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«Per i cavi sottomarini limitare il predominio Big Tech e fronteggiare la Cina»
«Per i cavi sottomarini limitare il predominio Big Tech e fronteggiare la Cina»
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Parla Adolfo Urso, presidente del Comitato parlamentare. Attraverso l’infrastruttura passa il 99% delle comunicazioni internazionali

Limitare il predominio delle Big Tech e fronteggiare la supremazia economica e tecnologica della Cina. Sono le priorità da affrontare anche in tema di cavi sottomarini, attraverso i quali passa il 99% del traffico delle comunicazioni internazionali. È la posizione di Adolfo Urso, presidente del Copasir, nell’intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School). Peraltro, nel settore dei cavi sottomarini, l’Italia per la sua posizione politica, economica e geografica, «proprio perché confine di ogni cosa, può essere al contempo vittima e protagonista». Occorre dunque, favorire le connessioni negli hub di Genova e Palermo, muovendosi «davvero e in modo consapevole e condiviso come un Sistema Paese in una logica europea e occidentale».

Dai cavi sottomarini passa il 99% del traffico delle comunicazioni internazionali e 10 miliardi di transazioni finanziarie ogni giorno. Come tutelare la sicurezza dei dati visto che ci sono casi di guasti o attacchi cyber?

Gli aspetti inerenti alla “sicurezza” possono essere di due tipi: i cosiddetti “danni accidentali” presenti in ogni tipo di attività e quelli generati da attacchi esterni, “intenzionali”. Nel primo caso la tecnologia usata è certamente ben più sicura di altre forme di trasmissioni. I perimetri di sicurezza sono elevati anche nei tratti di passaggio più critici, vicino alle coste, ancorché si può sempre migliorare. Quanto al secondo aspetto, che è poi quello che interessa il Copasir, vi è ancora molto da fare. È stato creato il “perimetro di sicurezza nazionale cibernetico” che va ovviamente implementato; è stato esteso l’ambito di copertura del “golden power”, strumento che va a sua volta affinato per renderlo più efficace; è stata istituita, seppur con dieci anni di ritardo, la Agenzia nazionale per la cybersicurezza che sicuramente può aiutare anche a diffondere cultura e procedure di sicurezza in ogni ambito, ai fini della resilienza del Paese. È, però, necessario sviluppare pure una politica nazionale, tecnologica e industriale, che consenta all’Italia di meglio valorizzare le sue imprese e la sua posizione strategica nel Mediterraneo come asse di collegamento tra il Continente europeo, il bacino Atlantico con i due Continenti del futuro: Asia e Africa. Abbiamo la tecnologia e le aziende e la posizione geografica e geopolitica per svolgere un ruolo importante, con una strategia statale che in questo campo non può assolutamente mancare. Come ha detto recentemente il presidente del Consiglio alle Camere, “lo Stato deve essere presente sulla frontiera tecnologica”. Di questo si tratta. Del futuro del Paese, non solo delle imprese.

Nel business dei cavi sottomarini sono entrati gli Over the Top americani o le Big Tech, spesso non legati a una particolare nazionalità. Questo può creare problemi dal punto di vista dell’applicazione del diritto?

Sicuramente sì, è un problema che si pone anche chiunque abbia una vera visione liberale, negli Stati Uniti come in Europa, e che certamente va affrontato in Ue e nei fori internazionali. Il tema della sicurezza dei dati è strettamente legato a quello geopolitico visto che la sfida tra Stati Uniti, Cina ed Europa si gioca anche sui cavi sottomarini.

Alcuni Paesi, come Usa e Gran Bretagna, hanno espresso preoccupazione per la realizzazione di cavi da parte di aziende vicine al Governo cinese. Condividete questi timori?

Il Copasir è già intervenuto sulla materia due anni fa nella Relazione al Parlamento sul sistema delle telecomunicazioni, durante la presidenza Guerini, quando io ero vicepresidente. Abbiamo indicato come procedere nell’uso della tecnologia straniera per evitare rischi per la sicurezza nazionale, indicando nello specifico quella cinese. È in atto una competizione globale tra sistemi, qualcuno, e non a caso, parla di “scontro di civiltà”, i cui risvolti geopolitici sono ormai evidenti e di cui l’Italia può essere al contempo vittima o protagonista, proprio perché è confine di ogni cosa. Insomma: dobbiamo essere consapevoli che occorre nel contempo limitare il predominio di Big Tech, le cui dimensioni economiche possono superare persino i Pil degli Stati, e fronteggiare la supremazia tecnologica ed economica della Cina. In tal senso, il ruolo dello Stato riassume la sua rilevanza anche in Occidente, come garante delle libertà. In ogni caso, dobbiamo lavorare insieme con le altre democrazie occidentali, per preservare la nostra sovranità, come italiani e come europei.

Qual è in questo contesto l’obiettivo che potrebbero porsi l’Italia e la Ue per realizzare la sovranità dei dati anche in un difficile contesto come quello dei cavi sottomarini?

Sui cavi sottomarini vi è di fatto una competizione anche tra Paesi europei: la Germania ovviamente ha interesse a sviluppare l’hub di Francoforte, che negli anni ha assunto un ruolo decisivo, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, nei collegamenti con l’Est ed ora intende incrementare quelli con l’Asia, anche saltando il bacino del Mediterraneo, in connessione con l’Oman. Parigi punta su Marsiglia, di fatto aggirando la Penisola. Noi dovremmo favorire le connessioni negli hub di Palermo e Genova. Abbiamo aziende importanti e significative, che potrebbero svolgere un ruolo ancor più significativo se vi fosse una strategia Paese che tenga insieme tutto: gli attori, pubblici e privati. Non può sfuggire quanto accaduto con la rete Interoute, per la quale il Governo precedente non ha ritenuto di utilizzare i poteri speciali del “golden power”. L’Italia può riaffermare un ruolo geopolitico, economico e industriale in Europa e nel Mediterraneo, ma occorre muoversi davvero e in modo consapevole e condiviso come un Sistema Paese in una logica europea e occidentale.

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19/11/2021

Data pubblicazione
19 Novembre 2021
Categorie
DigitEconomy.24