sostenibilità
sostenibilità
sostenibilità
sostenibilità

01 Aprile 2022

Assocarta: “L’industria della carta è green tra riciclo e biogas. Ma serve un mercato unico dell’energia”

Il presidente dell'associazione, Lorenzo Poli, parla dei risultati raggiunti a livello di decarbonizzazione e si sofferma sull'attuale congiuntura Il settore cartario italiano, a livello di decarbonizzazione, è uno di più avanzati d'Europa con l'85% dell'energia elettrica usata dalle cartiere proveniente da una cogenerazione in sito. E per il futuro c'è un ambizioso programma di utilizzo di biogas e biomasse. Lorenzo Poli, presidente di Assocarta, l'associazione che riunisce le aziende che producono in Italia carta, cartoni e paste per carta e coprono il 90% della produzione nazionale, traccia con SustainEconomy.24, il report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, i risultati del settore. Anche sul fronte del riciclo. E si sofferma sull'attuale congiuntura e sull'esigenza di un mercato davvero europeo dell'energia che annulli le differenze di prezzo con gli altri Stati europei, e della necessità di sterilizzare le speculazioni, perché il settore già è costretto a fermarsi. Sul fronte della sostenibilità, il vostro settore ha già caratteristiche importanti ma ha, anche, portato avanti un percorso improntato alla decarbonizzazione. A che punto siete? «A livello di decarbonizzazione, va ricordato che siamo, a livello industriale, uno dei settori più avanzati d'Europa in quanto settore della carta, che è il più sostenibile dei materiali sostenibili, ma soprattutto della carta italiana che - dovendo sempre fare i conti con un costo dell'energia relativamente più alto delle nazioni limitrofe - ha dovuto spingere molto sull'efficienza energetica sia nell'utilizzo sia nell'auto produzione. Oggi l'85% dell'energia elettrica usata delle cartiere italiane nasce da una cogenerazione fatta in sito e questo dà un senso del livello di decarbonizzazione importante. Poi abbiamo tutta una serie di progetti e programmi che vorremmo sviluppare in tempi rapidi, e mi riferisco al biometano e al biogas. Abbiamo chiuso un accordo quadro con il Consorzio italiano biogas e ci siamo dati un protocollo d'intesa che vede, da un lato, le cartiere investire in produzione di biometano e biogas e utilizzare lo stesso, dall'altro,  il Consorzio e le industrie agroalimentari che con i loro residui possono produrre e compostare biogas. Analogamente vogliamo portare avanti dei progetti sulle biomasse e stiamo spingendo molto  affimchè ci possa essere un'attenzione finalmente migliore sulla gestione forestale italiana». Avete scritto, insieme ai sindacati, ai parlamentari europei per chiedere misure che consentano all'industria di proseguire sulla strada della neutralità carbonica al 2050. Cosa serve? «A livello europeo, oggi, abbiamo assolutamente bisogno - ma abbiamo veramente un'esigenza istantanea - di una gestione diversa del mercato dell'energia: che diventi davvero un mercato unico europeo. Cioè, che il prezzo che paga un italiano sia il prezzo di un francese, un tedesco o di uno spagnolo senza che ci siano continue differenze tra le nazioni. E, secondo, abbiamo bisogno che il mercato venga il più possibile sterilizzato dalla speculazione finanziaria». Voi non vi siete fermati con la pandemia. Ora però, in una situazione di prezzi energetici fuori controllo e, come diceva, anche frutto di speculazione, il conflitto in Ucraina e il problema delle materie prime, c'è il rischio di fermarsi davvero questa volta? Cosa chiedete? «E' vero, con la pandemia non ci fermammo. Eravamo pronti a fermarci ma poi alla fine il settore venne dichiarato essenziale e non ti fermi se arrivano gli ordini. Oggi, invece, ci siamo già fermati, a macchia di leopardo, un po' tutti o tanti fra noi produttori di carta in Italia, e le ragioni sono i costi più che le materie prime, che sono andate negli ultimi periodi in tensione ma sono gestibili: se paghi trovi il materiale. Il problema sono stati soprattutto i costi dell'energia che nei momenti iper-speculativi - dove il gas, che oggi quota 100, è andato fino a 300 o anche solo a 200 – costringono i conti economici delle cartiere a una tal perdita che è conveniente star fermi. Costa meno star fermi che produrre. Cosa chiediamo? Io non ho mai chiesto niente perché penso che gli imprenditori debbano vivere i mercati per quello che sono. Ma, in effetti, c'è un'unica cosa che chiediamo: essere messi a pari competitività con gli altri player europei. La Francia, in gennaio, ha deciso una grossa operazione sull'elettricità mettendo a disposizione tanta energia elettrica ad un prezzo convenuto, che poi è quello del nucleare, la Germania ha fatto un'azione a livello di fiscalità per le imprese, l'Italia ha fatto un qualcosa cui noi plaudiamo perché è un primo passo di gestione delle emergenze e dimostra l'interesse verso la manifattura italiana ma, ad oggi, non abbiamo ancora contezza di cosa valga e non riesco a dirle se è tanto o se è poco. Parte dal mese di aprile e scopriremo a giorni di cosa stiamo parlando e capiremo se c'è un mantenimento della competitività al pari degli Stati europei. Ribadisco la necessità di un mercato unico europeo dell'energia perché non si può, a distanza di 100 km, avere trattamenti differenti». Tornando all'economia circolare, la fotografia sul riciclo del settore delinea risultati importanti. E' così? «Tra le eccellenze da segnalare del settore cartario italiano c'è sicuramente quella del riciclo. Oggi in Italia più del 60% delle materie prime che utilizziamo viene da raccolta da macero e parliamo di numeri invidiati nel mondo. A questo va associato il fatto che questo macero resta sempre più in Italia. Fino a un paio d'anni fa ne esportavamo tanto, ora, invece, l'industria cartaria italiana è cresciuta a tal punto da diventare il secondo produttore europeo dopo la Germania e davanti a Svezia e Finlandia, che sono nazioni forestali, proprio perché utilizza il macero che è una delle nostre risorse nazionali».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/4/2022

01 Aprile 2022

Zignago Vetro: «Il nostro modello di business sostenibile e di vetro di qualità. Impegnati dalla produzione al riciclo»

