustamente spostando i loro modelli di business per soddisfare queste aspettative. Un paio dei molti esempi ravvicinati che abbiamo visto attraverso il nostro Google Cloud sono Groupe Rocher e Stella McCartney: il Groupe Rocher, azienda francese a conduzione familiare e mission-driven, ha firmato un accordo di collaborazione quinquennale con Google Cloud, mettendo la digitalizzazione sostenibile al centro della strategia di innovazione e crescita. Anche quello che abbiamo fatto con Stella McCartney è molto importante per noi. L’industria della moda è uno dei maggiori contributori alla crisi climatica ed ecologica globale – rappresentando fino all’8% delle emissioni globali di gas serra. Nel 2019, abbiamo deciso di creare uno strumento, costruito su Google Earth Engine, che utilizza il cloud computing di Google, per valutare il rischio ambientale di diverse fibre nelle varie regioni in relazione a fattori ambientali. Utilizzando lo strumento insieme al lavoro esistente sulla sostenibilità, il team di Stella McCartney è stato in grado di identificare le fonti di cotone in Turchia che stavano affrontando un aumento dei rischi idrici e climatici. In Italia, abbiamo recentemente lanciato una collaborazione simile con Eni e Boston Consulting per presentare una piattaforma digitale per lo sviluppo sostenibile delle filiere chiamata Open-es».
18/2/2022