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02 Marzo 2022

Real Estate, Enrico Cestari: «Formarsi per essere protagonisti in un mercato in forte evoluzione»

Dall'ascesa del Private Rented Sector alla comprensione dei nuovi trend in atto nel settore immobiliare: ecco perché la formazione è quanto mai necessaria per creare valore in un settore che nel suo complesso contribuisce a circa il 20% del Pil italiano Il settore Real Estate produce il 20% del Pil italiano. Tuttavia, per lungo tempo, la ricerca di figure professionali in questo campo è stata circoscritta alla richiesta di bravi “commerciali”. In uno scenario mutevole, in cui la pandemia ha influenzato tutti i campi dell’immobiliare ed in particolare quello residenziale, questo non basta più e l'alta formazione offre oggi gli strumenti per mettere a sistema skill trasversali, capaci di creare valore. Per questo, Luiss Business School ha elaborato diversi percorsi formativi – Real Estate Finance (Major dell’Executive Master in Accounting & Finance), EREF - Real Estate, il Flex Executive Programme Real Estate Consultant e il Real Estate & Finance (Major del Master in Financial Management) – capaci di formare i business translator necessari per dare valore alle trasformazioni del settore. Enrico Cestari, Coordinatore Settore Real Estate & Infrastrutture Luiss Business School, offre un quadro dei trend di settori e delle potenzialità da cogliere per chi decide di specializzarsi nell'ambito. Trasformazione del settore: quali sono le principali leve di cambiamento? Al momento i trend topic sono tre. La pandemia ha ridefinito il concetto di work life balance. Ciò ci ha dato l’opportunità di ripensare gli spazi d'ufficio, che devono diventare luoghi di condivisione di idee, di aggregazione e non solo il contenitore di una scrivania e di una routine. In più, anche la casa è chiamata ad avere uno spazio da dedicare allo smart working. Le abitazioni devono così avere un punto di sintesi, con spazi più fruibili, disponibili anche all'aperto. Ottimizzare gli spazi comuni a beneficio dello spazio privato significa anche condividere luoghi con i vicini di casa, che prima erano da evitare e che oggi, con un ritrovato senso di appartenenza, sono il punto di partenza per network di attività. Il secondo trend riguarda i modelli di sviluppo. Come cambieranno? Dovranno essere più sostenibili, non solamente da un punto di vista ambientale, ma anche sociale. L'inclusione dovrà essere supportata dall'infrastruttura immobiliare. Infine, c'è l'impatto digitale. Come può coniugarsi con il settore Real Estate? Il digitale deve essere un supporto che crea valore per coloro che vivono, lavorano e passano il loro tempo libero nei “luoghi” che vengono realizzati o ripensati sulla base delle esigenze di chi li abita. Abbiamo messo questi tre elementi a fattor comune nei nostri percorsi, per plasmare gli strumenti necessari agli operatori per governare la complessità. Ciò è possibile analizzando temi che vanno dall'ambito finanziario fino al marketing e alla comunicazione. I tool e le competenze plasmate anche su questo trend topic creano la visione necessaria per centrare l'obiettivo. Quale? Accendere delle sentinelle che possano interpretare le dinamiche di settore, diventando – per citare il professor Paolo Boccardelli – dei business translator. Formazione e Real Estate: un binomio utopico o necessario? Alla luce di quanto appena osservato attraverso i trend, la formazione e il Real Estate costituiscono un binomio assolutamente necessario. Avere un percorso strutturato, che vada a toccare le maglie che compongono la filiera dei servizi, è di grande vantaggio. Lo scopo è ottimizzare un altro binomio importantissimo: opportunità e competenza. Se ci sono questi due elementi, il percorso professionale è lastricato di successi. Guardando alle opportunità, cosa sta succedendo nell'ambito Real Estate? Finalmente, dopo anni di turbamenti, il settore immobiliare sta offrendo ottime opportunità soprattutto grazie al ritorno di operatori esteri. Normalmente il settore degli investimenti corporate in questo campo