Digital Transformation
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11 Febbraio 2022

Calcagno: «Iliad e Vodafone? Pronti a proporci come remedy taker nel mobile»

L'intervista all'ad di Fastweb tra riassetto delle telco, opportunità dei bandi e domanda da stimolare Fusione tra Iliad e Vodafone? «Qualora l'acquisizione si concretizzasse ci aspetteremmo un pronto coinvolgimento della Commissione Europea per la definizione di un pacchetto di remedies in modo da garantire la giusta pressione competitiva nel mercato» e noi Fastweb è pronta a proporsi come «remedy taker». Alberto Calcagno, ceo di Fastweb, reduce dal 34esimo trimestre consecutivo di crescita dell'azienda controllata da Swisscom commenta così, nell'intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) l'offerta del gruppo francese del miliardario Xavier Niel per la divisione italiana di Vodafone. Una possibilità che si aggiunge alle altre ipotesi di riassetto del mercato delle telco, sofferente per i prezzi bassi, soprattutto nel mobile, e per gli alti investimenti richiesti. L'eventuale combinazione di Vodafone e Iliad ridurrebbe a tre gli operatori del mercato del mobile come successe post fusione tra Wind e 3 Italia, a seguito della quale la Ue aveva imposto l'ingresso di un quarto operatore, che è stato proprio Iliad. Intanto, in vista della digitalizzazione del Paese prevista dal Pnrr, Fastweb si dice pronta a continuare nel ruolo di infrastrutturazione del Paese, anche nelle aree a fallimento di mercato: «Sicuramente le tempistiche e gli obiettivi posti sono sfidanti» e in questo contesto, considerati vari fattori come la capacità produttiva delle aziende che realizzano «il ruolo del Fwa 5G, per la sua flessibilità e per le sue caratteristiche, sarà molto rilevante nel consentire di rispettare le milestone del progetto». Avete di recente presentato i risultati annuali e la vostra nuova strategia, quali sono le priorità su cui puntate e quali i target più importanti? Abbiamo appena rilasciato i nostri risultati annuali che ci vedono in crescita per il 34mo trimestre consecutivo. Una prova che la nostra strategia in controtendenza, basata sull' infrastrutturazione, sulla trasparenza e sul forte focus nel segmento enterprise e nel mercato wholesale è vincente. Con "Tu sei Futuro" aggiungiamo un ulteriore elemento di differenziazione della nostra visione strategica, dandoci come priorità quella di aiutare tutti a riconquistare la fiducia nel futuro ed attivare un senso di responsabilità del proprio destino. Lo faremo in due modi: mettendo a disposizione di tutti strumenti per far parte del futuro digitale - connessione, dunque, ma anche competenze - e attraverso progetti a sostegno della comunità. Sul primo punto il progetto principale è quello della Fda, la nostra Fastweb digital academy, che moltiplicherà gli sforzi e punta a formare 500.000 persone entro il 2025. Sul secondo il nostro impegno principale è sul fronte della sostenibilità ambientale. Ci impegniamo, e siamo tra le prime società in Italia ed in Europa a farlo, a diventare carbon-neutral entro il 2025. Stanno per entrare nel vivo le gare legate al Pnrr sulla strategia digitale e una prima asta, seppur riservata ai soli cavi sottomarini per le Isole, è andata deserta. Pensate che l'impianto dei bandi sia equilibrato o ci vorrebbero ulteriori accorgimenti per attenuare le penali e fidejussioni e incentivare gli operatori a partecipare? La tempistica prevista è fattibile? La realizzazione di infrastrutture per colmare il digital divide è sempre stato e rimarrà uno dei pillar della nostra strategia, il primo modo per contribuire al futuro digitale delle persone e del paese. Per questo ci siamo impegnati a realizzare una rete Fwa con performance fino ad 1 Gbs nelle aree dove adesso sono disponibili servizi di connettività che non arrivano a 200 Mbs. E sicuramente ci interessa continuare a giocare un ruolo chiave nell'infrastrutturazione anche nelle aree a fallimento di mercato. Stiamo facendo le nostre valutazioni proprio in questi giorni. Sicuramente le tempistiche e gli obiettivi posti sono sfidanti. E ci sono diversi fattori da considerare: la capacità produttiva delle aziende che realizzano reti, messa molto sotto pressione in questo periodo data la sovrapposizione di tanti progetti, così come i costi effettivi per rispettare le performance previste. Proprio alla luce di queste circostanze il ruolo del Fwa 5G, per la sua flessibilità e per le sue caratteristiche, sarà molto rilevante nel consentire di rispettare le milestone del progetto. Gli operatori che dovessero aggiudicarsi i bandi dovranno poi effettuare investimenti infrastrutturali, parte dei quali a loro carico, e quindi saranno chiamati comunque a un esborso economico. Pensate che il sistema garantirà, a fine piano, una domanda sufficiente per poi rendere sostenibili gli investimenti programmati? E nell'ecosistema delle telco ci sono le competenze necessarie? La creazione di una domanda sufficiente a garantire la sostenibilità degli investimenti è un tema centrale e non solo nelle aree dei bandi. L'Italia ha un take-up di connettività per le reti BB e UBB che è bloccato da anni al 60%. Vuol dire che quasi la metà delle famiglie non sente la necessità di una connessione fissa. Perché probabilmente usa poco o per nulla il PC e non ha skill per fruire di servizi online più sofisticati della navigazione o dei social media. Io non credo però sia un tema di sostenibilità economica. Abbiamo i prezzi più bassi d'Europa. Ritengo che sia invece un problema di competenze rispetto alle quali c'è il vero gap tra noi e altri paesi dell'UE: se non mettiamo in grado tutti di far parte del futuro "connesso" ci sarà sempre un'Italia a due velocità, anche con una rete super-performante ovunque. Per questo abbiamo deciso di moltiplicare il nostro impegno in questo campo attraverso la FDA. Oltre ai corsi professionalizzanti (più di 90), da seguire in aula o via streaming, per acquisire le competenze necessarie a trovare un'occupazione o semplicemente migliorare la propria situazione lavorativa, stiamo creando una library con migliaia di contenuti: corsi, tutorial, strumenti di autovalutazione. L'obiettivo è offrire a tutti l'opportunità di imparare la lingua del futuro, il digitale. I coinvestimenti o la realizzazione di quella che viene denominata rete unica potrebbero giovare al mercato? Noi siamo sempre stati favorevoli ad esplorare e sfruttare tutte le sinergie possibili e non abbiamo posizioni preconcette a favore o contro determinate soluzioni, perché tutte vanno valutate sulla base di piani concreti più che su ipotesi. Sul tema dei coinvestimenti abbiamo sempre avuto un approccio pragmatico: abbiamo messo in campo tante partnership in questi anni – non solo FiberCop, ma anche quelle con WindTre e con Linkem - sempre seguendo un'unica stella polare: aumentare la nostra capacità infrastrutturale, contribuire alla digitalizzazione del paese e rafforzare la nostra capacità anche sul fronte wholesale, dove vogliamo continuare a rappresentare una valida alternativa. Con lo stesso approccio pragmatico valuteremo tutte le possibilità che si dovessero presentare nei prossimi mesi Come vedete la possibile scissione di Telecom, con una società dedicata alla rete, comprendendo anche la Fibercop di cui siete azionisti, e un ruolo più forte di Cdp? Potrebbe incentivare gli investimenti? Mi sembra una vicenda ancora in evoluzione con esiti tutt'altro che scontati. Le variabili in campo sono tante e mi sembra poco efficace fare valutazioni non basate sull'analisi di dati ed elementi concreti. Ribadito il fatto che noi abbiamo puntato su FiberCop dall'inizio perché ci convinceva il progetto industriale, che riteniamo non sarà messo in discussione, non ho chiusure preconcette nei confronti di nessuna ipotesi. E l'offerta di Iliad per acquisire Vodafone? Che risvolti sul mercato? Qualora l'acquisizione si concretizzasse ci aspetteremmo un pronto coinvolgimento della Commissione Europea per la definizione di un pacchetto di remedies in modo da garantire la giusta pressione competitiva nel mercato. Abbiamo dato prova in questi anni di avere la capacità e le intenzioni di svolgere un ruolo importante anche nel settore mobile, e quindi, qualora se ne presentasse l'occasione, saremmo pronti a proporci come remedy taker. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 11/2/2022

