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10 Giugno 2022

Haribo: «Con i nostri Orsetti d’Oro e la qualità accendiamo la felicità fanciullesca e la fiducia dei consumatori»

Marco Piantanida, amministratore delegato per l'Italia, racconta l'impegno sulla sostenibilità e le potenzialità del mercato italiano Accendere la felicità fanciullesca dei consumatori e guadagnare la loro fiducia attraverso l'attenzione continua alla qualità dei prodotti, alla salvaguardia dell'ambiente e al sociale. E' la mission di Haribo (acronimo di Hans – Riegel – Bonn dal nome del fondatore, il caramellaio tedesco Hans Riegel), la società leader nel settore delle caramelle gommose che ha appena festeggiato i 100 anni degli iconici Orsetti d'Oro. Marco Piantanida, amministratore delegato per l'Italia, racconta a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, l'impegno sulla sostenibilità e le potenzialità del mercato italiano. Haribo da oltre 100 anni produce caramelle con attenzione alla qualità dei prodotti, alla sicurezza della filiera ma anche alla salvaguardia dell'ambiente e al rispetto dei diritti umani. Ci parla dell'impegno per la sostenibilità? «La sostenibilità per Haribo è uno starting point: dall'indipendenza alla responsabilità verso il cliente, all'attenzione verso i dipendenti. L'indipendenza della famiglia, che storicamente ha la proprietà di Haribo, ci permette, non dovendo rispondere ai mercati né a terzi, di avere un'attenzione superiore ai temi della sostenibilità. Haribo è sinonimo di caramelle gommose e un leader di settore e, come tutti i leader, diventa un parametro di riferimento. I nostri valori portanti sono l'indipendenza e la fiducia, accanto alla sostenibilità ambientale e sociale, con una particolare attenzione ai dipendenti. Poi c'è la qualità, che è uno dei principali valori. Anche perché il vero azionista dell'azienda non è mr. Riegel ma il consumatore che, di fatto, è la ragione di vita dell'azienda. Chi sceglie e si fida è importante che trovi sempre il gusto e la felicità fanciullesca. L'azienda ha più di un secolo e continua ed essere leader nel mercato perché quella della qualità è una scelta senza compromessi. Si possono creare nuovi gusti, si può puntare ad un target sempre più ampio ma se guardiamo, ad esempio, l'orsetto, che quest'anno compie cent'anni, è quasi del tutto invariato. Il prodotto vincente è caratterizzato da elementi che resistono nel tempo». Economia circolare, riciclo, packaging. Quali sono le sfide future? «Il packaging del prodotto per noi è già integralmente riciclabile e continuiamo a lavorare per trovare il giusto equilibrio tra il gusto, la sicurezza alimentare e la qualità del prodotto. Poi, ovviamente, a livello di headquarter, stiamo lavorando ai nuovi materiali che, oltre ad essere ecofriendly, devono garantire lo stesso tipo di qualità e sicurezza. Ma, ovviamente, non dobbiamo mai essere soddisfatti da quello che abbiamo raggiunto perché, domani, ciò che non è etico, riciclabile e sostenibile diventerà una barriera per i consumatori». Gli Orsetti d'Oro gommosi hanno appena compiuto i 100 anni. Per festeggiare il centenario, in Italia, avete anche lanciato un'iniziativa di solidarietà con Dynamo Camp. Di cosa si tratta? «Si tratta di un'iniziativa veramente importante perché non si parla di qualcosa di one shot ma rientra nel nostro percorso di sostenibilità sociale, di inclusione, partito all'interno dell'azienda, con il supporto di Dynamo Academy. Il centenario degli Orsetti d'Oro è stata l'occasione di rendere partecipi i consumatori e coinvolgerli in modo da contribuire, al di là della donazione economica in favore di Fondazione Dynamo Camp, per supportare bambini e famiglie che trovano nella Terapia Ricreativa uno strumento per ritrovare fiducia in sé stessi e migliorare la qualità della loro vita. Vogliamo pensare a queste iniziative in un percorso che sia il nostro modo di accendere e condividere la felicità con tutti, perché la felicità è un diritto». Parliamo del mercato italiano che ha numeri importanti. Investimenti, nuovi prodotti, prospettive: ci delinea un quadro? «Haribo, in Italia, ha una storia di lungo corso con una accelerazione nell'ultimo periodo. Nel mercato globale, soprattutto in Nord Europa, la caramella è tipicamente gommosa, in Italia la caramella è storicamente dura, ma ora sta avvenendo una traslazione di quello che negli altri Paesi è partito parecchio tempo fa. Oggi Haribo, in Italia, copre più della metà del mercato del gommoso e, nel 2020, è diventato il brand leader di mercato del comparto totale caramelle. Questo che ci fa ben sperare per il futuro, convinti che questa traslazione continuerà e rende l'Italia un mercato potenziale per il gruppo che può offrire tante opportunità. A livello di prodotti, in Italia c'è una compresenza di due prodotti cardine; Orsetto d'Oro, infatti, hanno una sorella che è ‘Rotella' che storicamente fa parte della nostra cultura. Sui nuovi prodotti stiamo mettendo innovazione, sperimentazione e divertimento, che sono parte del Dna del brand. Quest'anno, con il centenario abbiamo lanciato gli Orsetti d'Oro Frizzanti, abbiamo ‘Bandz' che è un prodotto frizzante che cattura un pubblico di adolescenti o ‘giovani dentro', e ‘Color Pops' che allarga il target. La prospettiva è di assumere nel mercato un ruolo sempre più rilevante ma anche un ruolo sociale sempre più definito».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 10/6/2022

10 Giugno 2022

Fruttagel: «Crescita a doppia cifra per il biologico. Siamo premiati perché ascoltiamo i consumatori»

