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10 Luglio 2021

Zte, «Al lavoro su smart stadium, auspichiamo in Italia l’anno prossimo»

La multinazionale cinese prevede in cinque anni 600 milioni di consegne di smartphone: il quadro del vicepresidente Zhang e dell'ad Italia, Hu, a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School Guardare la finale degli Europei scegliendo l'inquadratura o il giocatore preferito, verificare quanti goal hanno fatto Ciro Immobile o Andrea Belotti nella loro carriera. Diventando, in poche parole, i registi delle partite di cui si è spettatori. Sarebbe possibile con lo use case del 5G per lo smart stadium, su cui Zte sta lavorando con operatori tlc e vari stadi, che potrebbe arrivare in Italia l'anno prossimo. Lo dichiara dichiara Hu Kun, amministratore delegato di Zte Italia a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School). Allargando lo sguardo allo sviluppo internazionale del 5G, prosegue Zhang Jian Peng, vicepresidente senior della multinazionale, in 5 anni le consegne di smartphone potrebbero superare i 600 milioni di pezzi, puntando a diventare tra le prime sette al mondo. Per la fornitura di rete il gruppo è, al 2021, tra i primi due gruppi. Quanto allo sviluppo dell'infrastruttura 5G nel nostro Paese, aggiunge Zhang, c'è stata preoccupazione, ma ora si notano progressi. Tra le principali novità che porterà il 5G, Zte individua alcune direzioni: i confini tra il mondo fisico e il digitale che diventano più sfumati; maggiore protezione e sicurezza di persone o cose; la nuova rivoluzione industriale Che previsioni globali ha Zte sulla diffusione dei device 5G nel mondo nei prossimi anni? ZHANG: Rappresenta una parte cruciale dell'ecosistema 5G, fondamentale, molto importante per tutti gli sviluppi futuri. Noi, come Zte, stiamo portando avanti ingenti investimenti. In realtà nell'ultimo trimestre abbiamo investito più del 16% in R&S. Possiamo avere un ruolo importante e abbiamo accelerato, assecondando le richieste del mercato. In effetti, secondo le nostre previsioni, nei prossimi cinque anni le consegne di smartphone 5G potrebbero superare i seicento milioni di pezzi, puntiamo a diventare tra i primi 7 al mondo. Questo è il quadro generale delle nostre prospettive nel mercato E sul fronte dell'implementazione delle reti? ZHANG: L'implementazione del 5G è in realtà un argomento molto caldo, specialmente con l'arrivo della pandemia; in molti Paesi, abbiamo riposto molte speranze sul 5G per aiutare le persone. Se si guardano i dati Etsi ( European Telecommunications Standards Institute) si può notare che diventeremo uno dei primi tre al mondo. Il 5G è ancora in una fase iniziale, ma, includendo il 2021, per la consegna delle reti siamo tra i primi due, quindi è un grande risultato. Le core capabilities 5G che abbiamo già fornito sono più di centoventi milioni e se guardiamo al trasporto 5G siamo in testa e siamo molto ottimisti soprattutto con l'accelerazione legata alla pandemia. C'è ancora da parte nostra la volontà di investire a livello globale nel 5G. I nostri clienti accelerano l'implementazione su larga scala del 5G, non soltanto in Cina, ma anche in altri Paesi. Tra il 2020 e il 2025, la Gsma Intelligence ha previsto che gli operatori mobili di tutto il mondo spenderanno 1,1 trilioni di dollari in capex, di cui più di tre quarti di questa cifra per il 5G.Il futuro del 5G è nelle applicazioni industriali e gli operatori abilitano le migliaia di industrie con il 5G. In Italia, attualmente, il deployment delle reti non supera il 10%, secondo alcune stime. Quali sono secondo voi i principali freni e come migliorare questa situazione? ZHANG: In realtà anche noi abbiamo prestato attenzione ai progressi nelle reti. Guardando al mercato globale, la situazione italiana non è molto indietro. Il 5G è ancora in una fase iniziale, è partito solo due anni fa; avvertivo preoccupazioni per il mercato italiano, noi dal canto nostro stiamo contribuendo alla costruzione delle reti 5G. Ora i progressi sono abbastanza buoni. Se si guarda alla visione globale dell'industria, della Cina, della Corea, del Giappone, degli Usa, ci sono progressi anche molto evidenti. In conclusione, ci sono ancora degli scogli da superare, per esempio il modello di business. Ma siamo nella giusta direzione. Noi continuiamo a fare la nostra parte per contribuire. Che input vi aspettate dalla risorse del Recovery plan? HU: La pandemia ha fatto realizzare alle persone che le infrastrutture di tlc sono essenziali, molto importanti, come l'aria o l'acqua. Da parte dell'Ue c' è un ingente piano di stimolo. Io penso che, anche nel caso italiano, questi fondi creeranno il supporto necessario per accelerare, per migliorare la capacità infrastrutturale italiana. Supporteranno l'Italia aiutandola a portarsi oltre la media europea nelle infrastrutture digitali. Nei mesi scorsi avete annunciato l'arrivo dello smart stadium anche in Italia, a che punto siete con questo caso d'uso del 5G? Hu: Lo smart stadium è sicuramente considerato uno dei casi d'uso chiave, soprattutto in Italia dove lo sport è una delle attività principali, su cui le persone sono molto focalizzate. Grazie alla nuova applicazione si migliora l'esperienza quando si va allo stadio. Lo stadio intelligente è supportato da infrastrutture di telecomunicazione come il 5G. Con questa applicazione, arrivata due anni fa in Cina, si può scegliere quale angolazione guardare o fermare un'inquadratura; il tifoso può scegliere cosa guardare in campo. È un'applicazione che in Italia stiamo preparando per stadi diversi assieme agli operatori di tlc. Che tempi si prevedono? HU: La tempistica è legata anche ai proprietari dello stadio che vogliono muoversi velocemente, speriamo il prossimo anno. Quali sono le altre maggiori applicazioni del 5G secondo il vostro punto di vista globale? I dispositivi digitali creano pari condizioni per tutte le persone; cambierà, inoltre, la composizione del Pil futuro visto che ci saranno molte opportunità tecnologiche per le fabbriche che usano il 5G. In Cina vediamo chiaramente ora che non c'è bisogno di lavorare sulla linea di produzione, i robot l'hanno fatta aumentare del 30% e funzionano meglio. Siamo ottimisti sul fatto che ci sarà una grande richiesta e prima o poi la produzione globale cambierà (soprattutto dopo la pandemia). Sarà accettata come la nuova normalità. Anche se le applicazioni 5G sono ancora in una fase di incubazione e sono in itinere, ora possiamo identificare chiaramente alcune direzioni. In primo luogo, grazie alle reti 5G e ai servizi cloud, i confini tra il mondo digitale e il mondo fisico stanno diventando gradualmente più sfumati. Le persone sono in grado di estendere la loro visione operando con un drone. Il 5G permetterà di dare un feedback alla visione in tempo reale, lasciando che le persone godano di un'esperienza immersiva. Con le possibili applicazioni del 5G come la guida autonoma, la visione artificiale, l'escavatore senza equipaggio e l'estrazione mineraria, e i robot per il salvataggio, le cose di nostra proprietà e le nostre vite stanno diventando ancora più protette. In secondo luogo, il 5G e le sue applicazioni colmano il divario digitale puntando a raggiungere agli obiettivi di sviluppo sostenibile nel mondo; per esempio, l'apprendimento a distanza fornisce opportunità educative uguali per tutte le persone. Le applicazioni remote diversificate e la rete a banda larga 5G permettono la diffusione di una nuova modalità di lavoro per le persone, che possono operare liberamente da casa in modo efficiente come in ufficio. Possiamo dire che il 5G riduce la distanza tra le persone. In terzo luogo, il 5G potenzia le industrie e la società promuovendo la rivoluzione industriale. Per quanto riguarda la nostra azienda, Zte insieme a più di 90 operatori e più di 500 partner nel mondo, ha esplorato applicazioni 5G innovative su vasta scala. Inoltre sono stati sviluppati numerosi use case in più di 15 settori industriali con risultati positivi. Siamo lieti di vedere che i cambiamenti portati dal 5G e da molte altre nuove tecnologie dell'informazione stanno avendo luogo nelle fabbriche della Thailandia, nei porti del Belgio, nelle industrie dell'Austria, e nella produzione, nei trasporti, nella rete elettrica e nella protezione dell'ambiente in Cina.Solo per fare un esempio, nei mesi scorsi, Zte ha collaborato con il principale operatore tailandese Ais e l'Università di Suranaree per distribuire l'applicazione di fabbricazione intelligente 5G, con innovazioni 5G per trasformare una fabbrica ordinaria in una fabbrica intelligente da 5G Total Solutions. La tecnologia include veicoli autonomi 5G Cloud Agv, robot di ispezione di pattuglia, 5G Ar Remote Guidance, monitoraggio Vr in tempo reale e braccio robotico. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO

