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Transizione Digitale, Guido Talarico: “Un corso per formare i professionisti dell’era digitale”
Transizione Digitale, Guido Talarico: “Un corso per formare i professionisti dell’era digitale”
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Intervista a Guido Talarico, fondatore di IQDMedias, che con Federica Brunetta coordinerà l’Executive Programme in Gestione delle Tecnologie Digitali, programma di crescita professionale dedicato all’upskilling e reskilling digitale targato Luiss Business School

La transizione digitale è un processo cruciale per le organizzazioni italiane. Internet ad alta velocità, e-commerce, cloud: le imprese stanno familiarizzando con le opportunità digitali. Tuttavia, secondo una ricerca di Unioncamere e InfoCamere del 2020, solo il 42% delle Pmi italiane utilizza attivamente strumenti digitali per le proprie attività. “Una percentuale bassa, che di fatto indica un ritardo di un comparto così vitale per il nostro Paese. Colmare il gap per compiere la transizione digitale è imperativo”, spiega Guido Talarico, co-cordinatore e referente scientifico dell’Executive Programme in Gestione delle Tecnologie Digitali di Luiss Business School.

Transizione digitale nelle organizzazioni: a che punto siamo in Italia?

Parliamo di una questione centrale per il futuro del nostro paese. La transizione digitale nelle organizzazioni italiane è un processo in corso che sta assumendo sempre maggiore importanza. Negli ultimi anni abbiamo fatto progressi significativi nel promuovere l’innovazione digitale e l’adozione delle tecnologie digitali nelle imprese e nell’amministrazione pubblica, ma i ritardi ci sono ed il percorso è ancora lungo. Questo significa che chi nei prossimi anni si affaccerà sul mercato del lavoro dimostrando di avere una buona conoscenza di queste materie, avrà un futuro professionale assicurato.

Ci dà qualche dato di scenario?

I numeri aiutano a capire bene lo stato dell’arte. Partiamo dalla connessione ad Internet. Secondo i dati dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) del 2020, circa il 93% delle imprese italiane ha accesso a Internet ad alta velocità. Questo è un passo significativo verso la digitalizzazione delle attività aziendali. Anche l’adozione del cloud computing è aumentata negli ultimi anni. Secondo una ricerca di IDC Italia del 2020, il 74% delle imprese italiane ha adottato almeno una soluzione di cloud computing. Discorso analogo per l’e-commerce che è in crescita in Italia, anche se è ancora relativamente meno sviluppato rispetto ad altri paesi europei. Nel 2020, le vendite online hanno rappresentato circa il 7,7% del totale delle vendite al dettaglio, secondo i dati di Netcomm. L’adozione dell’e-commerce è stata influenzata anche dalla pandemia di COVID-19, che ha spinto molte imprese a investire maggiormente nelle vendite online.

Le piccole e medie imprese italiane come sono messe?

Le Pmi italiane stanno gradualmente adottando tecnologie digitali per migliorare la propria produttività e competitività. Tuttavia, secondo una ricerca di Unioncamere e InfoCamere del 2020, solo il 42% delle PMI italiane utilizza attivamente strumenti digitali per le proprie attività. Una percentuale bassa che di fatto indica un ritardo di un comparto così vitale per il nostro paese.

La digitalizzazione del settore pubblico invece come procede?

Anche il settore pubblico italiano sta affrontando la transizione digitale con impegno, conscio del fatto che è un cambiamento fondamentale. L’AgID sta promuovendo l’adozione di servizi digitali da parte delle amministrazioni pubbliche per semplificare le procedure burocratiche e migliorare l’efficienza. Ad esempio, nel 2020 è stato introdotto il “Codice dell’Amministrazione Digitale” (CAD), che stabilisce le regole per l’uso dei servizi digitali da parte delle pubbliche amministrazioni. Ancora una volta: fatti passi avanti, ma occorre accelerare.