11 Febbraio 2022

Munich Security Conference: «Sulle reti serve posizione univoca dell’Occidente»

Parla Toomas Ilves, ex presidente dell'Estonia e membro dell'advisory council di Msc in vista dell'appuntamento del 18 febbraio a Monaco La sicurezza delle reti in fibra è un problema più facile da risolvere; quella del 5G, dove il software gioca un ruolo importante, è più complessa e sono nati dubbi relativamente principale vendor che è Huawei. In vista dell'accelerazione dell'infrastrutturazione digitale in Europa, e della Munich security conference (Msc) che si terrà il 18 febbraio, fa il punto con DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) Toomas Ilves, ex presidente dell'Estonia e membro dell'advisory council di Msc, l'annuale conferenza per la Sicurezza che si tiene a Monaco dal 1963. Secondo Ilves ci vorrebbe una posizione univoca da parte dell'Occidente: «la battaglia per il dominio tecnologico non sarà tra Stati Uniti e Cina, ma tra una tecnologia progettata per una società liberale e democratica, basata sulle libertà e lo stato di diritto, e una tecnologia basata sull'autoritarismo degli algoritmi». In vista dell'apertura della Munich Security Conference, qual è la posizione dell'Occidente rispetto a temi fondamentali come gli attacchi hacker crescenti e la sicurezza nelle reti? Il problema è che non c'è una posizione univoca dell'Occidente quando si parla di sicurezza nello spazio digitale. Non c'è un reale consenso su come affrontare la cybersecurity, dato che i vari Paesi hanno sensibilità e livelli di preoccupazione differenti basati sulle priorità nazionali e su precedenti esperienze con gli attacchi cyber. Se ormai è diventata pratica consolidata analizzare attentamente tutte le nuove policy e i regolamenti per i loro possibili effetti sul cambiamento climatico, la stessa attenzione non viene dedicata ad assicurarsi che tutte le azioni intraprese dall'UE siano "a prova di sicurezza", nonostante molti Stati Membri desiderino un'Unione europea più solida su questo fronte. Oggigiorno, le questioni fondamentali relative alla sicurezza nazionale e internazionale devono necessariamente essere prese in considerazione durante la formulazione, negoziazione e attuazione di nuove policy. Valutare le normative da ogni punto di vista per assicurarsi che non generino conseguenze indesiderate, effetti a catena problematici, o che addirittura possano aumentare le possibilità di attacco da parte di coloro che mirano a minare l'integrità e i valori delle società liberali, deve essere una priorità. In questo senso, uno degli obiettivi del report della Munich Security Conference è quello di spingere le persone a pensare di più alla cybersecurity. Nel 21° secolo i conflitti saranno principalmente digitali. Più le nostre vite diventano digitali, più la nostra vulnerabilità aumenta. Dobbiamo prestare molta più attenzione nell'affrontare queste vulnerabilità per non indebolire la coesione della nostra alleanza o rafforzare le forze dell'illiberalismo. Quali le criticità maggiori da affrontare? È difficile scegliere, poiché la gamma di vulnerabilità è molto ampia. In primo luogo, tutte le nostre reti più critiche devono essere rese molto più sicure. Abbiamo visto, ad esempio, che i danni causati dall'attacco del 2017 diretto contro il sistema elettrico ucraino hanno avuto ripercussioni a livello internazionale causando fino a 10 miliardi di dollari di danni. I sistemi informatici della società farmaceutica Merck furono infettati dal malware NotPetya, che colpì i suoi 40mila computer in tutto il mondo. Una sorte simile è toccata ad altri giganti globali come la società di logistica e spedizione Maersk. Le reti sono collegate, eppure non ci siamo ancora occupati di metterle davvero in sicurezza. Inoltre, la sicurezza dei dispositivi mobili personali è diventata un prerequisito della nostra vita quotidiana, digitale e fisica. Affidiamo a questi dispositivi informazioni biometriche, finanziarie e altri dati sensibili. Questo è possibile solo perché le aziende hanno progettato i dispositivi mobili come ecosistemi curati e quindi sicuri. Regolamentazioni che comportino l'abbattimento di protezioni di questi ecosistemi digitali sicuri potrebbe avere conseguenze indesiderate, aprendo le porte a malware e ransomware in un momento in cui i nostri avversari (statali e non) prendono sempre più di mira gli individui e i loro dispositivi mobili. La sicurezza delle reti 5G e di quelle in fibra diventa centrale in vista degli investimenti che gli operatori europei sono chiamati a fare, anche relativamente al Recovery Fund. Come si possono evitare problemi di cybersecurity nelle nuove reti? Per le reti in fibra è più facile, bisogna assicurarsi che l'end point sia sicuro. Per il 5G è più complicato. Il 5G è un nuovo tipo di tecnologia ineluttabile e inevitabile, in cui il software gioca un ruolo molto più importante. Il problema è che il principale vendor 5G nel mondo oggi è Huawei, e la sicurezza dei loro sistemi ha sollevato molti dubbi. Siccome il 5G è basato sul software, si teme che possa essere aggiornato e riprogrammato nel tempo. Huawei è leader perché più economico di Nokia ed Ericsson, i concorrenti europei. Questi ultimi non sono competitivi perché non vengono sovvenzionati dallo Stato, contrariamente a Huawei che riceve aiuti dal Governo cinese. Sviluppare azioni a sostegno dei player europei è l'unico modo per cambiare lo status quo. Come già sottolineato dal presidente francese Macron, la tecnologia non è neutrale a livello politico ed è necessario costruire una sovranità nazionale per il settore digitale. È un obiettivo raggiungibile a livello di Stati membri o di Unione europea? Può l'Europa diventare un'alternativa alla competizione tra Cina e Usa? Siamo troppo connessi per avere strategie nazionali diverse, abbiamo bisogno di un approccio europeo. La sovranità nazionale nel digitale non funziona, soprattutto perché i nostri dati oltrepassano costantemente i confini nazionali, abbiamo aziende paneuropee; quindi, l'autonomia nazionale nello spazio digitale non ha senso. Purtroppo, sulla scena globale l'Europa è un player minore. L'approccio protezionistico adottato con recenti regolamentazioni, come il Digital Markets Act, mi fa pensare all'Argentina: più di cento anni fa, l'Argentina decise di essere protezionista e la sua economia non si è più ripresa. Essere in grado di competere con altri giganti del tech non è una questione di leggi, è una questione di cultura relativa a prestiti e investimenti: il nostro sistema di prestiti bancari ci mette in netto svantaggio rispetto agli investimenti di private equity negli Stati Uniti. In questo contesto, considerare gli americani come nemici è ridicolo. Ciò di cui abbiamo bisogno è molta più collaborazione, soprattutto perché la battaglia per il dominio tecnologico non sarà tra Stati Uniti e Cina, ma tra una tecnologia progettata per una società liberale e democratica, basata sulle libertà e lo stato di diritto, e una tecnologia basata sull'autoritarismo degli algoritmi. È in questo contesto liberale che i legislatori dell'Unione europea devono trovare un equilibrio tra la regolamentazione del mercato interno e della concorrenza da un lato e la tutela della sicurezza e della privacy dall'altro. Pertanto, la priorità che gli europei danno alla sicurezza della loro esperienza online deve diventare una lente attraverso la quale guardare iniziative come il Digital Services e il Digital Markets Act, il completamento del mercato unico digitale e il rafforzamento dello scenario digitale europeo. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 11/2/2022

