News & Insight
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12 Gennaio 2016

Invest your talent in Italy – opportunity for prospective students

LUISS University, along with 21 other Italian universities is a partner of the Invest your talent in Italy program, which offers in its a.y. 2016/2017 edition a unique opportunity to students coming from Azerbaijan, Colombia, Egypt, Ethiopia, Ghana, Indonesia, Kazakhstan, Mexico, Turkey and Vietnam to literally invest their talent in Italy, developing their skills through a range of Master’s and Post-Graduate courses, entirely taught in English, in prestigious Italian Universities. The program aims at focusing both on the academic and the professional development of students, combining lectures with a practical on-the-job training in an Italian Company. Furthermore, students will have the chance to attend Italian Language courses and to participate to cultural activities offered by the University. Once selected, students will access to all the facilities envisaged by the program, such as scholarships, fee reductions and exemptions, welcome and support service from their arrival to the end of their academic career. The Invest your talent in Italy program is supported by the Italian Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation, and the Italian Trade Agency - ICE, Uni – Italia, Unioncamere and Confindustria. To see the list of Master’s Degree courses and Post-Graduate programs offered by LUISS University and LUISS Business School included in the Program, please click here. APPLY NOW Application deadline: April 30, 2016 For further information, please write to welcomedesk@luiss.it.

08 Gennaio 2016

MBA Social Impact, a challenge to create a change.

The business world today has an undeniable social impact, that generates both risks and opportunities for companies. Finding business solutions that could foster shared values is a challenge for the new generation of managers whose responsibility goes beyond the economic activity to reach a social perspective. The main challenges that future managers will tackle are resilience and responsibilities, their goal is to make wealth into shared values. Together with no profit organizations and social enterprises, the Full-time MBA and Part-time MBA provide the Social Impact course: a series of activities, competitions, and exposure to real cases and contexts where students will face challenges to be solved using their creativity, and the skills acquired during the master. The Social Impact course is intended to provide students with cultural knowledge and social awareness that contributes to making  a bright, significant and sustainable change for society, mostly those who live difficult situations in different aspects. Through the collaboration of social entrepreneurs and NGOs, students will be involved  in competitions to develop knowledge, skills, and attitudes to engage, lead, and innovate in a global context, with advanced understanding of social issues key and the ability to create change. The aim of this course is to raise awareness among students about the two-fold role they play in society: by combining creativity and good will, students can generate both economic and social value. In the next days, the MBA students will face the first challenge in collaboration with Energia per i Diritti Umani (Energy for the Human Rights Association), a blind competition aiming at having a clear social impact. The results of the challenges will be directly applied to the real context by the organization involved. Results will be reported to the MBA students later in the year. The learning objectives of the challenges are forging the MBA students’ capability to take decisions in teams and under pressure, and making them experience the feeling that a future manager’s actions can be –and should be- linked to the most important social issues faced by our societies. Watch the gallery    

17 Dicembre 2015

“Delta ti – In tempo reale”, la mostra organizzata dagli studenti del Master of Art

Il Collettivo Curatoriale composto dagli studenti della quinta edizione del LUISS Master of Art, sotto la guida di Achille Bonito Oliva, ha presentato ieri, presso il Museo Carlo Bilotti, la mostra Delta ti – In tempo reale. La scelta del titolo, Delta ti, deriva dalla formula che in fisica esprime il concetto di intervallo di tempo e vuole sintetizzare la condizione contemporanea in cui  la realtà cambia rapidamente e tutto si concentra in un unico momento, un intervallo sospeso, il tempo reale. Un percorso scandito dalle opere di 18 artisti contemporanei di diverse generazioni, provenienze e poetiche: scultura, fotografia, video, installazioni, performances e interventi sonori danno forma a un'indagine estetica e critica tra arte e vita. In mostra opere storiche come Senza Tempo di Fabio Mauri, presentata al pubblico una sola volta, e le celebri Esposizioni in tempo reale di Franco Vaccari interagiscono con opere più recenti, come le clessidre di Giorgio Andreotta Calò, i neon di Mircea Cantor e Claire Fontaine. Il rapporto tra il tempo vissuto e quello percepito nei lavori di H. H. Lim e in quello di Leonardo Petrucci e la dimensione tra storia e memoria collettiva in Elisabetta Benassi dialogano con la relazione tra tempo e natura nelle istantanee di Ileana Florescu, nel video di Rä di Martino e nella natura onirica di Pablo Mesa Capella. La memoria degli oggetti quotidiani in Piero Golia e le stratificazioni pittoriche di Gianni Politi, l'installazione sonora di Matteo Nasini, i personaggi mascherati di Emiliano Maggi costituiscono ulteriori declinazioni del tema in oggetto. Inaugurano l'esposizione la performance di Cesare Pietroiusti e Andrea Lanini e quella di Baldo Diodato. Il luogo scelto per la realizzazione della mostra, il Museo Carlo Bilotti, vanta all'interno della sua collezione permanente un ampio numero di opere di Giorgio de Chirico che, messe in relazione con le opere in mostra, consentono un inedito dialogo tra due differenti concezioni di tempo: il tempo reale e quello metafisico.     L’esposizione sarà aperta al pubblico dal 17 dicembre 2015 al 17 gennaio 2016. Contatti:  progettomostra@luiss.it lma@luiss.it Info Pubblico: Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese Viale Fiorello La Guardia, 00197 Roma tel. +39 060608 Ingresso gratuito Orari: martedì – venerdì 10.00 – 16.00; sabato e domenica 10.00 – 19.00; 24 e 31 dicembre 10.00 – 14.00; 25 dicembre, 31 gennaio e tutti i lunedì chiuso.