06 Luglio 2021

Paolo Boccardelli, Luiss Business School: «Nella transizione ecologica il capitale umano sarà ancora centrale e decisivo»

In occasione dell’apertura della nuova edizione dell’Edison Energy Camp il Direttore Luiss Business School e Nicola Monti, CEO Edison, tracciano la road map per una rivoluzione che non si può fallire Per la transizione ecologica non basta la tecnologia: la chiave di volta saranno le competenze. È questo il teorema espresso da Paolo Boccardelli, Direttore di Luiss Business School, durante il webinar La transizione ecologica: una sfida centrale per il sistema Paese e per l’economia internazionale. Il settore Energy è tra quelli maggiormente interessati dal Recovery Fund. Gli obiettivi sono la transizione energetica, il potenziamento della formazione e un cambio di mindset nella cultura di impresa. Mai come oggi l'Italia ha bisogno di una spinta importante per realizzare questi traguardi. Per farlo avrà bisogno di governare e tradurre la digitalizzazione in business, trasformando concretamente la parola sostenibilità in una voce di bilancio aziendale. «Il mondo dell'energia sta affrontando la stessa sfida del settore dell'IT di un decennio fa – spiega Boccardelli – passare da un modello industriale centralizzato a uno decentralizzato. L'architettura dell'energia sta attraversando lo stesso tipo di rivoluzione: portare l'intelligenza nei punti vicini al consumo. Attraverso la rivoluzione dei dati, la digitalizzazione consente di gestire i picchi di domanda in modo intelligente». Per farlo servono prima di tutto le competenze. «Nella transizione ecologica il capitale umano sarà ancora centrale e decisivo: ad oggi, far lavorare nel modo migliore un computer è ancora una competenza dell'uomo. Non bastano dei profili Stem o dei data scientist: queste risorse devono essere in grado di costruire il modo in cui l'azienda accede ai dati. I business translator interpretano i dati nel frame aziendale, danno il senso della valorizzazione del dato. Per questo vanno formati nelle aziende, per mettere in pratica la logica data driven attraverso processi innovativi, in cui il settore energetico ha fatto molti passi avanti». Secondo Nicola Monti, CEO Edison, le competenze necessarie nel settore Energy saranno quelle che consentiranno di chiudere il cerchio nelle energie rinnovabili, dove vanno implementati i sistemi di accumulo. «Serviranno competenze nella gestione dei clienti e nella comunicazione, nella gestione e formazione delle risorse umane: la quantità di persone impiegate nel settore aumenterà, con un necessario upskilling e reskilling, che traghettino le competenze dal mondo degli idrocarburi a quello delle energie rinnovabili». La transizione energetica: il vantaggio da non perdere Nella transizione energetica l'Europa si è portata avanti sul tema delle energie rinnovabili, creando anche un mercato delle emissioni. Al trend si stanno accodando anche gli Stati Uniti, ma nazioni come India e Cina non pensano minimamente a invertire la rotta. Edison, la più antica azienda energetica europea, si prepara a raggiungere la carbon neutrality entro il 2050. «Stiamo vivendo un momento di discontinuità – spiega Monti – Se il progresso industriale degli ultimi 50 anni è stato alimentato dagli idrocarburi, le cui emissioni hanno contribuito a causare un aumento della temperatura del pianeta, ci si rende conto che siamo arrivati a un punto dove bisogna cambiare modo di fare energia. In questo scenario le rinnovabili avranno un ruolo sempre più grande. Un ruolo chiave sarà giocato anche dal consumatore, che con il digitale non avrà solo un ruolo passivo, ma sarà in grado di comunicare in modo attivo». L'energia riguarda tantissimi aspetti della vita quotidiana: per questo la sostenibilità non può restare solo una medaglia da appuntarsi al petto. Secondo Monti è diventata un tutt'uno con i bilanci delle aziende. Boccardelli sottolinea che chi oggi ha obiettivi di sostenibilità, deve accelerare le sue policy. «Il 90% del successo di una strategia dipende da una buona execution: è il momento di affrontare i nodi implementativi della sostenibilità – spiega il Direttore di Luiss Business School – Il Pnrr dice molto in merito, ma forse non abbastanza: certamente è una grossa opportunità per trasformare una buzzword in qualcosa di concreto». «Bisognerà far bene i compiti per non lasciare solo debiti, creando ricchezza – aggiunge Boccardelli – È necessario rivisitare il sistema economico italiano. Abbiamo da recuperare un gap di produttività di vent'anni, in cui paghiamo inefficienza del sistema, falle nei settori della giustizia, innovazione, istruzione e ricerca. Il Paese cambia se ciascuno di noi si rimbocca le maniche e fa il proprio dovere». L'evento Le riflessioni sono emerse durante il webinar del 17 giugno La transizione ecologica: una sfida centrale per il sistema Paese e per l’economia internazionale, organizzato in occasione dell’apertura della nuova edizione dell’Edison Energy Camp, prevista per il 21 giugno. All'evento hanno partecipato Nicola Monti, CEO Edison, e Paolo Boccardelli, Direttore Luiss Business School, L’Edison Energy Camp prende avvio nel 2013 in collaborazione con il Consiglio Mondiale dell’Energia – WEC Italia, come programma destinato agli studenti iscritti alla laurea magistrale nell’ambito di percorsi di studio coerenti con il settore energia. Dal 2019 l’Edison Energy Camp è frutto del sodalizio fra Edison, WEC Italia e Luiss Business School. L’obiettivo è fornire una fotografia completa del settore Energy a 50 giovani, per formarli come futuri interpreti della grande sfida della transizione ecologica, soprattutto sotto la spinta del Recovery Fund, che siano in possesso degli strumenti di analisi critica degli scenari energetici e in grado di fornire un supporto integrato e mirato al business. Nell'Edison Energy Campo gli studenti si uniranno a giovani professionisti, lavorando insieme e creando nuove sinergie. I webinar open del camp vedono protagonisti Barbara Terenghi, Chief Sustainability Officer, Edison, il 24 giugno, e Simone Nisi, Direttore Affari Istituzionali, Edison, l'8 luglio.   5/7/2021