è stato sempre puntato verso l'office: gli investitori stranieri sceglievano di entrare in Italia per investire in uffici o strutture retail. Invece oggi si sta riscoprendo l'Italia dal punto di vista anche residenziale, un asset che può generare un'importante redditività, che passa anche da nuove modalità di utilizzo. Può fare un esempio? Basti pensare al Private rented sector, che si basa sul costruire per affittare. L'Italia è un Paese che vanta più del 70% di abitazioni di proprietà. In Germania la percentuale si riduce a circa il 50%. Questa spinta del PRS ci dice che si sta ascoltando ciò che le nuove generazioni cercano in una casa: un luogo da cui spostarsi in modo rapido e consueto. Intercettare i fenomeni abitativi e tradurli in business è il punto di partenza. Come Luiss Business School abbiamo creato un percorso specialistico di ampio respiro, proprio perché solo se si ha una comprensione del fenomeno e della sua ampiezza, lo si può arricchire con una visione di complesso. Quali sono le figure professionali necessarie per il settore Real Estate? Sono diverse. Una figura molto interessante, che emerge dal nostro percorso, ha forti attitudini economico-finanziarie. È capace di comprendere la complessità di ciò che succede nella finanza. Ma se ci soffermiamo solo su questo ambito, perdiamo la possibilità di portare beneficio altrove. Invece, vogliamo figure che facciano ragionamenti che vadano al di là di una matrice numerica, che possano interpretare i trend in corso e dar loro valore. Qual è il background necessario per accedere a questi percorsi di formazione? Le figure di partenza possono essere le più varie. Seguire un percorso di formazione in Real Estate può essere un'opportunità anche per liberi professionisti, avvocati, ingegneri, architetti, che possono intercettare una visione più ampia del settore, andando ad arricchire la propria specifica competenza. Un ingegnere che fa “solo” ingegneria è come una Ferrari che va a venti all'ora. Noi forniamo lo zoom out necessario per avere visione più critica e arricchente da riversare nella propria professione. Luxury Real Estate: un trend da cavalcare? Assolutamente sì. Ritengo che questo segmento, caratterizzato da una domanda anelastica, ci mostri che nella sempre più accentuata polarizzazione degli stili di vita e della ricchezza, il segmento centarle della domanda si sta sempre più spostando verso le estremità superiore e inferiore della piramide sociale. Questo significa avere davanti una grande opportunità nella creazione del lusso accessibile. In questo modo, si va ad intercettare lo spostamento che tende verso l'alto. Ci sono opportunità anche per chi vede ridursi il proprio potere d’acquisto? Lì è necessario applicare politiche di supporto, non solo economico, che vadano a riqualificare le periferie, spesso purtroppo fatte solo per essere tali, per realizzare uno dei trend del momento: l'inclusione abitativa. Il tessuto urbano può diventare un laboratorio di crescita. Per questo, tra i nostri docenti, ci sono anche nomi di rilievo nel campo della sociologia come la professoressa Galdini dell'Università La Sapienza. L'obiettivo è poter offrire ogni tipo di supporto nel percorso di interpretazione della complessità. 2/3/2022

26 Marzo 2021

Cementir: Caltagirone Jr., «Avanti sulla svolta green e sul cemento a impatto zero»

Il tema della sostenibilità è strategico, spiega il Presidente e AD del gruppo a SustainEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School Il cemento è la seconda materia prima più utilizzata al mondo dopo l'acqua. Quindi la riduzione dell'impatto ambientale e la sostenibilità diventano una sfida. Che per un gruppo del cemento, che opera in 18 Paesi, diventa un tema strategico. Ne è convinto Francesco Caltagirone Jr., amministratore delegato di Cementir, che a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Radiocor, racconta l'impegno del gruppo per il sociale ma anche per la salute e la sicurezza dei lavoratori e parla della svolta «green» che passa dal target di riduzione del 30% delle emissioni di CO2 ad un Piano, quello 2021-2023, che