14 Dicembre 2015

Conclusa con successo la I Edizione del corso Sulla Valorizzazione Immobiliare degli Impianti Sportivi di LUISS Business School e CONI

Il 23, 24 e 25 novembre si è tenuta la I edizione del Corso “Stadi e impianti sportivi le nuove frontiere della valorizzazione immobiliare” ideato e progettato da LUISS Business School in partnership con il CONI. All’iniziativa hanno partecipato rappresentanti di tutte le organizzazioni che a vario titolo sono coinvolte nel settore: società di calcio, federazioni sportive, SGR Immobiliari, Società di investimento, studi legali, imprenditori e liberi professionisti. Il settore sportivo è afflitto dalla carenza di impianti adeguati alle attuali esigenze di fruibilità, sicurezza, sostenibilità economica. Il legislatore è intervenuto con la Legge 147/2013 per incoraggiare gli operatori ad intraprendere progetti di valorizzazione degli impianti sportivi che siano sostenibili dal punto di vista economico - finanziario. In questo contesto di grande cambiamento e opportunità di business, il Corso ha rappresentato un’occasione di apprendimento di nuove competenze e di confronto virtuoso sul tema. In considerazione del grande successo dell’iniziativa e dell’alto livello delle competenze coinvolte, LUISS Business School e CONI sono già al lavoro per realizzare la nuova edizione in programma nel 2016. L’obiettivo degli organizzatori è che questa iniziativa possa divenire il punto di riferimento per tutti coloro che intendano approcciare con competenza e professionalità questo importante e sempre più rilevante opportunità di business.

14 Dicembre 2015

Definire la compliance: riflessioni per andare oltre l’apparenza.