Ne parla il presidente e amministratore delegato Stanislao Fabbrino Il successo delle bevande vegetali e la crescita a doppia cifra del biologico sono i «risultati emblematici» di un percorso di costante ascolto di consumatori sempre più sensibili a prodotti green e sostenibili. Stanislao Fabbrino, presidente e amministratore delegato di Fruttagel, società specializzata nella trasformazione di ortofrutta fresca, cereali e legumi, nota per il marchio Almaverde, racconta il percorso del gruppo «che nasce come impresa sostenibile». Avete diffuso i dati del 2021 che confermano il successo delle bevande vegetali e un incremento a doppia cifra per il biologico. Registrate una maggiore attenzione da parte dei consumatori italiani per prodotti green e sostenibili? «Possiamo parlare sicuramente di una maggiore sensibilità da parte del consumatore nei confronti degli aspetti nutrizionali degli alimenti, di un più marcato interesse sull'origine e sui processi di produzione. A tale riguardo, per Fruttagel, il successo delle bevande vegetali e la costante crescita del biologico registrati nel 2021 sono due risultati emblematici di un percorso di costante ascolto del consumatore che rappresenta un po' la nostra cifra distintiva e ci permette di proporre soluzioni sempre innovative e capaci di rispondere in maniera puntuale alle richieste di mercati dinamici come quelli in cui operiamo». Che cosa vuol dire per Fruttagel sostenibilità? Qual è il vostro impegno? «Fruttagel nasce come impresa sostenibile, non lo è diventata nel tempo. Il nostro impegno riguarda tutti gli aspetti del fare impresa, dalla dimensione ambientale a quella sociale ed economica e costituisce un valore aggiunto, importante e riconosciuto, che siamo lieti di condividere con le insegne della distribuzione per le quali produciamo prodotti private label - bevande, succhi e nettari, derivati del pomodoro, vegetali surgelati - e con il consumatore, che raggiungiamo anche in maniera diretta attraverso le linee a marchio e con i prodotti Almaverde Bio del cui Consorzio Fruttagel è socio fondatore. Possiamo dire che al centro del nostro agire mettiamo la responsabilità sociale d'impresa e proprio per rendicontare il nostro impegno, dal 2006 redigiamo il bilancio sociale, poi divenuto bilancio di sostenibilità dal 2016, e orientiamo le nostre strategie nel rispetto degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Onu». Qualità della materia prima, etichettatura e packaging. Cosa state facendo? «Nella nostra visione, qualità e provenienza italiana della materia prima sono i punti di partenza di un percorso produttivo responsabile, coerente e sostenibile. In questo percorso, l'attenzione di Fruttagel non poteva che riguardare anche la scelta dell'etichettatura consapevole e l'adesione al Patto contro lo spreco alimentare di "Too Good To Go" per i prodotti a nostri marchi e la scelta di soluzioni per il confezionamento in grado di coniugare minore impatto ambientale, riciclabili e alto contenuto di servizio». Guardando in prospettiva, quali sono i vostri obiettivi in termini di progetti e investimenti? «Nonostante il clima di grande incertezza e l'aumento generalizzato dei prezzi che abbiamo iniziato ad affrontare a partire dalla seconda metà dello scorso anno, Fruttagel è riuscita a realizzare nel corso del 2021 un piano di investimenti di circa 6,2 milioni di euro, di cui 3,3 milioni relativi a progetti in corso di realizzazione nel 2022. Focus su efficientamento produttivo, innovazione e miglioramento della sicurezza nei reparti produttivi dei due stabilimenti - Alfonsine, in provincia di Ravenna e Larino, in provincia di Campobasso - mentre per il triennio 2022-2024 lavoreremo principalmente sulla centrale termica, che permetterà a Fruttagel di risparmiare circa 1.122.000 Smc/anno di metano, e sul nuovo magazzino automatizzato surgelati, che ridurrà drasticamente i trasferimenti di prodotto finito o semilavorato presso strutture esterne». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 10/6/2022

27 Maggio 2022

Nicolaus: «La nostra ospitalità made in Italy etica e contemporanea per intercettare la domanda. Nel futuro obiettivi ambiziosi»

Giuseppe Pagliara, l'amministratore delegato del gruppo che riunisce i marchi Valtur, Nicolaus Club, Turchese e Raro, in un'intervista a SustainEconomy.24, parla anche della ripartenza del settore La ripartenza del settore turistico con un'Italia solida affiancata da un medio raggio di prossimità che sostiene la domanda. Giuseppe Pagliara, amministratore delegato del gruppo Nicolaus che riunisce i marchi Valtur, Nicolaus Club, Turchese e Raro, in un'intervista a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School parla del trend di mercato e si sofferma sulla maggiore richiesta di sostenibilità da parte dei clienti, Millennial in testa.  Una sensibilità che trova risposta nell'attenzione del gruppo, a 360 gradi, nella progettazione dell'offerta, nelle strutture in portafoglio, nella sensibilizzazione dei propri interlocutori. Fino ad una ‘matrice di sostenibilità' richiesta agli affiliati Valtur. E in un'offerta made in Italy di ospitalità etica, contemporanea che mette il cliente al centro. Nel futuro del Gruppo, poi, obiettivi ambiziosi: 275 milioni di fatturato entro il 2026, con un totale di 81 strutture a marchio Valtur e Nicolaus Club in Italia e all'estero. Il settore del turismo sta attraversando un periodo di sfide profonde, dalla ripresa post Covid ai rischi geopolitici. I primi mesi dell'anno sembrano parlare di ripartenza, il trend è positivo? «Il trend, fino ad ora, è sicuramente positivo. Un inizio anno esplosivo, rallentato dall'improvviso inasprirsi del contesto geopolitico, che vede negli ultimi mesi un deciso rinvigorirsi della domanda turistica che ha ripreso quota raggiungendo, e addirittura superando, i numeri del 2019, anno benchmark del settore turistico. Per quest'estate, le previsioni di inizio anno sono per noi confermate: un'Italia solida, sempre in cima alle richieste del mercato dei vacanzieri, affiancata da un medio raggio di prossimità che sostiene la domanda estera coniugando una riduzione dell'incertezza di contesto a una qualità e varietà eccellente di strutture ricettive. Mar Rosso, Tunisia, Grecia, Baleari, Canarie e Croazia vanno così a completare il paniere delle destinazioni preferite dagli italiani per l'estate 2022. Fattore decisivo per confermare il trend positivo è un'attenta segmentazione di gamma, che coniuga ai marchi di catena Valtur, sinonimo di vacanza lifestyle, e Nicolaus Club, la vacanza per famiglie per eccellenza, l'offerta di vacanza smart targata Turchese e le proposte upscale di Raro». Negli ultimi anni è cambiato  anche l'approccio al turismo e si è sviluppata una grande attenzione alla sostenibilità e al green. Cosa sta cambiando? «Nulla che non fosse già in atto negli anni precedenti al contesto pandemico. L'attenzione alla sostenibilità nei fatti, e non come pura dichiarazione di intenti, è un trend emergente nella composizione della domanda turistica che ha subìto, durante la pandemia, una decisa accelerazione. L'emergere di una maggiore consapevolezza dell'impatto della propria vacanza sull'ecosistema è, in parte, legato all'avvicendarsi di generazioni nuove come principale bacino d'acquisto della vacanza (come i Millennial, sempre più decisori d'acquisto, per cui la sostenibilità è un fattore rilevante nelle scelte di consumo); in parte risultato della constatazione che l'industria turistica incida, a livello globale, per l'8% sul totale emissioni di CO2. L'industria turistica e dei trasporti è al quarto posto tra le industrie più inquinanti al mondo: cercare un modo nuovo e più consapevole di viaggiare e far viaggiare, lontano dall'essere un nice-to-have, è una necessità. La sostenibilità deve impiantarsi nel nostro settore sin dalla fase di progettazione del prodotto turistico, nella sua definizione più pura». Guardando al vostro gruppo, qual è l'attenzione alla sostenibilità? E quali iniziative state portando avanti? «Il nostro gruppo è impegnato nello sforzo di adottare una sostenibilità a 360 gradi nelle proprie pratiche quotidiane di lavoro e di progettazione dell'offerta, nelle strutture in portafoglio, nella comunicazione e sensibilizzazione dei propri interlocutori. Nelle strutture in cui il Gruppo interviene nella modellazione fisica degli spazi, infatti, la sostenibilità è concepita secondo i principi della bioarchitettura e della progettazione green. L'azienda ha, inoltre, promosso al proprio interno da tempo buone pratiche di sostenibilità ambientale, volte alla riduzione della plastica, al corretto riciclo dei rifiuti, alla consapevolezza sull'impatto ambientale di alcune, insospettabili pratiche di lavoro quotidiano (ad esempio, un'ora di videoconferenza corrisponde a un'emissione di anidride carbonica da 150 grammi fino a un chilo: è davvero necessaria?). Inoltre, con Valtur, il Gruppo Nicolaus ha fatto della sostenibilità uno dei propri elementi fondanti, di cui si fa promotore anche presso i partner albergatori: a ogni struttura che decida di affiliarsi al marchio viene richiesta la compilazione di una dettagliata matrice di sostenibilità, che richiede di specificare quali siano le azioni di sostenibilità ambientale, sociale, nei confronti delle persone e a favore di un'economia inclusiva e responsabile che la struttura ricettiva mette in atto. Tali, concrete azioni di sostenibilità sono comunicate in chiaro, struttura per struttura, sui nostri cataloghi e nel nostro sito web, diventando in questo modo un impegno dichiarato nei confronti dei nostri ospiti. Infine, non mancano le iniziative volte a sensibilizzare le nostre audience sul tema della sostenibilità, intesa non come grande sforzo ma come un insieme di piccole, buone pratiche quotidiane: la più recente è il nostro Calendario dell'Avvento di Nicolino, la mascotte eroe dei piccoli ospiti dei nostri Nicolaus Club, che nell'avvicinamento al Natale ha svelato ai nostri piccoli amici una buona pratica di sostenibilità al giorno». Avete diffuso risultati economici importanti per l'inizio del 2022. Cosa c'è nel futuro di Nicolaus? «Nel futuro del Gruppo Nicolaus ci sono obiettivi ambiziosi: 275 milioni di fatturato entro il 2026, con un totale di 81 strutture a marchio Valtur e Nicolaus Club in Italia e all'estero, per un totale di 8.900 chiavi. Puntiamo a questo risultato sfidante mediante una continua ricerca di un'offerta sempre più customizzata sulle esigenze della domanda. Un modello davvero customer-centrico, che metta al centro l'ospite, e conservi memoria delle sue preferenze e delle interazioni passate, nel pieno rispetto delle informazioni e dei dati del cliente. Nel nostro futuro c'è uno studio continuo e una costante acquisizione di know-how anche nella Hotel Company, per modellare un servizio contemporaneo, identitario e attento alle richieste dei nostri ospiti. Un modello di vacanza leisure distintivo, che porti la nostra firma e che sostenga in maniera finanziariamente solida, etica e sostenibile la nostra crescita. Tutti i nostri sforzi tendono a un obiettivo comune: diventare la migliore espressione possibile del turismo di matrice italiana, secondo un modello di ospitalità etico e contemporaneo».  SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 26/5/2022