11 Febbraio 2022

Campoli (Cisco): «Separare la rete di tlc dai servizi conviene»

Parla il vicepresidente del gruppo americano, facendo un affresco sui bandi del Pnrr, i progressi nell'infrastrutturazione e il bisogno di competenze Bene i bandi per la digitalizzazione del Paese, a cui Cisco parteciperà in partnership con altri attori del sistema, ma occorre evitare «che si costruiscano cattedrali nel deserto». Bene i progressi europei, e italiani, nell'ambito delle infrastrutture di rete, ma ora il problema riguarda le competenze. Bene la separazione di reti e servizi che saranno business sempre più differenti. A dirlo, in un'intervista a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School, è Paolo Campoli, vicepresidente del gruppo americano fornitore di apparati di rete, che analizza lo stato della digitalizzazione del Paese. Campoli sottolinea come vada nella giusta direzione la separazione, come prevista ad esempio nel piano dell'amministratore delegato Pietro Labriola per Tim, di servizi e rete. Sono, infatti, due business che vanno a velocità diversa. «I bandi del Pnrr un segnale forte, la sicurezza delle reti tra i temi più importanti» Riguardo ai bandi del Pnrr, aggiunge Campoli che è a capo a livello mondiale del segmento Service provider di Cisco, «questi rappresentano un segnale forte, la spesa infrastrutturale nell'accesso ultrabroadband sta avvenendo in Italia alla velocità richiesta per la digitalizzazione del Paese. Bisogna, tuttavia, che i soggetti che partecipano ai bandi facciano sistema, evitando cioè di avere tra 5 anni cattedrali nel deserto». Uno dei temi più complessi e importanti da affrontare è quello della sicurezza. «L'Italia è molto soggetta ad attacchi di cybersecurity e la rete è la prima linea di difesa da questo punto di vista». Altro elemento chiave è la sostenibilità: «realizzare reti che siano in grado di essere sostenibili, di inquinare meno, che abbiano la capacità di collegare le altre industrie e portare sostenibilità è fondamentale». «Parteciperemo alle gare con un sistema di partnership» Cisco Italia si presenterà alle gare con «un sistema di partnership, ci siamo sempre affacciati al mercato tramite grossi partner, che fanno system integration e realizzano reti con tecnologie Cisco». Un altro ingrediente importante per assicurare il successo dell'infrastrutturazione è la possibilità di misurare una serie di elementi. «Poter – spiega Campoli - misurare le metriche sul numero di abitazioni collegate, il numero di utenti che comprano, la sostenibilità e la sicurezza delle reti, è fondamentale. Non è un ragionamento teorico, si può rendere concreto con misure specifiche». Guardando a tutta l'Europa, dove Cisco è molto presente, il quadro globale di digitalizzazione appare positivo. «Il problema oggi riguarda non tanto la fornitura di fibra ma le competenze» «Riteniamo che ci sarà un'accelerazione non solo in Italia, ma anche in altri Stati membri nella distribuzione della fibra. Il nostro Paese, come si vede dagli ultimi indici, ha recuperato posizioni. Il problema oggi sembra essere relativo soprattutto agli skill piuttosto che alla fornitura di accessi ultra broadband. Stiamo cioè recuperando terreno sulla fibra, non altrettanto sulle competenze digitali».Su questo aspetto, spiega Campoli, occorre formare «competenze che riguardino fibra, rete, software. Le competenze settoriali hanno, infatti, i loro limiti, e bisogna formare generazioni che sappiano mettere in esercizio le reti, avendo competenze dalla fibra al backbone la software». In questo contesto, aggiunge, «ha una sua logica la scelta di specializzare le competenze sulla rete da una parte e sui servizi digitali dall'altra. Quello della rete è un business con tempi di ritorno più lunghi, anche a 10 anni; quando si parla di servizi digitali, invece, ci sono modelli simili a quelli usati dalle web companies, con dinamiche di ritorno degli investimenti molto più a breve termine». «Il traffico internet e il lavoro ibrido terranno dopo la pandemia» Inoltre, dal prossimo ultrabroadband index che sarà pubblicato da Cisco a febbraio emerge, spiega Campoli anticipandone alcune linee, che «il traffico continuerà a crescere, anche nel dopo pandemia, il lavoro ibrido non tornerà indietro, la struttura del backbone deve essere tale da trasportare miliardi di byte in modo finanziariamente sostenibile» In generale, «investire in infrastrutture e servizi digitali sono azioni sinergiche ma richiedono skill, obiettivi di business molto diversi. Sulle reti in fibra, sulle tower companies, stanno arrivando gli investimenti dei grossi fondi come Kkr, Macquarie» e, quindi, «separare le due gestioni, reti e servizi, conviene: se si vuole offrire servizi digitali veloci bisogna anche avere un modello operativo che consenta di spegnere velocemente un servizio che non ha presa o, ad esempio, fare alleanze con gli operatori web». Un indicatore forte, sempre riguardo alla separazione dei business, proviene dal mercato delle torri: «gli operatori hanno separato il loro business delle torri rispetto a quello dei servizi a valore aggiunto, da un lato per ridurre debito, ma anche perché i modelli di business si stanno biforcando. Lo stesso sta avvenendo per le reti in fibra». Cisco ha ruolo molto attivo in queste dinamiche: «quando disegniamo sistemi – conclude Campoli - pensiamo alla separazione logica tra reti e servizi a valore aggiunto». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 11/2/2022

28 Gennaio 2022

Levi: «Non facciamo la guerra dei prezzi, la nostra offerta farà bene al mercato»