Di Alessandro Adotti – Condirettore MACOM – LUISS Business School – Partner dello Studio Legale Adotti&Associati Definire la compliance richiede uno sforzo sistematico, non solo d’ inquadramento ma di ricostruzione delle modalità in cui le aziende dovrebbero organizzarsi per affrontare il tema. La compliance non può essere solo apparente ma deve essere praticata e risultare pervasiva in un contesto aziendale sano. Infine è possibile argomentare concretamente e semplicemente sui vantaggi della compliance traendo spunto da un “worst case scenario”, così determinando quali potrebbero essere i costi della non compliance. In termini assolutamente generali si potrebbe sostenere che la compliance consiste nel rispetto delle regole e delle normative applicabili, tuttavia anche questo primo, semplice, intento definitorio pone dei problemi non banali. Sostenere che la compliance consiste solo nel rispetto delle regole e delle normative applicabili riconduce la compliance alla stretta sfera legale, dei controlli od auto-organizzativa, in sintesi normativa, ma non coglie quel quid pluris, quel set valoriale, che il committment verso la compliance rappresenta e deve rappresentare, in qualsiasi organizzazione. Praticare la compliance pone quindi questa prima sfida, non solo definitoria ma vitale, la quale è rappresentata dal definire che cosa si intende per compliance: non basta smarcare la casella (il classico “tick the box”) ma occorre lavorare affinché le organizzazioni avvertano la compliance come una parte della loro mission, qualcosa che vive nel set di valori delle stesse ed infine, anche più prosaicamente, un vantaggio competitivo e non solo una posta di spesa nel budget od, al limite, una serie di oneri e controlli aggiuntivi. A questa prima serie di riflessioni intorno alla definizione della compliance corrisponde poi l’esigenza sistematica di stabilire il perimetro della compliance, anche in termini di ambiti e materie presi in considerazione: certamente la normativa 231 (in Italia), l’ antiriciclaggio, la governance societaria (specie nei settori regolamentati), la sicurezza sui luoghi di lavoro o la normativa ambientale rientrano nei temi “core” della compliance ma si può escludere la necessità di ritenere la compliance fiscale o quella antitrust, od altre, come materie rientranti in una forse più elastica definizione di compliance? Quando si parla di compliance non ci si raffigura anche la necessità di rispondere alle esigenze di osservanza degli standard auto-organizzativi dell’azienda laddove un codice etico od uno standard di business conduct possono incarnare non solo regole ma il modo in cui l’azienda vuole essere e si vuole rappresentare? Infine occorre anche domandarsi dove risieda l’ownership della compliance: non bastano un job profile o la creazione di un ruolo di compliance officer o la presenza di un ODV per poter dire che si pratica la compliance e per poter poi dormire tranquilli. La compliance deve essere attuata e deve essere dimostrabile o, quando dovesse servire ciò, dimostrata. Esercitarsi ad articolare un organigramma od un sistema di deleghe e poteri va bene ma non basta, occorre perseguire l’obiettivo della compliance integrata laddove il tema è cross – funzionale e patrimonio di più centri di responsabilità (si pensi al ruolo dell’ EHS Officer vs. quello del Compliance Officer od al rapporto tra Funzione Legale e compliance ) e quando ci si riferisce al tema della compliance ci si riferisce non solo ad una sua ownership diffusa e non nominale ma, specialmente, alla misurabilità della compliance effettiva. Qui si deve attuare una sintesi ragionata e non solo empirica tra ruolo della compliance e ruolo dell’internal audit, laddove il barometro per segnalare lo stato dell’arte poggia su di un sistema di controlli di cui l’audit è per sua stessa natura e mission protagonista. Stabilire una cultura della compliance richiede la consapevolezza e la coscienza e l’approfondimento (in termini di conoscenza) degli argomenti che sono stati appena rappresentati, occorre chiedersi cioè cosa sia, come sia attuabile e poi come sia misurabile e verificabile la compliance. Infine, quando qualche reazione perplessa dovesse riguardare il costo della compliance, si può ricorrere ad una argomentazione logica banale ma stringente per ricondurre l’interlocutore a ragionevolezza, e ciò semplicemente domandando quale sarebbe il costo della non compliance, poiché mentre il vantaggio competitivo della conformità può essere difficilmente misurabile quello della non conformità risponde a criteri, paradigmi esperienziali, legali e non, molto più facilmente accertabili.

14 Dicembre 2015

Sfide ed esigenze del turismo: gli esperti del settore si confrontano durante il Corporate Advisory Board in LUISS Business School

Soft skills, esperienza sul campo, attenzione al territorio e al capitale umano sono alcuni dei punti chiave emersi dall’incontro del Corporate Advisory Board (CAB) del Master in Tourism Management. Si tratta di un percorso avviato dalla LUISS Business School che coinvolge istituzioni, grandi imprese e operatori di eccellenza dell’industria del turismo con l’obiettivo di confrontarsi sulla definizione dei programmi formativi per poterli allineare sempre di più alle esigenze del settore. Durante l’incontro, i professionisti hanno espresso idee e aspettative sui temi trattati e dal confronto sono emersi con particolare forza sfide, esigenze ed opportunità del settore turistico: la necessità di rafforzare le soft skill e le attitudini comportamentali, confermando la validità e l’importanza dell’esperienza laboratoriale per i partecipanti del corso; la centralità del cliente, verso il quale occorre sviluppare un’attenzione maggiore per poter realizzare un’esperienza turistica che sia in grado di soddisfarne pienamente esigenze e aspettative; l’importanza di valorizzare le specificità positive del territorio, della sua cultura, del suo vissuto, riuscendo a coglierne anche gli aspetti più intangibili; l’attenzione verso la componente umana e il valore delle attività operative, dove si è a diretto contatto con le persone, siano esse collaboratori dell’azienda o clienti. È stata inoltre sottolineata la rilevanza dell’attività svolta dal CAB che ha creato un legame stabile fra la formazione e il mondo del lavoro. Il passo successivo di questa collaborazione vedrà aziende, istituzioni e operatori presenti impegnati, assieme alla Direzione del Master, tanto nell’organizzazione di seminari dal taglio pratico-esperienziale finalizzati a rafforzare le competenze tecniche dei partecipanti, quanto nella definizione dei contenuti del Field Project degli allievi. Le attività avviate con il CAB rappresentano un importante punto di incontro fra aziende e università e per rafforzare ulteriormente quest’esperienza positiva il direttore del Master, Prof. Matteo Caroli, ha annunciato la volontà della LUISS Business School di progettare una specifica area di competenza sul turismo con l’obiettivo di sviluppare analisi e studi che possano essere utili alle imprese dell’industria turistica.