27 Maggio 2022

Bernabò Bocca (Federalberghi): «Green e sostenibili, ci adeguiamo ai cambiamenti. Il settore riparte ma servono sostegni»

Per il presidente della federazione i dati sulle presenze fanno ben sperare Il settore alberghiero, da sempre, si adegua al cambiamento. Così di fronte al ruolo centrale della sostenibilità nelle scelte di soggiorno, le strutture si orientano al green e al sostenibile. Bernabò Bocca, il presidente di Federalberghi, in un'intervista a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, parla della ripresa del settore con i promettenti numeri per l'anno. Ma sottolinea anche la necessità del settore di «essere sostenuto in tutto e per tutto» Si parla sempre più di sostenibilità anche nel turismo e nelle strutture alberghiere. Come sta cambiando il settore? «Noi abbiamo sempre lo stesso approccio sulle nuove tendenze: ci adeguiamo al cambiamento. Secondo studi attuali, tutti i viaggiatori a livello mondiale, cercano oggi soluzioni sempre più rispettose dell'ambiente. Aumentano vistosamente infatti i cosiddetti "traveller globali" ed anche quelli più specificamente italiani che considerano la sostenibilità un fattore centrale nella scelta del proprio soggiorno. Si può dire che l'esperienza drammatica della pandemia abbia dato ulteriore impulso a questa crescita. Noi non possiamo che inserirci velocemente nel solco, visto che i nostri competitor europei non stanno certo perdendo tempo in questo senso». Ci saranno sempre più strutture e hotel green? «Diciamo che anche quelle che non lo erano probabilmente faranno in modo di diventarlo. Di sicuro le prerogative richieste oggi, secondo i criteri di sostenibilità, saranno rispettate pienamente da chi nasce ora. Le strutture nuove, che siano di lusso o più alla portata di tutte le tasche, si stanno orientando sempre più in questo senso. Pensiamo al passato: decenni fa vedere utilizzato del materiale riciclato avrebbe fatto scandalo. Oggi questa attività è una virtù perché gli hotel ecosostenibili sono edifici che rispettano l'ambiente, eliminando i rifiuti, risparmiando acqua, inserendosi in modo consono nell'ambiente circostante, anche utilizzando, appunto, materiali naturali e riciclati». Dopo la pandemia il settore si sta gradualmente riprendendo. Ci delinea la fotografia di questa prima parte dell'anno? E quali i trend per il resto dell'anno? «Se dovessimo fare il paragone con il 2019, ultimo anno con perfomance turistiche pre-pandemiche, sarebbe una guerra persa. Ma questo 2022 si è aperto sotto una buona stella. I primi bagliori li abbiamo visti per le festività natalizie. Abbiamo avuto vari stop and go dovuti ai continui cambiamenti sulle restrizioni, del resto era l'andamento della pandemia che generava tutto questo. Ma l'exploit che fa ben sperare lo abbiamo visto con i risultati della Pasqua, con circa 10 milioni di italiani in viaggio, e per il ponte del 25 aprile che ha letteralmente riempito le nostre città d'arte, per lungo tempo rimaste turisticamente "al buio". Questo fa ben sperare per una stagione estiva 2022 con tutti i sacri crismi. Direi che la via è aperta verso il meglio». Di cosa ha bisogno il settore? «Noi abbiamo chiesto al Governo di apportare un insieme di modifiche in materia di esonero Imu, trattamenti di integrazione salariale, riduzione del costo dell'energia elettrica e del gas, moratorie sui mutui, cedibilità dei crediti d'imposta. In parole povere, il settore ha bisogno di essere sostenuto in tutto e per tutto: molte delle nostre aziende hanno dovuto chiudere e non penso riapriranno più. Le altre che hanno resistito hanno ancora bisogno di una mano. Del resto, più si sostengono le imprese del settore più si sostiene il turismo, più si fa bene all'Italia». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 26/5/2022

27 Maggio 2022

Destination Italia: «Dalle Langhe alla Sicilia portiamo in Italia il turismo di qualità. La ripartenza è forte, pronti a crescere»

