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«Università chiave per tutelare le competenze con l’avvento dell’Ai»
«Università chiave per tutelare le competenze con l’avvento dell’Ai»
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Davanti alla sfida etica, politica ed economica che si profila, il punto di padre Benanti, professore di Teologia morale e bioetica, tra gli esperti Mise per l’Ai

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Intelligenza artificiale, paradossalmente, impatterà prima sui colletti bianchi, non sui colletti blu. Ci sarà una trasformazione molto forte che toccherà tutta la società, soprattutto la classe media, che va gestita a livello politico ed economico. Ci potranno essere modelli diversi, a seconda che l’innovazione nasca nei Paesi democratici o autoritari, con il rischio di una nuova “cortina di ferro” , dove le basi non sono quelle missilistiche ma i data center. In questo contesto servono delle alleanze, e l’università ha un ruolo chiave, diventa «piazza aperta alle competenze» . Padre Paolo Benanti, professore di Teologia morale e bioetica alla Pontificia Università Gregoriana, tra i maggiori esperti di etica, bioetica e intelligenza artificiale, disegna, in un colloquio con DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore e della Luiss Business School) gli scenari e le sfide che il mondo dovrà affrontare con l’avvento dell’Intelligenza artificiale.

I primi lavoratori a essere impattati sono i colletti bianchi, non quelli blu

«La macchina cibernetica che sta alla base dell’Intelligenza artificiale, non prende solo il posto dell’esecuzione meccanica, come diceva Marx, per la macchina industriale, ma sottrae al lavoratore, oltre alla fatica, la capacità di fare quel tipo di lavoro. Questo è l’orizzonte della sfida che le Ai presentano. Le Ai, cioè, diventano performanti, acquisendo il know how del lavoratore stesso, correggendolo e trasformandolo. Conseguentemente tutta una serie di lavori può essere surrogata dalla macchina». Ma quali sono i lavori maggiormente a rischio? «Bisogna ricordare – afferma Benanti che ha fatto parte della task force Intelligenza Artificiale per coadiuvare l’Agenzia per l’Italia digitale ed è stato selezionato dal Mise nel gruppo di esperti per elaborare la strategia sull’intelligenza artificiale e la blockchain – che c’è il paradosso di Moravec: per la macchina è più facile compiere processi cognitivi alti che non bassi. Ad esempio, una piccola calcolatrice solare da pochi centesimi fa un’equazione cubica, per aprire una porta serve una mano robotica da 700mila euro. Un bambino apre la maniglia della porta a tre anni, ma deve arrivare almeno in terza media per fare la radice cubica. Questo per dire che i primi lavori a essere automatizzati non saranno i colletti blu, ma i colletti bianchi che hanno a che fare con dati e informazioni.

Per la prima volta la trasformazione potrebbe toccare la middle class

L’impatto per la prima volta nella storia toccherà la middle class, la classe media che fornisce la base di quella forma di società che conosciamo e che potremmo chiamare borghese. Ci sarà quindi una grande trasformazione, e questa necessità di cambiamento fa sì che i commentatori dell’impatto dell’Ai si dividano in due: per i tecno-fobici ci sarà un collasso della società, per i tecno-ottimisti la società non potrà che migliorare».Secondo Benanti, invece, è da privilegiare lo scenario realistico che comporta un’esigenza di governare le sfide. «Dobbiamo considerare che viviamo in condizione di equilibrio che possiamo definire A, alla fine di questa trasformazione arriveremo a una condizione di equilibrio B. La vera sfida consiste nella curva con cui ci sposteremo da A a B. Se la curva dovesse essere troppo rigida l’impatto sociale potrebbe essere troppo forte. Se la curva dovesse scendere troppo lentamente il contesto di competizione internazionale potrebbe far sì che i sistemi che non si adeguano soccombono.

Di fronte a una sfida da governare dal punto di vista politico ed economico

Si tratta di una sfida da governare che non è solo tecnologica, ma, in prima istanza, è politica ed economica. Anche il contesto in cui si genera la soluzione tecnologica ne indirizza l’esito. Come emerso al G7, soluzioni che vengono da Paesi autoritari tenderanno a essere autoritarie, soluzioni da Paesi di matrice più democratica tenderanno a mettere in piedi strutture più democratiche». Come per tutte le sfide servono quindi piani, strategie e poi «occorre lavorare come sistema Paese, Europa, a seconda di come lo vogliamo declinare. In base a come imposteremo il problema ci saranno più soluzioni possibili. Dove più si coopera per creare un contesto complesso, dove più competenze collaborano, avremo più soluzioni possibili. A mio parere quello che siamo chiamati a fare è creare una società definita dalle tre lettere Mhc (meaningful human control), ovvero mantenere una società dove l’uomo abbia un controllo significativo».In questo scenario se c’è un posto che diventa sempre più strategico, conclude Benanti, è «l’università, intesa come piazza aperta alle competenze. Più si automatizza la società e più il ruolo degli uomini diventa fondamentale, e i ruoli di addestramento e formazione degli uomini diventano necessari. La formazione è, quindi, la chiave».

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23/7/2021

Data pubblicazione
23 Luglio 2021
Categorie
DigitEconomy.24