L'amministratore delegato, Roberto Cardini, ne parla a SustainEconomy.24 Il vetro è riciclabile un numero infinito di volte e può essere il motore di una solida economia circolare. E sta anche dimostrando di avere un apprezzamento crescente da parte di produttori e consumatori. Roberto Cardini, amministratore delegato di Zignago Vetro, tra i principali produttori di contenitori di vetro di qualità per alimenti, bevande, profumi, cosmetici e bottiglie speciali per il mercato del vino e dell'olio, quotato allo Star, racconta a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, il lavoro del gruppo per un modello di business sostenibile ma anche sempre più trasparente, e un percorso di crescita chiaro.  L'azienda, nata nella metà del secolo scorso dalla decisione di Gaetano Marzotto di differenziare il business del tessile, sta investendo in maniera importante sul riciclo, con 30 milioni per realizzare l'impianto della controllata Julia Vitrum destinato a diventare un polo della raccolta e del trattamento del rottame di vetro. Quest'anno è pieno di sfide e incognite, dai prezzi energetici al conflitto, ma il settore dei contenitori in vetro, assicura Cardini, ha sempre mostrato una resilienza notevole e il gruppo riuscirà a far fronte alle perturbazioni. Avete integrato il framework Esg nella strategia aziendale. E avete appena pubblicato il nuovo bilancio di sostenibilità. Qual è il percorso fatto finora? «Da molto tempo Zignago Vetro opera per fare in modo che il proprio modello di business non sia solamente sostenibile, ma anche sempre più trasparente e comprensibile a tutti gli interlocutori. Nel corso degli ultimi anni abbiamo portato avanti un miglioramento continuo, volto anche a ricomprendere nel piano d'azione di sostenibilità, che il Gruppo aggiorna e persegue costantemente, proprio le molteplici istanze derivanti dai nostri interlocutori. Questo ha portato a risultati di sostenibilità ambientale sempre più importanti, ad una sempre maggiore consapevolezza e impegno nel ruolo sociale dell'impresa, sia verso l'interno che verso l'esterno, nonché a rispondere alle esigenze di regolamentazione del governo societario in modo rapido e chiaro, assicurando trasparenza e quella serietà che da sempre contraddistingue Zignago». Ci parla anche dei prossimi obiettivi Esg per l'azienda? «Ci siamo posti numerosi obiettivi Esg per i prossimi anni. Soprattutto, però, abbiamo istituito da diverso tempo un sistema di obiettivi formalizzati e di rendicontazione, che ci permetta di definire un percorso di crescita e di miglioramento chiaro, oltre alla conseguente misurazione dei risultati raggiunti. Di tutto questo diamo ampia e chiara rendicontazione nella documentazione pubblicata sul nostro sito e in particolare nel Bilancio di Sostenibilità». Il vetro è un materiale da imballaggio sano ed è riciclabile. Nel 2021 avete avviato l'impianto di Julia Vetrum per aumentare la capacità di riciclo e di riutilizzo del rottame di vetro. Ci fornisce qualche numero? «Julia Vitrum è una società nata nel 2019, in partnership con un altro importante gruppo vetrario. A settembre 2021 ha iniziato la propria operatività. L'investimento realizzato è stato molto importante: complessivamente parliamo di 30 milioni di euro, che sono serviti a realizzare quello che senza dubbio possiamo definire l'impianto più moderno in Italia e, riteniamo, anche in Europa. Julia Vitrum potrà trattare circa 300.000 tonnellate di rottame di vetro rinveniente soprattutto dalla raccolta differenziata urbana. L'intenzione è di far sì che tale stabilimento diventi il polo della raccolta e del trattamento del rottame di vetro nel Nord Est d'Italia, per il successivo reimpiego negli stabilimenti vetrari della zona. Si tratta di un'iniziativa alla quale crediamo molto e che rappresenta un esempio perfetto di economia circolare e di prossimità. Il vetro, infatti, è l'unico materiale che può essere riciclato al 100%, per un numero infinito di volte ed ottenendo sempre un contenitore della medesima qualità». C'è una risposta crescente da parte di utilizzatori e consumatori verso il vetro? «Assolutamente sì. Il vetro viene sempre più apprezzato e valorizzato, sia da parte dei produttori che dei consumatori, per le sue qualità di sicurezza, di qualità, di inviolabilità, che ne fanno un materiale perfetto. Crediamo che questo materiale antico, ma anche molto moderno, abbia ancora grande spazio di crescita nell'apprezzamento dei consumatori e di versatilità di utilizzo». Guardando in prospettiva, cosa vi aspettate da questo nuovo anno, dovendo fare i conti con gli strascichi della pandemia e un caro prezzi, aggravato dalla guerra? «Crediamo che il 2022 sarà sicuramente un anno molto impegnativo, caratterizzato da molteplici sfide, non ultima quella della smisurata crescita dei costi energetici e delle materie prime, nonché dalle incognite poste dalla guerra in corso. Tuttavia, storicamente, anche nei momenti più difficili, quali, nei tempi più recenti, la crisi finanziarie e la pandemia, il settore dei contenitori in vetro ha sempre mostrato una resilienza notevole e, quindi, grande capacità di superamento delle crisi. Attualmente, in tutti i settori in cui il nostro gruppo opera, la domanda di contenitori in vetro è molto buona e crediamo che i motivi di tale forza siano dovuti anche al crescente apprezzamento dei consumatori. Nonostante l'attuale contesto macroeconomico abbia diverse incognite, riteniamo che il settore dei contenitori in vetro, e in particolare il Gruppo Zignago Vetro, riuscirà a far fronte alle perturbazioni poste da un tale scenario d'incertezza». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/4/2022

01 Aprile 2022

Panariagroup: «I nostri prodotti ultrasostenibili frutto di investimenti in ricerca e design. Puntiamo ad una crescita solida»

Emilio Mussini, presidente della realtà italiana delle ceramiche di alta gamma, parla dei risultati raggiunti e del futuro Un budget da 25 milioni l'anno di investimenti in ricerca e sviluppo. E prodotti sempre più ultrasottili ed ultrasostenibili. Emilio Mussini, presidente di Panariagroup, realtà italiana delle ceramiche di alta gamma, con la presenza in 130 Paesi, in un'intervista a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, racconta i traguardi raggiunti e parla del futuro saldamente ancorato all'Europa, con un particolare sguardo ai Paesi del Nord. E se gli incentivi all'edilizia sono un boost per il settore, serve un intervento politico sull'energia sia in ambito nazionale che europeo per riportare i prezzi in un range competitivo e stabile. Investimenti in ricerca e tecnologia. Le piastrelle guardano sempre più al futuro. Qual è il percorso di Panariagroup? «Gli investimenti in termini di ricerca e sviluppo sono fondamentali per Panariagroup, che ha fatto dell'avanguardia la propria ragion d'essere, e questo non sarebbe stato possibile senza una strategia di crescita – solida, costante e duratura – che ad oggi prevede un budget di 25 milioni di euro l'anno in tal senso. Dopo l'uscita dalla Borsa e due anni di pandemia, sentivamo l'esigenza di ripartire come gruppo e abbiamo deciso di farlo lavorando parallelamente su due fronti. Da un lato, continuando ad investire nelle prestazioni tecniche delle nostre superfici, dall'altro impegnandoci per innovare la componente di design e la qualità estetica dell'offerta, per mantenerci leader nell'alto di gamma (con brand come Cotto d'Este, Lea Ceramiche e Panaria). All'interno di questo budget di investimenti e in linea con queste scelte, a gennaio 2022 abbiamo siglato un accordo da 6 milioni di euro con System Ceramics, rinnovando la nostra partnership decennale per l'implementazione del laminato sottile, un segmento strategico per il gruppo e sul quale prevediamo di investire ancora in futuro». Un percorso che passa attraverso un impegno per la sostenibilità. Sul fronte delle emissioni, del risparmio energetico e delle materie prime, cosa state facendo? «Nel 2022 nessuna azienda può dirsi competitiva senza un piano industriale che non tenga conto del proprio impatto sul territorio, non solo economicamente e socialmente, ma anche, e soprattutto, dal punto di vista ambientale. Panariagroup ha avviato un programma di recupero totale degli scarti di produzione e le materie prime impiegate sono soggette a un controllo costante in tutti gli stabilimenti. Abbiamo anche rafforzato i rapporti con il territorio, attraverso una rete di forniture e servizi decisivi per la nostra attività. Inoltre, la produzione del nostro laminato sottile è stata certificata 100% Carbon Neutral. Non è solo ultrasottile, quindi, ma anche ultrasostenibile. Qualche dato: lo spessore è stato ridotto di 2/3 rispetto alle piastrelle tradizionali; la produzione necessita di un minor consumo di materie prime e di un minore fabbisogno di acqua (che l'azienda recupera completamente). L'output si concretizza in una riduzione dell'inquinamento da trasporto e delle emissioni di Co2, che comunque vengono completamente compensate, e in imballaggi con materiali riciclati o materiali rinnovabili. Questo dimostra che non abbiamo mai smesso di ottimizzare e migliorare i processi e le performance ambientali e che continueremo a farlo, con serietà e concretezza, per superare noi stessi prima che i nostri competitor». Prima l'emergenza Covid, poi il caro materie prime. Cosa serve al settore? «Un intervento politico sull'energia sia in ambito nazionale che europeo che consenta di ricondurre i prezzi in un range competitivo e stabile, per poter concorrere al meglio sui mercati globali. Sempre sulla questione risorse energetiche, basti pensare che l'energia rappresenta almeno 1/4 dei costi di fabbricazione nell'industria ceramica e il costo del gas ha raggiunto livelli irragionevoli nel lungo periodo. Questa dinamica così anomala del prezzo delle fonti energetiche, unitamente ai rincari di altri fattori della produzione, ci obbliga ad alzare sensibilmente i prezzi di listino in una misura che stiamo ancora definendo per far fronte alla situazione nel migliore dei modi. Tuttavia, se il prezzo del gas dovesse diminuire, attraverso la concessione alle aziende energivore di una calmierazione del prezzo di 20 cent su una percentuale significativa dei consumi, potremmo anche rivedere il prezzo del prodotto finito nell'ottica di tutelare, ove possibile, la continuità della produzione. Inoltre, misure come gli incentivi sull'edilizia, come quello già attivo del Superbonus, sono di cruciale importanza e rappresentano un boost per il nostro settore, soprattutto dopo lo stallo in cui siamo stati costretti negli ultimi due anni. Come settore siamo consapevoli e concordi su una traiettoria di sviluppo sostenibile, ma riteniamo che vada coniugata con una pianificazione e un processo concreto e robusto sulla fattibilità per poter raggiungere i target». Ripartenza in Italia e all'estero. Cosa vede nel futuro di Panariagroup? Quali sono i vostri target? «Avendo già saturato la capacità produttiva in Italia, la crescita dipenderà dalla maggiore produttività legata agli investimenti in corso. Peraltro, il volume di affari è destinato ad aumentare di conseguenza al trasferimento sui prezzi di una parte della maggiorazione dei costi. In ogni caso, siamo e rimaniamo un gruppo internazionale: le business unit portoghese ed in particolare quella americana godono di una prospettiva di sviluppo decisamente più positiva, legata a una domanda crescente e fattori della produzione più competitivi. Il futuro di Panariagroup è comunque saldamente ancorato all'Europa, con in testa Francia, Regno Unito e Germania. Gli obiettivi ad oggi sono molto chiari: consolidare sempre di più la nostra presenza nei mercati in cui siamo già presenti, rafforzando la capillarità della rete distributiva e aprire una finestra di dialogo con i Paesi del Nord Europa, un territorio fino ad ora inesplorato e dalle grandi potenzialità. Vogliamo inoltre continuare a proporre soluzioni tecniche all'avanguardia e uniche a partner pubblici internazionali. Con Lea Ceramiche, in Francia, abbiamo già preso parte ad importanti forniture pubbliche, tra cui i rivestimenti per la fermata della Métro di Parigi a Porte de Versailles e un progetto più ampio – attualmente in corso – per l'implementazione delle infrastrutture di trasporto pubblico della regione Île-de-France». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/4/2022