La presidente e azionista, Dina Ravera, racconta l'evoluzione del turismo incoming nel Belpaese Portare in Italia un turismo post Covid più attento alla qualità, alla sostenibilità e alla sicurezza. L'imprenditrice Dina Ravera, presidente e azionista di maggioranza di Destination Italia, maggiore TravelTech italiana nel turismo di alta gamma verso il Belpaese, quotata su Euronext Growth Milan, racconta a SustainEconomy.24 , report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, l'evoluzione del turismo incoming e la decisa ripartenza del settore con prenotazioni sestuplicate. E parlando della società - che conta tra gli azionisti, oltre alla controllante Lensed Star, Lastminute.com, Intesa Sanpaolo e importanti imprenditori nel settore del Made in Italy quali il Principe Borromeo, Riccardo Illy e Grom/Martinetti - spiega che la piattaforma plug and play e la diversificazione geografica hanno premiato la società che ha dimostrato di essere flessibile e  saper gestire al meglio il Covid prima e, poi, il conflitto in Russia, uno dei suoi principali mercati. A tutto questo si aggiunge l'attuazione della politica di crescita per M&A, «che rende concreto il piano dichiarato al momento della quotazione, grazie alle importanti competenze in quest'ambito dei soci fondatori. Negli ultimi anni è cambiato il modo di fare turismo, guardando alla qualità e sostenibilità. Come è cambiata la domanda? «Va fatta una premessa: c'è una discontinuità segnata dal Covid. Prima della pandemia, il turismo incoming, dall'estero in arrivo in Italia, rappresentava il 60% del turismo che, nella sua totalità, nel nostro Paese, rappresenta circa il 13% del Pil. Si era registrata una crescita degli arrivi internazionali del 5% tra il 2017 e il 2019. Quindi un trend assolutamente positivo, anche se rimaneva molto legato a poche grandi destinazioni, come le città d'arte (Venezia, Firenze, Roma, Milano e Napoli) e alle solite stagioni (in particolare i mesi di giugno, luglio, agosto) ed il turismo era di una qualità non particolarmente elevata. Con il Covid sono cambiate le regole e, anche noi abbiamo iniziato a valorizzare e a proporre destinazioni meno frequentate. Ecco che i laghi del Nord Italia, le cantine delle Langhe e del Montalcino o le pendici dell'Etna, sono diventate mete molto apprezzate. E' aumentata la richiesta di location meno frequentate, ritenute anche più sicure. Abbiamo selezionato i fornitori in base al rispetto delle normative anti-Covid e li abbiamo certificati in tal senso, verificando il rispetto delle regole previste quali, a titolo esemplificativo, l'adozione dei DPI da parte del personale e la sanificazione degli ambienti spingendo su tutto quello che dava ai nostri clienti la sicurezza di trovarsi in realtà attrezzate per minimizzare il rischio di contagio». Avete scelto di puntare sulla digitalizzazione dei servizi turistici con una piattaforma plug and play. In questo scenario ha aiutato? «Il mercato attuale è quello di un turismo di più alto livello, più ‘alto spendente', che vuole, però, la garanzia di essere gestito in modo sicuro e nel rispetto di canoni di qualità molto elevata, ed è un turismo che si addice completamente alle nostre caratteristiche. Prenota all'ultimo momento rispetto al passato: attualmente le prenotazioni arrivano con al massimo un mese d'anticipo, ma moltissimi clienti prenotano qualche settimana o qualche giorno prima. Il fatto di essere così attrezzati da un punto di vista tecnologico ci ha aiutati in questa grande trasformazione; in primis ci ha aiutati a gestire un numero molto elevato di Paesi d'origine. Oggi abbiamo integrato nella nostra piattaforma circa 1.200 tour operator in 85 Paesi del mondo e 10.000 experience provider in tutta Italia. Questo è stato utilissimo perché, con il periodo Covid prima, e ora con la guerra, avendo così tante geografie integrate e personale in lingue diverse, siamo riusciti a gestire in modo molto flessibile un contesto geopolitico così complesso e difficilmente prevedibile. E abbiamo sempre di più offerto i pacchetti esperienziali che il turismo attuale richiede quali il Glam Golden Tour che prevede l'arrivo a Como, poi il trasferimento in elicottero al lago Maggiore, una cena con lo chef stellato nel Palazzo dell'Isola Madre e poi a Monza e provare i brividi delle Ferrari. I nostri elementi distintivi sono i nostri Travel Designer altamente qualificati e la piattaforma tecnologica plug and play, che ci permettono di distinguerci dalla concorrenza e di gestire una immensa pluralità di paesi di origine e comuni di destinazione». Dopo gli anni difficili per l'emergenza Covid si registra davvero una ripartenza? «Finalmente vediamo una vera ripresa, una ripartenza decisa. Avevamo visto un miglioramento già l'anno scorso, verso ottobre-novembre, con importanti prenotazioni per l'anno successivo; poi abbiamo registrato un rallentamento quando, lo scorso dicembre, è stato dichiarato dal nostro Governo che l'Italia avrebbe continuato con lo stato di emergenza fino a marzo. Un approccio che non è stato seguito dagli altri Paesi europei e che ha visto l'Italia fortemente penalizzata nel settore turistico. A inizio marzo, però, è cambiato tutto e il numero di turisti stranieri che ha iniziato a prenotare verso l'Italia è cresciuto in modo veramente esponenziale: per citare dei numeri, noi abbiamo avuto nel primo quadrimestre del 2022, nonostante gennaio e febbraio siano partiti lenti, prenotazioni sei volte superiori a quelle dello scorso anno. Il primo quadrimestre si è chiuso infatti con un booking che ha raggiunto il valore di oltre 10 milioni di euro, con un incremento del 488%. E anche maggio sta andando benissimo». A quali mercati guardate? «Nel 2020, con l'arrivo del Covid, abbiamo capito immediatamente che dovevamo essere molto forti verso i Paesi che avevano vaccini riconosciuti dalle istituzioni europee e, di conseguenza, abbiamo aumentato sempre di più la presenza, e anche il portafoglio di offerta, verso quei mercati. Nel 2022 ci aspettavamo che si sarebbe riaperto tutto; puntavano sulla Russia, perché non ci si aspettava il conflitto che purtroppo è successo, e pensavamo che la Cina potesse riaprire il proprio turismo verso l'estero. Purtroppo, non è stato così. Ma essere una TravelTech molto flessibile e qualificata su tutte le geografie del mondo, ci ha permesso di compensare con una forte richiesta, ben oltre le attese, di tutti gli altri mercati, dal Nord al Sud America, dall'Europa al Medioriente, con un livello di spesa molto alta e la voglia di avere esperienze di qualità che hanno una ampia marginalità per noi, e per tutto l'ecosistema economico territoriale che ne può trarre un beneficio immenso. Abbiamo quindi rimandato al prossimo anno l'apertura di un mercato importante come la Cina, dove siamo pronti con oltre 150 pacchetti esperienziali in lingua che certamente saranno altamente graditi da quel tipo di clientela che abbiamo studiato con grandissima attenzione». ll mercato, come dimostra anche l'andamento del titolo, vi sta apprezzando. Cosa si aspetta per ilI resto dell'anno e su cosa si concentra la vostra strategia?  «Il mercato, forse, non era certo che saremmo riusciti a compensare la Russia. Ma, tra il 2020 e 2021, la società si è rafforzata commercialmente confermando la validità delle scelte strategiche. Il mercato non lo dava per scontato e, ora, ci sta premiando. A questo si è aggiunto il lavoro svolto per dare concretezza ad un altro elemento importante della nostra strategia di crescita, quella inorganica e per M&A, attuata mediante alcune operazioni straordinarie di alto contenuto strategico tese a costruire il campione del turismo incoming e ricercare business a più alta marginalità lungo la filiera. A titolo esemplificativo ricordiamo le recenti operazioni The Italian Experience Company con Cdp Venture per la promozione del turismo esperienziale del Sud, Naxida per la riqualificazione dei Borghi e l'operazione e-commerce (StyleItaly). Il mercato sta apprezzando la capacità di rendere concreto un piano molto ambizioso che abbiamo presentato al momento della quotazione». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 26/5/2022

