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14 Maggio 2022

Caprioglio (Umana): «La nostra sostenibilità nel lavoro passa dalla formazione accessibile e dall’inclusione»

La presidente dell'Agenzia per il Lavoro racconta l'impegno per la correttezza contrattuale e il rispetto per le persone Correttezza contrattuale, rispetto delle persone e formazione. Questo significa sostenibilità per Umana, fra le principali Agenzie per il Lavoro in Italia che conta 141 filiali operative sul territorio nazionale e 1400 persone dedicate ai servizi per il lavoro, con un fatturato sopra gli 890 milioni di euro. Un driver che ha guidato l'Agenzia in questi anni e di cui ne sono prova il Codice etico, la certificazione SA8000 e il bilancio di sostenibilità ma anche l'87% di donne impiegate e la formazione, come racconta la presidente Maria Raffaella Caprioglio a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. L'approccio di Umana al mondo del lavoro è basato sulla sostenibilità. Qual è il percorso che avete fatto come azienda? «Per noi sostenibilità significa correttezza contrattuale, rispetto delle persone, inclusione, formazione accessibile e supportare le aziende nel fare le scelte più adeguate. Naturalmente non è solo questo. Noi abbiamo intrapreso tutto un percorso che parte, prima APL in Italia ad editarlo, con il nostro codice etico nel 2004, passa per l'ottenimento della certificazione SA8000 nella gestione delle risorse umane nel 2010 e, poi, il primo bilancio di sostenibilità per l'anno 2020. E per l'esercizio 2021 abbiamo appena presentato all'assemblea il nostro bilancio di sostenibilità contemporaneamente al bilancio civilistico». Oltre a quanto fatto, ci parla degli obiettivi che ancora volete raggiungere?«In quest'ultimo periodo abbiamo acquisito anche nuove certificazioni sulla gestione dei consumi energia, sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, sulla gestione degli aspetti ambientali, ma, nel bilancio di sostenibilità, ci siamo dati dei target anche molto immediati. Per quanto riguarda l'ambiente, ne cito alcuni: preparare entro il 2023 tutta la popolazione aziendale sulla formazione ambientale e avere entro il 2024 il 100% di carta riciclata o FSC. Per i target sociali, iniziative di welfare e work life balance per il 100% della popolazione aziendale. E per la governance, entro il 2022 avremo il comitato endoconsiliare sulla sostenibilità e entro il 2024 vogliamo arrivare al 30% nei ruoli di leadership femminile, quando già oggi in Umana abbiamo l'87% di dipendenti donne». Dal vostro punto di osservazione, nelle imprese e nel mercato del lavoro in Italia si è raggiunto un buon livello di sostenibilità? «C'è sicuramente ancora da fare, però rileviamo che c'è una grande attenzione, comunque, da parte delle imprese, sui temi di sostenibilità». In Umana, come diceva, c'è l'87% di presenza femminile. Ma soffermandoci sulle differenze di genere e di trattamenti, investite abbastanza nella formazione finalizzata all'inserimento lavorativo dei giovani, degli inattivi e delle donne? «Noi investiamo molto nella formazione delle donne e dei giovani ma anche la formazione dei lavoratori in somministrazione per noi è importante. Nel 2021 abbiamo fatto oltre 4.000 interventi formativi, peraltro gratuiti, per le persone e per le aziende grazie al fondo Forma.Temp, per fare la formazione. E soprattutto, e ovviamente, non facciamo differenze nell'inserire uomini e donne nel mondo del lavoro e non facciamo differenze nella retribuzione con cui li inseriamo». Se dovesse consigliare i giovani che si avvicinano al mondo del lavoro, quale suggerimento potrebbe dare? «Consiglierei di fare ciò che piace e seguire la loro strada, ma tenersi anche sempre aperti ad arricchire le proprie competenze hard e soft per essere occupabili perché, comunque, quello è il patrimonio che un giovane deve avere per vincere nel mercato del lavoro». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/5/2022

15 Aprile 2022

Calcagno (Fastweb): «Investiamo per un futuro digitale e connesso. Fibra e 5G renderanno le città ecosostenibili»