02 Luglio 2021

Maire Tecnimont: «Pronti a reindustrializzare l’Italia con chimica verde, economia circolare e idrogeno»

«Con NextChem  puntiamo a investire 20-25 milioni l'anno» spiega l'amministratore delegato del gruppo, Pierroberto Folgiero, a SustainEconomy.24 Un gruppo presente in 45 Paesi, che vuole riportare l'Italia ad essere leader, perché con la chimica verde, l'economia circolare e la transazione energetica si può reindustrializzare. E anche esportare il Made in Italy dell'ingegno sostenibile. Dai biocarburanti alle bioplastiche alla scommessa dell'idrogeno circolare: Pierroberto Folgiero, amministratore delegato di Maire Tecnimont racconta a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, la sfida del gruppo che ha lanciato, tre anni fa, una società dedicata, NextChem, e che punta a investire tra i 20 e i 25 milioni l'anno nello sviluppo di tecnologie per la transizione energetica. Da tempo il vostro gruppo ha scelto un approccio sostenibile. Ora avete ulteriormente definito la vostra strategia. Ce ne parla? «Abbiamo preso così sul serio questi macro-temi che tre anni fa abbiamo lanciato una società dedicata, NextChem, dove abbiamo fatto un grande sforzo anche in termini di investimento per migrare i più bravi e tutto quello che già tre anni fa avevamo sviluppato come tecnologie per la transizione. L'idea è replicare - fuori dagli idrocarburi - quello che da sempre facciamo per l'economia degli idrocarburi, e stiamo aiutando i grandi clienti in questo mondo che parte da tecnologie nuove e paradigmi nuovi. NextChem sta lavorando su tutti gli impianti esistenti e i clienti esistenti con l'idea di decarbonizzare e, quindi, validare e implementare tutte le tecnologie che abbattono le emissioni degli impianti esistenti (raffinerie, acciaierie e in generale tutti gli impianti petrolchimici) lavorando su tutti i filoni che vanno dall'idrogeno alla cattura della CO2. Il secondo obiettivo è promuovere l'economia circolare; essendo noi, storicamente un'azienda molto esperta nel settore della produzione di plastiche, ci siamo spinti sul riciclo delle plastiche che è il motore più forte di una nuova economia e, quindi, del futuro. Quindi riciclo plastico, riciclo chimico che significa andare oltre e ritrattare la plastica chimicamente, e poi abbiamo sviluppato idee per farne carburanti e prodotti chimici riciclati. Il terzo grande ambito di NextChem è la biochimica e si sentirà parlare sempre più di biocarburanti e bioplastiche. Ci siamo lanciati con tutte le nostre forze, il talento delle nostre persone e un bel po' di coraggio manageriale nel supportare il sistema a cambiare pelle. Lo facciamo avendo decenni di competenza nel settore dell'ingegneria chimica e una piattaforma presente in 45 Paesi». Questi progetti e la strategia come si traducono in termini di investimenti? «Prima del lancio di NextChem nel 2018, avevamo già annunciato investimenti per 50 milioni con iniziative di ricerca e sviluppo per accrescere il nostro portafoglio di tecnologie; abbiamo, poi, continuato a investire e abbiamo un piano che, tra investimenti diretti e indiretti e investimenti in ricerca e sviluppo, cuba facilmente almeno 20-25 milioni l'anno; uno sforzo che va portato avanti avendo certezza che stiamo costruendo la Maire Tecnimont del futuro e stiamo, in qualche maniera, esercitando la nostra responsabilità sociale verso dipendenti, fornitori e clienti e anche l'Italia che ha un'opportunità formidabile. Noi italiani siamo penalizzati dall'economia degli idrocarburi visto che storicamente l'Italia è un Paese privo di fonti energetiche convenzionali, dove quindi il costo dell'energia ci ha portato fuori mercato, e di conseguenza il Paese si è via via de-industrializzato per questi scenari economici. Se siamo bravi, con la chimica verde, l'economia circolare e la transizione energetica si può reindustrializzare. Noi da bravi chimici, e al momento giusto, possiamo ricominciare a produrre in Italia tanti derivati che oggi, invece, importiamo». Allora le chiedo cosa servirebbe e cosa manca all'Italia per agevolare questo percorso sia vostro che a livello Paese? «Penso a tre cose. Innanzitutto, di fronte ai 240 miliardi del Recovery Fund che destina circa il 40% alla transizione energetica, più del denaro servono le condizioni affinché questo denaro possa essere speso. E penso proprio ad un sistema complessivo che prenda atto di quali sono stati e sono i giganteschi ostacoli a chi vuole investire e realizzare in Italia: serve uno sforzo che lavori sull'interrelazione tra Stato e Regioni e un esercizio gigantesco, anche da parte degli imprenditori, sulla vertenzialità negli appalti, una dinamica che non vediamo in altri Paesi. Mi sembra, leggendo quello che sta legiferando il nuovo Governo, che chi sta scrivendo le regole conosca questo tipo di ostacoli. Quindi, prima di tutto un sistema di regole. Poi ovviamente i capitali. E si immagini la possibilità di amplificare questo 40% dei 240 miliardi con la partnership pubblico-privato. Oggi, noi siamo in grado di portare tanti capitali privati e, anzi, dobbiamo sbrigarci a creare occasioni di investimento nel verde. Terzo, la capacità di parlare in maniera diversa con i territori e con le comunità locali. Bisogna fare un salto epico nel modo in cui si dialoga con i territori e spiegare i vantaggi di questo o quell'impianto e come il territorio non sarà penalizzato ma sarà in qualche maniera premiato. E penso agli impianti per l'idrogeno circolare. Ma un Paese che ha difficoltà a mettere le rinnovabili, immaginiamoci a mettere l'impiantistica per biocarburanti ed economia circolare: c'è bisogno di un salto di qualità e diventare i più bravi del mondo in comunicazione territoriale». E all'estero, invece, che visione avete? «Quando il nostro modello lo consolidiamo con la filiera italiana, la supply chain italiana, il mondo delle Pmi italiane, all'occorrenza lo possiamo sviluppare nei 5 continenti: noi oggi siamo a Houston, a Kuala Lumpur passando per l'Africa Sub Sahariana, per tutti i paesi Ex Urss, fino all'Indonesia e la Malesia. Pensiamo che con questo nuovo modo di stare sul mercato si può andare a piattaforma in tutti i Paesi portando un made in Italy dell'ingegno e dell'ingegno sostenibile». L'idrogeno veramente avrà questo ruolo fondamentale da qui a qualche anno e quando? «L'economia dell'idrogeno è sicuramente il futuro, è la soluzione migliore rispetto ad una elettrificazione totale che non sarebbe percorribile e non sarebbe neanche vincente. Quindi l'idrogeno è il vettore energetico del futuro. Ma c'è un tema dei costi e della domanda. Per materializzare questa economia dell'idrogeno bisogna disegnare una traiettoria che da una parte chiuda la distanza che c'è con il sostituto da idrocarburi e dall'altra stimoli la domanda. Quindi, è la soluzione? Sì. Quando? Dipende da come questi due traiettorie si sviluppano e si incrociano. E' chiaro che l'Unione Europea deve fare tantissimo e sta facendo tantissimo; sta mettendo a punto una nuova direttiva che, di fatto, fornisce un sistema di incentivi perché è chiaro che è un problema di policy making e, oggi, ovviamente, la politica industriale su questi temi si fa a Bruxelles. L'altro pezzo lo dobbiamo fare noi come tecnologi che lavoriamo sull'idrogeno verde, sull'idrogeno blu, l'idrogeno blu elettrico e abbiamo lanciato quest'idea, che sta andando molto bene, dell'idrogeno circolare che si produce partendo da rifiuti plastici e dalla parte secca del rifiuto indifferenziato domestico». A livello di emissioni quali sono i vostri target? «Ci siamo dati il 2030 come anno target di carbon neutrality per le nostre emissioni Scope 1 e Scope 2 mentre per le emissioni Scope 3, che includono tutta la nostra catena di fornitura, ci siamo dati un obiettivo al 2050» SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 02/07/2021