27 Maggio 2022

Fabilia: «Dagli hotel zero plastic ai corsi antispreco per bambini. Ripartiamo con numeri sopra il 2019»

Mattia Bastoni, fondatore e ceo della catena di Family Hotel & Resort quotata all'Euronext Growth Milan, racconta  l'impegno sulla sostenibilità e parla di un mercato che sta decisamente ripartendo Zero plastica, raccolta differenziata e sensibilizzazione dei più giovani. Mattia Bastoni, fondatore e ceo di Fabilia Group, catena di Family Hotel & Resort quotata all'Euronext Growth Milan e specializzata nell'offerta di vacanze per famiglie con bambini, racconta a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, l'impegno sulla sostenibilità con il progetto ‘Save The Planet'. E parla delle nuove offerte e di un mercato che sta decisamente ripartendo, con numeri superiori al 2019, prima del Covid. E parla dei nuovi business, come le terme, cui la più grande catena all inclusive per famiglie in Italia si è affacciata dalla primavera. Il vostro business model, di gruppo specializzato nell'offerta di vacanze per famiglie con bambini, rivolge grande attenzione alle tematiche di sostenibilità. Quali sono le vostre iniziative? E come la sostenibilità entra nei vostri hotel? «Sono temi che da qualche anno teniamo in grande considerazione. Abbiamo un progetto che si chiama ‘Save the Planet', nato nel 2019, che sintetizza quello che noi, come gruppo, non essendo proprietari dell'immobile, riusciamo a realizzare, attraverso piccoli gesti quotidiani, in tutti gli hotel e resort per aiutare il Pianeta: zero plastica, water free, raccolta differenziata e basso consumo energetico. Abbiamo distributori dell'acqua e ai clienti diamo una borraccia e un bicchierino pieghevole e portatile, in tal modo abbiamo ridotto drasticamente l'uso della plastica. Con una risposta importante: siamo ad un 80% che lo utilizza mentre resta un 20% che ancora ci chiede prodotti usa e getta. Poi, da sempre, facciamo la raccolta differenziata nelle strutture e puntiamo a energia a basso consumo. Accanto a questo, abbiamo un progetto interessante volto a sensibilizzare i bambini  - dal momento che siamo una catena specializzata esclusivamente nelle vacanze per famiglie  - attraverso corsi, laboratori e attività didattiche per sensibilizzare ed educare ai temi della sostenibilità ambientale, del riciclo e della lotta allo spreco: dalla raccolta differenziata alla raccolta in spiaggia delle plastiche o delle reti dei pescatori». E' cambiato il modo di fare vacanza. Che tipo di richieste riscontrate tra le famiglie? «Negli ultimi due anni è cambiato per tutti il modo di fare vacanza. Ad esempio, noi abbiamo alberghi in montagna e la classica settimana bianca che, fino al 2019, veniva prenotata con largo anticipo, invece a dicembre 2021 e nei primi mesi del 2022, si è trasformata in richieste di poche notti sotto data. Ma questo era dovuto al contesto con il Covid. Invece, al momento, per le nuove prenotazioni sulle strutture al mare c'è tantissima richiesta». Quindi il mercato sta ripartendo? «Vediamo un boom: il 2022, al momento, a livello di prenotazioni a parità di hotel, sta andando meglio del 2019. Ci sono strutture che sono già sold out in alcuni periodi e la media di occupazione ad oggi, rispetto al 2019, è più alta. E lo riscontro anche con i colleghi di stabilimenti balneari e ristoranti. Da noi l'85-90% della clientela è italiana, ma c'è anche un ritorno del turista straniero che per il nostro gruppo sono le famiglie tedesche e svizzere». Guardando alla società, avete annunciato nuove aperture. Cosa c'è in prospettiva? «La novità più importante del 2022 è stata quella di aprire un albergo nel segmento terme e in Italia siamo gli unici ad essere specializzati nella vacanza con famiglie e bambini alle terme. Stiamo ottenendo un alto tasso di occupazione e clienti soddisfatti. Oltre le aspettative». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 26/5/2022