mette sul piatto 107 milioni di investimenti in sostenibilità e digitalizzazione. A partire dalla tecnologia «brevettata in casa» per prodotti a impatto zero. Il tema della sostenibilità è ormai imprescindibile in qualunque ambito produttivo ed anche in un settore tradizionale come quello della produzione di cemento. Come lo affronta un gruppo multinazionale che opera in aree geografiche e contesti culturali e sociali diversi? «Anche per Cementir come ormai per tutto il mondo produttivo il tema della sostenibilità è un tema strategico. Noi operiamo in contesti molto diversi fra loro: dalla Scandinavia all'Egitto, dagli Usa alla Cina ci dobbiamo confrontare ogni giorno con culture e legislazioni profondamente differenti che impongono un approccio aperto ed innovativo. Per questo abbiamo fissato 25 obiettivi di sostenibilità, coerenti con le linee guida definite dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, che coprono le aree prioritarie del gruppo ed il cui scopo ultimo è spingerci ad adottare tutte le misure necessarie e le soluzioni tecnologiche più innovative per ridurre al minimo l'impatto delle nostre attività sull'ambiente, creare un ambiente di lavoro sano, sicuro e inclusivo, rispettare i diritti umani e creare un rapporto costruttivo e trasparente con le comunità locali e i partner commerciali». Ci può declinare qualcuno di questi obiettivi e le attività intraprese da Cementir? «Uno dei nostri obiettivi principali è garantire la sicurezza sul lavoro e la soddisfazione lavorativa del personale. Entro il 2030 tutte le società del Gruppo opereranno con un sistema di gestione per la salute e la sicurezza certificato che ci permetterà di analizzare le cause di eventuali incidenti e condividere le "lesson learned". In più monitoriamo costantemente il livello di engagement del personale. Nel 2018 abbiamo lanciato Cementir Academy, un centro di formazione che mira a sviluppare e migliorare le capacità tecniche, comportamentali e gestionali di tutti i nostri dipendenti. Queste azioni "interne" sono accompagnate da azioni verso l'esterno come, ad esempio, il supporto finanziario all'Işıkkent Educational Campus, in Turchia». E sul fronte della riduzione dell'impatto ambientale delle vostre attività come vi state muovendo? «Cementir ha già intrapreso in modo convinto la svolta "green" dandosi l'obiettivo di ridurre del 30% le emissioni di CO2 entro il 2030 e, con il piano industriale 2021-2023 approvato a febbraio, ha messo sul piatto 107 milioni di investimenti in sostenibilità e digitalizzazione. Gli investimenti saranno concentrati in Danimarca dove il gruppo punta a costruire un nuovo impianto di calcinazione finalizzato alla produzione di FUTURECEM, tecnologia sviluppata e brevettata "in casa" che riduce la quantità di clinker nel cemento, e in Belgio dove il forno dell'impianto di Gaurain-Ramecroix sarà ammodernato per portare l'uso di combustibili alternativi dal 40% all'80%. Contemporaneamente stiamo implementando sempre di più l'uso del gas naturale nei nostri impianti al posto del carbone. Dal prossimo anno l'impianto in Danimarca sarà connesso alla rete nazionale di distribuzione del gas e nei prossimi due o tre anni la stessa cosa avverrà Belgio ed in Egitto mentre negli Usa l'utilizzo è già attivo. Sempre in ottica di sostenibilità, nello stabilimento di Aalborg l'eccesso di calore dell'impianto viene recuperato per fornire teleriscaldamento a 36 mila famiglie che presto diventeranno 50 mila e sarà installato un impianto pilota di cattura della CO2. Mi lasci ricordare, infine che recentemente Cementir ha ricevuto una valutazione "B" dal Carbon Disclosure Project (CDP), che ci colloca tra i primi player del settore e al di sopra della media europea». Quali sono le difficoltà che incontrate di fronte a sfide come l'obiettivo europeo di riduzione delle emissioni di CO2 del 30% entro il 2030? «Bisogna innanzitutto riflettere sul fatto che il cemento è la seconda materia prima più utilizzata al mondo dopo l'acqua. Ciò detto, la riduzione dell'impatto ambientale è una sfida che l'industria in generale e quella del