01 Aprile 2022

Federacciai: «Siamo l’economia circolare industrializzata. Gli investimenti non si fermano»

L'Italia è il primo Paese dell'Ue per il riciclo dell'acciaio, spiega il direttore generale, Flavio Bregant. Ma bisogna fermare l'export di rottame ferroso «Il nostro settore è l'economia circolare industrializzata» perché l'acciaio è permanente e 100% riciclabile e l'Italia è leader in Europa. Flavio Bregant, direttore generale di Federacciai, la Federazione che rappresenta le imprese siderurgiche Italiane, e conta 125 aziende associate che realizzano e trasformano oltre il 95% della produzione italiana di acciaio, ne parla a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School.  Un impegno testimoniato nei numeri del Rapporto di sostenibilità: riduzione delle emissioni di CO2 del 60% dal 1990 e taglio del 21% delle emissioni dirette nel 2020 rispetto al 2019; riduzione di circa il 36% dei consumi energetici totali rispetto al 1995; oltre il 35% degli investimenti al miglioramento delle performance ambientali e della salute e sicurezza sul lavoro. Bregant si sofferma soprattutto sul tema degli investimenti. Il rapporto tra investimenti e fatturato è rimasto costante, e, nonostante la congiuntura e le forti minacce del caro energia e della guerra in Ucraina, gli investimenti non si fermano, assicura. Ma servono interventi strutturali in Italia e in Europa. E fermare l'export di rottame ferroso. L'industria siderurgica italiana da tempo guarda al futuro e alla sostenibilità. Quanto è forte l'impegno del settore per il miglioramento delle performance ambientali, della salute delle persone e della sicurezza sul lavoro? «E' un impegno forte e continuo e possiamo dire che siamo i leader in Europa. Dove siamo arrivati lo raccontiamo nel Rapporto di sostenibilità, che elaboriamo con cadenza biennale, e che abbiamo presentato all'assemblea in ottobre. Teniamo a sottolineare non solo i valori assoluti ma soprattutto i trend di miglioramento sia nella parte ambientale, con la riduzione delle emissioni di CO2 del 60% dal 1990, ma anche relativamente all'aspetto sociale, con oltre il 35% degli investimenti delle nostre aziende rivolto al miglioramento delle performance ambientali, della salute delle persone e della sicurezza sul lavoro. Gli investimenti sono continui, anzi, uno dei parametri interessanti è che, indipendentemente dal momento congiunturale, negli anni il rapporto tra fatturato e investimenti lo manteniamo costante». Quindi si potrà parlare sempre più, in futuro, anche per il vostro settore, di economia circolare e di acciaio verde? «Il nostro settore è l'economia circolare industrializzata. E proprio il settore siderurgico italiano – che è il secondo in Europa dietro la Germania come produzione - è il primo come tecnologia da forno elettrico di produzione che, di fatto, riutilizza il rottame ferroso (ferro e acciaio) come materiale di partenza: quindi economia circolare vera e propria. Basti pensare che l'80% della nostra produzione italiana è fatta con questa tecnologia a fronte di una media di circa il 40% in Europa. Del resto, l'acciaio è quello che noi chiamiamo un materiale permanente, ovvero si può riciclare un numero indefinito di volte». Gli investimenti continuano a crescere. Ma questo impegno può essere messo a rischio dall'attuale momento che vede una congiuntura assolutamente particolare? «Gli investimenti al momento vengono mantenuti proprio perché si ritiene che sia una fase congiunturale e gli investimenti sono, invece, qualcosa che guarda al futuro; quindi, attualmente le aziende stanno assolutamente mantenendo il loro programma. Del resto, siamo anche inseriti in un panorama europeo che ha degli obiettivi estremamente ambiziosi dal punto di vista di riduzione delle emissioni e, quindi, è chiaro che bisogna spingere in modo estremamente forte per cercare tecnologie innovative e processi innovativi per andare avanti verso la completa decarbonizzazione. Abbiamo fatto fare uno studio molto approfondito, insieme anche ad altri settori (chimica, fonderie, carta) su quello che c'è da fare per ridurre le emissioni e ottemperare agli obiettivi della Commissione europea, che abbiamo presentato al Governo, e abbiamo già individuato le tecnologie e gli investimenti da fare da qui al 2030-2050 per arrivare alla decarbonizzazione». Di fronte al caro prezzi e alla guerra in Ucraina che stanno minacciando la ripresa post Covid e la sopravvivenza di alcuni settori industriali, cosa serve al settore? «Ci sono sicuramente due, tre interventi necessari al settore. Prima parlavamo del rottame ferroso, che è la materia prima principale del settore siderurgico nazionale ma l'Italia è deficitaria di rottame e, quindi, importiamo dall'Europa e da paesi terzi un certo numero di milioni di tonnellate. Ecco, dobbiamo assolutamente valorizzare questa vera e propria miniera di materia prima europea. Noi abbiamo tanto rottame che esce dall'Italia, ma, soprattutto, abbiamo tanto rottame che esce dall'Europa verso Paesi, anche concorrenti, e che non lavorano certo con i nostri criteri ambientali e sociali. Dall'Europa si esportano 19 milioni di tonnellate di rottame, quindi un flusso emorragico che dovrà essere in qualche modo controllato e rallentato, e se possibile fermato, proprio in ottica di andare verso una maggiore e ulteriore riciclabilità. Poi ovviamente – utilizzando tanta energia - abbiamo bisogno di un mercato energetico verde, liquido e, ovviamente, a prezzi che ci consentano la concorrenzialità. Quindi c'è bisogno di interventi strutturali. Ora il nostro governo sta aiutando le imprese e le famiglie con interventi congiunturali sicuramente importanti e positivi; però, abbiamo bisogno di misure strutturali, sia a livello nazionale che europeo, perché utilizzando, appunto, tanta energia elettrica dobbiamo lavorare perché sia decarbonizzata ricorrendo alle fonti rinnovabili e, quando ci sarà e sarà competitivo, all'idrogeno». Le aziende riescono ancora a non fermarsi in questa fase? «Le aziende riescono ancora a non fermarsi. Però, cominciamo a vedere delle difficoltà perché molto del minerale pre-ridotto che viene utilizzato dalle acciaierie veniva dalla zona di guerra e, quindi, al momento non arriva, come la ghisa del resto che è un'altra materia prima. E per i trasformatori di acciaio c'è anche un problema di approvvigionamento di semilavorati. Quindi bisogna, innanzitutto, fermare la guerra e far ripartire la produzione della materia prima e dei semilavorati». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/4/2022