19 Maggio 2022

Chi è e cosa fa il Sustainability Manager

Dalle skill necessarie alle sfide legate a rischi e business: Matteo Caroli, Associate Dean per l’Internazionalizzazione Luiss Business School, fa il punto su questa figura professionale e sulla sua evoluzione Trasformare un'azienda in una realtà sostenibile è uno dei punti di partenza da cui si stanno sviluppando nuove figure professionali. Tra queste spicca il Sustainability Manager. A lui è demandata una funzione preventiva e strategica in linea con le più recenti novità normative ambientali, energetiche e di sicurezza finalizzata alla promozione di investimenti, politiche e iniziative sostenibili. Di questo e delle sfide che questa figura professionale deve affrontare, si parla nello studio "L’evoluzione organizzativa della sostenibilità nelle aziende italiane". A presentarlo durante l'evento Road To ESG – Viaggio verso la Sostenibilità. Sustainability Manager, è stato Matteo Caroli, Associate Dean per l’Internazionalizzazione, Direttore BU Applied Research e Osservatori, Luiss Business School. Chi è Sustainability Manager Il Sustainability Manager ha come obiettivo il miglioramento di alcuni processi e comportamenti aziendali, da trasformare nell'ottica di una costante e crescente attenzione all'ambiente. Assume nomi diversi a seconda dei Paesi e delle aziende che incorporano questa figura nel proprio organico. Il 53% dei professionisti assunti in grandi e medie imprese per questo ruolo, rivestono ruoli dirigenziali e molti di essi sono donne. «Il Sustainability Manager è in una posizione analoga di chi elabora il piano strategico – spiega Caroli – C'è un grande stress sulla misurazione dell'impatto del suo operato. C'è una diretta correlazione tra il livello di maturità professionale e le intensità delle interazioni, soprattutto con l'area di comunicazione, con l'obiettivo di scongiurare l'effetto green washing. Inoltre, questa figura estende la sostenibilità anche alle politiche del personale». Le missioni del Sustainability Manager Secondo i risultati della ricerca, la missione del Sustainability Manager comprende tre grandi temi. Il primo parte dal comprendere l'evoluzione delle questioni ESG e il loro impatto sulle dinamiche dei mercati dove il sistema opera, oltre che sui rischi e sulle prospettive di redditività dei suoi business. In secondo luogo, deve guidare l'evoluzione del sistema aziendale verso la piena sostenibilità, cioè una gestione che crea in modo integrato ed equilibrato valore economico sociale e ambientale. Infine, deve far evolvere la cultura aziendale in modo che i principi della gestione sostenibile e dell'economia circolare siano diffusi e concretamente condivisi con tutta l'impresa. Le competenze del Sustainability Manager Il Sustainability Manager deve conoscere il business, il sistema di offerta, delle tecnologie, del mercato e dei processi produttivi in cui opera. Deve avere la capacità di dialogare con le altre funzioni, per avere contezza delle caratteristiche e dei temi cruciali del business. Deve conoscere le traiettorie ambientali e sociali rilevanti, e le loro implicazioni per il settore connesse al sistema dei rischi. Inoltre, deve avere sensibilità strategica, capacità di relazione e comunicazione, nonché capacità progettuale. Secondo lo studio, il 40% di queste figure sono maturate nell'ambito delle relazioni istituzionali. «Il Sustainability Manager deve anche avere due condizioni trasversali nel modo di essere e lavorare. Prima di tutto deve essere credibile, sia nell'organizzazione sia presso gli stakeholder. Inoltre, deve avere la capacità di mettere insieme una visione sistemica, che connetta ambiente, società econoscenze specialistiche. Deve essere in grado di integrare i valori e gli obiettivi ESG con le performance economiche». Cosa fa il Sustainability Manager In virtù di queste competenze e delle sfide ESG che la contemporaneità sottopone alle aziende, il Sustainability Manager è chiamato a svolgere quattro funzioni: generatore di conoscenze e consapevolezza, facilitatore, project manager, auditor. «Ma la funzione più importante è quella di challenger, un soggetto titolato a cambiare le carte in tavola, in maniera intelligente, usando il pensiero laterale e portando prospettive e punti di vista diversi. È chiamato a sfidare i comportamenti e le convinzioni consolidate, agendo da outsider». Secondo la ricerca Luiss Business School, tra i risultati più importanti riscontrati nelle 59 aziende del campione, l'81% dei Sustainability Manager ha prodotto un aumento della cultura interna sulla sostenibilità. Una delle sfide a cui i Sustainability Manager sono chiamati riguarda la valorizzazione dei risultati ottenuti rispetto a stakeholder e investitori. «Le aziende più avanti nel processo di trasformazione sostenibile hanno superato le criticità perché vedono la sostenibilità – e in questo il Sustainability Manager ha svolto una funzione importante – il modo attraverso cui raggiungere una nuova leadership, anch'essa sostenibile». Le sfide del Sustainability Manager Oggi c'è chi dice che, arrivati a questo punto, le funzioni di questi professionisti sono esaurite. Ma c'è anche ci decide di investire ancora in queste persone per essere pronti a risolvere problematiche future, sempre più complesse. «La nuova sfida è rendere la sostenibilità un approccio di massa, che possa tirarsi dietro tutto il sistema delle Pmi e delle persone. Il Sustainability Manager deve sviluppare iniziative e progetti all'interno della propria impresa, ma anche all'esterno, in modo da trasformare la nostra sensibilità in chiave ESG». La ricerca è stata presentata durante l’evento “Road to ESG. Viaggio verso la Sostenibilità” che si è tenuto il 17 maggio a Villa Blanc. Sono intervenuti: Josephine Romano, Partner, Deloitte Legal, Luca Dal Fabbro, Presidente, ESG Institute, Franco Amelio, Sustainability Leader, Deloitte, Stefania Bortolini, Segretario Generale, Sustainability Makers, Matteo Caroli, Associate Dean per l’Internazionalizzazione, Direttore BU Applied Research e Osservatori, Luiss Business School, Marisa Parmigiani, Presidente Sustainability Makers, Carmelo Reale, GC Sustainability Group, Banca Generali, Giovanna Rosato, Head of Compliance, Danone, Claudia Strasserra, CRO Sustainability Manager, Bureau Veritas, Luca Testoni, Direttore, Etica News. 18/05/2022

14 Maggio 2022

Manpower: «Rivoluzione delle competenze e spinta su donne e giovani. Il mercato Italia in stabile ripresa»

La multinazionale punta per il 2024 all'obiettivo del 40% di leadership femminile a livello globale, mentre in Italia vede la possibilità di raggiungere il 50% già per la fine dell'anno L'occupabilità è la missione del Gruppo Manpower che punta per il 2024 all'obiettivo del 40% di leadership femminile a livello globale, mentre in Italia vede la possibilità di raggiungere il 50% già per la fine dell'anno. E che, sul fronte ambientale, si impegna a diventare net zero entro il 2045. Marilena Ferri, people & culture director di ManpowerGroup, multinazionale leader nelle innovative workforce solutions, presente in Italia attraverso una rete di circa 200 uffici e 1.800 persone in tutto il territorio nazionale, delinea a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, una fotografia del mercato del lavoro nel nostro Paese. Che ha ancora spazi di miglioramento nel sostegno alle fasce più deboli e dei giovani ma, dopo la pandemia, mostra segnali di «stabile ripresa». E si sofferma sulla rivoluzione delle competenze. ManpowerGroup contribuisce a far incontrare le persone con il lavoro. In questo percorso contano le scelte e gli obiettivi di sostenibilità. Qual è la vostra strategia? «ManpowerGroup si adopera attivamente in ambito Esg e in particolare, dato il nostro focus sulle persone, offriamo loro supporto per sviluppare la propria carriera tramite la pianificazione, il lavoro e la formazione. L'occupabilità, infatti, è la vera missione del Gruppo Manpower. Oggi per ottenere una stabilità professionale è fondamentale aggiornare in modo continuo le proprie competenze, in modo da non risultare obsoleti per il mercato del lavoro. Il nostro programma MyPath nasce proprio per accompagnare le persone che lavorano con noi verso un percorso di continuità e crescita, attraverso Talent Agent dedicati che costruiscono insieme a loro un progetto professionale, e corsi di formazione per restare sempre aggiornati. ManpowerGroup con le Academy da anni forma migliaia di persone ogni anno sia su Information Technology (Experis Academy) sia per Industria 4.0 (Manpower Academy), in molti casi in modo gratuito grazie alla formazione finanziata». Ci parla dei prossimi obiettivi? «ManpowerGroup supporta l'Agenda Onu per lo Sviluppo Sostenibile per il 2030, in particolare sugli obiettivi riguardanti l'istruzione di qualità, la parità di genere, lavoro dignitoso e crescita economica, riduzione delle diseguaglianze e lotta contro il cambiamento climatico. Il nostro obiettivo è conseguire per il 2024 l'obiettivo del 40% di leadership femminile a livello globale, mentre in Italia puntiamo a raggiungere il 50% già per la fine dell'anno. Continuiamo a impegnarci inoltre affinché i talenti possano rimanere impiegabili lungo tutto il ciclo della propria vita professionale, attraverso percorsi di reskilling e upskilling. Per l'ambiente, invece, i nostri progetti per la riduzione delle emissioni sono in linea con il target di riduzione di 1,5°C necessario per combattere il cambiamento climatico, come confermato da The Science Base Targets Initiative. Il nostro impegno è diventare net zero entro il 2045». Qual è la fotografia del mondo del lavoro in Italia? Dalla vostra prospettiva, a che punto siamo su parità di genere, giovani e persone in difficoltà? «Nel mondo del lavoro, in Italia, molto è stato fatto per le categorie più deboli, ma ci sono ancora ampi spazi di miglioramento. Ad esempio, per quanto riguarda la parità di genere sul luogo di lavoro, secondo lo studio di ManpowerGroup "BreakTheBias", il 58% delle imprese misura la parità salariale, ma solo il 21% fa lo stesso col numero di donne in posizioni dirigenziali, che rimane ancora limitato. Per migliorare serve una visione più olistica che prenda in considerazione seriamente ciò di cui le donne hanno bisogno in azienda, come benefit per la maternità e per la salute, sussidi per la cura di anziani e bambini, e un'attenzione particolare per il benessere mentale dei dipendenti. Altro tema rilevante riguarda i giovani under 35, che costituiranno il 75% della forza lavoro entro il 2030, ma il cui tasso di disoccupazione è oggi pari al 24,2% (report "The Great Realization"). In questo contesto, i fondi del Pnrr potrebbero avere un ruolo fondamentale se utilizzati in modo lungimirante, ad esempio attivando percorsi di orientamento dei più giovani. Molto deve essere fatto anche per quelle persone che incontrano maggiori difficoltà ad accedere al mondo del lavoro, che presentano situazioni di fragilità o svantaggio, che vivono contesti personali, sociali e familiari di disagio. Qui molto è lasciato all'iniziativa privata. In questo campo, ad esempio, ManpowerGroup è attiva con la Fondazione Human Age Institute per favorire l'employability e la learnability di queste categorie più fragili». Prima la crisi sanitaria e, poi, la crisi economica. Quali le prospettive per il mercato del lavoro? «Nonostante le difficoltà il mondo del lavoro, l'Italia sta mostrando una stabile ripresa. Secondo gli ultimi dati Istat, relativi a marzo 2022, il numero di occupati in Italia è salito di 81mila unità rispetto al mese precedente e di ben 804mila nel confronto anno su anno. Sono dati positivi che trovano conferma anche nella nostra indagine ManpowerGroup Employment Outlook Survey, in cui si afferma che gli imprenditori italiani stimano tra aprile e giugno assunzioni in crescita del 16% e il 37% di loro si aspetta un aumento della propria forza lavoro. Il settore in cui rileviamo le prospettive di crescita più robuste è quello del digitale e delle telecomunicazioni, seguito da quelli bancario, assicurativo, finanziario e immobiliare. L'aumento occupazionale riguarderà tutte le macroregioni italiani, con il Nord-Ovest in testa». Quali sono i lavori del futuro? Quali le professioni più richieste dalle aziende? «Più che di "lavori del futuro" parliamo di competenze che cambiano, si fondono ed evolvono. Insieme a EY abbiamo avviato un Osservatorio permanente sui profili in evoluzione che ci fornisce un primo dato importante: l'80% delle professioni presenti in Italia muterà nel prossimo decennio. Questa "rivoluzione delle competenze" si lega in parte all'accelerazione della trasformazione digitale, che ha portato a una crescita della domanda di key technologies in azienda, influenzando in maniera trasversale e pervasiva tutti gli ambiti professionali, a partire dall'Information Technology. A questa ha fatto eco una sempre maggiore importanza delle soft skill, come la capacità di risolvere problemi complessi, l'ascolto e l'apprendimento attivo, l'adattabilità. Secondo il nostro punto di osservazione privilegiato, dunque, oltre all'IT, i profili più ricercati nei prossimi anni saranno tecnici specializzati e ingegneri, ma anche figure in area amministrazione, HR e payroll». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/5/2022