cemento in particolare non può non accettare anche perché la pandemia ha acuito la sensibilità dell'opinione pubblica per le tematiche ambientali e reso ancora più urgente l'adeguamento, non solo delle infrastrutture, ma del modo in cui è organizzata la nostra società. L'ottimizzazione dei processi produttivi, logistica inclusa, e l'aggiornamento tecnologico degli impianti, per quanto complessi, sono i due obiettivi principali che vedo. Non va trascurata però anche l'importanza della filiera. È indispensabile che l'approccio sostenibile, ormai completamente recepito a monte della filiera, sia acquisito anche a valle e che, quindi, anche l'utilizzo delle materie prime avvenga in un'ottica sostenibile». Quanto conta l'innovazione in un settore tradizionale come il vostro? «La capacità di innovazione anche in un settore tradizionale come la produzione di cemento è fondamentale. Cementir, per esempio, sta sviluppando nuovi tipi di cemento basati sulla tecnologia proprietaria FUTURECEM che consente una riduzione del contenuto di clinker nel cemento e di conseguenza una riduzione delle emissioni di CO2 del processo produttivo. Analogamente stiamo sviluppando applicazioni e prodotti innovativi tra cui il calcestruzzo ad altissime prestazioni (UHPC), il cemento armato in fibra di vetro (GFRC), il calcestruzzo magnetico e la stampa 3D». Cosa vedete nel 2021? «Ovviamente speriamo che il 2021 sia l'anno di uscita dalla crisi pandemica. Per quanto riguarda Cementir posso solo dire che l'esercizio 2020, pur con le sue complessità, si è concluso con un utile di 102 milioni di euro, superiore di oltre il 20% al risultato dell'anno precedente e superiore anche alle attese del mercato. Per il 2021 contiamo di portare i nostri ricavi consolidati a circa 1,3 miliardi, di incrementare ulteriormente il margine operativo lordo tra i 285 ed i 295 milioni e di portare l'indebitamento finanziario netto a circa 30 milioni, includendo investimenti industriali di circa 95 milioni. Sono naturalmente obiettivi che non tengono conto di eventuali recrudescenze pandemiche che speriamo tutti non ci siano». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 26/3/2021

26 Marzo 2021

Ance: «Le costruzioni artefici del cambiamento sostenibile. Superbonus e cantieri per ripartire»

ll Presidente Gabriele Buia, intervistato da SustainEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School, chiede di aprire i cantieri a cominciare dagli interventi per mettere in sicurezza e rendere sostenibili territori e città Il settore delle costruzioni è uno dei principali artefici del cambiamento in chiave sostenibile. Incentivi come il superbonus stanno aiutando e Ance, spiega il presidente Gabriele Buia a SustainEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School, chiede la proroga a tutto il 2023. Gli ultimi dati a disposizione dimostrano, infatti, le grandi potenzialità dello strumento visto che al 15 marzo risultano avviati oltre 6.500 interventi per quasi 750 milioni. Ma chiede, con le risorse del Recovery Plan, di far ripartire i cantieri e, soprattutto, quello della manutenzione ma anche avviare le riforme, a partire da quella della Pa. È passato un anno da quando, in pieno lockdown, l'Associazione nazionale dei costruttori edili chiese un Piano Marshall. «Quel piano manca ancora ma le soluzioni ci sono e occorre cominciare a metterle in atto». Presidente, come possono contribuire edilizia e costruzioni agli obiettivi di sviluppo sostenibile? «Il nostro settore è uno dei principali artefici del cambiamento in chiave sostenibile delle città, dei territori, del Paese. La riduzione delle emissioni di Co2, il risparmio energetico del patrimonio edilizio, l'economia circolare, la messa in sicurezza e salvaguardia dell'ambiente sono tutti temi che impattano in modo diretto e indiretto con l'edilizia. Una grande sfida che come Ance siamo consapevoli di dover interpretare nel migliore modo possibile per soddisfare i bisogni e migliorare la qualità della vita di tutti noi». Cosa fa Ance per spingere le aziende del settore verso la sostenibilità? «Già nel 2018 abbiamo