19 Marzo 2022

I valori ESG possono fare la differenza sul mercato: le risposte della formazione Luiss Business School

In partenza il programma Flex ESG e Sviluppo Sostenibile. Ecco come didattica e case study possono diventare strumenti per creare nuove occasioni di mercato I temi ESG sono oggetto di intense attività dei regolatori, ma anche di grande interesse per gli stakeholder. Integrare questi valori – ambiente, società e governance – in azienda non rappresenta più un'azione da temere, bensì la base da cui partire per cogliere nuove opportunità di mercato. In questo scenario, l'alta formazione per chi vuole operare o già opera in questo campo è lo strumento necessario per interpretare correttamente gli input regolatori e le richieste di consumatori e mercato. “La sostenibilità viene spesso definita in modo sfuggente o complesso. Può essere affrontata in modo simbolico, ma ciò non è più sufficiente per investitori e consumatori, alla ricerca di risposte concrete”: Angelo Riccaboni, Professore Ordinario di Economia aziendale, Università di Siena, e Senior Research Fellow, Luiss Business School, ci racconta il nuovo Flex ESG e Sviluppo Sostenibile, in partenza il 25 marzo. Integrare la sostenibilità nei modelli di business: quali sono le sfide da superare? Negli ultimi tre anni la consapevolezza sul tema della sostenibilità è sicuramente aumentata, tuttavia, ancora si agisce prevalentemente in ottica di greenwashing o esg-washing. Chi già invece opera in una realtà concretamente orientata alla sostenibilità, percepisce che un approccio diverso è necessario. Il greenwashing non basta più: gli stakeholder stanno diventando esigenti e richiedono risposte di sostanza. La sostenibilità deve essere integrata nei meccanismi di governance e management attraverso la pianificazione, l'azione del board, il reporting, finanza. Per le piccole e medie aziende si osserva invece una tendenza a posporre il problema e a considerare la sostenibilità un onere e non un beneficio. Far capire che i vantaggi ci sono per tutti, politica compresa, è il vero punto di partenza. Quali sono i vantaggi per le imprese? Con i valori ESG si delineano nuove opportunità di mercato. Oggi non compreremmo mai prodotti che vengono fuori da processi non sostenibili. Quali sono i vantaggi per i regolatori? L'Europa è l'unico continente che sta portando avanti iniziative di estremo rilievo sulla sostenibilità e la regolazione diventa sempre più stringente su questi temi. Chi non lo capisce, faticherà.               Quanto conta il tema ESG per gli investitori? Moltissimo. Gli investitori chiedono sempre più sostenibilità. Anche le banche di prossimità ricevono input in questa direazione, perché è valutata dai regolatori europei. Poi c'è la questione dei talenti. I fattori ESG sono già una discriminante per attirare talenti in azienda? Sì. Oggi i giovani non scelgono di lavorare in luoghi in cui la sostenibilità non sia centrale.                Qual è il ruolo che professionisti specializzati possono giocare per favorire questo cambio di paradigma? Mettere in evidenza casi concreti con soluzioni interessanti su diverse funzioni può fare la differenza. I professionisti sono consapevoli che ci sia un bisogno di approfondire questi aspetti per scendere in campo con un approccio diverso. Ed è qui che il programma Luiss Business School offre delle risposte importanti, sia dal punto di vista dei contenuti che delle esperienze portate in aula. Il messaggio che vogliamo lanciare è: «si può fare ed è conveniente».  Purpose da nice to have a must to have: quali sono i principali benefici di aziende purpose-driven? In passato il purpose era visto come accessorio. Ora le aziende impiegano anche anni a riscriverlo: a una semplice frase si affida il compito di definire perché un'azienda esiste sul mercato. Strategia, meccanismi di governance e modalità operative sono tutti cristallizzati nel purpose. In più, è proprio il purpose che permette agli investitori di guardare all'impresa come a una realtà di sostanza o di apparenza, quindi oggi assegnare a un'azienda una ragion d'essere va oltre la massimizzazione del profitto. Prospettive future nel campo ESG: a cosa si dovrà prestare attenzione nei prossimi mesi e sotto quali punti di vista sta scendendo in campo Luiss Business School?   Gli attuali sconvolgimenti geopolitici incideranno molto sulle scelte dei prossimi mesi. Se prima si prendevano in considerazione solo 3 delle 5 P dell’Agenda 2030, people, planet e prosperity, oggi ce ne sono due che stanno tornando al centro del discorso, che sono partnership e peace.  Sostenibilità significa quindi portare al centro dell'attenzione più giustizia e inclusione, obiettivi che ridisegnano azioni e partnership delle multinazionali, con impatti inevitabili sugli equilibri internazionali. Comprendere questi mutamenti e agire consapevolmente di conseguenza sarà tra i compiti principali dei leader di domani. SCOPRI il Flex ESG e Sviluppo Sostenibile 19/03/2021

18 Marzo 2022

Ibarra (Engineering): «La tecnologia è driver economico e sociale. Abbiamo inserito la sostenibilità nel nostro stile d’impresa»