14 Maggio 2022

Openjobmetis: «Il nostro percorso sui temi Esg premiato dal rating. Anticipiamo i cambiamenti del mercato»

Il presidente Marco Vittorelli parla di risultati e obiettivi Un percorso Esg riconosciuto dai rating «ma che rappresenta non un punto di arrivo ma di partenza» e l'impegno per le categorie protette, la parità di genere e i giovani. Ma anche la capacità del settore di anticipare i cambiamenti del mercato del lavoro. Marco Vittorelli, presidente di Openjobmetis, l'Agenzia per il Lavoro nata nel 2011 dalla fusione di Openjob e Metis e quotata, da dicembre 2015, su Euronext Milan di Borsa Italiana, nel segmento Star, con ricavi consolidati pari a 720 milioni ne parla a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. Si parla tanto di sostenibilità e responsabilità sociale. Qual è il percorso di Openjobmetis? «Mi fa piacere partire da dove siamo arrivati perché proprio in questi giorni abbiamo ricevuto il nuovo rating Esg di Sustainalytics e rispetto al punteggio dello scorso anno di 12,5 (low risk) siamo scesi a 10,4, una grande soddisfazione e il completamento del primo percorso. Un progetto, realizzato negli ultimi due anni, che, ovviamente, non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza per cercare di scendere sotto la famosa soglia dei 10 e continuare in tutte le attività, sia core sia del mondo della sostenibilità in senso lato. Guardando, poi, a dove siamo partiti, posso dire che il percorso è stato avviato all'inizio del 2020, proprio nel periodo in cui stavamo entrando nella pandemia. Anche alla luce di qualche sollecitazione da parte di alcuni investitori, mi sono fatto carico di promuovere il progetto Esg all'interno dell'azienda, al di là della tradizionale Dnf, ponendoci, appunto, l'obiettivo di far valutare il nostro impegno con dei rating. Così siamo andati ad abbracciare quelli che sono i 17 obiettivi Onu di sviluppo sostenibile e ne abbiamo selezionati 9: tre che riguardano l'attività core (Istruzione di qualità, Lavoro dignitoso e crescita economica, Ridurre le disuguaglianze) e sei che invece riguardano l'attività che svolgiamo indirettamente». E quali risultati avete raggiunto? «Per quanto riguarda gli obiettivi di lavoro dignitoso e riduzione delle diseguaglianze, con la controllata Seltis Hub e in particolare attraverso Jobmetoo abbiamo lavorato a favore dell'inserimento nel mondo del lavoro delle categorie protette e delle persone con disabilità, tant'è che oggi, siamo diventati tra gli operatori leader in questo specifico settore, sposando in pieno quello che era uno degli obiettivi che ci eravamo posti. In merito al tema dell'istruzione di qualità, nel 2021 abbiamo raddoppiato le ore di formazione dei nostri dipendenti di struttura da 5.000 a 10.000 e, per i dipendenti in somministrazione abbiamo prodotto 100.000 ore di formazione attraverso il programma Forma.temp utilizzando tutti i fondi che avevamo a disposizione, in funzione della dimensione del nostro fatturato. Dal 2019, poi, ci siamo occupati anche dei rifugiati che provengono in gran parte dai Paesi in guerra e del loro inserimento nel mercato del lavoro, attività che si è accentuata in queste ultime settimane. Senza trascurare, poi, la parità di genere: abbiamo raggiunto con l'assemblea del 2021 un equilibrio di genere tra consiglio di amministrazione e collegio sindacale. Per quanto riguarda i nostri dipendenti di struttura, abbiamo oltre il 75% di donne. Sono alcuni degli obiettivi raggiunti ma non per questo ci accontentiamo». A proposito di parità di genere, giovani e persone in difficoltà, quanto è sostenibile oggi il mondo del lavoro italiano? «Oggi il problema è trovare le persone, molto per una questione generazionale. Il calo demografico che sta caratterizzando il nostro Paese negli ultimi anni ha creato non poche problematiche alle nostre aziende che faticano a trovare risorse da inserire. Se vogliamo trovare un aspetto positivo è che questa situazione ha finalmente accelerato la riduzione del gender gap e l'inserimento di persone con disabilità. Questa tendenza ha subito una accelerazione nel post pandemia dopo che è andato a regime il provvedimento relativo a ‘quota 100'. Il mercato del lavoro, dopo il fermo per il Covid, si sta ora progressivamente riprendendo creando un volume di richieste superiore all'offerta di risorse specializzate. Il problema demografico si traduce in circa 200mila persone nate in Italia in meno ogni anno da qui al 2030; il che vuol dire, mille in meno per ogni giorno lavorativo. Credo che questo porterà ad un allargamento progressivo della barriera di genere ma anche progressivamente un graduale rientro degli italiani che sono andati all'estero così come ad un incremento delle retribuzioni». Le professioni legate ai temi ambientali e di sostenibilità potranno avere uno spazio crescente in futuro? «Senza dubbio. Anche solo nell'ambito della nostra azienda, occupandoci a tempo pieno dei temi Esg, si creano competenze e ruoli che prima non esistevano. Proporzionalmente questo avverrà su tutto il territorio nazionale. Per fortuna la sensibilità a queste tematiche si sta allargando a macchia d'olio». Le nuove tecnologie, invece, quanto influiranno sul mercato del lavoro? «L'innovazione tecnologica, e il mondo digitale in genere, andranno addirittura a riscrivere alcuni equilibri dal punto di vista etico dei comportamenti e lo vediamo anche dal modo in cui stiamo lavorando in questo momento. Certe regole vengono ribaltate dalle tante possibilità che la tecnologia permette. Quindi, l'innovazione tecnologica e digitale creerà un'infinita quantità di opportunità. Un esempio classico è quello della Kodak: ovviamente non ci sono più le macchine fotografiche di una volta ma sono nate poi altre mille opportunità per quanto riguarda la stampa digitale; quindi, si chiude un mercato e se ne apre un altro». Tornando alla società, cosa vede nel futuro di Openjobmetis? Quali sono gli obiettivi? «Siamo una società giovane, fondata nel 2000/2001 e ci siamo quotati nel 2015. Fin dalla fondazione ci siamo sempre impegnati sia per quanto riguarda la crescita organica che le operazioni di M&A. Nel futuro delle nostre linee strategiche ci sarà sicuramente un ulteriore incremento dell'attività di formazione che, nel mondo delle Agenzie per il Lavoro rappresenta già una parte importantissima della nostra attività. Noi siamo un settore certamente anticipatore del ciclo economico ma anche e soprattutto dei cambiamenti che avvengono all'interno del mondo del lavoro. Purtroppo questa opportunità viene un po' sottovalutata dai nostri governanti, mentre sarebbe utile porre maggiore attenzione al nostro settore, al fine di poter intercettare ed eventualmente anticipare il continuo cambiamento delle esigenze, sia delle aziende che dei lavoratori». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/5/2022