02 Luglio 2021

Alfani (Versalis): «Acceleriamo sulla circolarità e saremo certificati al 100%»

L'amministratore delegato della società del gruppo Eni impegnata nei settori della petrolchimica e della chimica da fonti rinnovabili parla dei prossimi obiettivi a SustainEconomy.24 Versalis, la società della chimica di Eni, vuole diventare una società completamente differenziata e sostenibile premendo sull'acceleratore della diversificazione, della decarbonizzazione e della chimica verde. E punta ad essere, a breve, una società certificata ISCC Plus (International Sustainability and Carbon Certification) . L'amministratore delegato, Adriano Alfani, in un'intervista a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, delinea il percorso che parte dagli investimenti per i siti italiani ma guarda alle opportunità di portafoglio di prodotti – dopo lo sbarco nel settore dei disinfettanti durante il Covid – e sui mercati esteri. Versalis vuole giocare un ruolo chiave nella transizione economica verso un modello di crescita sostenibile. Qual è il vostro percorso? «La nostra visione è quella di diventare una società completamente differenziata e sostenibile; chiaramente è un obiettivo, come per tutte le aziende, sempre molto ambizioso, però, siamo sicuri che, con le nostre persone - abbiamo più di 5.000 talenti - un forte know how e una grande capacità di innovazione tecnologica nonché importanti partnership strategiche, raggiungeremo il nostro obiettivo e la nostra visione. Versalis fa parte di un grosso gruppo, come l'Eni, che ha chiaramente definito già la sua strategia e, come Versalis, non possiamo che andare in quella direzione nonché anche allinearsi a quelli che sono gli obiettivi dell'industria chimica europea. Lo vogliamo fare attraverso tre pilastri: perseguire la specializzazione e la diversificazione del portafoglio nell'ottica, chiaramente, della sostenibilità economica; dedicare un'attenzione importante alla decarbonizzazione e ottimizzazione dei processi per aumentare l'efficienza e la produttività; lo sviluppo della chimica circolare da fonti rinnovabili. Il nostro obiettivo è quello di chiudere il ciclo, vale a dire, ridurre gli sprechi ma soprattutto valorizzare il prodotto quando ha raggiunto la sua fine vita. Ma, oltre l'obiettivo, bisogna definire il percorso e noi lo abbiamo già iniziato da diverso tempo, abbiamo già sviluppato e commercializzato dei prodotti che derivano dal riciclo meccanico e vogliamo lavorare sulla complementarietà di diverse tecnologie di riciclo, meccanico e chimico. Un altro importante pilastro è quello della chimica da fonti rinnovabili, la chimica verde, e abbiamo già due piattaforme tecnologiche». Sul fronte dei prodotti, dalla circolarità dei rifiuti all'apporto nell'emergenza Covid, quali sono le ultime novità e i progetti cui state lavorando? «L'innovazione è fondamentale ed è un driver principale per l'industria chimica europea. Durante l'ultimo periodo noi abbiamo aumentato la commercializzazione di prodotti su base di riciclo fino al 75% per diverse applicazioni ma riscontriamo dei limiti per alcuni settori - come alimentare e farmaceutico – che difficilmente possono essere forniti con un prodotto da riciclo meccanico anche se, grazie ai nostri sforzi, stiamo lavorando anche su questi settori. Durante il periodo Covid, ma non relativo all'emergenza, abbiamo siglato una collaborazione con la società piemontese AGR, proprietaria di una tecnologia per la devulcanizzazione di elastomeri post consumo per lo sviluppo del riciclo delle gomme. Negli ultimi 18-24 mesi il nostro obiettivo è stato quello di accelerare sulla circolarità e abbiamo aumentato la partecipazione di Versalis non solo nelle filiere tradizionali ma anche nelle nuove filiere. Un esempio di successo è il disinfettante Invix che abbiamo introdotto sul mercato in piena emergenza sanitaria; noi prima del Covid non eravamo assolutamente nel mondo dei disinfettanti, e abbiamo introdotto questo prodotto che ci ha consentito di supportare l'emergenza, ma anche di entrare, dal punto di vista del business, in un nuovo mercato dove prima non eravamo presenti. Ora stiamo ampliando la gamma di prodotti Invix anche con un liquido specifico per le superfici e siamo in attesa delle autorizzazioni del ministero della Salute per la commercializzazione. E ancora, un altro settore che stiamo sviluppando è una collaborazione per introdurre prodotti per la tutela delle colture ed erbicidi per la disinfezione delle superfici a base vegetale biodegradabile». Brindisi, Porto Marghera, Priolo, per citarne alcuni: qual è il futuro per gli stabilimenti italiani? «Versalis ha un'importante footprint italiana, in Italia abbiamo nove stabilimenti e sei centri di ricerca; quindi, molti nostri investimenti, chiaramente, sono dei piani di trasformazione legati al territorio e ai diversi pilastri della strategia e vanno nella direzione di raggiungere sempre più un elevato livello di eccellenza operativa e produttiva con un forte focus sulla decarbonizzazione. Abbiamo annunciato importanti investimenti a Brindisi, in parte di manutenzione programmata e in parte proprio nell'ottica di efficienza di produttività per circa 100 milioni di euro. A Mantova stiamo investendo 40 milioni di euro, a Priolo l'anno scorso abbiamo fatto un investimento di circa 90 milioni e a Porto Marghera, nell'ambito del più ampio progetto di trasformazione Eni, stiamo portando avanti un importante investimento nella diversificazione del portafoglio e in un notevole abbattimento delle emissioni di CO2 pari a circa 600.000 tonnellate, il 25% delle emissioni degli stabilimenti Versalis italiani. Nell'ottica, poi, di aumentare la sostenibilità e ridurre le emissioni abbiamo lavorato su una certificazione ISCC Plus che dà veramente l'opportunità di valorizzare sul mercato i prodotti derivati da materie prime sostenibili e avere anche la tracciabilità. Abbiamo ottenuto la certificazione per la maggior parte dei siti (Brindisi, Porto Marghera, Mantova, Ravenna e Ferrara) ma il nostro obiettivo, a breve, è di avere la certificazione come società e quindi di certificare anche gli ultimi siti». L'impronta è italiana, ma Versalis è anche presente all'estero. Ci sono opportunità che possono aiutare il vostro percorso? «Sicuramente ci sono alcune opportunità già implementate e altre che, chiaramente, richiedono di mantenere gli occhi sempre aperti. La fortuna di Versalis è di avere un grandissimo bagaglio di tecnologie e, per certi aspetti, alcune ancora in fase di sviluppo che vorremmo implementare. Tutti questi sforzi vanno nell'ottica di una specializzazione del portafoglio prodotti per mercati dove già siamo ma anche di ampliare il portafoglio di mercato, sviluppando anche prodotti in mercati dove oggi noi non siamo per motivi storici o di partecipazione. Quindi siamo lavorando tantissimo in questa direzione. Asset locali, brand commerciali e collaborazioni – come il recente accordo con Saipem - sono i tanti modi in cui Versalis si sta indirizzando per sviluppare sempre più velocemente anche un mercato internazionale che oggi comunque rappresenta meno del 10% del nostro portafoglio». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 02/07/2021