elaborato un piano per la sostenibilità e a questo tema abbiamo dedicato la nostra Assemblea nazionale, consapevoli che ben 15 dei 17 obiettivi dell'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile sono connessi con le nostre attività. Abbiamo poi creato già da tempo un gruppo di lavoro interno che si occupa di promuovere la cultura e la pratica della sostenibilità sia presso le istituzioni che presso le nostre imprese. La sostenibilità è un concetto ampio e articolato, non può ridursi solo alla green economy, abbraccia molti altri ambiti a cominciare da quello dell'inclusione sociale. Le politiche per le città devono tener conto di queste istanze e le nostre imprese sono pronte a fare la propria parte. Con questa convinzione, abbiamo da poco sostenuto la nascita di Edera, il primo centro italiano nato per accelerare la decarbonizzazione e la rigenerazione dell'ambiente costruito. Un'iniziativa con la quale vogliamo dimostrare ancora una volta che la sostenibilità non è né una teoria indefinita, né un vincolo da sopportare ma può essere, già da oggi, la nostra normalità». Incentivi come il superbonus stanno aiutando e possono aiutare spingendo gli investimenti? «Il superbonus al 110% è sicuramente un esempio di politica di sviluppo del settore in linea con le esigenze di risparmio energetico e di tutela del territorio. Gli ultimi dati a disposizione dimostrano le grandi potenzialità dello strumento visto che al 15 marzo risultano avviati già 6.512 interventi per un ammontare complessivo di quasi 750 milioni. C'è il rischio, però, che le opere non vengano concluse nei tempi previsti, dato l'orizzonte temporale molto limitato del beneficio, che non tiene conto di tutta la tempistica necessaria per l'esecuzione dei lavori. Per questo come Ance stiamo chiedendo di prorogare l'incentivo quantomeno fino a fine 2023. Bisogna però snellire anche le procedure, per favorire l'accesso ai benefici e velocizzare i tempi di rilascio dei permessi». La pandemia ha frenato la ripresa. Si discute tanto delle risorse del Recovery Fund e il Governo sta ultimando il Piano di Ripresa e Resilienza. Quali sono le azioni prioritarie? «Il tempo a disposizione per definire priorità e modalità operative è minimo. Bisogna definire al più presto un percorso decisionale e procedurale efficiente che ci consenta di spendere nei tempi previsti le risorse disponibili. Occorre, dunque, eliminare sovrapposizioni e definire tempi perentori per ogni decisione dell'amministrazione pubblica. E' chiaro ormai a tutti, infatti, che allocare fondi non basta, occorre spenderli e aprire i cantieri, a cominciare dagli interventi per mettere in sicurezza e rendere sostenibili territori e città. Dobbiamo far partire, infatti, il grande cantiere della manutenzione che, contrariamente a quanto dichiarato da molti in queste settimane, non è in contrasto con quanto previsto dal Recovery Plan. Due sono i binari di intervento da far partire contemporaneamente. Il primo dovrà sfruttare tutte le semplificazioni esistenti e gli snellimenti possibili per mettere subito a terra le risorse, aprire i cantieri e, sul fronte privato, far decollare il Superbonus. L'altro prevede di avviare il lavoro sulle riforme strutturali indispensabili per la crescita, a partire dalla riforma della Pa che deve essere potenziata e messa nelle condizioni di essere più efficiente e professionale». In pieno lockdown avevate proposto una sorta di Piano Marshall. Un anno dopo a che punto siamo? «Alcuni passi in avanti sono stati fatti. Ma manca ancora quel piano e quella visione complessiva che ci consenta di porre le basi per una crescita duratura e solida del nostro Paese. Le soluzioni ci sono. Occorre cominciare a metterle in atto». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 26/3/2021

26 Marzo 2021

Covivio: «Il 100% di immobili certificati green entro il 2025 e benessere per le città»