Il ceo  della società a SustinEconomy.24: al 2025 Carbon neutrality e il 5G al 90% della popolazione Una strategia di sostenibilità che traguarda alla Carbon neutrality al 2025 ma, soprattutto, nella visione di Fastweb, la società di tlc controllata da Swisscom, c'è una trasformazione digitale realmente inclusiva che colmi il ritardo del Paese e accresca le competenze digitali. Come spiega l'amministratore delegato, Alberto Calcagno, in un'intervista a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. Fastweb ha investito più di 10 miliardi di euro in infrastrutture di eccellenza e «abbiamo previsto ulteriori 3 miliardi di investimenti per la digitalizzazione del Paese». La rete «è al centro della nostra visione strategica, ma non è solo cavi e fibre ottiche» sottolinea Calcagno raccontando l'impegno di Fastweb nel rafforzare le piattaforme di Cloud e Cybersecurity. E il 5G - con l'obiettivo della società di raggiungere il 90% della popolazione al 2025 - renderà le città sempre più ecosostenibili, assicura. Con la strategia "Tu sei futuro", Fastweb punta ad un percorso ecosostenibile e inclusivo. Che sul fronte ambientale traguarda alla Carbon Neutrality entro il 2025. A che punto siete? «Da anni portiamo avanti una strategia di sostenibilità ambientale volta alla riduzione delle emissioni di C02 in linea con gli obiettivi internazionali di lotta ai cambiamenti climatici. Con la strategia "Tu sei Futuro" rilanciamo il nostro impegno con l'obiettivo di diventare completamente Carbon Neutral già al 2025, tra le prime aziende in Italia e in Europa ad anticipare di 25 anni gli obiettivi europei. Già dal 2015 acquistiamo il 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili a emissioni zero e dall'anno scorso, oltre alla riduzione programmata e validata da Science Based Targets initiative, compensiamo già tutte le nostre emissioni dirette e quelle relative all'erogazione dei servizi ai nostri clienti. La carbon neutrality è un obiettivo ambizioso che raggiungeremo anche grazie alla radicale trasformazione dei processi e al progressivo coinvolgimento delle aziende partner della filiera, per ridurre l'impatto sul pianeta. Inoltre, vogliamo aiutare tutte le aziende e le Pa a valutare la quantità di emissioni di C02 che potranno evitare acquistando i nostri servizi digitali. E svilupperemo servizi sempre più mirati, grazie in modo particolare alla combinazione di fibra e internet delle cose, per generare un impatto positivo per l'ambiente. Per il secondo anno consecutivo il nostro impegno verso l'ambiente è stato riconosciuto anche dal Financial Times che ci ha inserito nella classifica Europe's Climate Leaders 2022 tra le prime venti aziende europee per percentuale di riduzione delle emissioni rispetto al fatturato per gli anni 2015-2020». Sul fronte, invece, del ritardo dell'Italia nell'utilizzo delle nuove tecnologie e del digital divide cosa state facendo? «Il gap più urgente che l'Italia deve colmare è proprio quello delle competenze digitali ed è su questo piano che Fastweb si propone di fare la differenza per promuovere una trasformazione digitale che sia realmente inclusiva. Al fine di colmare il ritardo nell'utilizzo delle nuove tecnologie dell'Italia rispetto al resto dei Paesi Ue, abbiamo deciso di rafforzare il ruolo della Fastweb Digital Academy, trasformandola in un hub di formazione digitale integrato nella nostra offerta. Un progetto avviato nel 2016, con poco più di 8 corsi e qualche decina di studenti, ad oggi ha erogato più di 11.000 ore di formazione, ha 100 corsi a catalogo e ha formato oltre 24.000 persone. I nostri corsi sono completamente gratuiti e si rivolgono a giovani e adulti, occupati o in cerca di occupazione e da alcuni anni abbiamo ampliato il nostro raggio di azione alle PMI per offrire a professionisti e piccole imprese gli strumenti per competere in un mondo che sarà sempre più digitale. Il nostro obiettivo è accrescere le competenze digitali di 500.000 persone entro il 2025 sia attraverso la formazione erogata con i corsi nelle aule fisiche e virtuali che attraverso i contenuti "on-demand" messi a disposizione sulla piattaforma online dell'Academy». La rete 5G promette connessioni più veloci ed efficienti, ma ci sono vantaggi per la sostenibilità? «La rete 5G con le tecnologie Internet of Things e Big Data permetteranno di realizzare nuovi scenari applicativi che renderanno le città sempre più vicine alle esigenze dei cittadini, digitalizzate, intelligenti, connesse ed ecosostenibili. Le infrastrutture saranno connesse tra loro, miglioreranno le condizioni del traffico, la vivibilità degli spazi, la qualità dell'aria, e la sicurezza tramite l'analisi dei dati raccolti dai sensori disposti in tutto il tessuto cittadino. Ad esempio, in alcune città italiane abbiamo realizzato un sistema di gestione intelligente del traffico che, integrandosi con la piattaforma di gestione semaforica urbana, consente di regolare la mobilità e di dare la priorità di passaggio ai mezzi pubblici, riducendone i tempi di percorrenza. La stessa soluzione può essere adottata per favorire il passaggio di mezzi di soccorso o delle forze dell'ordine al fine di migliorare il servizio ai cittadini e ridurre emissioni di CO2. L'installazione di sensori di parcheggio, di rilevamento ambientale e di rumore, permettono di monitorare l'occupazione dei parcheggi cittadini ottimizzando il processo di ricerca di un posto auto e, di conseguenza, il traffico, l'inquinamento dell'aria e l'inquinamento acustico. Nel caso di un acquedotto, invece, la soluzione permette di individuare le perdite di acqua, per una gestione più efficiente e sostenibile delle risorse». Fastweb prosegue il proprio impegno infrastrutturale per la digitalizzazione del Paese con una serie di target, dalla fibra al Cloud. Ci sintetizza i principali obiettivi? «Dalla sua fondazione Fastweb ha investito più di 10 miliardi di euro in infrastrutture di eccellenza e abbiamo previsto ulteriori 3 miliardi di investimenti per la digitalizzazione del Paese dal punto di vista infrastrutturale, della diffusione delle competenze digitali e dello sviluppo di prodotti e servizi sempre più innovativi e sostenibili. Stiamo accelerando l'estensione della rete Ultra FWA che ad oggi copre più di 400 comuni con performance medie in download pari a 650 Mb/s e tempi molto rapidi di attivazione del servizio. Entro il 2025 i comuni raggiunti dalla nuova tecnologia saranno 2.000, pari a 12 milioni di famiglie e imprese. E prosegue velocemente il roll out della nostra rete mobile di quinta generazione, con il 51%% della popolazione già coperto e l'obiettivo di arrivare al 90% entro il 2025. La rete, dunque, è al centro della nostra visione strategica, ma non è solo cavi e fibre ottiche. L'impegno di Fastweb, infatti, continua con il rafforzamento delle nostre piattaforme di Cloud e Cybersecurity, per affiancare alla realizzazione di reti performanti l'intelligenza e la sicurezza necessarie ad abilitare i processi di trasformazione digitale di cui il Paese ha bisogno. In ambito Cloud, l'obiettivo è il potenziamento della nostra rete di data center con 40 nodi Edge, i mini data center localizzati e distribuiti in modo capillare sul territorio nazionale per portare la potenza di calcolo sempre più vicina al cliente. Sul fronte della Cybersecurity, abbiamo di recente inaugurato un nuovo Security Operation Center a Bari che si affianca al SOC di Milano per offrire ai clienti accesso alle professionalità e alle soluzioni più avanzate di protezione informatica». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/4/2022

15 Aprile 2022

Inwit: «Con le torri lavoriamo all’inclusione digitale. E siamo pronti alla carbon neutrality nel 2024»