11 Dicembre 2015

E-Book: Eco-Industrial Parks. A Green and Place Marketing Approach

“Eco-Industrial Parks – A Green and Place Marketing Approach” is a project, which has been co-financed by the European Regional Development Fund. The author of the e-book is Matteo Caroli, Full Professor of International Business at LUISS University and Head of the Knowledge Centre at LUISS Business School, who worked with Marino Cavallo and Alfredo Valentino. During the last few years the transition from a non-sustainable to a sustainable world is becoming the main goal for scholars and practitioners. The extant study shows the centrality of “industry-environment” interactions in this process. Especially, following the idea of natural cycles, industrial ecologists are redefining the industrial facilities and infrastructures to optimize waste management and to reduce global pollution. In this context the most powerful tool is the Eco-Industrial Park. The latter is oriented towards a twisting of classical industrial estate and the establishment of a “system” which consists of business activities, natural sources, energy, raw materials, waste, final products, and labour. According to Lowe and Evans (1995), “the members of eco-industrial park seek enhanced environmental, economic and social performance through collaboration in managing environmental and resource issues”. This book highlights the pivotal role played by eco-industrial parks in this transition process to implement an efficient and sustainable use of materials, energy, and waste. It addresses this interesting and current topic through a theoretical and practical perspective. It gives potentially important managerial implications to formulate marketing strategies to enhance Eco-industrial park’s and place’s attractiveness. Download the e-Book (all rights reserved)

10 Dicembre 2015

Sfide ed esigenze del turismo: gli esperti del settore si confrontano durante il Corporate Advisory Board in LUISS Business School

Soft skills, esperienza sul campo, attenzione al territorio e al capitale umano sono alcuni dei punti chiave emersi dall’incontro del Corporate Advisory Board (CAB) del Master in Tourism Management. Si tratta di un percorso avviato dalla LUISS Business School che coinvolge istituzioni, grandi imprese e operatori di eccellenza dell’industria del turismo con l’obiettivo di confrontarsi sulla definizione dei programmi formativi per poterli allineare sempre di più alle esigenze del settore. Durante l’incontro, i professionisti hanno espresso idee e aspettative sui temi trattati e dal confronto sono emersi con particolare forza sfide, esigenze ed opportunità del settore turistico: la necessità di rafforzare le soft skill e le attitudini comportamentali, confermando la validità e l’importanza dell’esperienza laboratoriale per i partecipanti del corso; la centralità del cliente, verso il quale occorre sviluppare un’attenzione maggiore per poter realizzare un’esperienza turistica che sia in grado di soddisfarne pienamente esigenze e aspettative; l’importanza di valorizzare le specificità positive del territorio, della sua cultura, del suo vissuto, riuscendo a coglierne anche gli aspetti più intangibili; l’attenzione verso la componente umana e il valore delle attività operative, dove si è a diretto contatto con le persone, siano esse collaboratori dell’azienda o clienti. È stata inoltre sottolineata la rilevanza dell’attività svolta dal CAB che ha creato un legame stabile fra la formazione e il mondo del lavoro. Il passo successivo di questa collaborazione vedrà aziende, istituzioni e operatori presenti impegnati, assieme alla Direzione del Master in Tourism Management, tanto nell’organizzazione di seminari dal taglio pratico-esperienziale finalizzati a rafforzare le competenze tecniche dei partecipanti, quanto nella definizione dei contenuti del Field Project degli allievi. Le attività avviate con il CAB rappresentano un importante punto di incontro fra aziende e università e per rafforzare ulteriormente quest’esperienza positiva il direttore del Master, Prof. Matteo Caroli, ha annunciato la volontà della LUISS Business School di progettare una specifica area di competenza sul turismo con l’obiettivo di sviluppare analisi e studi che possano essere utili alle imprese dell’industria turistica. Le interviste