ll CEO a SustainEconomy.24: «Innovazione e digitale per un nuovo modello di 'design sociale'» Integrare gli obiettivi di business con i valori di sostenibilità, inclusione e diversity perché la tecnologia non è una commodity ma «deve essere un driver economico e sociale». Maximo Ibarra, ceo di Engineering, parla a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, del percorso che ha portato l'integrazione della sostenibilità nello stile imprenditoriale della digital transformation company, ma anche delle soluzioni su energia, mobilità, sistemi sanitari e istruzione. «Perché vogliamo essere asset del Paese» e, a maggior ragione in questa fase storica, contribuire a «un mondo più equilibrato socialmente, più sostenibile energeticamente, più sicuro sui territori e nei sistemi informatici». Insomma, sintetizza Ibarra, «l'innovazione e il digitale per un nuovo modello di ‘design sociale'».  Engineering sta portando avanti un percorso di accelerazione della sostenibilità che passa anche dalla decisione di aderire al Global Compact delle Nazioni Unite. Ce ne parla? «Engineering è una digital transformation company che da sempre integra gli obiettivi di business con i valori della sostenibilità, inclusione e diversity. Con l'adesione al Global Compact abbiamo sottoscritto i dieci principi in materia di diritti umani, ambiente, lavoro e lotta alla corruzione, consapevoli di fare un ulteriore passo verso un business etico e verso l'integrazione della sostenibilità nelle nostre strategie industriali, nel nostro modello di business e organizzativo e, più in generale, nel nostro stile imprenditoriale. Per questo abbiamo aumentato la nostra capacità di monitorare e rendicontare i progressi nel campo della sostenibilità, avviando un percorso di allineamento dei nostri obiettivi ai parametri dell'Agenda 2030, agli standard internazionali e ai parametri della Communication on Progress prescritti dal Global Compact». Iniziamo dalla sostenibilità ambientale e dalla lotta al cambiamento climatico. Concretamente cosa state facendo? «Per noi la tecnologia deve essere al contempo un driver economico e sociale. Realizziamo molti progetti di business che hanno un impatto positivo sul territorio. Nel settore Energy, dove lavoriamo al fianco di molti operatori, sviluppiamo quotidianamente soluzioni importanti, ad esempio di teleriscaldamento o teleraffrescamento da fonti rinnovabili e soluzioni software studiate per rispondere alle sfide ambientali di gestori di servizi energetici in ambito privato, utility e amministrazioni pubbliche locali che intendono monitorare e controllare l'efficienza energetica e progetti di riduzione dei consumi. Creiamo per loro sistemi innovativi basati sull'intelligenza artificiale. Lavoriamo moltissimo anche sull'efficientamento della mobilità urbana. Ad esempio, in comuni come Pisa, Verona, Napoli, così come in molte città della Germania, contribuiamo a migliorare la circolazione dei mezzi di trasporto e a gestire innovativi sistemi di smart parking, così da ridurre l'inquinamento atmosferico e acustico. In Sicilia stiamo portando avanti progetti di Smart Lighting che ottimizzano i sistemi di illuminazione pubblica, riducendo anche le emissioni di CO2. Internamente, oltre a quanto già fatto in termini di risparmio energetico, il nostro headquarter di Roma è dotato della certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) ed è allo studio anche un piano strutturato per il risparmio energetico. Misuriamo la carbon footprint e stiamo migliorando il nostro approccio green ai Data Center, anche incrementando la capacità geotermica, oltre alla possibilità di utilizzare parte del calore dell'acqua per il riscaldamento degli uffici che prevede l'installazione di misuratori intelligenti di prestazione energetica in tutte le sedi». Inclusione, riduzione dei divari e delle differenze. La tecnologia e il digitale come possono essere inclusivi? «Oggi la tecnologia non è più una commodity che ci aiuta solamente a migliorare l'efficienza, ma è la strategia che ci dà la possibilità di migliorare il mondo in cui viviamo e lavoriamo. Grazie alla tecnologia possiamo abbreviare le distanze tra le persone, rendere i sistemi sanitari e l'istruzione sempre più inclusivi, così da non lasciare indietro nessuno. Per riuscire in tutto questo, però, bisogna puntare sul superamento del digital divide e sull'aumento del digital trust, facendo capire alle persone che l'innovazione tecnologica porta davvero benessere. Lo scorso anno ho avuto l'onore di coordinare, in qualità di chair, la Task Force DT del B20. Alcuni dati che abbiamo trovato sono impressionanti: il 60% del Pil mondiale atteso nel 2022 è direttamente connesso al digitale, ma, di contro, solo per rimanere nel nostro continente, secondo la Commissione Europea, il 42% degli europei manca di conoscenze digitali di base. Un paradosso che dobbiamo risolvere affinché il digitale possa realmente offrire maggiori opportunità di inclusione». Sarà possibile rispettare gli obiettivi del Pnrr di uno sviluppo tecnologico e digitale più omogeneo? «Il Pnrr è la risposta dell'Europa alla crisi pandemica ed è lo strumento che ci ha dato la possibilità di ripartire immaginando un nuovo momento di trasformazione per la società. Al centro del Pnrr due obiettivi sono assolutamente centrali: digitalizzazione e transizione energetica. Le emergenze di questi giorni sono innanzitutto umanitarie, ma ci dicono, con grande chiarezza, quanto questi due obiettivi non solo restano centrali ma lo saranno ancora di più quando auspicabilmente si troverà un modo di superare lo scontro. L'Europa e il nostro Governo sapranno prendere le decisioni più appropriate e noi, nel frattempo, continueremo a operare con grande rigore e impegno, svolgendo il nostro ruolo di asset per il Paese, supportandolo per velocizzare e facilitare il cambiamento. Per uno sviluppo più omogeneo è anche necessario accelerare la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e fare in modo che le risorse del Pnrr diventino progetti davvero capaci di migliorare il rapporto tra cittadini e Istituzioni, di digitalizzare la sanità, implementando sistemi di prevenzione anche attraverso la Telemedicina, di dare nuova linfa all'ecosistema dell'istruzione, facendo in modo che si superi il mismatch tra la domanda di competenze delle aziende e l'offerta del mercato. Siamo stati tra i primi, già diversi anni fa, a vedere nel modello di Partenariato Pubblico Privato la via per accelerare la digitalizzazione della Pa». Prima la pandemia, poi le tensioni geopolitiche, le sfide di fronte a noi sono molteplici. Qual è il ruolo che vede per l'innovazione e del digitale? «L'emergenza globale ci ha messo duramente alla prova, ma ci ha anche mostrato nuove alternative, molte delle quali collegate all'innovazione tecnologica. Il ruolo della tecnologia sta cambiando: dall'essere focalizzato sull'efficienza e sul contenimento dei costi sta diventando un motore di crescita e un elemento sempre più ‘valoriale', in quanto strumento per disegnare un mondo più sostenibile e inclusivo. I drammatici eventi delle ultime settimane ci ricordano, in ogni immagine, quanto sia vitale per tutti pensare a un mondo più equilibrato socialmente, più sostenibile energeticamente, più sicuro sui territori e nei sistemi informatici. In tutte queste aree e molte altre, la tecnologia e il digitale sono elementi decisivi. Il ruolo che vedo per l'innovazione e il digitale è, pertanto, quello di strumento principe nelle mani dell'uomo per definire quello che io chiamo un nuovo modello di ‘design sociale'. Partendo da questa enorme responsabilità, in capo a chi governa le tecnologie, la sfida di tutte le sfide è la formazione e la capacità di completare le competenze tecnologiche con competenze umanistiche, sociali, psicologiche. Anche su questo fronte il nostro impegno è massimo. La nostra Academy, dove ogni anno migliaia di dipendenti nostri e dei nostri clienti hanno accesso a oltre 25mila ore di formazione, forma giovani talenti e si occupa di mantenere anche i professionisti già esperti allineati con la rapidità dell'evoluzione tecnologica. E portiamo questo enorme bagaglio di sapere direttamente anche nelle scuole».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 18/3/2022

18 Marzo 2022

MaticMind: «Conciliamo l’informatica con la sostenibilità. Un futuro da protagonisti in fibra, cloud e cybersecurity»