Quali sono le skill che mancano per completare il processo di transizione digitale?

In Italia, alcuni settori manifestano carenza di diverse competenze digitali. Ciò succede anche tra i lavoratori. Cominciamo, dunque, partendo dalla base. Molti italiani, in particolare tra le fasce di età più anziane, e le persone con un livello di istruzione più basso, non raggiungono una sufficiente alfabetizzazione digitale. Ciò include competenze come l’utilizzo di computer, la navigazione su Internet, la gestione degli account online e l’utilizzo delle applicazioni di base. Mancano anche competenze tecniche avanzate nel campo delle tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale, l’Internet delle cose (IoT), la blockchain e la cybersecurity. Queste competenze richiedono una formazione specializzata e sono richieste in settori specifici come l’informatica, l’ingegneria e la scienza dei dati.

 Quali competenze digitali mancano alle imprese e nel settore pubblico?

Tra i privati queste competenze includono la gestione di presenza online, l’e-commerce, il marketing digitale, l’analisi dei dati, la comunicazione e la sicurezza informatica.  Nel settore pubblico, possono mancare competenze specifiche per la digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche, come la progettazione e l’implementazione di servizi digitali, la gestione dei dati, la cybersecurity e la privacy. Poi c’è il tema delle competenze trasversali.

Cioè?

Al di là delle competenze tecniche specifiche, sono richieste competenze trasversali come la capacità di problem solving, il pensiero critico, la creatività, la collaborazione e la comunicazione digitale. Queste skill sono essenziali per adattarsi ai rapidi cambiamenti tecnologici e sfruttare appieno le opportunità digitali.

Parliamo di Big Data: quali sono le skill necessarie per trasformarli in un’occasione di business?

Sono necessarie diverse competenze. Prendiamo, ad esempio, l’analisi dei dati. La capacità di estrarre informazioni significative è fondamentale. Ciò include competenze nell’analisi statistica, nell’utilizzo di strumenti e tecniche di data mining e nell’applicazione di algoritmi di apprendimento automatico (machine learning) per rivelare modelli, tendenze e insight nascosti nei dati. C’è poi il tema della programmazione e della gestione dei dati: conoscenze di linguaggi di programmazione come Python o R, e competenze nel lavorare con database e strumenti di gestione dei dati, consentono di manipolare, pulire, trasformare e organizzare i dati in modo efficace. Infine, altre due questioni centrali. Occorre avere poi la capacità di analizzare in modo critico i problemi aziendali, formulare domande pertinenti, sviluppare strategie di analisi dei dati e proporre soluzioni basate sui risultati dell’analisi. Poi c’è il tema della comunicazione e della visualizzazione dei dati. Essere in grado di comunicare in modo chiaro e persuasivo i risultati dell’analisi dei dati è fondamentale per influenzare le decisioni aziendali.

Quali le prossime frontiere di applicazione?

L’Intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico sono quelle che forse colpiscono di più per le conseguenze anche etiche che implicano. I Big Data stanno alimentando l’evoluzione dell’intelligenza artificiale (AI) e dell’apprendimento automatico. L’uso di modelli di AI e algoritmi di machine learning sui Big Data consente di ottenere previsioni più accurate, automatizzare i processi decisionali e migliorare l’efficienza operativa. Anche l’Internet delle cose (IoT) e i dispositivi connessi stanno generando enormi quantità di dati. L’analisi dei Big Data provenienti da sensori e dispositivi IoT consente infatti di ottenere insight in tempo reale, migliorare la manutenzione preventiva, ottimizzare la gestione delle risorse e creare nuovi modelli di business.

Digitalizzazione per ERS: quali sono le occasioni da cogliere nello scenario attuale?