26 Novembre 2015

Una giornata di ordinaria straordinarietà: gli studenti dell’MBA Part-time incontrano L’Altra Napoli

Generare consapevolezza sociale, contribuire realmente al cambiamento grazie alle proprie azioni. Gli obiettivi economici di business si intrecciano così con quelli di sviluppo sociale grazie all’Ethics, Responsibility & Sustainability Lab (ERS Lab), il laboratorio implementato dalla LUISS Business School che vede gli studenti impegnati in collaborazioni con ONG, imprenditori sociali e istituzioni caratterizzate da una stringente vocazione sociale. Un impegno, quello intrapreso dai partecipanti al laboratorio, di carattere estremamente pratico ed esperienziale che vede il diretto confronto degli studenti con le realtà locali. In questo contesto gli studenti dell’MBA Part-time hanno avuto, lo scorso 28 ottobre 2015, la preziosa opportunità di visitare l’associazione L’Altra Napoli ONLUS, attiva dal 2005 nel Rione Sanità a Napoli e che mira a riqualificare uno dei quartieri più difficili della città partenopea tanto dal punto di vista urbanistico che economico e sociale. Nei 2 km quadrati che designano i confini del Rione, infatti, si riscontrano sia un altissimo tasso di disoccupazione giovanile, pari al 65%, che la pressoché totale assenza di aree verdi come di servizi sociali. Un degrado che convive tuttavia con uno straordinario patrimonio culturale, per ricchezza ed eterogeneità, e con una forte presenza di capitale umano che merita di essere valorizzato. L’approccio di ERS Lab risulta perfettamente allineato alle attuali tendenze che vedono un contatto sempre più stretto tra mondo del business e terzo settore in un contesto in cui, peraltro, si registra un ruolo sempre più importante di quest’ultimo, anche in seguito delle critica congiuntura economica che ha fortemente indebolito la capacità delle istituzioni di rispondere alle sfide imposte da una società ogni giorno più complessa ed eterogenea. Come sottolineato da Ernesto Albanese, tra i fondatori dell’associazione L’Altra Napoli, infatti “da qualche anno il mondo del non profit si sta avvicinando alle logiche manageriali. Basta guardare alla diffusione delle imprese sociali, che operano come aziende normali, ma che remunerano gli azionisti destinando i profitti ad aiutare il prossimo piuttosto che alla distribuzione di dividendi”. “Il terzo settore” sottolinea Albanese “è una realtà straordinaria, dà lavoro a centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani e donne. In futuro il suo ruolo nell’economia del nostro paese, come di altre società occidentali, è destinato a crescere per riempire gli spazi lasciati vuoti dalle istituzioni, indebolite dai vincoli di finanza pubblica. Per questo motivo le organizzazioni non profit acquisiranno metodologie di lavoro tipiche selle aziende, dall’organizzazione alle tecniche di marketing per sviluppare il fund raising”. L’Altra Napoli nasce nel 2005 da un gruppo di amici napoletani e conta oggi più di mille soci accomunati da un unico ma significativo obiettivo: riscattare la città di Napoli dal degrado, garantendone lo sviluppo. L’attività dell’associazione nel Rione Sanità è stata determinante negli ultimi 10 anni, tanto da essere inserita già nel 2006 nella Clinton Global Initiative, la Fondazione della famiglia Clinton dedicata alla promozione di iniziative filantropiche e di sviluppo a livello globale. Con oltre 4 milioni di euro investiti nel periodo di attività l’associazione ha realizzato numerosi progetti caratterizzati da un comune denominatore: al recupero degli spazi storici del quartiere si è infatti intrecciata una forte componente mirata allo sviluppo economico nonché al rilancio dell’occupazione e alla valorizzazione di giovani talenti in ambiti diversificati quali lo sport, la musica, il teatro. In sintesi il cambiamento proposto da L’Altra Napoli si muove lungo tre direttrici costituite dallo sviluppo urbano, la crescita dei talenti e l’imprenditorialità sociale. L’associazione persegue i suoi obiettivi mettendo in rete le risorse presenti nel quartiere, creando così sinergie che inneschino un circolo virtuoso di innovazione e speranza al servizio del cambiamento. Tra le numerose esperienze sperimentate in questo contesto dall’associazione rientra la valorizzazione delle catacombe di San Gennaro. La riapertura della Basilica di San Gennaro Extra Moenia, chiusa da 41 anni, permette infatti oggi di raggiungere il Rione Sanità attraversando le catacombe, gestite dalla cooperativa sociale “La Paranza”. Dal 2010 al 2014, in soli 4 anni, l’incremento dei visitatori ha raggiunto complessivamente il 339%, un traguardo importante per una cooperativa che peraltro non si impegna solamente nella gestione delle catacombe ma organizza altresì visite guidate e tour del Rione, proponendo eventi culturali ed occupandosi anche dell’ospitalità dei visitatori grazie a due strutture ricettive. Essa rappresenta solo una delle cooperative nate nel corso degli anni di