Il presidente e azionista di maggioranza, Carmine Saladino, ne parla a SustainEconomy.24 Conciliare le esigenze informatiche con la sostenibilità. Maticmind, system integrator che lavora per grandi aziende private e clienti pubblici come ministeri, strutture sanitarie ed enti locali, guarda alla trasformazione digitale del Paese con una strategia di crescita e l'impegno a facilitare il percorso. Come racconta Carmine Saladino, presidente e azionista di maggioranza della società che conta una partecipazione al 42% del Fondo Italiano d'Investimento (Cdp), a SustainEconomy.24, il report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. Con un futuro di crescita, da protagonisti nel cloud, nella cybersecurity e nella fibra. La trasformazione digitale del Paese passa per resilienza, cybersecurity, cloud, ma anche sostenibilità ambientale e sociale. Quali sono il percorso e l'apporto di una realtà come Maticmind? «Il nostro impegno è quello di conciliare le esigenze informatiche dei clienti con quelle legate alla sostenibilità. Il gruppo Maticmind vanta più di mille clienti, fra realtà pubbliche e private, e per ogni cliente progetta soluzioni su misura. Oggi sicuramente la cybersecurity e il cloud sono centrali nello sviluppo del Paese: si stima infatti che il mercato della cybersicurezza in Italia cresca del 13% l'anno, mentre quello del cloud del 20%. Sono numeri importanti che mostrano come l'Italia stia rapidamente facendo dei passi in avanti necessari. Dico necessari perché, purtroppo, ancora oggi il 90% degli attacchi hacker inizia con la ricezione di una semplice mail. Per contrastare questo fenomeno Maticmind forma i suoi clienti, perché la sensibilizzazione è la prima arma di contrasto; in un secondo momento, mettiamo in piedi un'architettura a prova di attacco e grazie ad un centro operativo attivo 24 ore su 24, il Security Operation Center, monitoriamo attivamente le infrastrutture informatiche. Un lavoro che richiede attenzione e prontezza di reazione, stessi concetti che adottiamo in ambito green. Il tema della sostenibilità ambientale è ormai al centro di tutte le agende, a maggior ragione in questo momento in cui una guerra orribile sta provocando l'aumento incontrollato dei prezzi dell'energia. Molteplici sono i benefici e i risparmi che la diffusione dell'Ict abilita. Pensiamo, fra le altre cose, all'ottimizzazione delle reti elettriche (Smart Grid) o alla riduzione dei consumi per gli spostamenti indotta dalla diffusione del Remote Working. Con i nostri data center siamo in grado di garantire una gestione efficiente anche dal punto di vista energetico: ad esempio, nel processo di raffreddamento dei data center garantiamo un risparmio energetico di circa il 60%. Per conciliare l'evoluzione del gruppo con la responsabilità ambientale e sociale abbiamo creato recentemente un'apposita business unit, Digital Automation Solutions & Services, che nasce con l'obiettivo di fornire servizi di Building Automation, IoT e progettazione, nel rispetto della sicurezza e della qualità dell'ambiente». Viviamo una fase di crisi per l'industria e la produttività, complici anche i venti di guerra dopo la pandemia. Ci sono però le opportunità del Pnrr per migliorare anche le infrastrutture tecnologiche del Paese. Come si inserisce la vostra società in questo scenario? «La digitalizzazione del Paese è uno dei cardini del Pnrr. Maticmind vuole apportare il proprio contributo garantendo lo sviluppo delle migliori soluzioni per l'evoluzione del sistema industriale e l'accessibilità ai servizi della Pa da parte dei cittadini. La pandemia ha messo in luce alcune carenze strutturali cui il Paese si sta impegnando a sopperire. Il settore industriale privato, per mantenere gli alti livelli competitività sui mercati internazionali, ha bisogno di una forte spinta alla digitalizzazione, con integrazione digitale della supply chain, digital twin degli impianti, algoritmi AI per la manutenzione preventiva. Anche la Pubblica Amministrazione deve confrontarsi con nuovi processi e nuove modalità di erogare servizi alla cittadinanza. La sfida è tutta nella Rivoluzione Digitale: dematerializzazione documentale, digitalizzazione dei processi, rapporto virtuoso con il cittadino. Devo dire che sono stati fatti già molti passi in avanti: da marzo 2020 ad oggi siamo riusciti a colmare un gap importante. Per fare un esempio a tutti noto: smart working e smart office. Grazie a realtà come la nostra, milioni di dipendenti sia pubblici che privati, hanno potuto lavorare da remoto utilizzando gli strumenti necessari, con la massima sicurezza nella protezione e condivisione dei dati. Siamo andati anche oltre, perché in vista di una ripresa e di un ritorno alla normalità abbiamo studiato e realizzato un nuovo tipo di ufficio, smart e hi-tech, in grado di configurare la postazione in base alle esigenze dell'utilizzatore, capace di riconoscere l'utente che ne sta usufruendo, rendendo le postazioni condivisibili, garantendo un link costante fra lavoro in presenza e da casa. Alla base di tutto il processo di digitalizzazione, ci sono sempre le reti di telecomunicazione ed è noto a tutti che diverse zone del Paese sono ancora prive delle infrastrutture necessarie. Attraverso la controllata Fibermind vogliamo essere protagonisti nella progettazione delle reti più moderne ed efficienti, con particolare riferimento alle infrastrutture in fibra ottica e 5G. Su questo il Paese deve saper investire al meglio e grazie ai fondi del Pnrr credo che saremo in grado di compiere un ulteriore passo in avanti, garantendo a tutta l'Italia alti standard digitali». Avete un Piano industriale sfidante con una crescita sia per linee interne che esterne. Cosa c'è nel futuro di Maticmind? «Di recente abbiamo annunciato acquisizioni nel campo della progettazione ultrabroadband e 5G. Inoltre, abbiamo rafforzato la nostra leadership nella cybersecurity grazie a 2 importanti operazioni con cui abbiamo inaugurato il 2022. Negli ultimi anni abbiamo ampliato il nostro portafoglio per offrire soluzioni a 360 gradi. Il futuro ci vedrà protagonisti, vogliamo consolidare la nostra leadership nel settore Ict italiano e valutiamo nuove possibilità di espansione, verso il cloud e i servizi IT. Abbiamo chiuso il 2021 con un fatturato superiore ai 330 milioni di euro, siamo pronti a migliorarci». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 18/3/2022

18 Marzo 2022

Fabbroni (Sesa): «La sostenibilità nello Statuto per creare valore»