L'amministratore delegato, Giovanni Ferigo, ne parla a SustainEconomy.24 Inwit accelera sulla sostenibilità, come dimostrano il secondo Report integrato appena pubblicato e l'anticipo della carbon neutrality al 2024. Ma, soprattutto, prosegue l'impegno per la riduzione del digital divide nel Paese e per raggiungere «l'inclusione digitale». Come spiega l'amministratore delegato della società delle torri controllata da Tim e Vodafone, Giovanni Ferigo, a SustainEconomy.24, il report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. Perché, con le quasi 23mila torri distribuite su tutto il territorio nazionale e 46mila ospitalità, Inwit può ricoprire un ruolo rilevante in termini di infrastrutture digitali con il business che si sta evolvendo verso il concetto di «tower as a service», attraverso la trasformazione da infrastruttura per l'ospitalità di sistemi di trasmissione radio, a centro tecnologico. Avete recentemente pubblicato il secondo Report Integrato. Cosa vi ha portato a scegliere, e a confermare, questa modalità di rendicontazione? «Nel percorso di trasformazione che abbiamo avviato, abbiamo deciso anche di cambiare il nostro approccio alla rendicontazione non finanziaria per aumentare la nostra trasparenza verso i nostri stakeholder. Il Report Integrato rappresenta per noi la Dichiarazione non finanziaria, redatta da Inwit su base volontaria, e ha l'obiettivo di fornire ai nostri stakeholder una visione completa della strategia, del modello operativo e della governance, integrando le informazioni finanziarie a quelle non finanziarie». I risultati ottenuti vi soddisfano? «Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti. Inoltre, lo scorso anno il nostro primo Report Integrato ha favorito un generale miglioramento dei nostri risultati tra i principali rating Esg: CDP Climate Change, MSCI, Sustainalytics, Refinitiv, FTSE Russel e Glio/Gresb. Quest'anno abbiamo fatto un ulteriore sforzo, andando ad aumentare gli indicatori rendicontati, per fornire una rappresentazione ancora più completa delle nostre attività e del nostro impegno». Avete annunciato l'anticipo del target di carbon neutrality al 2024. Cosa state facendo per raggiungere questo obiettivo? «Abbiamo definito una strategia climatica che prevede la misurazione, la riduzione e, infine, la neutralizzazione delle nostre emissioni CO2. Raggiungeremo la neutrality attraverso la compensazione delle emissioni, cosiddette inevitabili, con l'acquisto di crediti CO2. Abbiamo sviluppato un modello per il calcolo e la relativa disclosure della nostra carbon footprint e, a seguire, nel corso del 2021, abbiamo realizzato un'analisi di scenario climate change, uno strumento che stimola l'impresa a sviluppare una visione strategica di lungo periodo che consideri i rischi e le opportunità associati al cambiamento climatico. Importante conferma della validità del percorso intrapreso, è stata l'approvazione, da parte della Science Based Target Initiative, ldel target di riduzione delle emissioni CO2, coerente con le indicazioni della Cop26 di Glasgow, che puntano a mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 °C. Ora proseguiamo spediti con le iniziative di riduzione delle nostre emissioni, attraverso investimenti in iniziative di efficienza energetica e di sviluppo di fonti rinnovabili e l'utilizzo, a partire da quest'anno, del 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili». Una delle aree su cui siete più impegnati è la riduzione del digital divide, ancora molto presente nel nostro Paese. Cosa state facendo concretamente? «Per noi la digitalizzazione del Paese rappresenta un'opportunità di sviluppo in grado di integrare pienamente tutte le dimensioni della sostenibilità. Significa superare le barriere e porre le basi per ridurre le disuguaglianze e per tendere a un'inclusione digitale che possa garantire pari opportunità nell'utilizzo della rete e nello sviluppo di una cultura dell'innovazione e della creatività, contrastando in primo luogo il nuovo analfabetismo digitale e la discriminazione sociale e culturale. Nel nostro Piano di Sostenibilità ci siamo dati impegni concreti e misurabili relativamente alla copertura delle aree in digital divide, supportando la domanda da parte degli operatori FWA. Vogliamo promuovere e sviluppare progetti di collaborazione per aumentare la copertura di Comuni di minori dimensioni, di aree rurali e siti di elevato valore sociale e culturale, come ospedali, università e musei, puntando da un lato a superare il digital divide geografico e dall'altro a favorire una maggiore inclusività sociale e digitale». Che ruolo ricopre Inwit, oggi, nello scenario delle infrastrutture digitali? «Siamo ottimamente posizionati per ricoprire un ruolo rilevante. Oggi, con le nostre quasi 23mila torri distribuite su tutto il territorio nazionale e 46mila ospitalità, siamo leader nel Paese in termini di infrastrutture digitali. Inoltre, il nostro business si sta evolvendo verso il concetto di "tower as a service", grazie alla possibilità di offrire diversi servizi agli operatori, attraverso una trasformazione da infrastruttura per l'ospitalità di sistemi di trasmissione radio, a centro tecnologico, in cui si fondono componenti IoT, droni e sistemi di comunicazione a supporto degli operatori di telecomunicazione. Un altro pilastro della strategia industriale è lo sviluppo rapido delle micro-coperture, in particolare i sistemi di antenne distribuiti (DAS) che consentono di gestire in maniera efficiente il segnale di telefonia mobile anche in aree molto affollate come stadi, ospedali, università, stazioni o impianti industriali. Lo sviluppo dei sistemi DAS ha visto un significativo miglioramento nel corso del 2021, grazie alla crescita del numero di ospitalità sull'infrastruttura installata, al crescente numero di location equipaggiate e a un investimento in coperture dedicate lungo circa 1.000 km di tunnel stradali e autostradali». Si parla molto di uguaglianza di genere e di inclusione nelle aziende in questo periodo. Cosa è stato fatto in Inwit su questo fronte? «Abbiamo confermato la centralità delle nostre persone e, con particolare riferimento al tema della Diversity e Inclusion, abbiamo previsto target puntuali in materia di gender equality e gender pay gap. Oltre a voler raggiungere già nel 2022 il 40% di donne nel totale dell'organico, intendiamo ridurre al 12%, nel 2024, il gender pay gap complessivo, partendo dal 25% del 2020». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/4/2022

15 Aprile 2022

Data4: «I nostri data center sono hub sicuri e green. Pronti a crescere con investimenti per 1,7 miliardi»

Il country director di Data4 Italia, Davide Suppia, racconta il percorso ambientale e sociale e la strategia di crescita I data center vanno immaginati come pilastri dell'ecosistema digitale e sono sempre più hub sicuri, resilienti e green. Davide Suppia, country director di Data4 Italia, del gruppo francese leader in Europa nella progettazione, costruzione, finanziamento e gestione di Data Center, racconta  a SustainEconomy.24, report de Il  Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, il percorso ambientale e sociale. Il gruppo, nato nel 2006 e acquisito nel 2018 da Axa Im-Real assets, gestisce oggi 25 data center in Francia, Italia, Spagna, Polonia e Lussemburgo che ospitano operatori internazionali di cloud e telecomunicazioni, nonché aziende tecnologiche innovative e multinazionali.E punta a crescere con investimenti per 1,7 miliardi previsti tra il 2022 e  il 2024. ll digitale ha dimostrato negli ultimi due anni un ruolo cruciale per l'economia mondiale. Questa tendenza proseguirà anche nel 2022? «Il digitale non ha mai avuto un ruolo tanto cruciale per l'economia mondiale. Durante la pandemia, grazie alle forti capacità di resilienza e all'agilità delle infrastrutture dei data center, interi settori economici sono riusciti a continuare la loro attività riuscendo a adattarsi velocemente alle nuove esigenze del mercato. Questa tendenza proseguirà anche negli anni a venire, mentre si definiscono progressivamente i lineamenti della ‘nuova normalità' che, prevediamo, vedrà il diffondersi di un modello di lavoro sempre più ibrido. Questo impatterà non solo sulle abitudini sociali, ma anche su quelle economiche, sempre più legate al valore dei dati che produciamo e, di conseguenza, alla capacità delle infrastrutture di custodirli e gestirli nel migliore dei modi». Quale il ruolo dei data center nel percorso di transizione? «Grazie ai fondi stanziati dal Pnrr, l'Italia sta vivendo un momento di trasformazione strategica per l'assetto del Paese e le sue infrastrutture. È quindi importante essere consapevoli del ruolo indispensabile svolto dai data center nell'hosting e nel trattamento sovrano di dati e servizi informatici. Basti pensare alle mail che inviamo ogni giorno, alla possibilità di accedere a servizi di pagamento o dossier di pubblica amministrazione online o, ancora, ai film che guardiamo in streaming. Tutto ciò è fruibile solo e grazie al fatto che i dati necessari alla creazione di questi servizi sono custoditi nelle nostre infrastrutture. In quest'ottica, il data center va immaginato come la colonna portante dell'ecosistema digitale. I data center favoriscono lo sviluppo di centri di competenze all'avanguardia spaziando dall'AI alla cybersecurity, e offrendo un vantaggio competitivo per la transizione digitale locale, in un momento in cui 5G, IoT e AI si stanno evolvendo sempre più rapidamente». Data4 ha una solidità finanziaria ed economica importante. Parliamo di 1,3 miliardi di euro per sostenere la strategia di crescita ed espansione in Europa. Quali sono i vostri obiettivi? «Data4 conta ad oggi 25 Data Center in Europa, e altri sono attualmente in costruzione. Consci del fatto che il settore dei data center è sempre più in espansione, tra il 2022 e il 2024, il gruppo prevede di investire 1,7 miliardi di euro. Ciò significa che investiremo ogni anno, per tre anni, 10 volte quello che abbiamo investito in media annualmente negli ultimi 15 anni di attività. Grazie a questi investimenti e all'aumento di capitale da 620 milioni di euro ottenuto l'anno scorso, miriamo a consolidare la nostra presenza capillare in Francia, Italia, Spagna, Polonia e Lussemburgo e ad espandere i campus esistenti per potenza, ampiezza e servizi. Come costruttori e investitori, il nostro lavoro si focalizza sulla ricerca di terreni che presentino le condizioni ottimali per costruire nuovi data center. Questo vuol dire analizzare le potenzialità del territorio, dai rischi sismici alla facilità di approvvigionamento di energia, per creare campus che siano altamente operativi e sicuri per i nostri clienti, e che portino un reale beneficio alle comunità locali. In quest'ottica, siamo  in stretto contatto con le istituzioni locali, quali i Comuni di Cornaredo e Settimo Milanese, per investire sul territorio con partnership e iniziative che rendano il nostro campus italiano un punto di riferimento per lo sviluppo economico e l'attrattività del distretto in termini di investimenti e nuovi talenti». Il Gruppo è impegnato nello sviluppo di un modello di business responsabile e sostenibile. Ci parla del vostro percorso? Quali i risultati raggiunti? «La nostra ragion d'essere è sviluppare responsabilmente campus di data center per garantire che le imprese e la società abbiano un accesso sicuro e permanente ai loro dati digitali. In quanto leader europeo del settore, Data4 sente quindi una grande responsabilità sia sociale che ambientale. Proprio per questo, nel febbraio 2021, abbiamo firmato il Climate Neutral Datacenter Pact, che riunisce 25 operatori e 17 associazioni del settore con l'obiettivo di essere carbon neutral entro il 2030 attraverso l'efficienza energetica, l'acquisto di energia decarbonizzata al 100% e il rispetto di un obiettivo annuale per minimizzare l'utilizzo dell'acqua. In quest'ottica, Data4 sta ottimizzando le sue prestazioni ambientali attraverso un approccio olistico basato sull'analisi del ciclo di vita degli edifici e delle attrezzature. Per raggiungere gli obiettivi, ci impegniamo ad accompagnare clienti e partner nel loro percorso verso un basso utilizzo di carbonio. Il Gruppo ha lanciato il programma Data4Good, con l'obiettivo di coinvolgere tutti i propri stakeholder nell'implementazione di una catena di valore basata sui principi dell'economia circolare e di una trasformazione digitale sostenibile ed inclusiva. A questo proposito, Data4 sostiene le donne a candidarsi per ruoli che sono tradizionalmente destinati agli uomini, soprattutto in ambiti come l'IT: ad oggi, il 43% del nostro board management è composto da donne». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/4/2022