attività de L’Altra Napoli che copre ormai gli ambiti più diversi spaziando dai citati servizi turistici fino a un teatro, un’orchestra per ragazzi ed altre attività a carattere prevalentemente culturale che, coinvolgendo i giovani del quartiere, innescano un circolo virtuoso di formazione e occupazione. Ancora una volta il caso delle Catacombe di San Gennaro risulta esemplificativo. Gli stessi ragazzi che si sono impegnati nella ristrutturazione del sito, utilizzato per molti anni come deposito dall’Ospedale San Gennaro dei Poveri, lavorano infatti come guide, fornendo un esempio e la prospettiva di nuove opportunità ai loro coetanei. Ernesto Albanese definisce il progetto come “un successo straordinario”, infatti dai 5 giovani che hanno dato originariamente vita alla cooperativa “oggi quel gruppo conta 22 persone che si sostengono con i biglietti d’ingresso delle catacombe che registreranno quest’anno 80 mila visitatori”. Gli studenti dell’MBA Part-time, grazie all’ERS Lab, hanno potuto sperimentare in prima persona una realtà senza dubbio unica in Italia. Gli allievi hanno esplorato le Catacombe di San Gennaro, raggiungendo il Rione Sanità per poi visitare alcuni degli spazi del quartiere tra cui la Basilica di San Severo dove ha la sua sede Apogeo Records. L’associazione è formata da alcuni ragazzi che, a seguito di un percorso formativo di 16 mesi, si sono specializzati come tecnici del suono e dell’elaborazione digitale. La seicentesca chiesa ospita oggi il Sanità Music Studio, uno studio di registrazione particolare che si configura come centro di inclusione sociale e professionale puntando alla formazione e al successivo inserimento lavorativo delle fasce più svantaggiate nel settore delle professioni musicali connesse con i settori delle tecnologie del suono, del video e della multimedialità. Gli studenti hanno raggiunto l’ex convento, oggi B&B, che l’associazione aiuta a gestire dove hanno dato il loro contributo allo sviluppo di uno dei nuovi progetti dell’associazione, “Social Eating for Social Inclusion”. L’iniziativa mira all’inclusione sociale di giovani donne provenienti da una condizione di disagio socio-economico attraverso la creazione di un’attività imprenditoriale nell’ambito della ristorazione ed in particolare un servizio di catering con pasti tradizionali della cucina napoletana commercializzati a prezzi accessibili. La cooperativa è formata da mamme di talento che seguono da più di un anno un percorso formativo promosso dalla Fondazione Alberto e Franca Riva. Il progetto oltre che sull’attenzione alle materie prime e al packaging, riciclabile, punta sull’utilizzo di una app, veicolata tramite i portali on-line dei siti turistici così da raggiungere più agevolmente i visitatori, prevalentemente del Rione Sanità. Un nuovo tassello si aggiunge quindi al mosaico di realtà presenti sul territorio del quartiere, valorizzando quanto già implementato e creando nuove opportunità. L’esperienza ed i successi dell’associazione L’Altra Napoli dimostrano come sia possibile ancorare saldamente le opportunità di business allo sviluppo economico e sociale del territorio, contribuendo contestualmente alla cura e rigenerazione del prezioso patrimonio culturale comune. Ciò è stato possibile grazie ad una rigorosa applicazione delle competenze e metodologie necessarie per avviare un’attività imprenditoriale. Infatti “i numerosi progetti realizzati in questi anni” spiega Albanese “sono stati sviluppati seguendo un approccio tipico di una start-up:  idea, business plan, budget, risorse umane, strategie di marketing per il fund raising, controllo di gestione. il tutto gestito in prima persona da cooperative di giovani appositamente costituite, divenuti imprenditori del sociale”. Il messaggio trasmesso dalla giornata è sicuramente giunto agli studenti coinvolti, che hanno espresso a più riprese il loro entusiasmo. ERS Lab conferma così la sua importanza quale momento di fondamentale importanza nell’affermazione di un paradigma economico che non perda di vista l’attenzione per la componente sociale, unendovi una sostenibilità multidimensionale, per proporre modelli di sviluppo che rispondano concretamente ed efficacemente alle sfide proposte dal presente. La LUISS Business School getta così un ponte tra università e terzo settore che, come osservato da Albanese, “sarà sempre più una importante opportunità professionale per i giovani. È quindi giusto che le università contribuiscano a costruire competenze adeguate per operare in questo ambito. Così come è a mio avviso fondamentale diffondere la cultura della responsabilità sociale nei tanti manager che frequentano i costi post-laurea. Ognuno di noi può contribuire a migliorare la società in cui viviamo impegnandosi in prima persona. Si può fare donando dei soldi, ma si può fare ancora meglio donando un po’ del proprio tempo e delle proprie competenze ad una delle migliaia di ONLUS che operano quotidianamente per aiutare chi ha bisogno”.