La tutela ambientale e la crescita economica sono parti integranti di un unico ecosistema, spiega il ceo della società che punta a 2,3 miliardi di ricavi nell'anno che si chiuderà ad aprile. Gli obiettivi di successo e crescita sostenibile nello Statuto. Alessandro Fabbroni, ceo di Sesa, ripercorre con SustainEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School, il percorso della società attiva nell'innovazione tecnologica e nei servizi informatici e digitali per le imprese, quotata allo Star, che punta a 2,3 miliardi di ricavi nell'anno che si chiuderà ad aprile. Perché, spiega, la tutela ambientale e la crescita economica sono parti integranti di un unico ecosistema. Sesa ha inserito gli obiettivi di crescita sostenibile nel proprio Statuto. Ci parla del vostro percorso? «Nel gennaio 2021 l'assemblea di Sesa ha approvato all'unanimità (100% del capitale e quorum dell'82%) l'integrazione nello statuto dell'impegno a perseguire il successo e la crescita sostenibile a beneficio di tutti gli stakeholder. Il consenso ottenuto ha rafforzato il percorso in materia di sostenibilità e di evoluzione della governance, prevedendo obiettivi Esg per tutte le figure chiave e confermando l'impegno a supportare proattivamente lo sviluppo di modelli di creazione di valore innovativi e sostenibili. Il Gruppo Sesa è inoltre da sempre impegnato in politiche e programmi di sostenibilità a beneficio delle proprie risorse umane, con un piano welfare tra i più articolati del settore, finalizzato a promuovere il work-life balance degli oltre 4.000 dipendenti. Siamo sensibili al tema della tutela ambientale e il gruppo si impegna a operare secondo i principi dello sviluppo sostenibile, attraverso programmi di gestione responsabile delle risorse naturali, lo sviluppo dell'offerta di servizi e tecnologie digitali abilitanti l'efficientamento energetico e la produzione da fonti rinnovabili e la mobilità sostenibile. Sesa sta riducendo il proprio impatto diretto, diminuendo i consumi e i rifiuti prodotti e privilegiando le risorse ecosostenibili. Seguiamo le best practice internazionali per minimizzare l'impatto ambientale e sviluppare nuove tecnologie per il risparmio energetico, per la riduzione delle emissioni e per aumentare le performance e la qualità dei mezzi utilizzati. Per attuare questi impegni, abbiamo redatto una Politica Ambientale di Gruppo, ottenendo nel 2021 la certificazione ambientale e introducendo un Sistema di Gestione Ambientale». Avete avviato il processo di certificazione B Corp. A che punto siete? «La certificazione B Corp è uno degli step che fanno parte del nostro percorso di evoluzione, all'insegna della crescita sostenibile. La certificazione è coerente con la mission del gruppo di promuovere la digitalizzazione di imprese ed organizzazioni, supportandole nella propria trasformazione verso la sostenibilità, e si focalizza sull'impegno e la continua evoluzione di 4 aree fondamentali: governance, persone, comunità e ambiente. Nel corso del 2021 abbiamo misurato l'impatto ambientale e sociale attraverso il B Impact Assessment (BIA), sviluppato da B Lab, che misura il valore prodotto, considerando non solo gli aspetti economici ma anche quelli ambientali e sociali. Un punto di partenza per il miglioramento progressivo delle performance di sostenibilità aziendale, con l'obiettivo di superare la soglia di eleggibilità necessaria ad ottenere la certificazione B Corp. Il piano prevede un approccio incrementale/bottom-up, certificando le principali società del gruppo in modo progressivo». Nel settore in cui operate, è possibile conciliare la redditività e l'attenzione ai risultati con la creazione di valore a beneficio di tutti gli stakeholder? «Attraverso la creazione di valore durevole per tutti gli stakeholder, Sesa ritiene di poter massimizzare anche il valore di lungo termine degli azionisti, in quanto il benessere delle persone e delle comunità, la tutela ambientale e la crescita economica sono parti integranti di un unico ecosistema. La tecnologia e la digitalizzazione si rivelano sempre più fondamentali per semplificare e rendere più efficienti le attività umane, anche e soprattutto nelle organizzazioni aziendali. In particolare, la digitalizzazione dei processi si sta dimostrando un passaggio cruciale per migliorare la circolazione delle informazioni, con evidenti vantaggi anche in termini di sostenibilità ambientale e di circolarità». Avete appena diffuso i risultati dei 9 mesi. Cosa si aspetta per Sesa nel nuovo anno? «I primi nove mesi dell'esercizio al 30 aprile 2022 si sono chiusi con un forte aumento di ricavi e redditività, rispettivamente del 15% e 40%, spinti dalla crescita del perimetro di attività e dalla domanda di digitalizzazione di imprese ed organizzazioni. Il nostro gruppo si conferma così operatore di riferimento e polo di aggregazione nel settore IT. Nell'intero esercizio puntiamo a realizzare 2,3 miliardi di euro di ricavi con 4.250 dipendenti ed una crescita della redditività di oltre il 30% a livello operativo (circa 166 milioni) e del 35% a livello di redditività netta (circa 80 milioni). Continueremo a investire nello sviluppo di competenze digitali, risorse umane e business application con l'obiettivo di proseguire il nostro track record di lungo termine, che ha visto crescere mediamente i ricavi di oltre il 10% e la redditività di oltre il 15% all'anno tra il 2011 e il 2021, generando valore sostenibile a beneficio di tutti gli stakeholder. In particolare, la nostra strategia di sviluppo focalizzata su competenze digitali verticali e risorse umane resta fondamentale in uno scenario internazionale di crescente incertezza come quello attuale». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 18/3/2022

18 Marzo 2022

Zerynth: «La nostra piattaforma IoT per aiutare le imprese in innovazione 4.0 e sostenibilità»

Gabriele Montelisciani, uno dei fondatori e ceo della startup: trasformare le macchine per ridurre i consumi e migliorare i prodotti L'utilizzo di una piattaforma IoT (Internet of Things) per aiutare le imprese del manifatturiero a spingere su innovazione e sostenibilità trasformando presse, torni e telai in impianti 4.0. E' l'obiettivo di Zerynth, una startup fondata nel 2015, che vuole aiutare aziende manifatturiere e system integrator a trarre valore dai dati e aprirsi all'efficientamento di prodotti e processi e al risparmio energetico. In tutti i settori industriali, dall'automotive alla refrigerazione industriale, dallo smaltimento dei rifiuti alla nautica fino all'agricoltura. L'azienda che ha, come socio, il fondo Vertis Venture 3 Technology Transfer che ha investito due milioni di euro, acquisendo il 36%, punta a raddoppiare il fatturato quest'anno. Come racconta uno dei fondatori e ceo, Gabriele Montelisciani, a SustainEconomy.24, report di Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. Zerynth è una startup che supporta le aziende nella digitalizzazione dei processi industriali. Come volete trasformare l'industria? «Le aziende, e lo vediamo soprattutto in questa fase storica, hanno bisogno di essere più efficienti e di ottenere il massimo dai propri asset industriali; quindi, nell'ambito di questa necessità, noi mettiamo a disposizione una soluzione basata su tecnologia IoT, Internet delle cose, che permette di connettere asset industriali di qualsiasi tipo e di qualsiasi età in modo da ottenere il maggior numero di informazioni nel minor numero di tempo e con il più basso investimento possibile per l'impresa. In tal modo, l'impresa ha tutte le informazioni necessarie per prendere decisioni di efficientamento, sia energetico che del processo produttivo o di riorganizzazione della produzione o, perché no, anche creare nuovo valore aggiunto, nuovi prodotti o servizi. Senza dover andare a sostituire un macchinario industriale, una pressa, un tornio, un telaio, che può arrivare a un valore di qualche milione di euro». Avete supportato le imprese in settori come quelli del risparmio energetico ma anche della sicurezza dei rifiuti. Come aiutate le imprese ad accelerare sui temi della sostenibilità? «Lo facciamo in due modi. Innanzitutto, fornendo le informazioni direttamente dalla macchina per mettere in condizione l'imprenditore di prendere delle decisioni di ottimizzazione ed efficientamento nel modo più consapevole possibile. Un esempio, nel settore delle materie plastiche, è il lavoro fatto con Armal. Abbiamo sviluppato un sistema IoT industriale per il monitoraggio in tempo reale del consumo energetico delle presse che ha consentito di ridurre i consumi energetici del 40%, con picchi fino al 70%. Oppure, nel settore dello smaltimento dei rifiuti, dove non esisteva un sistema che, con tecnologia molto semplice ma molto efficace, potesse dare in tempo reale le informazioni sui livelli del percolato all'interno della discarica. E tutto questo senza cambiare le macchine, che è il secondo elemento». State guardando ad altri settori? «C'è un settore interessante - un manifatturiero un po' allargato - che è quello dell'agricoltura e vivaistica industriale. In questi contesti acqua e risorse energetiche sono il punto veramente problematico e dare la possibilità, anche qui, in un modo estremamente semplice, all'imprenditore che gestisce il processo, di avere i dati sui consumi, sulla corretta crescita delle piante o dei frutti, va nella direzione di efficientare il sistema e creare maggiore valore aggiunto, riducendo anche i costi non solo di produzione ma anche sul cliente finale, un elemento oggi molto importante. Spesso le informazioni sono i veri fertilizzanti». Anche alla luce del Pnrr ci sono prospettive interessanti per voi. Vi siete dati degli obiettivi? «L'obiettivo che ci siamo dati è superare la logica dell'azione mirata ad ottenere semplicemente un supporto economico con gli incentivi sul 4.0 per acquistare una nuova macchina ma piuttosto avere il Pnrr che dà una visione più ampia di filiera e di controllo dell'intero processo e investire sulle aziende che vogliono veramente investire in tecnologie per efficientare». Come Zerynth, invece, che obiettivi avete? «Abbiamo chiuso il 2021 con circa un milione di euro di fatturato e veniamo da un percorso che è iniziato due anni fa con un investimento venture capital di due milioni di euro. Abbiamo come obiettivo quest'anno di raddoppiare il nostro fatturato e di aumentare fortemente il nostro organico. L'obiettivo è quello di diventare, anche attraverso partner industriali importanti, nel settore Ict, il punto di riferimento per tutte le Pmi, e anche le grandi imprese, che vogliono investire in digitalizzazione semplice ed efficace senza grossi investimenti o cambiamenti all'interno del proprio impianto».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 18/3/2022