15 Aprile 2022

Airtime: «La scelta omnichannel per crescere. Siamo tech company con sguardo alla sostenibilità»

Il fondatore e ceo, Orlando Taddeo, parla dell'obiettivo di sviluppare una Politica di sostenibilità, della nuova divisione Mexedia e del Pnrr «Le aziende che sapranno comunicare con il cliente utilizzando tutti i canali che sono presenti oggi sul mercato riusciranno a conquistare posizioni e a crescere». Ne è convinto Orlando Taddeo, ceo e fondatore di Airtime Partecipazioni, tech company quotata in Francia sul listino Euronext Growth Paris. Fondata nel 2017, la società, che ha sede in Italia ed è presente anche in Irlanda e negli Stati Uniti, a gennaio ha lanciato la nuova divisione per comunicazioni omnichannel, Mexedia, con investimenti previsti in due anni superiori a 50 milioni di euro. E guarda con attenzione agli aspetti ambientali, sociali e di governance all'interno della propria strategia aziendale con l'obiettivo di sviluppare nel corso del 2022-2023 una politica di sostenibilità, spiega Taddeo, entrato a dicembre nella task force Trade & Investment del B20, la business community globale del forum ufficiale del G20.  La tecnologia digitale migliora le performance aziendali ma i ritardi, in Italia, sono ancora ampi.  Il  Pnrr, con le risorse dedicate, può essere «una boa di salvataggio». Airtime ha chiuso il 2021 con risultati in crescita. E vi ponete sempre più come tech company. Cosa vede nel nuovo anno per il vostro gruppo? «L'azienda continua la sua crescita come innovatrice nel fintech posizionandosi sempre di più come tech company. Oltre alla gestione dei più significativi volumi di transazioni, Airtime ha sviluppato un sistema di liquidity pool che gestisce in tempo reale incassi e pagamenti, smobilizza crediti derivanti dall'operatività rendendo più fluide le negoziazioni tra operatori di differenti dimensioni. La piattaforma dispone inoltre di un sistema di reportistica in tempo reale e di fatturazione dei servizi interfacciabili con tutti i più comuni software di gestione contabile. La crescita dell'Ebitda è principalmente dovuta ad un significativo aumento delle interconnessioni con nuovi vettori che porta ad un ampliamento della rete. Lo scenario del mercato è cambiato drasticamente nel corso del 2021, con un aumento del traffico voce Wholesale e Retail. Il profilo del traffico si è spostato verso il traffico dei call center, il traffico di qualità premium e chiamate provenienti da specifici operatori di telefonia mobile. I principali Paesi da cui provengono le terminazioni sono le destinazioni dell'Africa e del Medio Oriente. Il mercato sta prendendo atto del dinamismo di Airtime e sempre più partner si stanno unendo alla piattaforma per transazioni di pagamento sicure lato cliente e lato fornitore». Avete lanciato di recente Mexedia, la divisione per la comunicazione omnichannel. E prevedete investimenti importanti, sopra i 50 milioni in due anni. Ci parla del progetto e degli obiettivi? «Mexedia propone tecnologie innovative e strumenti consolidati racchiusi in un unico ecosistema tecnologico integrato che permette ai brand di gestire e semplificare la comunicazione con il cliente. E', infatti, a livello tecnico, una piattaforma CXPaaS (Customer eXperience Platform as a Service) che offre alle aziende numerosi servizi, erogati in cloud e attraverso API, per interagire in modo ottimale con i propri clienti, attraverso ogni canale e device, in base alle proprie esigenze specifiche: Sms, multimessaging, assistenti virtuali e vocali, parental control, per citarne alcuni. Per ogni industry è stato pensato un percorso ottimale, ma i brand possono scegliere i servizi migliori per la propria attività e gestirli direttamente da una dashboard semplice e intuitiva pensata per loro. L'obiettivo di Mexedia è realizzare un rapporto autentico e paritetico tra i brand e i propri clienti, improntato alla reciproca fiducia, nel pieno rispetto dell'identità digitale del singolo, della sua privacy come dei suoi dati». Quanto conta l'analisi dei fattori Esg nella vostra strategia di investimento? «Airtime ritiene fondamentali gli aspetti ambientali, sociali e di governance all'interno della propria strategia aziendale. A tal proposito, il cda ha approvato quest'anno la prima Dichiarazione Consolidata di carattere Non Finanziario e la Società si è posta l'obiettivo di sviluppare nel corso del 2022-2023 una politica di Sostenibilità supportando, altresì, a cascata, la propria catena di fornitura nell'implementazione degli obiettivi di sostenibilità». L'Italia sul digitale è ancora indietro. Ma come avere ribadito in uno studio realizzato dall'Osservatorio sulla Digitalizzazione di Mexedia ci sono le risorse del Pnrr. Qual è la sua visione? Dove si può intervenire? «Il Pnrr destina quasi 50 miliardi di euro in progetti legati al digitale. E' fondamentale riuscire a utilizzarli interamente. I dati dell'Istat rielaborati dal nostro Osservatorio mostrano come introdurre tecnologie digitali consente di migliorare le performance aziendali rispetto a chi non è digitalizzato: +28% gli utili, +18% i profitti, +18% il valore aggiunto. La pandemia ha accelerato un processo già in corso ma i ritardi sono ancora molto ampi. Il Pnrr può essere una boa di salvataggio». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/4/2022

01 Aprile 2022

Assocarta: “L’industria della carta è green tra riciclo e biogas. Ma serve un mercato unico dell’energia”