Parla l'amministratore delegato di Iliad Italia dopo lo sbarco della società nel mercato del fisso Iliad Italia, con l'offerta sul fisso lanciata di recente, non fa la guerra dei prezzi, ma la guerra della trasparenza. Lo afferma Benedetto Levi, amministratore delegato della divisione italiana del gruppo francese, in un'intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School). Grazie alla nuova offerta «ci sarà una vera rivoluzione in Italia» e verrà «stimolata la domanda, permettendo alle aziende che stanno stendendo la rete, come Fibercop e Open Fiber di accelerare». Per Levi l'offerta a 15,99 euro al mese che permette di avere una velocità fino a 5 gigabit al secondo in download, per la prima volta in Italia, «non può che far bene al mercato». Siete partiti nel mercato della fibra con un'offerta competitiva, non si corre il rischio di innescare una guerra dei prezzi? La nostra offerta è competitiva, senza alcun tipo di vincolo e con la fibra ottica (ftth) che va a una velocità fino a 5 Gbit/s complessivi in download. Quando siamo entrati nel mercato del mobile, tre anni e mezzo fa, lo abbiamo fatto con un'offerta molto generosa in termini di Gb e totalmente trasparente introducendo un nuovo standard che ha trainato l'intero mercato verso una maggiore disponibilità di Gb, con un passaggio dell'offerta media da circa 8Gb nel 2018 a oltre 70Gb nel 2021. Non abbiamo fatto la guerra dei prezzi, ma la guerra della trasparenza: a differenza di operatori che hanno continuato ad abbassare i prezzi, noi abbiamo man mano fatto offerte con sempre più GB e con un prezzo via via crescente. Ora credo che questa nuova offerta in fibra, che sarà una vera rivoluzione in Italia, stimolerà la domanda e permetterà alle aziende che stanno stendendo la rete, come Fibercop e Open Fiber, di accelerare. Dando un impulso molto positivo al mercato. Proprio parlando di sviluppo del mercato, si apre ora l'opportunità dei bandi legati al Pnrr, parteciperete? Ovviamente stiamo guardando ai bandi, in particolare a quello per lo sviluppo del 5G, pensiamo che i fondi europei siano una grande opportunità per accelerare lo sviluppo delle reti. E credo anche che un'offerta come quella che iliad ha lanciato per la fibra stimolerà l'adozione della fibra in Italia. Il contesto delle telco italiane in cui si muove iliad è in movimento: secondo alcuni rumor ci potrebbe essere un'integrazione tra iliad e Vodafone, secondo altri tra iliad e Tim Servizi, una volta scisso in due il gruppo Telecom Italia, come previsto nel piano del nuovo ad Pietro Labriola.Noi procediamo con il nostro sviluppo: andiamo avanti sul mobile, ora lanciamo la nostra offerta per la fibra, non commento i rumor. Come giudicate, di fronte al vostro nuovo business della fibra, la possibile integrazione della rete di Tim con Open Fiber, la cosiddetta rete unica? La rete unica può voler dire tante cose, noi in quanto operatore nuovo entrante sulla fibra, abbiamo due auspici, ovvero: accelerare ulteriormente l'infrastrutturazione, poiché più veloce andiamo con la stesura delle reti e più tutti vinciamo (operatori, consumatori, imprese, Paese) e, dall'altro, che le condizioni di accesso per tutti gli operatori siano eque. Noi, abbiamo come partner Open Fiber e in futuro aggiungeremo anche la copertura di Fibercop, con cui abbiamo già siglato un accordo, per arrivare in tutta Italia il prima possibile. Contate anche di assumere nuovi dipendenti, in relazione al vostro piano di crescita e alle nuove offerte? Avete problemi a reperire le competenze? Continuiamo ad assumere, oggi abbiamo 24 negozi, 13 uffici da sud a nord che accolgono circa 700 persone in tutta Italia e tante nuove persone continuano ad unirsi all'azienda. Non abbiamo avuto problemi a trovare competenze e talento, anche perché molte persone vogliono venire a lavorare in iliad. Tuttavia, il tema delle competenze digitali esiste a livello nazionale, e va affrontato a livello pubblico e istituzionale, come anche privato.  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 28/1/2022

28 Gennaio 2022

Aruba: «Lavoriamo bene con OF, ma non escludiamo collaborazione con FiberCop»

Le strategie del service provider sulla fibra. Favorevole alla rete unica se comporterà una maggiore copertura del territorio italiano» Offerta rimodulata prima della pausa natalizia e obiettivi di crescita, seguendo l'espansione del partner Open Fiber. Il service provider italiano Aruba, che si è presentato con Almaviva nella prima fase della gara per il cloud di Stato, è sbarcato nel mercato della fibra a marzo del 2021, conta al momento numeri bassi, di alcune migliaia di clienti, ma si aspetta un incremento fino ad alcune centinaia di clienti al giorno nel 2022, soprattutto nel settore business. L'offerta privilegerà le aree bianche dove non c'è ritorno di mercato e i comuni medio-piccoli. Aruba, spiega il general manager Stefano Sordi a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore e della Luiss Business School), è partner di Open Fiber, società con cui lavora bene, ma non esclude la possibilità di allargare la collaborazione a FiberCop (gruppo Tim). La rete unica? «Se comporterà una maggiore capacità di raggiungere gli obiettivi di copertura capillare del territorio italiano, soprattutto nelle aree grigie e bianche, noi siamo sicuramente favorevoli». Avete di recente rimodulato la vostra offerta lanciata a marzo 2021, come sta andando? Abbiamo lanciato l'offerta a inizio del 2021, e, come facciamo sempre, entriamo in punta di piedi sul mercato, cercando di comprenderlo. Abbiamo attraversato questa fase fino a dicembre scorso, un periodo con volumi poco consistenti. A dicembre abbiamo, quindi, capito le metriche di mercato, adattando l'offerta che è andata molto bene, ha avuto una crescita esponenziale nel periodo di dicembre e natalizio, a tre cifre. Un andamento consolidato anche nel rientro post festività, anche se con incrementi un po' meno sostenuti, a due cifre. Rispetto agli altri competitor sono numeri ancora bassi, ma la crescita è importante e pensiamo di mantenerla nei prossimi mesi. Gli elementi su cui si basano le nostre previsioni sono sostanzialmente due: uno è rappresentato dallo stesso mercato visto che le attese sono promettenti per la componente ftth (fibra fino alla casa, ndr), su cui ci concentriamo noi. Un secondo fattore è legato alla peculiarità della nostra offerta. I nodi di fibra che usiamo per la connettività si trovano, infatti, nei nostri data center dove ospitiamo aziende, banche, imprese di vario tipo che fanno traffico in uscita, dal data center verso internet. La tecnologia ultra-broadband è, in questo contesto, completamente simmetrica. Inoltre, i nostri data center hanno una caratteristica importante, sono davvero green. Abbiamo, infatti, acquisito un network di centrali idroelettriche, garantendoci un sistema di produzione di energia sia nel fotovoltaico sia nel geotermico. La nostra capacità di autoproduzione si riverbera sui costi e ci permette, in un momento in cui i costi dell'energia sono schizzati alle stelle, di mantenere una competitività notevole. Mentre altri sono costretti ad alzare i prezzi, noi li possiamo comprimere. Qual è il target di clienti che prevedete di raggiungere nel 2022? In una prima fase prevediamo di arrivare a un centinaio di clienti giornalieri per poi, se Open Fiber continua con questi tassi, arrivare a qualche centinaio di clienti al giorno. Ora siamo arrivati ad alcune migliaia di clienti. Rispetto ai grandi player sono numeri poco competitivi. Esplorerete la possibilità di una collaborazione con FiberCop? Sicuramente sì, non lo escludiamo, anche se in questo momento tutti gli sforzi sono concentrati sull'ottimizzazione dell'offerta che è già sul mercato. Con Opern Fiber ci troviamo molto bene, constatiamo che raggiungono i target e danno un servizio di qualità. Di fronte a un'offerta come la nostra, ipercompetitiva, è molto importante avere un partner così, che non faccia lievitare i costi. Come vedete l'ipotesi di creazione di una rete unica, tra Open Fiber e Tim? Se la rete unica comporterà una maggiore capacità di raggiungere gli obiettivi di copertura capillare del territorio italiano, soprattutto nelle aree grigie e bianche, noi siamo sicuramente favorevoli. Alla fine, ci sarà un beneficio per il consumatore e le imprese. E per noi sarà un modo di arrivare sul mercato in maniera più rapida. Che tipo di clienti privilegerete con la vostra offerta e quali sono le aree geografiche su cui insisterete? Il target è costituito soprattutto dalla clientela business, senza escludere il retail. La componente business per sua natura è quella più prossima a quella di Aruba che è un service provider e fornisce servizi alle imprese di posta elettronica, pec, cloud, etc..Tuttavia l'offerta che abbiamo lanciato è molto aggressiva in termini di prezzo e diventa interessante anche per il consumatore finale. In termini di aree geografiche seguiamo Open Fiber, ma abbiamo voluto porre un accento particolare sulle aree bianche, quelle dove c'è più difficoltà. Lo abbiamo fatto attraverso la nostra offerta, azzerando i costi di attivazione. A livello strategico privilegiamo inoltre i comuni medio-piccoli. Definite la vostra offerta molto competitiva, non temete che livelli troppo bassi alla lunga si trasformino in una guerra dei prezzi e in un indebolimento del settore telco chiamato a investire sulle infrastrutture? I margini sono sicuramente importanti, ma uno dei valori della nostra azienda è stato fin dal principio quello di rendere accessibile la tecnologia, è proprio la nostra mission. Inoltre, nel mercato dell'ultra broadband spicchiamo per essere al 100% italiani. La nostra strategia è quella di comprimere i costi il più possibile mantenendo una marginalità che sia congrua. Non siamo quotati in Borsa, non abbiamo soci di riferimento che ci impongono degli obiettivi, il nostro target è il mantenimento delle quote di mercato e della missione aziendale, e la fibra fa parte di un bouquet di servizi tutto basato su questi principi.  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 28/1/2022  