04 Marzo 2022

Toto (Renexia): «I nostri progetti per produrre energia green nel Mediterraneo»

ll direttore generale parla del parco eolico offshore di Taranto che sarà completato in un mese e del maxi progetto Med Wind, all'impronta della sostenibilità e attenzione al territorio Sulle rinnovabili si sta andando nella giusta direzione: occorre accelerare perché sono fonti accessibili, pulite e inesauribili tali da poter evitare le fluttuazioni dei prezzi dell'energia che stanno caratterizzando questa fase storica. Ma bisogna garantire tempi certi. Riccardo Toto, direttore generale di Renexia, la subholding del gruppo Toto che si occupa di energia green, racconta a SustainEconomy.24, report di Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School l'esperienza internazionale negli Usa e parla dei progetti in Italia: il parco eolico offshore di Taranto, il primo nel Mediterraneo che sarà completato entro un mese e dove si studia anche  la  fattibilità, in futuro, dell'idrogeno, e il maxi progetto per Med Wind, il parco offshore floating nel Canale di Sicilia per un investimento da 9 miliardi. «Non ci sono problemi di autorizzazione» assicura ma «se non sarà sostenibile a 360 gradi ci fermeremo». La transizione energetica ed ecologica e la crisi geopolitica richiedono una accelerazione sulle rinnovabili. E il tema si lega inevitabilmente anche al caro energia. Si sta andando nella giusta direzione e cosa occorre per favorire questa accelerazione? «Riteniamo che si stia andando nella giusta direzione, c'è una spinta forte verso le energie rinnovabili. Si sta vivendo una crisi non dovuta alle quantità del gas, ma al prezzo quadruplicato per motivi che vanno al di là dei costi di produzione e sono legati al mercato e alimentati dai venti di guerra. L'energia generata dalle fonti rinnovabili, invece - soprattutto se si tratta di fonti presenti sul territorio o nelle acque nazionali- non subisce fattori esogeni consentendo al prezzo di rimanere fisso. Si tratta di fonti che, oltre ad essere pulite e accessibili, sono anche inesauribili, e il fatto che nessuno può aprire e chiudere il rubinetto può avere un impatto importante sull'economicità della risorsa. A ciò vanno sommate le numerose ricadute in ambito sociale che si avranno quando la produzione partirà in modo massiccio. L'Italia è nella posizione di utilizzare al meglio queste risorse; certo, sicuramente, c'è la necessità di sburocratizzare gli iter per le autorizzazioni dei progetti. Si sta procedendo in questa direzione, i tempi sono effettivamente ancora lunghi, ma ciò che è importante è avere certezza dei progetti e dei tempi». Parliamo dei progetti di Renexia. State realizzando a Taranto il primo parco eolico offshore del Mediterraneo. A che punto siete? Quali sono i numeri in termini di investimento e i risultati attesi? «Stiamo montando la terza turbina e riteniamo che entro un mese circa, l'impianto possa essere completato. Beleolico è un parco che consentirà di dare energia, totalmente verde, a 60mila persone e un contributo importante al territorio perché consente di programmare l'investimento sui 25 anni della durata della concessione. Per noi si tratta di un investimento da circa 80 milioni e le stime sui risultati attesi sono positive. E' il primo in Italia e nel Mediterraneo e, oltre a fornire questa energia avrà anche un ulteriore sviluppo: stiamo, infatti, verificando qual è la migliore technicality per trasformare una quota parte dell'energia in idrogeno, in un territorio dove ci sono molte industrie, c'è l'ex-Ilva e la raffineria. Naturalmente tutto si è svolto con un'attenzione particolare all'ambiente, sono state eseguite tutte le analisi e presi tutti gli accorgimenti sulla sostenibilità. E il coinvolgimento del territorio è stato assolutamente rilevante e, proprio in questi giorni, siamo presenti presso alcuni punti della città per spiegare il progetto e le ricadute sul territorio». Più difficoltà sta incontrando il progetto del maxi parco eolico nel mare di Sicilia. Quali sono le potenzialità? «Il parco eolico Med Wind - previsto a 60 km dalla costa siciliana e a 45 km dall'isola di Marettimo e non sarà oggettivamente visibile dalla costa - è un progetto importantissimo per noi, ideato a seguito dell'esperienza negli Stati Uniti. Qui abbiamo totalmente invertito il paradigma: siamo partiti dalle necessità del territorio e dalla sostenibilità totale del progetto tant'è che l'abbiamo presentato, prima di tutto, alle associazioni ambientaliste per condividere con loro lo studio del progetto. Abbiamo fatto una serie di sondaggi per assicurarci che lo specchio d'acqua interessato fosse quello giusto e andasse a interessare un'area idonea per questo tipo di costruzione. Il sistema eolico offshore floating, quindi non infisso sul fondale marino, garantisce la salvaguardia della fauna e della flora marina e, in certi casi, può contribuire a ripopolarsi. E' un progetto oggettivamente rilevante - perché parliamo di 2,9 gigawatt per un investimento di 9 miliardi - che potrà dare energia a circa 3,4 milioni di famiglie, taglierà circa 2,7 milioni di tonnellate annue di C02 e consentirà di risparmiare circa 100 milioni di euro all'anno sulle bollette dei siciliani. Inoltre, stiamo cercando di costruire una filiera totalmente italiana attorno al progetto. Secondo uno studio di Deloitte, è prevista la creazione di circa 6.600 posti di lavoro in Sicilia per il periodo di costruzione e più di 700-800 posti di lavoro fissi per tutti i 25 anni di operation del parco. L'iter autorizzativo procede e contiamo prima dell'estate di poter consegnare la SIA (Studio Impatto Ambientale). Per quanto riguarda le recenti osservazioni sollevate dalla commissione cultura dell'Assemblea Regionale Siciliana, teniamo a precisare che, dalle indagini svolte, non è emerso nessun vincolo dal punto di vista archeologico; siamo pronti a confrontarci e sono già stati previsti una serie di incontri ulteriori con le amministrazioni competenti per poter condividere il progetto perché, come abbiamo sempre detto, lo porteremo a termine se avremo la certezza che sia sostenibile a 360 gradi sia dal punto di vista ambientale, sia dal punto di vista economico. Dagli studi realizzati finora c'è un grande ritorno economico in termini di indotto e nessun impatto ambientale negativo». Invece continua la crescita negli Usa. Ce ne parla? «Stiamo continuando a lavorare sugli Stati Uniti, in particolare nello Stato del Maryland, dove ci siamo aggiudicati ulteriori 800 megawatt a tariffa. In questo momento abbiamo quindi circa 1.100 megawatt tariffati. Il progetto sta andando avanti, e stiamo anche completando tutta la documentazione necessaria per la realizzazione di una steel factory nell'area di Baltimora che creerà diversi posti di lavoro. Siamo molto soddisfatti». Ci sono altri progetti per Renexia? «Siamo impegnati nell'installazione delle prime aree di servizio per ricarica elettrica sull'autostrada A24-A25 dove stiamo installando colonnine da 350 Kw ad altissima velocità che consentiranno di ricaricare una macchina tra i 5 e i 6 minuti, un notevole passo avanti rispetto al passato».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 4/3/2022