L'intervista di Alexei Dal Pastro, amministratore delegato Italia a SustainEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School Il 100% di immobili certificati green entro il 2025 e il taglio di un terzo delle emissioni tra il 2010 e il 2030 ma soprattutto creare benessere. Alexei Dal Pastro, amministratore delegato Italia di Covivio, la società nata dalla fusione tra Beni Stabili e Foncière des Régions e di cui l'imprenditore Leonardo Del Vecchio ha il 26% del capitale, racconta a SustainEconomy.24 l'attenzione alle tematiche Esg e ai progetti futuri. Nel 2021 il gruppo proseguirà con la rotazione degli asset per reinvestire il ricavato delle cessioni nello sviluppo di immobili innovativi. In Italia una pipeline di progetti per circa un miliardo di euro, focalizzati soprattutto su Milano. Covivio ha inserito la sostenibilità come asset della strategia di gruppo. Come si traduce nei progetti per le città del futuro? «L'attenzione alle tematiche Esg è coerente con la mission di Covivio: "Build sustainable relationships and well-being". Una strategia di sostenibilità che concentra su tre pilastri: migliorare l'impatto sull'ambiente tramite l'integrazione di spazi verdi in tutti i nostri progetti di sviluppo, la certificazione green dell'intero portafoglio e la riduzione delle emissioni di anidride carbonica; massimizzare il benessere e la soddisfazione dei clienti e dei team; rafforzare il nostro impegno sociale tramite la creazione di una Fondazione per la promozione di iniziative a favore delle pari opportunità e della salvaguardia dell'ambiente. Un impegno riconosciuto anche dal GRESB (Global ESG Real Estate Benchmark) che nel 2020 ha assegnato a Covivio la posizione di Sector Leader globale nella categoria "Diversified Office/Residential – Listed Companies". Il nostro approccio allo sviluppo si basa su iniziative che puntino a creare valore non solo per la porzione di territorio oggetto dell'intervento, ma per l'intera città, tramite la costruzione di ambienti sempre più sostenibili, sicuri e inclusivi, con l'obiettivo di promuovere maggiore coesione e senso di appartenenza al territorio tra gli abitanti come dimostrano i progetti che ci vedono impegnati, da The Sign a Symbiosis passando per Vitae e il futuro Scalo di Porta Romana». Volete contribuire attivamente anche alla riduzione delle emissioni. Ci parla dei prossimi target? E questo include costruzioni efficienti dal punto di vista energetico? «Di fronte alle sfide climatiche, Covivio prosegue i suoi sforzi di riduzione dell'impronta di carbonio del suo patrimonio e, a tale scopo, fa leva sugli strumenti e sulle partnership costruite nell'arco di diversi anni con i propri clienti e stakeholder. Il Gruppo ha in particolare definito un percorso ambizioso e distintivo in termini di emissioni che prevede la riduzione del 34% delle emissioni di gas effetto serra tra il 2010 e il 2030. Per raggiungere questo obiettivo, Covivio punta tra l'altro a raggiungere il 100% di immobili certificati "green" entro il 2025. A fine 2020 circa il 90% del patrimonio di immobili in Italia risulta già certificato». Il 2020 ha mostrato per Covivio resilienza con risultati importanti. Quali sono stati i punti di forza e cosa vi aspettate dal nuovo anno? «Il nostro patrimonio ha dimostrato grande resilienza grazie alla diversificazione e all'alta qualità, in un contesto di crisi senza precedenti. La centralità dei nostri asset, la potenzialità dei nostri sviluppi, la flessibilità della nostra offerta e la competenza riconosciuta dei nostri team, vicinissimi al cliente, costituiscono le basi per una performance sostenibile. Nel 2021 proseguiremo con la rotazione dei nostri asset per reinvestire il ricavato delle cessioni nello sviluppo di immobili innovativi e allineati alla domanda di uffici. In Italia abbiamo già in pipeline progetti per circa un miliardo di euro, focalizzati soprattutto su Milano, che ha un grande potenziale: nel panorama europeo è evidente come questa città abbia un forte gap tra immobili disponibili di grade A e domanda. Noi continueremo a lavorare per colmare questo gap». In Italia appunto il vostro focus è soprattutto su Milano. Ci parla dei progetti di sviluppo? «Su Milano siamo attivamente coinvolti in diversi nuovi progetti, primo fra tutti quello di rigenerazione dello Scalo di Porta