28 Gennaio 2022

Asstel: «Dilazionare e allineare al Pnrr la rata da 4,8 miliardi per le frequenze 5G»

L'intervista alla direttrice dell'associazione Laura Di Raimondo che rinnova l'istanza al Governo di finanziare il fondo di solidarietà Focus sui bandi del Pnrr, con l'obiettivo di ottenere «il massimo dei benefici per il Paese» e di aumentare le competenze digitali, ma al contempo attenzione alla tenuta del settore telco, chiamato a ingenti investimenti. A parlare è Laura Di Raimondo, direttrice di Asstel, che chiarisce con DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School), la posizione dell'associazione di filiera in vista della rivoluzione digitale prevista da qui al 2025, secondo la strategia messa a punto dal ministero per l'Innovazione e la trasformazione digitale.Per Di Raimondo occorre, in primis, spalmare su un triennio la prossima scadenza per le telco del pagamento della rata da 4,8 miliardi relativa all'affitto delle frequenze 5G, in linea con i tempi dello sviluppo dei bandi legati al Pnrr. Richieste al Governo anche sul fondo bilaterale di settore, che prevede già il contributo di aziende e dipendenti. «Al ministero del Lavoro – afferma Di Raimondo - rinnoviamo l'istanza che per la fase di start up, almeno per un primo triennio, occorra un investimento da parte del Governo aggiuntivo rispetto a quello di imprese e lavoratori; ciò può avvenire anche attraverso le linee d'azione del Pnrr dedicate all'inclusione e allo sviluppo delle competenze». Che prospettive si aprono per le telco con i bandi legati al Pnrr? Le tempistiche previste sono realizzabili? Siamo fortemente impegnati ad affiancare le istituzioni nella messa a terra del Pnrr e nella missione di digitalizzare il Paese attraverso lo sviluppo dell'infrastruttura, della banda ultra-larga, del 5G. Il fatto che ci sia una tempistica fissata, logica comune a tutto il Pnrr, è importante e consente di velocizzare l'iter. L'obiettivo è quello di realizzare il massimo dei benefici per il Paese anche in termini di ambiente, e, quindi, di transizione ecologica ed energetica. In questo contesto, l'educazione digitale diventa fondamentale per colmare i divari esistenti nel nostro Paese, siano di competenze, di genere, generazionali e territoriali. Da un lato occorre educare la cittadinanza, e, quindi, entro il 2025 circa 120 milioni di cittadini europei, tra i 16-74 anni, dovranno sviluppare le competenze digitali. Dall'altro c'è il tema dell'orientamento dei ragazzi e delle ragazze verso le nuove professionalità. E, infine, per correre alla velocità necessaria per la piena attuazione del Pnrr, bisogna agire su re-skilling e up-skilling. A che punto siete col piano di re-skilling delle telco che riguarda il 100% dei dipendenti? Noi abbiamo l'85% della popolazione aziendale over 40 anni, il 15% over 55 anni, e l'1,9% under 30. Anche in relazione ai fabbisogni di nuovi profili professionali, c'è quindi l'evidente necessità di continuare nel percorso di up-skilling e re-skilling, con ancora più pervasività. La media, quest'anno, arriverà intorno a 9 giorni pro capite rispetto alle 4-5 giornate del 2021. Come sta cambiando il modello di business del settore telco? La filiera delle tlc è in profonda trasformazione e deve affrontare la sfida di ampliare le competenze interne e, in parte, il proprio modello di business per avere un ruolo importante nello sviluppo e nella diffusione di nuove piattaforme di servizi anche attraverso la costruzione di un ecosistema con attori di altre filiere. Prima dell'estate dovrebbe essere completato lo switch off della tv, liberando così le frequenze adatte per il 5G acquistate dalle telco in asta, ma al contempo gli operatori dovranno saldare il conto con lo Stato. Le aziende sono pronte? Abbiamo richiesto un approfondimento: occorre dilazionare gli oneri per l'affitto delle frequenze 5G, superando così la scadenza di settembre 2022. Anche considerati gli effetti del Covid e il rallentamento che ne è seguito per tutto il sistema. A questo proposito avete avuto segnali positivi dal Governo? Abbiamo portato avanti delle richieste al Mise e al Mef. Ora il dl Milleproroghe potrebbe essere il veicolo adatto per dare delle risposte agli operatori, chiamati ad una rata di circa 4,8 miliardi. Noi chiediamo che si possa rimodulare il pagamento con una scadenza triennale, fino al 2025, in linea con i tempi del Pnrr. Sul fronte delle professionalità richieste, considerati anche i lavori aggiuntivi previsti dal Pnrr per la stesura delle reti, il settore si è attrezzato? Attraverso formazione permanente e certificata, up-skilling e re-skilling, si possono dotare le persone delle competenze necessarie per le attività core da qui al 2026, al fine di realizzare quanto previsto dal Pnrr. Inoltre, è necessario investire sull'orientamento dalla scuola, negli Its e nell'università. Per questo è importante potenziare il sistema educativo, con l'attenzione puntata al rafforzamento delle discipline Stem, in particolare per le nostre ragazze. Peraltro, Asstel, sulla parità di genere ha di recente sottoscritto il manifesto di Valore D. Qual è il numero di assunzioni complessive attese nel vostro settore? Le previsioni, a fronte del quadro normativo attuale, sono di circa 3.700 assunzioni. Numero che si amplierà tanto più si investirà sulle politiche attive. A che punto è, invece, il Fondo di solidarietà bilaterale, richiesto per supportare i processi aziendali di trasformazione e i percorsi di formazione, finanziato da aziende e lavoratori? Siamo arrivati alla fase esecutiva della costituzione. Al ministero del Lavoro rinnoviamo l'istanza che per la fase di start up, almeno per un primo triennio, occorra un investimento da parte del Governo aggiuntivo rispetto a quello imprese e lavoratori; ciò può avvenire anche attraverso le linee d'azione del Pnrr dedicate all'inclusione e allo sviluppo delle competenze. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 28/1/2022

28 Gennaio 2022

Cellnex: «Parteciperemo ai bandi per il 5G, sul Tetra competiamo con Leonardo»