Il presidente dell'associazione, Lorenzo Poli, parla dei risultati raggiunti a livello di decarbonizzazione e si sofferma sull'attuale congiuntura Il settore cartario italiano, a livello di decarbonizzazione, è uno di più avanzati d'Europa con l'85% dell'energia elettrica usata dalle cartiere proveniente da una cogenerazione in sito. E per il futuro c'è un ambizioso programma di utilizzo di biogas e biomasse. Lorenzo Poli, presidente di Assocarta, l'associazione che riunisce le aziende che producono in Italia carta, cartoni e paste per carta e coprono il 90% della produzione nazionale, traccia con SustainEconomy.24, il report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, i risultati del settore. Anche sul fronte del riciclo. E si sofferma sull'attuale congiuntura e sull'esigenza di un mercato davvero europeo dell'energia che annulli le differenze di prezzo con gli altri Stati europei, e della necessità di sterilizzare le speculazioni, perché il settore già è costretto a fermarsi. Sul fronte della sostenibilità, il vostro settore ha già caratteristiche importanti ma ha, anche, portato avanti un percorso improntato alla decarbonizzazione. A che punto siete? «A livello di decarbonizzazione, va ricordato che siamo, a livello industriale, uno dei settori più avanzati d'Europa in quanto settore della carta, che è il più sostenibile dei materiali sostenibili, ma soprattutto della carta italiana che - dovendo sempre fare i conti con un costo dell'energia relativamente più alto delle nazioni limitrofe - ha dovuto spingere molto sull'efficienza energetica sia nell'utilizzo sia nell'auto produzione. Oggi l'85% dell'energia elettrica usata delle cartiere italiane nasce da una cogenerazione fatta in sito e questo dà un senso del livello di decarbonizzazione importante. Poi abbiamo tutta una serie di progetti e programmi che vorremmo sviluppare in tempi rapidi, e mi riferisco al biometano e al biogas. Abbiamo chiuso un accordo quadro con il Consorzio italiano biogas e ci siamo dati un protocollo d'intesa che vede, da un lato, le cartiere investire in produzione di biometano e biogas e utilizzare lo stesso, dall'altro,  il Consorzio e le industrie agroalimentari che con i loro residui possono produrre e compostare biogas. Analogamente vogliamo portare avanti dei progetti sulle biomasse e stiamo spingendo molto  affimchè ci possa essere un'attenzione finalmente migliore sulla gestione forestale italiana». Avete scritto, insieme ai sindacati, ai parlamentari europei per chiedere misure che consentano all'industria di proseguire sulla strada della neutralità carbonica al 2050. Cosa serve? «A livello europeo, oggi, abbiamo assolutamente bisogno - ma abbiamo veramente un'esigenza istantanea - di una gestione diversa del mercato dell'energia: che diventi davvero un mercato unico europeo. Cioè, che il prezzo che paga un italiano sia il prezzo di un francese, un tedesco o di uno spagnolo senza che ci siano continue differenze tra le nazioni. E, secondo, abbiamo bisogno che il mercato venga il più possibile sterilizzato dalla speculazione finanziaria». Voi non vi siete fermati con la pandemia. Ora però, in una situazione di prezzi energetici fuori controllo e, come diceva, anche frutto di speculazione, il conflitto in Ucraina e il problema delle materie prime, c'è il rischio di fermarsi davvero questa volta? Cosa chiedete? «E' vero, con la pandemia non ci fermammo. Eravamo pronti a fermarci ma poi alla fine il settore venne dichiarato essenziale e non ti fermi se arrivano gli ordini. Oggi, invece, ci siamo già fermati, a macchia di leopardo, un po' tutti o tanti fra noi produttori di carta in Italia, e le ragioni sono i costi più che le materie prime, che sono andate negli ultimi periodi in tensione ma sono gestibili: se paghi trovi il materiale. Il problema sono stati soprattutto i costi dell'energia che nei momenti iper-speculativi - dove il gas, che oggi quota 100, è andato fino a 300 o anche solo a 200 – costringono i conti economici delle cartiere a una tal perdita che è conveniente star fermi. Costa meno star fermi che produrre. Cosa chiediamo? Io non ho mai chiesto niente perché penso che gli imprenditori debbano vivere i mercati per quello che sono. Ma, in effetti, c'è un'unica cosa che chiediamo: essere messi a pari competitività con gli altri player europei. La Francia, in gennaio, ha deciso una grossa operazione sull'elettricità mettendo a disposizione tanta energia elettrica ad un prezzo convenuto, che poi è quello del nucleare, la Germania ha fatto un'azione a livello di fiscalità per le imprese, l'Italia ha fatto un qualcosa cui noi plaudiamo perché è un primo passo di gestione delle emergenze e dimostra l'interesse verso la manifattura italiana ma, ad oggi, non abbiamo ancora contezza di cosa valga e non riesco a dirle se è tanto o se è poco. Parte dal mese di aprile e scopriremo a giorni di cosa stiamo parlando e capiremo se c'è un mantenimento della competitività al pari degli Stati europei. Ribadisco la necessità di un mercato unico europeo dell'energia perché non si può, a distanza di 100 km, avere trattamenti differenti». Tornando all'economia circolare, la fotografia sul riciclo del settore delinea risultati importanti. E' così? «Tra le eccellenze da segnalare del settore cartario italiano c'è sicuramente quella del riciclo. Oggi in Italia più del 60% delle materie prime che utilizziamo viene da raccolta da macero e parliamo di numeri invidiati nel mondo. A questo va associato il fatto che questo macero resta sempre più in Italia. Fino a un paio d'anni fa ne esportavamo tanto, ora, invece, l'industria cartaria italiana è cresciuta a tal punto da diventare il secondo produttore europeo dopo la Germania e davanti a Svezia e Finlandia, che sono nazioni forestali, proprio perché utilizza il macero che è una delle nostre risorse nazionali».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/4/2022

01 Aprile 2022

Zignago Vetro: «Il nostro modello di business sostenibile e di vetro di qualità. Impegnati dalla produzione al riciclo»