02 Luglio 2021

Liquigas: «Puntiamo a miscelare carburanti fossili con bio. Nel 2050 il 100% dei prodotti di origine green»

L'amministratore delegato Andrea Arzà racconta a SustainEconomy.24 il Piano Strategico di Sostenibilità al 2025 e i nuovi target Ha definito da poco un Piano Strategico di Sostenibilità al 2025 che sistematizza l'impegno dell'azienda per la sostenibilità e ne definisce le azioni concrete, ma Liquigas vuole andare oltre e pensa a miscelare il carburante fossile con dei prodotti rinnovabili e di origine bio. Andrea Arzà, amministratore delegato di Liquigas, società attiva in Italia nella distribuzione di Gpl e Gnl per uso domestico, commerciale e industriale, controllata al 100% dal Gruppo SHV Energy, parla a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor, degli obiettivi al 2050 con il 100% del prodotto di origine bio o di origine rinnovabile. Non è facile affiancare il vostro settore alla sostenibilità. Qual è il vostro percorso? «Noi siamo stati una delle prime aziende italiane a introdurre il Rapporto di Sostenibilità e questo la dice lunga sul fatto di quanta attenzione abbiamo dedicato e continuiamo a dedicare a questo tema. Per noi la sostenibilità non è un fattore solo ambientale, ma anzi si amplia per diventare un argomento sociale. Abbiamo introdotto da tempo all'interno della nostra strategia un elemento essenziale che è la Responsabilità Sociale, cioè l'attività di impresa che non ha come unico scopo quello di produrre profitto ma che deve avere un valore per tutta la società perché sia sostenibile nel tempo. Poi ci sono anche le ricadute di natura economica, perché rivedere i processi e renderli più sostenibili significa anche ottimizzarli e farli essere più efficienti. Un'evoluzione che di conseguenza consente di fare dei profitti. Poi, certamente, ci sono altri "grandi temi" come l'innovazione e la digitalizzazione dei processi che sono essenziali per Liquigas e la cui rilevanza è emersa con preponderanza negli ultimi mesi. Aggiungo però una considerazione "di settore", per noi che facciamo parte della grande famiglia dell'energia da fonte fossile. E, cioè, la nostra sostenibilità nel futuro: come possiamo continuare a fare la nostra attività cercando di ridurre le emissioni. Su questo ci possiamo ascrivere il merito che per primi, quando tutti in Europa parlavano della riduzione delle emissioni di CO2, abbiamo evidenziato il tema rilevante che riguarda le emissioni delle polveri sottili – le famose PM10 e PM2,5 - proponendo un vero cambio di paradigma, sul quale il nostro azionista ci ha seguito: In Italia abbiamo fatto dei grandi progressi ma siamo ancora all'80% di produzione da fossile. Noi ci siamo sforzati di inquadrare il concetto globale di sostenibilità tenendo conto appunto della molteplicità degli aspetti che devono essere considerati». Avete presentato il Piano strategico di Sostenibilità al 2025. Quali sono le azioni che avete delineato? «Alcune azioni le abbiamo già incluse nel piano e altre le stiamo valutando, ma si tratta di un processo in continua integrazione. Ogni investimento che facciamo prevede un calcolo di impatto sulle emissioni di CO2. Questo comporta che quando valutiamo diverse opzioni di investimento, scegliamo quella che magari non è la meno onerosa da un punto di vista finanziario, ma è quella più compatibile con la strategia di contenimento delle emissioni. Per esempio, abbiamo valutato e ci eravamo resi disponibili a trasformare tutta la nostra flotta di camion che distribuisce il nostro prodotto per alimentarli a GNL, che ha un impatto ambientale molto più favorevole in termini sia di emissioni che di polveri, ma, purtroppo, non ci sono ancora le motorizzazioni che rendono possibile questa scelta. Quindi cerchiamo di prevenire quello che l'industria, che fornisce a noi gli elementi per svolgere la nostra attività, non ha ancora prodotto. Di qui il fondamentale rapporto con la ricerca e l'Università. Stiamo poi lavorando a una direzione non ancora inclusa nel piano: ci stiamo ponendo seriamente il tema di miscelare il combustibile di origine fossile con prodotti di origine bio. Stiamo, per esempio, esaminando la possibilità, a livello anche di gruppo, di estrarre degli elementi dal fine ciclo dei rifiuti per farne una componente rinnovabile che diversamente andrebbe a incenerimento. Ogni anno misuriamo i progressi che facciamo in termini di miglioramento sulle emissioni rispetto al nostro punto di partenza e rispetto agli obiettivi che ci siamo dati per il 2025 e poi per il 2030. Grazie a questo continuo monitoraggio siamo in grado di capire quanto le nostre scelte siano allineate e coerenti col raggiungimento di questi obiettivi». A proposito di obiettivi al 2025 e al 2030 mi ricorda i vostri target? «Noi abbiamo tre step: vogliamo arrivare nel 2050 ad avere il 100% del nostro prodotto che sia di origine bio o di origine rinnovabile: la miscela che distribuiremo nel 2050 sarà una miscela totalmente sostenibile e a impatto zero. Ci siamo posti degli obiettivi intermedi che prevedono una prima soglia al 20% della nostra componente e successivamente il 50%. Arrivare a completare il percorso al 2050 sarà complesso perché, ad oggi, per esempio, per la parte di rinnovabili non c'è ancora neanche un'industria che li produce e, per la parte del bio, la tecnologia che è stata adottata al momento nel nostro Paese, in modo particolare da Eni, produce biocarburanti ma non sono classificati come avanzati. Proprio nella prima metà di luglio ci confronteremo con gli altri operatori del settore per approfondire quale ruolo può assumere l'industria dei gas per consentire di migliorare la nostra sostenibilità. È con la collaborazione che si raggiungono più agevolmente obiettivi che riguardano il bene comune. Ecco perché cercheremo di capire cosa possiamo fare insieme come leverage, all'interno di Confindustria Energia, per far sì che ci sia un'industria della produzione affiancata da una della distribuzione dando vita a un ciclo completo che possa generare un'offerta di combustibili molto più sostenibili». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 2/7/2021