Parla Gianluca Landolina, amministratore delegato della società italiana controllata dal gruppo spagnolo delle torri di tlc Obiettivo 2022: ancora crescita organica e, se ci fossero occasioni appetibili, anche acquisizioni, guardando le opportunità dalle due alle 20mila torri. Lo racconta Gianluca Landolina, amministratore delegato di Cellnex Italia, controllata italiana del gruppo spagnolo delle torri di telecomunicazioni che, dal 2015 ad oggi, nel nostro Paese ha investito sei miliardi di euro. Nella strategia del gruppo, che in Italia compete con Inwit, c'è anche, annuncia il manager a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) il mercato del Tetra, lo standard utilizzato per le reti particolarmente sensibili come quelle della polizia o degli ospedali. Rispetto a Leonardo, che è l'incumbent del settore, «pensiamo – aggiunge Landolina - di avere una tecnologia superiore e più economica, ce la giocheremo, vedremo, vincerà il migliore». Tra le prospettive che si aprono per Cellnex Italia anche i bandi legati al Pnrr: Cellnex vorrebbe partecipare alle gare per portare il 5G nelle aree bianche a fallimento di mercato. Da sola, se dovessero cambiare le condizioni poste dal Governo, o in partnership con gli operatori, come consentito oggi. Per quali linee crescerete nel 2022? Continueremo a crescere a livello organico, cercando di aumentare il livello di ospitalità dei pali già esistenti oppure costruendo nuovi pali per ottimizzare la rete di copertura dei nostri clienti. Questo è il nostro core business, siamo andati benissimo negli ultimi anni, vorremmo mantenere il trend crescente. Abbiamo fatto tantissimo anche per le coperture Das, ad esempio lo Stadio San Siro, lo Stadio Olimpico, l'ospedale Niguarda, altri ospedali importanti e centri commerciali. In Italia abbiamo qualche migliaio abbondante di nuovi Das, numeri che crescono anno dopo anno: ne abbiamo costruito l'anno scorso 500, due anni fa 700, andiamo avanti così. Inoltre, abbiamo stretto partnership con Everynet, una delle principali realtà nell'IoT, abbiamo lanciato lo sviluppo della prima rete IoT in Italia, con l'obiettivo di renderla una rete wholesale only, totalmente neutra, aperta a tutti, a bassissimo costo di ingresso. D'altronde l'IoT non è un business da avidi, è un business sociale, se redditizio lo è perché se ne diffonde l'uso nei vari strati di popolazione, dalla parte business a quella consumer. In Spagna, inoltre, siamo leader di Pmr, Professional mobile radio, di cui un esempio è il Tetra, usato per le reti private di comunicazione estremamente delicate e sensibili, come quelle della polizia dei vigili del fuoco, o delle ambulanze. In Spagna gestiamo 60mila terminali Tetra, abbiamo il know how di progettazione, implementazione e gestione, ma non abbiamo una tecnologia proprietaria e non vogliamo averla. Vogliamo, infatti, essere liberi di utilizzare ogni anno la migliore tecnologia esistente, la più efficace e anche la meno costosa. Noi offriamo trasparenza totale e abbiamo la ferma intenzione di portare questo know know how in Italia, vorremmo entrare in questo business in Italia. A che punto siete in Italia sul Tetra, avete partecipato alle gare? Sì, abbiamo già partecipato a tre gare. L'incumbent in questo settore è Leonardo, pensiamo di avere una tecnologia superiore e più economica, e ce la giocheremo, vedremo, vincerà il migliore. Guardate ad acquisizioni nel settore tower o vi basta quanto fatto finora? Stiamo finalizzando l'integrazione della circa 2mila torri di CK H Networks Italia; la società esiste ancora ma ci sono già un unico organigramma e un'unica organizzazione. Quanto ad altre acquisizioni, non credo che diremo mai che ci siamo fermati, anche se non abbiamo l'ansia di acquisire a tutti i costi. Abbiamo, invece, la curiosità di andare a vedere qualsiasi opportunità possa venir fuori, dalle 2 torri alle 20mila. In questo campo inseguiamo l'opportunità, se reputiamo che ci sia la finalizziamo, ma abbiamo anche rifiutato alcuni deal, non in linea con i nostri criteri di redditività rispetto all'investimento richiesto. Parteciperete ai bandi legati al Pnrr? Oltre alla nostra strategia di crescita, stiamo effettivamente considerando la possibilità di cogliere l'opportunità che vengono offerte dagli attuali bandi a cui il Governo sta lavorando, per andare a portare copertura 4G e 5G nelle aree a fallimento di mercato. Al momento stiamo discutendo con vari interlocutori istituzionali e privati. L'attuale impostazione del Governo prevede l'obbligo di fornitura del servizio al cliente finale, ma noi non vogliamo essere titolari di frequenze, visto che ciò colliderebbe con il business dei nostri clienti. Dunque, si aprono due alternative: o partecipiamo in partnership con uno o più operatori, oppure il Governo prende atto che oggi in Italia i soggetti che più di tutti implementano le reti di comunicazione mobili sono proprio i tower operator. Partecipando, diamo una garanzia in più di successo al progetto. Passando al problema della realizzazione delle infrastrutture, avete riscontrato miglioramenti sul versante della permissistica? Il dl Semplificazioni ha prodotto qualche miglioramento, ma ci sono limiti difficilmente sormontabili. Ad esempio, c'è un'ordinanza del Comune di Roma che vieta le torri di telecomunicazioni a meno di 100 metri dai siti sensibili, tra i quali scuole private, pubbliche, università, ospedali, cliniche. Ne deriva che migliorare oggi la copertura cellulare di Roma è tecnicamente impossibile. Ci sono altri Comuni e altri contesti che hanno limiti comparabili, e quindi anche su questo tema dobbiamo trovare una quadra. Inoltre, la burocrazia non è migliorata  con la pandemia, lo smart working della Pa ha fatto passi da gigante, ma siamo ancora lontani dall'avere uno smart working vero e solido che possa funzionare meglio del lavoro in presenza. Tuttavia, tirando le somme, visti i cambiamenti dell'ultimo periodo, possiamo dire di andare nella giusta direzione. In passato si era parlato dell'idea di creare un maxi-polo delle torri, come sono i rapporti con il vostro principale competitor, Inwit? C'è un rapporto di grandissimo rispetto umano anche a livello manageriale, ma innegabilmente siamo due competitor in un mercato stretto. Il maxi-polo, che potrebbe anche essere una scelta lucida, non può essere una scelta di una delle due parti e non può che avere una partecipazione, a livello arbitrale, da parte del Governo. Ad oggi questa tendenza, questa volontà del Governo di realizzare il maxi-polo non le ho viste, tranne che per il broadcast. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 28/1/2022

14 Gennaio 2022

Telsy (Tim): «Pronti a una campagna di M&A, guardiamo a società di diritto italiano»