L'amministratore delegato, Roberto Cardini, ne parla a SustainEconomy.24 Il vetro è riciclabile un numero infinito di volte e può essere il motore di una solida economia circolare. E sta anche dimostrando di avere un apprezzamento crescente da parte di produttori e consumatori. Roberto Cardini, amministratore delegato di Zignago Vetro, tra i principali produttori di contenitori di vetro di qualità per alimenti, bevande, profumi, cosmetici e bottiglie speciali per il mercato del vino e dell'olio, quotato allo Star, racconta a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, il lavoro del gruppo per un modello di business sostenibile ma anche sempre più trasparente, e un percorso di crescita chiaro.  L'azienda, nata nella metà del secolo scorso dalla decisione di Gaetano Marzotto di differenziare il business del tessile, sta investendo in maniera importante sul riciclo, con 30 milioni per realizzare l'impianto della controllata Julia Vitrum destinato a diventare un polo della raccolta e del trattamento del rottame di vetro. Quest'anno è pieno di sfide e incognite, dai prezzi energetici al conflitto, ma il settore dei contenitori in vetro, assicura Cardini, ha sempre mostrato una resilienza notevole e il gruppo riuscirà a far fronte alle perturbazioni. Avete integrato il framework Esg nella strategia aziendale. E avete appena pubblicato il nuovo bilancio di sostenibilità. Qual è il percorso fatto finora? «Da molto tempo Zignago Vetro opera per fare in modo che il proprio modello di business non sia solamente sostenibile, ma anche sempre più trasparente e comprensibile a tutti gli interlocutori. Nel corso degli ultimi anni abbiamo portato avanti un miglioramento continuo, volto anche a ricomprendere nel piano d'azione di sostenibilità, che il Gruppo aggiorna e persegue costantemente, proprio le molteplici istanze derivanti dai nostri interlocutori. Questo ha portato a risultati di sostenibilità ambientale sempre più importanti, ad una sempre maggiore consapevolezza e impegno nel ruolo sociale dell'impresa, sia verso l'interno che verso l'esterno, nonché a rispondere alle esigenze di regolamentazione del governo societario in modo rapido e chiaro, assicurando trasparenza e quella serietà che da sempre contraddistingue Zignago». Ci parla anche dei prossimi obiettivi Esg per l'azienda? «Ci siamo posti numerosi obiettivi Esg per i prossimi anni. Soprattutto, però, abbiamo istituito da diverso tempo un sistema di obiettivi formalizzati e di rendicontazione, che ci permetta di definire un percorso di crescita e di miglioramento chiaro, oltre alla conseguente misurazione dei risultati raggiunti. Di tutto questo diamo ampia e chiara rendicontazione nella documentazione pubblicata sul nostro sito e in particolare nel Bilancio di Sostenibilità». Il vetro è un materiale da imballaggio sano ed è riciclabile. Nel 2021 avete avviato l'impianto di Julia Vetrum per aumentare la capacità di riciclo e di riutilizzo del rottame di vetro. Ci fornisce qualche numero? «Julia Vitrum è una società nata nel 2019, in partnership con un altro importante gruppo vetrario. A settembre 2021 ha iniziato la propria operatività. L'investimento realizzato è stato molto importante: complessivamente parliamo di 30 milioni di euro, che sono serviti a realizzare quello che senza dubbio possiamo definire l'impianto più moderno in Italia e, riteniamo, anche in Europa. Julia Vitrum potrà trattare circa 300.000 tonnellate di rottame di vetro rinveniente soprattutto dalla raccolta differenziata urbana. L'intenzione è di far sì che tale stabilimento diventi il polo della raccolta e del trattamento del rottame di vetro nel Nord Est d'Italia, per il successivo reimpiego negli stabilimenti vetrari della zona. Si tratta di un'iniziativa alla quale crediamo molto e che rappresenta un esempio perfetto di economia circolare e di prossimità. Il vetro, infatti, è l'unico materiale che può essere riciclato al 100%, per un numero infinito di volte ed ottenendo sempre un contenitore della medesima qualità». C'è una risposta crescente da parte di utilizzatori e consumatori verso il vetro? «Assolutamente sì. Il vetro viene sempre più apprezzato e valorizzato, sia da parte dei produttori che dei consumatori, per le sue qualità di sicurezza, di qualità, di inviolabilità, che ne fanno un materiale perfetto. Crediamo che questo materiale antico, ma anche molto moderno, abbia ancora grande spazio di crescita nell'apprezzamento dei consumatori e di versatilità di utilizzo». Guardando in prospettiva, cosa vi aspettate da questo nuovo anno, dovendo fare i conti con gli strascichi della pandemia e un caro prezzi, aggravato dalla guerra? «Crediamo che il 2022 sarà sicuramente un anno molto impegnativo, caratterizzato da molteplici sfide, non ultima quella della smisurata crescita dei costi energetici e delle materie prime, nonché dalle incognite poste dalla guerra in corso. Tuttavia, storicamente, anche nei momenti più difficili, quali, nei tempi più recenti, la crisi finanziarie e la pandemia, il settore dei contenitori in vetro ha sempre mostrato una resilienza notevole e, quindi, grande capacità di superamento delle crisi. Attualmente, in tutti i settori in cui il nostro gruppo opera, la domanda di contenitori in vetro è molto buona e crediamo che i motivi di tale forza siano dovuti anche al crescente apprezzamento dei consumatori. Nonostante l'attuale contesto macroeconomico abbia diverse incognite, riteniamo che il settore dei contenitori in vetro, e in particolare il Gruppo Zignago Vetro, riuscirà a far fronte alle perturbazioni poste da un tale scenario d'incertezza». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/4/2022

01 Aprile 2022

Panariagroup: «I nostri prodotti ultrasostenibili frutto di investimenti in ricerca e design. Puntiamo ad una crescita solida»