14 Maggio 2022

Epicode: «Le competenze digitali e il valore del lavoratore sono il futuro. Rivedere la formazione»

Ivan Ranza, ceo della startup, coding school già presente e attiva in tutta Europa, ne parla a SustainEconomy.24 Il digitale sarà il filo conduttore delle professioni del futuro e chi avrà competenze tecnologiche potrà avere un vantaggio competitivo. Ivan Ranza, ceo della startup Epicode, coding school già presente e attiva in tutta Europa con una community di talenti tech distribuita su tutto il territorio di cui il 50% in Germania, Uk e Nordics e il 50% in Italia, delinea lo scenario delle professioni del futuro e parla del ritardo del nostro Paese, in un'intervista a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. E sottolinea la necessità di rivedere la formazione.  E parla della sostenibilità nel mercato del lavoro con il Covid che ha dimostrato la necessità di ripensare la relazione tra azienda e lavoratore. «Ognuno sia messo nelle condizioni di recitare un ruolo importante nella società del futuro» per restare «attrattivo e occupabile per un lungo periodo di tempo». Guardando alle sfide e alle opportunità del mondo del lavoro, quali sono le professioni del futuro? «Ci sono alcune professioni che evolveranno e delle altre che nasceranno. Il filo conduttore sarà generalmente il digitale, inteso come abilitatore della capacità delle aziende di creare nuovi business, migliorare i processi e i modelli esistenti. In questo contesto chi avrà competenze digitali di programmazione sul mondo web full stack, backend, frontend, cybersecurity, data, salesforce e molte altre assumerà un ruolo sempre più rilevante nel mercato del lavoro e avrà un importante vantaggio competitivo sugli altri candidati. Per poter essere attori nel mercato del lavoro, quindi, saranno necessarie competenze tecnologiche evolute. Basti pensare che Il World Economic Forum, prevede che nel mondo dovranno essere formate 1 miliardo di persone su nuove competenze entro il 2030. In questo contesto l'Italia ha accumulato un ritardo rilevante posizionandosi agli ultimi posti nella classifica del Digital Economy and Society Index: 26 milioni di italiani non hanno una competenza digitale adeguata (solo il 42% della popolazione tra i 16 e 74 anni ha competenze digitali basiche o avanzate)». Come il sistema formativo può arrivare a colmare il gap domanda-offerta? «È un argomento complesso ma al tempo stesso estremamente rilevante: sono convinto che esistano diversi player che possono portare valore al Paese, modificando il modo in cui oggi la formazione viene concepita. E' fondamentale, però, capire che spendere del tempo in un'aula non è più un fattore necessariamente vincente. Con una piccola provocazione dico che il mero 'pezzo di carta' ormai ha rilevanza quasi esclusivamente per i concorsi pubblici. Quello che conterà sempre di più saranno le competenze soft, come la capacità di astrazione, comprensione e adattamento a contesti sempre in evoluzione. Si potrebbe creare una polarizzazione tra formazione di alto profilo (esempio le Università molto selettive e accessibili a un numero contenuto di persone) e le scuole 'professionalizzanti', che sanno trasferire competenze agli studenti in modo da prepararli fattivamente al mondo del lavoro. In altre parole, credo sia necessario seguire le esigenze della società moderna, ripensando urgentemente a come l'educazione viene strutturata e insegnata». Quanto è importante la sostenibilità nel mondo del lavoro? «Il concetto di sostenibilità spesso viene semplificato eccessivamente o interpretato in funzione degli obiettivi che devono raggiungere coloro che ne parlano. Non c'è solo la sostenibilità ambientale e l'impatto delle aziende sulla società circostante, ma è fondamentale valutare se ciò che viene richiesto ad ogni singolo lavoratore e la sua gestione sia sostenibile nel lungo periodo. Parte di questo impegno deve essere quello di domandarsi se si stanno costruendo le competenze di cui il professionista avrà bisogno per essere parte attiva nella società negli anni a venire oppure se si stanno utilizzando le sue competenze per un semplice risultato di business di breve termine. Il Covid ha dimostrato che sarà fondamentale ripensare la relazione tra azienda e lavoratore: l'impatto positivo sulla società deve partire dal valore che la singola azienda genera sulle proprie persone, portandole ad acquisire hard skills e soft skills adeguate per fare in modo che ognuno sia messo nelle condizioni di recitare un ruolo importante nella società del futuro, non solo rimanendo vincolato al posto fisso come accadeva una volta, ma avendo la capacità di rimanere attrattivo e occupabile per un lungo periodo di tempo». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/5/2022