21 Giugno 2021

Luiss Business School lancia “Fondamenti dell’Impresa Responsabile”, il programma per creare imprese più sostenibili, in collaborazione con Dynamo Academy, Fondazione Adriano Olivetti e Euricse

L'Executive Programme mira a offrire un upskilling mirato a tutti quei professionisti che vogliono coniugare performance d'impresa e responsabilità sociale Le trasformazioni sociali sono sempre più visibili ed è un dovere dell'impresa portare al suo interno le esigenze di una maggiore qualità etica, responsabilità e sostenibilità del business. Sono questi i presupposti che hanno spinto Luiss Business School, da sempre attenta al tema della sostenibilità a livello ambientale, ad avviare la collaborazione con Dynamo Academy, Fondazione Adriano Olivetti e Euricse e a integrare nella sua offerta formativa l'Executive Programme I Fondamenti dell'Impresa Responsabile. Il programma, i cui referenti scientifici sono Cristiano Busco, Professore Ordinario di Controllo di Gestione Avanzato, Luiss Guido Carli, e Serena Porcari, Chairman at Dynamo Academy Srl Impresa Sociale, mira a fornire competenze e conoscenze manageriali utili per comprendere e accrescere la creazione di valore tramite il legame tra Responsabilità sociale e performance di Impresa. Per questo i contenuti sono pensati per interpretare le sfide che le trasformazioni sociali pongono alle aziende. In più vengono coniugati e il classico paradigma aziendalistico con una rinnovata attenzione alla qualità etica, alla responsabilità sociale e alla sostenibilità ambientale, favorendo la nascita di realtà economiche socialmente caratterizzate. L'Executive Programme “Fondamenti dell’Impresa Responsabile” punta a offrire agli studenti strumenti per comprendere le trasformazioni della realtà sociale, riconoscendone il valore strategico aziendale; facilitare la reciproca conoscenza e contatti con il settore nonprofit più innovativo; acquisire strumenti concreti per la gestione di progetti e cambiamenti; riformare l'impresa tradizionale orientandola verso un impatto sociale e ambientale positivo; esplorare e valorizzare come integrare le strategie aziendali per contribuire alla creazione di valore condiviso e bene comune; approfondire la dimensione sociale dei criteri ESG sul lungo periodo; comprendere le dimensioni della sostenibilità e le opportunità di business che ne derivano; Perfezionare il proprio business model in termini di etica, responsabilità e sostenibilità, senza dimenticare la profittabilità. Il programma di “Fondamenti dell'Impresa Responsabile” si rivolge a imprenditori, amministratori d'impresa, manager, professionisti e consulenti che vogliono mettersi alla prova con le trasformazioni del rapporto tra imprese e società. I soggetti che possono trarre maggiore vantaggio dal programma sono i responsabili corporate Strategy e Innovazione; i responsabili attività filantropiche, CSR e Rapporti con stakeholder; responsabili HR; responsabili Marketing e Comunicazione. Il programma è un ottimo banco di prova anche per quei giovani imprenditori che vogliono testarsi sui passaggi generazionali. Il percorso è suddiviso in 12 moduli, che prevedono Project Work e On Field Experience, oltre a 12 incontri, per un totale di 120 ore. Il corso sarà erogato nelle sedi fisiche della Fondazione Adriano Olivetti (Ivrea); Campus Dynamo Academy presso Dynamo Camp (Limestre); Luiss Business School, Villa Blanc (Roma). Sono previsti anche dei moduli erogati interamente online. Il programma si svolgerà dal 9 giugno al 9 luglio 2022. Per info: executive@luissbusinessschool.it SCOPRI IL PROGRAMMA 21/6/2021

18 Giugno 2021

Burgio (Alpitour): «Hotel e voli sempre più green, dalle certificazioni al sapone solido. Per noi è già la normalità»