Emilio Mussini, presidente della realtà italiana delle ceramiche di alta gamma, parla dei risultati raggiunti e del futuro Un budget da 25 milioni l'anno di investimenti in ricerca e sviluppo. E prodotti sempre più ultrasottili ed ultrasostenibili. Emilio Mussini, presidente di Panariagroup, realtà italiana delle ceramiche di alta gamma, con la presenza in 130 Paesi, in un'intervista a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, racconta i traguardi raggiunti e parla del futuro saldamente ancorato all'Europa, con un particolare sguardo ai Paesi del Nord. E se gli incentivi all'edilizia sono un boost per il settore, serve un intervento politico sull'energia sia in ambito nazionale che europeo per riportare i prezzi in un range competitivo e stabile. Investimenti in ricerca e tecnologia. Le piastrelle guardano sempre più al futuro. Qual è il percorso di Panariagroup? «Gli investimenti in termini di ricerca e sviluppo sono fondamentali per Panariagroup, che ha fatto dell'avanguardia la propria ragion d'essere, e questo non sarebbe stato possibile senza una strategia di crescita – solida, costante e duratura – che ad oggi prevede un budget di 25 milioni di euro l'anno in tal senso. Dopo l'uscita dalla Borsa e due anni di pandemia, sentivamo l'esigenza di ripartire come gruppo e abbiamo deciso di farlo lavorando parallelamente su due fronti. Da un lato, continuando ad investire nelle prestazioni tecniche delle nostre superfici, dall'altro impegnandoci per innovare la componente di design e la qualità estetica dell'offerta, per mantenerci leader nell'alto di gamma (con brand come Cotto d'Este, Lea Ceramiche e Panaria). All'interno di questo budget di investimenti e in linea con queste scelte, a gennaio 2022 abbiamo siglato un accordo da 6 milioni di euro con System Ceramics, rinnovando la nostra partnership decennale per l'implementazione del laminato sottile, un segmento strategico per il gruppo e sul quale prevediamo di investire ancora in futuro». Un percorso che passa attraverso un impegno per la sostenibilità. Sul fronte delle emissioni, del risparmio energetico e delle materie prime, cosa state facendo? «Nel 2022 nessuna azienda può dirsi competitiva senza un piano industriale che non tenga conto del proprio impatto sul territorio, non solo economicamente e socialmente, ma anche, e soprattutto, dal punto di vista ambientale. Panariagroup ha avviato un programma di recupero totale degli scarti di produzione e le materie prime impiegate sono soggette a un controllo costante in tutti gli stabilimenti. Abbiamo anche rafforzato i rapporti con il territorio, attraverso una rete di forniture e servizi decisivi per la nostra attività. Inoltre, la produzione del nostro laminato sottile è stata certificata 100% Carbon Neutral. Non è solo ultrasottile, quindi, ma anche ultrasostenibile. Qualche dato: lo spessore è stato ridotto di 2/3 rispetto alle piastrelle tradizionali; la produzione necessita di un minor consumo di materie prime e di un minore fabbisogno di acqua (che l'azienda recupera completamente). L'output si concretizza in una riduzione dell'inquinamento da trasporto e delle emissioni di Co2, che comunque vengono completamente compensate, e in imballaggi con materiali riciclati o materiali rinnovabili. Questo dimostra che non abbiamo mai smesso di ottimizzare e migliorare i processi e le performance ambientali e che continueremo a farlo, con serietà e concretezza, per superare noi stessi prima che i nostri competitor». Prima l'emergenza Covid, poi il caro materie prime. Cosa serve al settore? «Un intervento politico sull'energia sia in ambito nazionale che europeo che consenta di ricondurre i prezzi in un range competitivo e stabile, per poter concorrere al meglio sui mercati globali. Sempre sulla questione risorse energetiche, basti pensare che l'energia rappresenta almeno 1/4 dei costi di fabbricazione nell'industria ceramica e il costo del gas ha raggiunto livelli irragionevoli nel lungo periodo. Questa dinamica così anomala del prezzo delle fonti energetiche, unitamente ai rincari di altri fattori della produzione, ci obbliga ad alzare sensibilmente i prezzi di listino in una misura che stiamo ancora definendo per far fronte alla situazione nel migliore dei modi. Tuttavia, se il prezzo del gas dovesse diminuire, attraverso la concessione alle aziende energivore di una calmierazione del prezzo di 20 cent su una percentuale significativa dei consumi, potremmo anche rivedere il prezzo del prodotto finito nell'ottica di tutelare, ove possibile, la continuità della produzione. Inoltre, misure come gli incentivi sull'edilizia, come quello già attivo del Superbonus, sono di cruciale importanza e rappresentano un boost per il nostro settore, soprattutto dopo lo stallo in cui siamo stati costretti negli ultimi due anni. Come settore siamo consapevoli e concordi su una traiettoria di sviluppo sostenibile, ma riteniamo che vada coniugata con una pianificazione e un processo concreto e robusto sulla fattibilità per poter raggiungere i target». Ripartenza in Italia e all'estero. Cosa vede nel futuro di Panariagroup? Quali sono i vostri target? «Avendo già saturato la capacità produttiva in Italia, la crescita dipenderà dalla maggiore produttività legata agli investimenti in corso. Peraltro, il volume di affari è destinato ad aumentare di conseguenza al trasferimento sui prezzi di una parte della maggiorazione dei costi. In ogni caso, siamo e rimaniamo un gruppo internazionale: le business unit portoghese ed in particolare quella americana godono di una prospettiva di sviluppo decisamente più positiva, legata a una domanda crescente e fattori della produzione più competitivi. Il futuro di Panariagroup è comunque saldamente ancorato all'Europa, con in testa Francia, Regno Unito e Germania. Gli obiettivi ad oggi sono molto chiari: consolidare sempre di più la nostra presenza nei mercati in cui siamo già presenti, rafforzando la capillarità della rete distributiva e aprire una finestra di dialogo con i Paesi del Nord Europa, un territorio fino ad ora inesplorato e dalle grandi potenzialità. Vogliamo inoltre continuare a proporre soluzioni tecniche all'avanguardia e uniche a partner pubblici internazionali. Con Lea Ceramiche, in Francia, abbiamo già preso parte ad importanti forniture pubbliche, tra cui i rivestimenti per la fermata della Métro di Parigi a Porte de Versailles e un progetto più ampio – attualmente in corso – per l'implementazione delle infrastrutture di trasporto pubblico della regione Île-de-France». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/4/2022

01 Aprile 2022

Federacciai: «Siamo l’economia circolare industrializzata. Gli investimenti non si fermano»

L'Italia è il primo Paese dell'Ue per il riciclo dell'acciaio, spiega il direttore generale, Flavio Bregant. Ma bisogna fermare l'export di rottame ferroso «Il nostro settore è l'economia circolare industrializzata» perché l'acciaio è permanente e 100% riciclabile e l'Italia è leader in Europa. Flavio Bregant, direttore generale di Federacciai, la Federazione che rappresenta le imprese siderurgiche Italiane, e conta 125 aziende associate che realizzano e trasformano oltre il 95% della produzione italiana di acciaio, ne parla a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School.  Un impegno testimoniato nei numeri del Rapporto di sostenibilità: riduzione delle emissioni di CO2 del 60% dal 1990 e taglio del 21% delle emissioni dirette nel 2020 rispetto al 2019; riduzione di circa il 36% dei consumi energetici totali rispetto al 1995; oltre il 35% degli investimenti al miglioramento delle performance ambientali e della salute e sicurezza sul lavoro. Bregant si sofferma soprattutto sul tema degli investimenti. Il rapporto tra investimenti e fatturato è rimasto costante, e, nonostante la congiuntura e le forti minacce del caro energia e della guerra in Ucraina, gli investimenti non si fermano, assicura. Ma servono interventi strutturali in Italia e in Europa. E fermare l'export di rottame ferroso. L'industria siderurgica italiana da tempo guarda al futuro e alla sostenibilità. Quanto è forte l'impegno del settore per il miglioramento delle performance ambientali, della salute delle persone e della sicurezza sul lavoro? «E' un impegno forte e continuo e possiamo dire che siamo i leader in Europa. Dove siamo arrivati lo raccontiamo nel Rapporto di sostenibilità, che elaboriamo con cadenza biennale, e che abbiamo presentato all'assemblea in ottobre. Teniamo a sottolineare non solo i valori assoluti ma soprattutto i trend di miglioramento sia nella parte ambientale, con la riduzione delle emissioni di CO2 del 60% dal 1990, ma anche relativamente all'aspetto sociale, con oltre il 35% degli investimenti delle nostre aziende rivolto al miglioramento delle performance ambientali, della salute delle persone e della sicurezza sul lavoro. Gli investimenti sono continui, anzi, uno dei parametri interessanti è che, indipendentemente dal momento congiunturale, negli anni il rapporto tra fatturato e investimenti lo manteniamo costante». Quindi si potrà parlare sempre più, in futuro, anche per il vostro settore, di economia circolare e di acciaio verde? «Il nostro settore è l'economia circolare industrializzata. E proprio il settore siderurgico italiano – che è il secondo in Europa dietro la Germania come produzione - è il primo come tecnologia da forno elettrico di produzione che, di fatto, riutilizza il rottame ferroso (ferro e acciaio) come materiale di partenza: quindi economia circolare vera e propria. Basti pensare che l'80% della nostra produzione italiana è fatta con questa tecnologia a fronte di una media di circa il 40% in Europa. Del resto, l'acciaio è quello che noi chiamiamo un materiale permanente, ovvero si può riciclare un numero indefinito di volte». Gli investimenti continuano a crescere. Ma questo impegno può essere messo a rischio dall'attuale momento che vede una congiuntura assolutamente particolare? «Gli investimenti al momento vengono mantenuti proprio perché si ritiene che sia una fase congiunturale e gli investimenti sono, invece, qualcosa che guarda al futuro; quindi, attualmente le aziende stanno assolutamente mantenendo il loro programma. Del resto, siamo anche inseriti in un panorama europeo che ha degli obiettivi estremamente ambiziosi dal punto di vista di riduzione delle emissioni e, quindi, è chiaro che bisogna spingere in modo estremamente forte per cercare tecnologie innovative e processi innovativi per andare avanti verso la completa decarbonizzazione. Abbiamo fatto fare uno studio molto approfondito, insieme anche ad altri settori (chimica, fonderie, carta) su quello che c'è da fare per ridurre le emissioni e ottemperare agli obiettivi della Commissione europea, che abbiamo presentato al Governo, e abbiamo già individuato le tecnologie e gli investimenti da fare da qui al 2030-2050 per arrivare alla decarbonizzazione». Di fronte al caro prezzi e alla guerra in Ucraina che stanno minacciando la ripresa post Covid e la sopravvivenza di alcuni settori industriali, cosa serve al settore? «Ci sono sicuramente due, tre interventi necessari al settore. Prima parlavamo del rottame ferroso, che è la materia prima principale del settore siderurgico nazionale ma l'Italia è deficitaria di rottame e, quindi, importiamo dall'Europa e da paesi terzi un certo numero di milioni di tonnellate. Ecco, dobbiamo assolutamente valorizzare questa vera e propria miniera di materia prima europea. Noi abbiamo tanto rottame che esce dall'Italia, ma, soprattutto, abbiamo tanto rottame che esce dall'Europa verso Paesi, anche concorrenti, e che non lavorano certo con i nostri criteri ambientali e sociali. Dall'Europa si esportano 19 milioni di tonnellate di rottame, quindi un flusso emorragico che dovrà essere in qualche modo controllato e rallentato, e se possibile fermato, proprio in ottica di andare verso una maggiore e ulteriore riciclabilità. Poi ovviamente – utilizzando tanta energia - abbiamo bisogno di un mercato energetico verde, liquido e, ovviamente, a prezzi che ci consentano la concorrenzialità. Quindi c'è bisogno di interventi strutturali. Ora il nostro governo sta aiutando le imprese e le famiglie con interventi congiunturali sicuramente importanti e positivi; però, abbiamo bisogno di misure strutturali, sia a livello nazionale che europeo, perché utilizzando, appunto, tanta energia elettrica dobbiamo lavorare perché sia decarbonizzata ricorrendo alle fonti rinnovabili e, quando ci sarà e sarà competitivo, all'idrogeno». Le aziende riescono ancora a non fermarsi in questa fase? «Le aziende riescono ancora a non fermarsi. Però, cominciamo a vedere delle difficoltà perché molto del minerale pre-ridotto che viene utilizzato dalle acciaierie veniva dalla zona di guerra e, quindi, al momento non arriva, come la ghisa del resto che è un'altra materia prima. E per i trasformatori di acciaio c'è anche un problema di approvvigionamento di semilavorati. Quindi bisogna, innanzitutto, fermare la guerra e far ripartire la produzione della materia prima e dei semilavorati». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/4/2022