Nel contesto della Sanità e, in particolare, dei Servizi di Emergenza e Soccorso (ERS), la digitalizzazione offre numerose occasioni da cogliere nello scenario attuale. Ad esempio, consente la telemedicina e il tele-triage, strumenti che consentono ai pazienti di essere valutati e assistiti a distanza, riducendo i tempi di attesa nelle strutture sanitarie e ottimizzando le risorse. La telemedicina può essere utilizzata per la gestione di emergenze non gravi o per fornire un primo supporto medico prima dell’arrivo delle squadre di soccorso. C’è il monitoraggio remoto che può aiutare a identificare precocemente eventuali segnali di peggioramento e consentire interventi tempestivi, riducendo il rischio di complicazioni e il bisogno di ricoveri ospedalieri. La digitalizzazione permette anche l’integrazione dei dati provenienti da diverse fonti, come ambulanze, ospedali e centri di emergenza. Questa condivisione di informazioni in tempo reale può migliorare la coordinazione e la gestione dei casi, facilitando il trasferimento delle informazioni pertinenti tra i diversi attori coinvolti nell’assistenza di emergenza. Insomma, la digitalizzazione anche in questo settore può avere un impatto prorompente. Anche per questo è importante sottolineare che l’implementazione di tali soluzioni richiede una pianificazione attenta, considerando aspetti di sicurezza, privacy dei dati e integrazione con i sistemi esistenti, nonché la formazione e l’addestramento del personale coinvolto.

Per colmare queste lacune e sfruttare appieno le potenzialità della digitalizzazione, sono necessari investimenti in formazione e educazione digitale sia nel sistema scolastico che nel settore professionale. Le iniziative pubbliche e private possono promuovere la consapevolezza delle competenze digitali necessarie e offrire programmi di formazione specifici per aiutare le persone a sviluppare le competenze richieste?

L’Executive Programme in Gestione delle Tecnologie Digitali che abbiamo appena presentato è strutturato per fornire ai partecipanti gli strumenti tecnici e culturali necessari a comprendere meglio la storia e l’evoluzione della rivoluzione digitale, l’impatto della digitalizzazione sulla società – dal mondo delle imprese a quello degli apparati amministrativi pubblici – e soprattutto per assicurare una competenza sui principali strumenti digitali oggi presenti sul mercato.

Quali vantaggi possono esserci per le aziende e i professionisti che decidono di investire su questo percorso formativo?

È un programma pensato per colmare i vuoti di cui abbiamo parlato. Il nostro Executive servirà ad aiutare professionisti pubblici e privati operanti nei settori più diversi a migliorare le proprie competenze in un settore chiave per il futuro del paese. Forniremo sia strumenti di base per colmare lacune e per dotarsi di quelle competenze necessarie ad affrontare con efficacia le sfide che il mercato del lavoro pone sempre di più in maniera pressante.

Chi è Guido Talarico. Guido Talarico è il fondatore della Rome Institute of Technology e presidente della Fondazione Patrimonio Italia, due istituzioni che si sono affiancate alla Luiss Business School proprio con l’obiettivo di sostenere la crescita delle competenze nel nostro paese in settori chiave come Innovation, Big Data & Digital Transformation. Inoltre, è fondatore e CEO di IQDMedias, una media company digitale che, anche grazie all’applicazione di intelligenza artificiale, ha saputo sviluppare nuovi modelli di business che le consentono con efficacia di operare a livello globale.

Con Federica Brunetta, è coordinatore e referente scientifico dell’Executive Programme in Gestione delle Tecnologie Digitali

Cos’è l’Executive Programme in Gestione delle Tecnologie Digitali di Luiss Business School. Il programma verrà somministrato in modalità ibrida, cioè in remoto ed in presenza. È pensato per coloro i quali vogliono accelerare la propria carriera o anche reinventarsi (ovvero cambiare ruolo, settore o funzione sviluppando le competenze e il network necessario) o riprendere in mano il proprio percorso professionale ottenendo le competenze e gli strumenti utili per ripartire con la propria carriera.  

31/05/2023

Data pubblicazione
31 Maggio 2023
Categorie
Inside