Il presidente e amministratore delegato del Gruppo Alpitour delinea la strategia sostenibile e parla della ripartenza a SustainEconomy.24, report di Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School L'impegno per la sostenibilità, che da sempre caratterizza l'azienda, è destinato, nel giro di alcuni anni, a divenire uno dei driver principali, parte del dna stesso del gruppo. Gabriele Burgio, presidente e amministratore delegato del Gruppo Alpitour, primo player del settore turistico e proprietario dei principali brand italiani di Tour Operating, la collezione di alberghi VOIhotels e la compagnia aerea Neos, racconta a SustainEconomy.24, report di Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School le varie iniziative, dagli hotel certificati agli investimenti per aerei meno inquinanti fino all'eliminazione della plastica e, la recente innovazione dei saponi solidi. Da quest'estate in tutti i resort. Con la voglia di ripartire, dopo lo stop per il Covid. La spinta, spiega, verrà dall'Italia, seguita da Spagna e Grecia. Con qualche fastidio e perplessità per la disparità di trattamento con altri Paesi che già stanno ripartendo con pacchetti extra-europei. Il vostro gruppo, con tutte le varie realtà, è presente in luoghi importanti e idilliaci. Qual è l'attenzione alla sostenibilità? «L'impegno fondamentale da sempre, in azienda, è di lasciare i luoghi ai nostri successori, figli, come li abbiamo trovati se non meglio. Ma lo sviluppo di questa strategia non è facile perché molto spesso gli alberghi, le spiagge e le palme che noi proponiamo non sono di nostra proprietà, quindi questa nostra esigenza si scontra con la filosofia di alcuni Paesi, soprattutto in via di sviluppo, che chiaramente non considerano la sostenibilità come una delle cose più importanti e ci accusano, noi Paesi occidentali o industrializzati, di aver inquinato per secoli e ora che stanno cominciando a costruire la loro ricchezza di caricarli di costi perché la sostenibilità è un costo. Quindi, noi, possiamo sviluppare tutto queste strategie di sostenibilità nei nostri alberghi, nelle nostre attività dell'aviazione e poi chiaramente in tutte le piccole attività che quotidianamente facciamo nei nostri uffici e sedi». In particolare, quali sono le iniziative che state portando avanti e i progetti futuri in tema ambientale? «Noi concepiamo l'ambiente come una derivata del mondo della sostenibilità e quindi abbiamo dedicato una grandissima attenzione: per esempio le nostre sedi hanno energia fotovoltaica e sfruttano la luce naturale oltre ad essere costruite con precisi criteri ambientali; siamo attenti alla raccolta della plastica e della carta, punatndo ad essere una compagnia paper free; ora siamo ancora lontani, però, devo dire abbiamo fatto dei passi da gigante. Abbiamo poi fatto una bellissima campagna di educazione per i bambini delle scuole elementari con la casa editrice Giunti con la pubblicazione di un libro sulla storia di un bambino che vuole occuparsi del mondo che lo circonda, e sono già 125.000 i bambini coinvolti; abbiamo collezioni di viaggi legate essenzialmente al green e alla natura con proprietari e fornitori che hanno capito questo mondo e che vogliono svilupparlo. Poi nell'aviazione abbiamo fatto dei grossi investimenti per aerei di ultima generazione della Boeing che hanno consumi – e quindi emissioni - ridotti di oltre il 20 per cento». Quindi avremo hotel, villaggi, voli sempre più green? «Come sempre quando ci sono queste innovazioni all'inizio tutti ne parliamo, tra 20 anni non ne parleremo più perché sarà normale e farà parte del nostro Dna. Ma è chiaro che bisogna cominciare a essere i primi anche se i primi pagano un prezzo e spesso sono un po' quelli che vengono presi in giro dagli altri. Noi abbiamo cercato di far riconoscere i nostri sforzi con la certificazione GSTC (Global Sustainable Tourism Council) e ormai quasi tutti i nostri alberghi hanno questo riconoscimento delle Nazioni Unite. Avevamo avviato l'eliminazione della plastica monouso negli alberghi, poi con il Covid abbiamo fatto un salto indietro di 50 anni; poniamo attenzione a tutto il mondo dell'alimentazione privilegiando il Km zero, il bio e i prodotti senza glutine. Quest'anno, poi, con la nostra catena VOIhotels, abbiamo fatto un accordo con un'azienda italiana, Allegrini, che produce dei saponi solidi, e quindi più facilmente trasportabili e con il vantaggio di non doverli impacchettare con un risparmio di oltre 2.800 kg di plastica; pensavamo che il cliente avrebbe mostrato resistenza e invece l'86% della clientela, tutta italiana, in uno dei nostri resort dove abbiamo fatto il primo test è stato assolutamente d'accordo: mi sembra un numero altissimo e molto interessante. Sulla base di quel test tutti i nostri resort in Italia quest'estate avranno quel tipo di sapone, con più di un milione di flaconi in plastica da 25 ml risparmiati. È talmente impattante non portare più tanti flaconcini di plastica nelle isole delle Maldive o nelle isole lontane; è una cosa geniale, siamo molto contenti ad essere i primi nel mondo perché non ho sentito nessuno che abbia preso questa strada». Si è appena aperta la nuova stagione, dopo l'esperienza del Covid. Cosa vi aspettate? «Quest'anno è tutto molto incerto tra notizie di varianti, la possibilità di viaggiare, la green card, Paesi che vogliono i tamponi. Quindi cosa rimane di certo? L'Italia molto forte, anche per una maggior sensazione di sicurezza, poi la Spagna e la Grecia con alcune piccole difficoltà burocratiche. In attesa che si possano aprire quelli che impropriamente chiamiamo ‘corridoi sanitari': puntiamo alle isole delle Maldive, dove abbiamo quattro isole con clientela 100% italiana e l'aereo è nostro e potrebbe essere Covid free. Ci piacerebbe ricominciare in piena sicurezza e, certo, vediamo con un certo fastidio alcune linee straniere che operano già Malpensa- Sharm el Sheik o che hanno lanciato un progetto per portare all'estero gli italiani facendo scalo nel loro hub nei Caraibi mentre, noi, come linea aerea italiana non possiamo volare; Vedere un volo inaugurale che porta da Malpensa 100 turisti nel Mar Rosso quando è specificatamente proibito uscire dalla Comunità Europea senza giustificato motivo – e il turismo non è un giustificato motivo - è qualcosa che ci lascia senza parole». Ci vorrebbe qualche misura in più nell'immediato? «Né io, né Alpitour e neppure tutti i nostri colleghi della filiera turistica abbiamo le informazioni sulla situazione sanitaria italiana e quindi non siamo in grado di dire cosa si debba o non debba fare, ma vedo che i Paesi esteri, con storie di contagi o decessi simili ai nostri, stanno ripartendo: dalla Germania vanno in Egitto, i polacchi vanno a Zanzibar e i russi alle Maldive. Ci sono migliaia di lavoratori in Italia ma anche in questi Paesi esteri che potranno avere problemi anche di sussistenza. Noi, ad esempio, nel 2020, pur in assenza di ospiti, abbiamo continuato a pagare gli stipendi a tutti i nostri colleghi alle Maldive, a Zanzibar, in Madagascar. Di fronte a una pandemia mondiale siamo tutti pazienti, ma visto che tutti gli altri ripartono con situazioni simili alla nostra, ci chiediamo il perché non possiamo farlo anche noi». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 18/6/2021

18 Giugno 2021

Portale Sardegna: «Con il digitale e l’Umanesimo del turismo possiamo conquistare quote di mercato»

L'amministratore delegato, Massimiliano Cossu, racconta il progetto Welcome to Italy a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School Calore umano e innovazione tecnologica alla base della mission di Portale Sardegna. Massimiliano Cossu, amministratore delegato della online travel agency quotata su Aim Italia di Borsa Italiana, racconta a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il sole 24 Ore Radiocor, il progetto Welcome to Italy, nato dall'alleanza con Welcome Travel Group (azienda di Alpitour World e Costa Crociere) che ha reso Portale Sardegna un tour operator nazionale con le ambizioni di conquistare una fetta importante della distribuzione del prodotto turistico italiano, come risposta alternativa ai principali player digitali internazionali. Siamo all'avvio della stagione, dal vostro punto di vista quali sono le prospettive e che visione avete? «Le prospettive sono certamente migliori rispetto all'anno scorso e il numero di vaccinati crea aspettative positive. L'anno scorso abbiamo vissuto un vero last second, quest'anno c'è una ripresa di advance booking, si stanno normalizzando i periodi di prenotazioni anticipate. Il fenomeno Covid sta iniziando a rientrare e, soprattutto, riusciamo a gestirlo. Certo il mercato straniero è ancora abbastanza indietro per mancanza di regole, l'est Europa è inesistente. Quest'anno la torta del mercato turistico non sarà certo quella del 2019 e aziende come la nostra devono conquistare nuove fette di mercato, aumentare il market share ed è quello che stiamo cercando di fare». Quali sono, quindi, le prospettive per la vostra società? «Ci ritroviamo, dopo il Covid, un'azienda completamente diversa perché siamo riusciti a cogliere opportunità impensabili. Non siamo più una realtà regionale ma nazionale, abbiamo partner di primissimo livello e siamo riusciti a crearci nuove opportunità. Parlo del progetto ‘Welcome to Italy' che oggi ci consente di presidiare l'intera penisola con un nuovo modello di business, o meglio, come una nuova filiera del comparto turistico». Welcome to Italy partirà a pieno ritmo nel 2021? «No, la piattaforma è stata messa online recentemente e questo sarà un anno di partenza. Stiamo schiacciando l'acceleratore sui vari canali di distribuzione. La piattaforma è complessa e il prodotto è innovativo e rivoluzionario e non vogliamo bruciare le tappe ma abbiamo una cartuccia in mano che ci permetterà di raggiungere, appunto, l'obiettivo di aumentare la quota di mercato attingendo ad un bacino nazionale e non solo regionale e canali, in termini di distribuzione, impensabili prima del Covid. Riusciamo a coprire tutti i target di clientela - non solo balneare ma dall'enogastronomia alla cultura, dall'archeologia allo sport - e in due mesi siamo riusciti a creare più di 500 pacchetti viaggio tematizzati e penso che nessun operatore in così poco tempo sia riuscito a creare tanti pacchetti smart costruiti dai nostri local expert che hanno superato le 100 unità in tutta Italia. Per la prima volta in Italia si lavora insieme con un'unica strategia e un unico marchio. Welcome to Italy può rappresentare un'occasione per riprenderci una fetta di mercato lasciata ai motori di prenotazione della Silicon Valley che hanno più del 30% del nostro mercato». Venendo al tema della sostenibilità, quanta attenzione riscontrate e quanta attenzione c'è da parte vostra? «Noi siamo estremamente sensibili a questo tema. La ragione per cui sono nati Portale Sardegna e poi Welcome to Italy è proprio perché tutte le persone che hanno aderito sono innamorate del proprio territorio. Per cui cerchiamo di avere un occhio di riguardo per tutto quello che riguarda lo sfruttamento ambientale e il rispetto delle normative. Ma cerchiamo anche di valorizzare quegli aspetti più unici, peculiari e sani che consentono all'uomo fa pace con l'ambiente, la sua storia, i sapori e i saperi. Creare nuove opportunità a borghi che stanno scomparendo e far decidere ad un giovane di rimanere o no, crediamo che sia un'azione anche sociale. C'è tanta umanità in quello che cerchiamo di fare, qualcuno ha detto che è il nuovo Umanesimo del turismo: siamo riusciti a coniugare il digitale con tutto ciò che è umano». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 18/6/2021