Parla l'amministratore delegato Eugenio Santagata. Raddoppio dell'occupazione e nuovi servizi tra gli obiettivi dell'azienda di cybersecurity Crescita organica e inorganica, acquisizioni allo studio, preferibilmente in Italia, raddoppio dell’occupazione nei prossimi anni, nuovi servizi. Si apre un 2022 sfidante per Telsy, azienda della cybersicurezza su cui il governo può esercitare il golden power, dal 2000 dentro il gruppo Tim, guidata da Eugenio Santagata, ex ceo di Cy4gate. «L’assetto di Telsy – racconta Santagata a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore e della Luiss Business School –, società già strategica di per sé, può avere una crescita fortissima. Siamo riusciti a registrare un incremento del 45% in volume nel 2021 e una crescita importante sia in valore sia in marginalità. La sfida vera è iniziare il 2022 con una macchina che si può cimentare già in una gara da Formula 1, con tutto ciò che serve». «Il mercato della cybersecurity vale in Italia circa 2 miliardi di euro» Il contesto offre varie opportunità: il mercato della cybersecurity in Italia, infatti, «vale circa 2 miliardi e, anche se è difficile reperire i dati, visto che ogni giorno un pezzo di economia digitale in più diventa cybersecurity, di anno in anno il tasso di crescita composto va dal 14 al 16%, sia sulla cybersecurity sia sulla criptografia». La cybersecurity «va dunque pensata a monte, non a valle, e Tim l’ha integrata in maniera corretta. Telsy, nell’ambito del gruppo, è in grado di intercettare questo tipo di crescita, in particolare nel prossimo triennio. Peraltro, questa è la mission che il gruppo Tim affida a Telsy e che io stesso sono stato chiamato a implementare. Nel piano di gruppo, prevediamo una crescita molto forte di Telsy, puntiamo a una crescita migliore del mercato, o almeno in linea. Il nostro tratto distintivo consiste nella possibilità di integrare le due anime, la sicurezza delle comunicazioni e la sicurezza informatica». «Proseguiremo nella crescita organica e anche a livello inorganico» Da un lato, prosegue l’amministratore delegato, «proseguiremo con la crescita organica, ma al contempo pensiamo a crescere a livello inorganico: il 2021 è stato l’anno in cui abbiamo posto le basi per una campagna di M&A, nell’ottica non tanto di affrontare le acquisizioni tout court, ma di identificare i soggetti nel piano industriale da poter integrare». Telsy è alla ricerca di elementi che possano coesistere, anche di tipo tecnologico: «in Italia ad oggi l’80% delle aziende che dicono di fare cybersecurity sono erogatrici di servizi, non hanno una tecnologia propria, mentre per Telsy è fondamentale avere la tecnologia in casa. Attualmente stiamo studiando acquisizioni che annunceremo al momento opportuno. Guardiamo prevalentemente a soggetti di diritto italiano; d’altronde ci sono elementi di sistema, tra questi il perimetro di sicurezza cibernetica di cui Telsy fa parte, alla luce dei quali l’italianità diventa un fattore importante». «Puntiamo a più che raddoppiare in pochi anni la nostra forza lavoro» Si accompagna al piano di crescita dell’azienda anche il progetto di incremento dell’occupazione: «dal mio ingresso, lo scorso aprile, siamo cresciuti notevolmente e continueremo a farlo: prevediamo, infatti, una crescita esponenziale che ci porterà a più che raddoppiare in pochi anni la nostra forza lavoro». In quest’ottica «trovare le competenze è sfidante. In Italia sono stati fatti passi in avanti, ma vi è sempre una sana lotta al talento. Sono molto ricercati i coders, in grado di realizzare codici avanzati rispetto ai sistemi di cybersecurity. La sfida è sempre complessa, ma meno problematica e più gestibile rispetto a 3-4 anni fa, grazie alle sinergie crescenti tra industria e università. Si parla di più, ci sono progetti di ricerca cofinanziati». Per il modello di business di Telsy «il punto chiave è la convergenza crescente tra criptografia e mondo del digitale, l’ambito in cui si muove tutto ciò che oggi è cybersecurity. L’azienda ha realizzato algoritmi di criptografia, realizzati da criptografi e da ingegneri con specializzazioni particolari, per proteggere i dati sia quando sono a riposo sia quando viaggiano. La convergenza si declina poi in vari modi, noi abbiamo cercato di coglierla sul piano tecnologico e industriale. Nell’ambito della criptografia ci sono tante applicazioni nate per usi di difesa e governativi che stanno trovando applicazione nel mercato corporate e civile». «Immetteremo sul mercato app di instant messaging alternative a WhatsApp o Signal» Guardando più in particolare ai prodotti, l’azienda immetterà sul mercato nei primi mesi del 2022 «sistemi di video conference sicuri, app di instant messaging proprietarie (quale alternativa ai più noti ma meno sicuri WhatsApp, Signal, etc.). Offriamo competenze distintive nella ricerca e soluzione di vulnerabilità in sistemi di connettività come i dispositivi IoT, chipset, router, piattaforme It usate per gestire chiamate, sistemi Scada (si pensi alle esigenze di mercato di aziende come Olivetti, crescenti richieste di implementazione di una ‘sicurezza by design’ e competenze chiave in ambito cloud, con particolare riferimento a Noovle). A tali competenze si aggiungono servizi e prodotti di monitoring, di analisi del traffico dati e scoperta di anomalie, threat intelligence, su cui stiamo investendo molto, al fine di prevenire e predire problematiche cyber, open source intelligence, decision intelligence e mobile security. Insomma, un cyber e crypto hub a 360° unico nel suo genere in seno alla struttura industriale ed alla cultura digitale di Tim».Oltre a fornire soluzioni crypto ai partner storici, Telsy «guarda, in piena e forte sinergia con la forza vendite di Tim, ai clienti large e allo small e medium business. La nostra offerta è stata infatti arricchita per tutte le linee di business. Per la parte crypto abbiamo sviluppato soluzioni di varia natura, spaziando da prodotti per la sicurezza delle comunicazioni telefoniche, videoconference e messaggistica istantanea (come Pillow, Antares e InTouch), a prodotti per la sicurezza dei server (come Musa), cifranti (come Hypnos e BFT) e jammer ultrasonici (come Atmo). Sul lato cyber abbiamo sviluppato Omnia, una piattaforma integrata di cybersecurity che sfrutta la combinazione delle sue componenti per fornire funzionalità estremamente specializzate, unitamente alle nostre altre soluzioni per Soar, Edr, Apt detection e mobile security». Grande rilevanza acquista, infine, il tema del quantum computing: quest’anno Telsy, ricorda Santagata, ha acquisito circa il 20% di Quantum Telecomunication Italy, società italiana leader nella tecnologia Qkd (Quantum key distribution). «Integrando le competenze di QTI con il know how di Telsy stiamo sviluppando delle soluzioni future-proof di crittografia post-quantum, ovvero prodotti che – conclude il ceo - siano resistenti ad attacchi portati tramite computer quantistici». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/1/2022

14 Gennaio 2022

«Cybersecurity per noi centrale, su Hwg abbiamo ritirato l’offerta ma resta interesse»