19 Marzo 2022

I valori ESG possono fare la differenza sul mercato: le risposte della formazione Luiss Business School

In partenza il programma Flex ESG e Sviluppo Sostenibile. Ecco come didattica e case study possono diventare strumenti per creare nuove occasioni di mercato I temi ESG sono oggetto di intense attività dei regolatori, ma anche di grande interesse per gli stakeholder. Integrare questi valori – ambiente, società e governance – in azienda non rappresenta più un'azione da temere, bensì la base da cui partire per cogliere nuove opportunità di mercato. In questo scenario, l'alta formazione per chi vuole operare o già opera in questo campo è lo strumento necessario per interpretare correttamente gli input regolatori e le richieste di consumatori e mercato. “La sostenibilità viene spesso definita in modo sfuggente o complesso. Può essere affrontata in modo simbolico, ma ciò non è più sufficiente per investitori e consumatori, alla ricerca di risposte concrete”: Angelo Riccaboni, Professore Ordinario di Economia aziendale, Università di Siena, e Senior Research Fellow, Luiss Business School, ci racconta il nuovo Flex ESG e Sviluppo Sostenibile, in partenza il 25 marzo. Integrare la sostenibilità nei modelli di business: quali sono le sfide da superare? Negli ultimi tre anni la consapevolezza sul tema della sostenibilità è sicuramente aumentata, tuttavia, ancora si agisce prevalentemente in ottica di greenwashing o esg-washing. Chi già invece opera in una realtà concretamente orientata alla sostenibilità, percepisce che un approccio diverso è necessario. Il greenwashing non basta più: gli stakeholder stanno diventando esigenti e richiedono risposte di sostanza. La sostenibilità deve essere integrata nei meccanismi di governance e management attraverso la pianificazione, l'azione del board, il reporting, finanza. Per le piccole e medie aziende si osserva invece una tendenza a posporre il problema e a considerare la sostenibilità un onere e non un beneficio. Far capire che i vantaggi ci sono per tutti, politica compresa, è il vero punto di partenza. Quali sono i vantaggi per le imprese? Con i valori ESG si delineano nuove opportunità di mercato. Oggi non compreremmo mai prodotti che vengono fuori da processi non sostenibili. Quali sono i vantaggi per i regolatori? L'Europa è l'unico continente che sta portando avanti iniziative di estremo rilievo sulla sostenibilità e la regolazione diventa sempre più stringente su questi temi. Chi non lo capisce, faticherà.               Quanto conta il tema ESG per gli investitori? Moltissimo. Gli investitori chiedono sempre più sostenibilità. Anche le banche di prossimità ricevono input in questa direazione, perché è valutata dai regolatori europei. Poi c'è la questione dei talenti. I fattori ESG sono già una discriminante per attirare talenti in azienda? Sì. Oggi i giovani non scelgono di lavorare in luoghi in cui la sostenibilità non sia centrale.                Qual è il ruolo che professionisti specializzati possono giocare per favorire questo cambio di paradigma? Mettere in evidenza casi concreti con soluzioni interessanti su diverse funzioni può fare la differenza. I professionisti sono consapevoli che ci sia un bisogno di approfondire questi aspetti per scendere in campo con un approccio diverso. Ed è qui che il programma Luiss Business School offre delle risposte importanti, sia dal punto di vista dei contenuti che delle esperienze portate in aula. Il messaggio che vogliamo lanciare è: «si può fare ed è conveniente».  Purpose da nice to have a must to have: quali sono i principali benefici di aziende purpose-driven? In passato il purpose era visto come accessorio. Ora le aziende impiegano anche anni a riscriverlo: a una semplice frase si affida il compito di definire perché un'azienda esiste sul mercato. Strategia, meccanismi di governance e modalità operative sono tutti cristallizzati nel purpose. In più, è proprio il purpose che permette agli investitori di guardare all'impresa come a una realtà di sostanza o di apparenza, quindi oggi assegnare a un'azienda una ragion d'essere va oltre la massimizzazione del profitto. Prospettive future nel campo ESG: a cosa si dovrà prestare attenzione nei prossimi mesi e sotto quali punti di vista sta scendendo in campo Luiss Business School?   Gli attuali sconvolgimenti geopolitici incideranno molto sulle scelte dei prossimi mesi. Se prima si prendevano in considerazione solo 3 delle 5 P dell’Agenda 2030, people, planet e prosperity, oggi ce ne sono due che stanno tornando al centro del discorso, che sono partnership e peace.  Sostenibilità significa quindi portare al centro dell'attenzione più giustizia e inclusione, obiettivi che ridisegnano azioni e partnership delle multinazionali, con impatti inevitabili sugli equilibri internazionali. Comprendere questi mutamenti e agire consapevolmente di conseguenza sarà tra i compiti principali dei leader di domani. SCOPRI il Flex ESG e Sviluppo Sostenibile 19/03/2021