Romana insieme a Coima e Prada. Un progetto che vuole restituire alla città un quartiere all'avanguardia e di qualità, che risponda a un mix di destinazioni d'uso e di servizi: uffici, abitazioni, spazi verdi, punti di aggregazione sociale e culturale. Un quartiere attrattivo e un punto di riferimento per l'intera comunità, non solo per gli abitanti della zona. Oltre allo Scalo, nel 2021 porteremo avanti alcuni importanti progetti di riqualificazione di nostri immobili storici nel centro di Milano e continueremo lo sviluppo dei nostri business district di The Sign e Symbiosis. Proprio in Symbiosis, nel 2021 partiranno anche i lavori di Vitae, l'innovativo e ambizioso intervento di rigenerazione urbana ispirato alla cosiddetta progettazione biofila, che prevede la compresenza di spazi pubblici e privati e il coinvolgimento della comunità». La pandemia da Covid-19, con le nuove modalità di lavoro, cambia i vostri progetti? «Gli effetti della pandemia rafforzeranno alcune caratteristiche della domanda, come la tecnologia, la sicurezza, la flessibilità e la sostenibilità, e daranno un forte impulso alla rilocalizzazione delle aziende in immobili di nuova concezione. Assistiamo infatti a un'importante domanda di sostituzione che offre molte opportunità agli sviluppatori: il «cantiere Milano» di Covivio lo conferma. Gli uffici, anche dopo la pandemia e l'ondata di smart working, resteranno una scommessa immobiliare importante per le aziende, continueranno a essere spazi essenziali per il trasferimento di valori e identità, per la collaborazione e l'innovazione». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 26/3/2021

26 Marzo 2021

Lendlease: «Il real estate traguarda al 2040 con rigenerazione urbana e le città del futuro»

In Italia una pipeline di circa 5 miliardi di euro da consegnare nei prossimi 10-15 anni. Andrea Ruckstuhl, Head of Continental Europe racconta a SustainEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School, i progetti a Milano, Mind e Santa Giulia Era il 1973 quando il fondatore spiegava che le aziende devono occuparsi oltre che del ritorno economico per gli azionisti di un ritorno ambientale e sociale. Da allora la sostenibilità ispira l'attività di Lendlease, gruppo australiano del real estate che gestisce asset per un valore di 36 miliardi di dollari australiani (circa 24 miliardi di euro) e traguarda alle città del 2040. In Italia, spiega a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Radiocor, Andrea Ruckstuhl, Head of Continental Europe, il gruppo vuole essere uno dei maggiori sviluppatori di progetti di rigenerazione urbana a livello nazionale, con una pipeline di circa 5 miliardi di euro da consegnare nei prossimi 10-15 anni. L'obiettivo è di creare a Milano nuovi ecosistemi inclusivi, resilienti e capaci di attivare circuiti virtuosi. Esempio sono Mind che darà vita a un distretto dell'innovazione e Santa Giulia in partnership con Risanamento Spa. Con l'ambizione di crescere ancora. Gli operatori del Real estate sono chiamati a costruire le città del domani. Voi state già operando una rigenerazione delle città, con quali impatti in termini di obiettivi ambientali e sostenibili? «L'impegno alla rigenerazione urbana caratterizza la nostra impostazione ormai dagli ultimi 30 anni, e abbiamo circa 110 miliardi di dollari dedicati allo sviluppo di 21 progetti. Del resto la rigenerazione urbana è un'occasione straordinaria con circa il 60% della popolazione mondiale che entro il 2030 vivrà nelle città. Ma certo si tratta di progetti che maturano e vengono realizzati in un periodo molto lungo, ben oltre un orizzonte politico, ben oltre un orizzonte di ciclo di mercato e dobbiamo traguardare al 2040 e a temi sociali e ambientali che necessariamente devono superare le norme esistenti. L'interesse per questi temi è proprio nel dna dell'azienda - a partire dal fondatore che nel 1973 già indicava che le aziende dovevano occuparsi oltre del ritorno economico per gli azionisti di un ritorno ambientale – ed è nelle scelte per i nostri azionisti. Abbiamo recentemente dichiarato al mercato due impegni