18 Giugno 2021

Lalli (Federturismo): «La sostenibilità è una necessità per il settore, clienti attenti. Ora sconti fiscali per ripartire»

Occorre ripensare le destinazioni in ottica sostenibile, spiega la presidente di Federturismo a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School Per il settore turistico il tema della sostenibilità, dopo la pandemia, è diventato una necessità. Marina Lalli, presidente di Federturismo, parla in un'intervista a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, della nuova risposta da parte delle aziende del settore e dei consumatori che apprezzano l'attenzione ai temi ambientali e sostenibili. Un settore, quello del turismo, ancora in sofferenza e che, nonostante l'entusiasmo per la ripresa della stagione, ha ancora bisogno, sottolinea Lalli, di aiuti e, soprattutto, di sconti fiscali. Il tema della sostenibilità quanto si concilia con quello del turismo? «Il tema della sostenibilità, in realtà, già prima della pandemia, iniziava a essere abbastanza predominante in tutte le riflessioni turistiche; dopodiché, come è avvenuto per molte cose, con la pandemia è diventato non più un argomento, ma determinante per il successo e la ripresa del turismo perché ci si è resi conto - in un momento di riflessione e pausa che il turismo ha vissuto e in parte sta ancora vivendo - che lo sfruttamento eccessivo dei territori stava danneggiando l'essenza stessa della ragione del viaggio ed è qualcosa, quindi, che non ci si può permettere. In senso assoluto nessuna azienda dovrebbe danneggiare l'ambiente nel quale si trova ma, in campo turistico, è una necessità: non ci si può permettere di rovinare il luogo nel quale si vuole che i turisti vadano. Quindi tutte le zone super sfruttate, quelle che erano state definite luoghi di over tourism, non possono più proporsi come un modello appetibile, vincente e desiderabile agli occhi del turista che viaggia. In questo senso la sostenibilità è diventata una necessità e quindi si è dovuto ripensare molte delle nostre destinazioni, anche quelle che ben funzionavano, in un'ottica sostenibile». Che tipo di risposta vedete da parte delle aziende del settore a questa necessità e poi anche da parte della clientela? «Fino al 2019 questo era il vero problema: le aziende si rendevano conto che avevano bisogno di cambiare un po' il paradigma, ma nessuno aveva il coraggio di farlo più di tanto, se non nelle destinazioni di estremo lusso dove comunque la differenza del prezzo era più facile da colmare perché il costo della sostenibilità finiva per ricadere completamente nelle tasche degli imprenditori e non si poteva in qualche modo rivoltare sul turista perché continuava a non esserci questa riconoscibilità all'investimento sostenibile tanto da essere disposti a pagare un po' di più per impattare meno sull'ambiente; ora invece, a livelli non necessariamente di lusso, inizia ad esserci questa necessità da parte del consumatore che quindi è attento all'impatto ambientale, al fatto che ci sia il km zero nella consumazione dei cibi, che ci siano delle pratiche di attenzione all'ambiente da parte delle aziende nelle quali si va a soggiornare; quindi il consumatore inizia a apprezzare e inizia anche a essere disposto a lasciare una quota di prezzo in più pur di essere meno responsabile dell'impatto sull'ambiente». Siamo all'inizio della stagione, ci sarà questa ripartenza e quali misure invece sarebbero necessarie per aiutare il settore in questa fase? «Devo dire che c'è tanto buonumore, tanta voglia di ricominciare a lavorare e quindi siamo tutti molto carichi. Ora le difficoltà purtroppo non sono, però, svanite in un momento e ce ne sono ancora tante; siamo tutti contenti della vaccinazione che va bene e quindi ci fa immaginare che questa sia una ripresa per non rifermarci più. Ma appunto, come dicevo, molti problemi non sono svaniti e le aziende arrivano a questo appuntamento di ripresa in estrema sofferenza, più sofferenti di quanto già non lo fossero l'anno scorso. Molte vengono da un anno intero di chiusura e ed è veramente pesante rimettersi in gioco ed essere di nuovo attrattivi. Abbiamo quindi bisogno di tutto l'aiuto possibile: avremmo, per esempio, bisogno, se non di finanza fresca che ovviamente sarebbe importante - ma ci rendiamo conto che comunque le spese da parte dello Stato sono già tante – quanto meno di ottenere degli sconti fiscali perché molta della fiscalità che ci si richiede è brutalmente percentuale e secca e non su quello che noi effettivamente guadagnano; mi riferisco, per esempio, all'Imu e alla Tari. Sebbene l'Imu ci sia stata in qualche modo sospesa per un paio di scadenze, ritornerà nella sua interezza e noi non ce la facciamo a pagarla. La Tari l'abbiamo pagata per tutto il 2020 a fronte di un servizio nullo e voglio sottolineare che per un'impresa turistica la Tari pesa per diverse decine di migliaia di euro, se non centinaia di migliaia quando parliamo di strutture particolarmente grandi o in posti particolarmente importanti. Quindi avremmo bisogno di diversi aiuti, anche sul lavoro, da parte dello Stato per quelle aziende che hanno sofferto di più». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 18/6/2021