Parla Tullio Pirovano, ad di Lutech, che annuncia un numero significativo di acquisizioni nell'anno e conferma gli obiettivi su ricavi e quotazione Un'acquisizione nel settore della cybersecurity entro l'anno e un numero significativo e importante di acquisizioni in generale, considerati anche gli altri campi. Sono gli obiettivi di Lutech, gruppo Ict da circa 500 milioni di euro, per il 2022, come spiega l'amministratore delegato Tullio Pirovano a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School). Nella cybersecurity in particolare, una volta constatato che Hwg ha fatto altre scelte strategiche, Lutech conferma comunque l'interesse a collaborare. Confermato anche il target di raggiungere un miliardo di ricavi entro il 2024-25 (obiettivo «impegnativo ma fattibile»), attraverso crescita organica e operazioni straordinarie. Poi c'è l'opzione quotazione: una volta raggiunto il miliardo di ricavi, «riteniamo di poter essere un soggetto interessante per gli scambi e attrarre investitori istituzionali importanti». La cybersecurity è un settore che suscita molto interesse, che ruolo ha all'interno del vostro business? La cybersecurity è sicuramente una delle aree strategiche su cui Lutech sta puntando con maggiore determinazione. Noi abbiamo un posizionamento storico, con un volume di affari aggregato di circa 40 milioni di euro e un'ampia offerta che va dalla progettazione e realizzazione di soluzioni complesse fino a servizi di consulenza e al Soc (Security operations center) di ultima generazione, un investimento molto importante fatto 3 anni fa ed ubicato nella nostra nuova sede. L'obiettivo è quello di essere uno dei principali player nel panorama Ict italiano, crescendo organicamente, ma anche attraverso operazioni di M&A, portando in Lutech nuove competenze e professionalità. In sintesi, siamo alla ricerca di persone e realtà che vogliano condividere con noi un percorso di crescita. E per noi la cybersecurity è un elemento centrale della nostra offerta. Pensate di chiudere a breve qualche acquisizione nella cybersecurity? Penso che entro l'anno ne chiuderemo almeno una. Restate interessati ad Hwg per cui avete presentato un'offerta? Lutech ha fatto un'offerta molto interessante non solo economica ma anche di progetto, un'offerta secondo me unica e distintiva. Ma ci siamo ritirati perché abbiamo capito che Hwg non è più interessata al deal perché ha fatto altre scelte strategiche. Con loro stiamo collaborando e continueremo a farlo, poi non è detto che non ci si incontri nuovamente in futuro. Farete una divisione ad hoc per la cybersecurity su cui volete puntare particolarmente? Il nostro è un obiettivo di gruppo, avere una società separata, oppure optare per una practice all'interno del gruppo con una propria identità, è una decisione che prenderemo sulla base anche di considerazioni contingenti. A che tipo di altre acquisizioni state guardando, oltre a quelle nel campo della cybersecurity? Sul fronte delle acquisizioni abbiamo un track record notevole con una macchina di M&A molto collaudata. Ci sono le premesse per mettere in campo nel 2022 un numero significativo, importante di acquisizioni. Per noi si articolano principalmente su due filoni: uno nei settori dove Lutech è già presente, con l'obiettivo di migliorare il nostro posizionamento in un'area specifica, ad esempio nel mondo dei big data e degli analytics, del cloud, riguardo alle competenze verticali di industry, come nel comparto del manufacturing dove nello scorso novembre abbiamo completato quattro acquisizioni. Proprio nel manufacturing abbiamo una pipeline di operazioni, alcune delle quali penso si completeranno entro il 2022. Per noi quello dell'acquiring è un modo molto efficace per portare a bordo competenze e acquisire un pool di risorse specializzate che possano trovare in Lutech opportunità di crescita. Un altro filone strategico riguarda operazioni più significative, di tipo trasformative che permettono di accelerare la crescita. Sono operazioni più complesse che richiedono un'analisi più profonda rispetto alle precedenti. Anche su questo fronte stiamo lavorando molto. L'obiettivo principale è in Italia, visto che Lutech vuole diventare uno dei primi operatori Ict nel nostro Paese, ma qualora vi fossero opportunità all'estero che possano permetterci di rafforzare e offrire crescita e sviluppo, le valuteremo. All'estero guardiamo soprattutto operazioni riguardanti aziende il cui sviluppo può essere governato dall'Italia, in modo sinergico. Quanto all'obiettivo annunciato di raggiungere un miliardo di ricavi entro il 2024 siete sulla buona strada? Stiamo andando bene, abbiamo un 2021 in linea con i nostri obiettivi. Chiuderemo l'anno scorso, annualizzando le operazioni di acquisizione effettuate, con ricavi vicini ai 500 milioni di euro. Vediamo l'obiettivo del miliardo di ricavi da raggiungere entro il 2024-25, impegnativo ma fattibile. E poi valuterete la Borsa? Se ci saranno le condizioni, a quel punto Lutech può essere un soggetto interessante con tutte le carte in regola per aspirare a fare una quotazione importante su un mercato importante. Riteniamo infatti che per poter essere un soggetto interessante per gli scambi e attrarre investitori istituzionali importanti si debba arrivare intorno a un miliardo di ricavi. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/1/2022

14 Gennaio 2022

Fastweb e Consorzio Italia Cloud avanti nella gara per la Nuvola di Stato

Il Consorzio seguirà anche la strada di preparare un'offerta alternativa a quella del Polo nazionale del cloud I punti chiave Fastweb, che è in cordata con Engineering, e il Consorzio Italia Cloud andranno avanti nella gara per la "Nuvola di Stato", nonostante la scelta da parte del governo per il modello presentato da Tim, Cdp, Sogei e Leonardo. «Dopo l'espressione di gradimento per la soluzione tecnologica di Tim, adesso - ha detto l'amministratore delegato di Fastweb, Alberto Calcagno, in occasione della conferenza stampa per aggiornare i target del gruppo - sarà costruito un bando e di nuovo ci sarà la possibilità per tutti, compresa Fastweb, di poter presentare un'offerta. Noi eravamo molto sicuri e abbiamo lavorato molto sulla nostra proposta. Daremo il massimo per portare a casa la gara». Avanti nella selezione anche il Consorzio Italia Cloud che aveva presentato manifestazione di interesse, ma non aveva poi partecipato alla seconda fase con un'offerta, come invece fatto dalla cordata di Tim, da Fastweb-Engineering e da Almaviva-Aruba. Il Consorzio, annuncia Antonio Baldassarra a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School), resta comunque interessato alla gara che partirà una volta pubblicato il bando. «Consorzio Italia Cloud: Lavoriamo in ottica federata pubblico-privata» «Abbiamo deciso nei mesi scorsi – precisa Baldassarra - di non presentare per il polo strategico nazionale una nostra proposta specifica, ma resta l'obiettivo di partecipare alla gara che sarà fatta sul capitolato messo a punto dalla cordata con Tim, stiamo lavorando in un'ottica federata pubblico-privata». Allo stesso tempo il Consorzio Italia Cloud, composto da sei aziende più Insiel, la in house che progetta, realizza e gestisce servizi informatici per conto della Regione Friuli-Venezia-Giulia, «lavora a un diverso scenario. Parteciperemo alla gara, ma ci candidiamo allo stesso tempo a essere un fornitore alternativo completamente compliant con le linee guida della cybersecurity dettate dall'Agenzia nazionale». L'adesione al cloud nazionale da parte delle Pa non è obbligatoria A far decidere il Consorzio verso questa doppia scelta, spiega Baldassarra, ha contribuito anche la constatazione che l'adesione al polo nazionale strategico del cloud per le Pa non è obbligatoria. Come spiegato in un convegno del Garr di qualche settimana fa da Paolo De Rosa, Cto del dipartimento per la Trasformazione digitale, «il cloud nazionale non è un ‘trattamento sanitario obbligatorio' per nessuna Pubblica amministrazione». In arrivo altri due enti pubblici nel Consorzio Il Consorzio Italia Cloud, ad oggi formato oltre che da Insiel e Seeweb, da Sourcesense, Infordata, Babylon Cloud, Eht e NetaliaIl, è, inoltre, alle battute finali per chiudere le trattative con altri due enti pubblici. «Siamo in fase avanzata, forse le chiuderemo a fine mese. Inoltre, valutiamo l'ingresso nel nostro consorzio di altri tre soggetti privati», aggiunge il ceo di Seeweb. Riguardo alle linee guida richieste dall'Agenzia per cybersicurezza nazionale, elemento necessario per un'offerta di cloud alternativa al Polo, «Insiel si era già adeguata, alcuni data center di soggetti privati compreso il nostro hanno fatto la stessa cosa, ora – conclude Baldassarra - si tratterà di mettere a punto un'offerta che rispetti in maniera precisa i dettati dell'agenzia».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/1/2022