ambientali e sociali: entro il 2025 arrivare allo zero carbon su tutti i nostri progetti nel mondo ed entro il 2040 arrivare all'absolute zero carbon sia in progetti in sviluppo che in quelli in gestione con fondi pensioni e fondi sovrani. Per arrivarci bisogna progettare adesso e fare scelte importanti adesso nonostante una normativa un po' arretrata. Un altro impegno che abbiamo preso è creare, entro il 2025, a livello di gruppo, circa 250 milioni di dollari di outcare sociale. E l'ultimo filone è l'inclusività: la rigenerazione può avere un effetto negativo se non si occupa dell'inclusività delle comunità già presenti sull'area e comprende le esigenze e il dna del luogo in cui operiamo». Anche alla luce di queste premesse perché l'Italia e il mercato italiano? «Noi siamo in Italia dalla fine degli anni 1990; poi, una decina di anni fa, quando eravamo presenti in una quarantina di Paesi, abbiamo deciso di selezionare Paesi e città che avevano le caratteristiche più adatte alla nostra esperienza di rigenerazione urbana. In Europa oggi abbiamo Londra e Milano. E sicuramente Milano ha dimostrato delle caratteristiche di opportunità perché non aveva tanti progetti di rigenerazione urbana ma un tessuto ricco e variegato di una città ancora in crescita demografica con una ricchezza culturale e una ricchezza di comunità». Soffermiamoci sui progetti italiani partendo dal business district di Santa Giulia. A che punto siamo? «Siamo partiti con lo sviluppo dei due lotti rimanenti dell'area più a sud, la più vicina alla stazione di Rogoredo e abbiamo completato entrambe le strutture dei due edifici SparkOne e SparkTwo: è un progetto che sta andando avanti bene dove abbiamo già un ‘anchor tenant' per gli uffici e anche la componente di retail sta procedendo; nonostante la crisi siamo sorpresi della voglia di ripartire e, quindi, stiamo già traguardando ovviamente al 2022 come occupazione. Entrambi gli edifici si inseriscono in un progetto complessivo, il progetto di Milano Santa Giulia appunto, per il quale abbiamo un accordo con Risanamento. E grazie all' accelerazione dell'arena olimpica - per i Giochi Olimpici invernali Milano-Cortina 2026 - il processo urbanistico per l'area nord sta per ripartire rapidamente». Mind, nell'area che ha ospitato Expo2015, sarà uno dei primi distretti dell'innovazione al mondo carbon neutral. Qual è il ruolo di Lendlease? E quale sarà il plus di Mind? «C'è una partnership pubblico-privata con Arexpo e noi siamo concessionari dell'area per 99 anni; questo significa che possiamo sviluppare circa 500.000 metri quadri in linea con la visione di Mind di realizzare un pezzo di città ma con una vocazione per la ricerca l'educazione e l'innovazione. Oltre all'ospedale Galeazzi, all'Human Technopole, al nuovo Campus dell'Università Statale e alla Cascina Triulza, abbiamo realizzato un'ulteriore ‘ancora' nell'ultimo anno e mezzo, un'iniziativa che prenda il meglio di quanto visto in giro per il mondo per supportare un ‘ecosistema dell'innovazione'. Federated Innovation, questo il nome dell'iniziativa, è stata fondata da 32 aziende e vuole essere un modello unico di collaborazione tra grandi aziende, piccole imprese, startup, università e centri di ricerca e vede già più di 300 attori collegati. E' l'interpretazione futura dell'innovazione ripensata con l'uomo al centro guardando alle città del futuro e alle scienze della vita. Ma Mind sarà anche un'isola senza combustibili fossili, con l'efficientamento energetico e la mobilità elettrica, edifici nearly zero energy con l'attenzione ai materiali e un target del 98%del materiale smontato che viene riciclato. La vera ambizione è di collegare il mondo della sostenibilità ambientale e sociale e misurare effettivamente il benessere delle persone». Dopo questi due progetti guardate ancora a qualcosa in Italia? «Noi stiamo continuando a guardare, partiremo con questi progetti attivamente perché ci piace far vedere i progetti più che raccontarli, faremo vedere i primi edifici ma sicuramente abbiamo ambizioni di crescere». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 26/3/2021