25 Novembre 2015

Gestire i rischi di progetto: un approccio culturale

(di Paolo Cecchini, PMO Leader, Project Management Specialist, Risk Manager, PMO South Central Mediterranean at Ericsson) 24/11/2015 A conclusione dell’evento IEPPM organizzato in collaborazione con Ericsson, riceviamo e pubblichiamo l’articolo di Paolo Cecchini, PMO Leader, Project Management Specialist, Risk Manager, PMO South Central Mediterranean at Ericsson. Project Risk Management Executive “Trova i rischi di progetto prima che i rischi trovino te” Svegliandovi e preparando il caffè questa mattina avete corso un rischio. Andando al lavoro a piedi, in macchina o in bicicletta avete corso un rischio. Se avete deciso di conservare i vostri soldi in un conto bancario o avete deciso di investirli in azioni avete corso un rischio. Se nel fine settimana avete deciso di comprare un biglietto della lotteria o di recarvi al casinò per tentare la fortuna avete corso un rischio. Il rischio è imprescindibilmente presente in ogni nostra attività, specialmente in quelle che richiedono una scelta. Adottare una corretta strategia di gestione dei rischi è sicuramente utile nella vita di tutti i giorni ma diventa fondamentale nella gestione dei progetti dove per garantire il successo degli stessi è necessario realizzare la transizione dalla gestione reattiva dei rischi alla gestione proattiva e predittiva. Storia Il rischio in quanto tale è noto fin dall’antichità, ma la sua gestione in qualche in qualche modo organizzata è iniziata dopo i grandi cambiamenti nei sistemi di numerazione matematica, la comprensione delle basi statistiche sulla probabilità e la crescita di popolarità del gioco d’azzardo e delle scommesse. Ma è solamente nel rinascimento che comincia ad apparire una gestione “scientifica” delle basi statistiche applicabili al gioco. Sebbene il sistema di numerazione arabo caratterizzato dalle cifre oggi universalmente utilizzate sia stato introdotto in Europa tra il 1000 ed il 1200 d.C., consentendo quindi calcoli che andavano oltre la semplice addizione e sottrazione, si è dovuto attendere il Rinascimento perché le dieci cifre da 0 a 9 rimpiazzassero stabilmente i numeri romani. È infatti nel Rinascimento che appare il primo studio probabilistico sul gioco (carte, dadi, scommesse) ad opera del matematico, medico, astrologo e filosofo italiano Girolamo Cardano. Lo studio sistematico del Risk Management è iniziato dopo la seconda guerra mondiale, trasformandosi nella moderna concezione dopo il 1955 ed evolvendosi a partire dal 1970 ad oggi sia in ambito finanziario che operativo. La cultura della gestione del rischio Una gestione efficace del rischio presuppone l’esistenza nell’organizzazione (a tutti i livelli, dal più basso al più alto) della relativa cultura. Tale cultura diffonde il messaggio che la gestione dei rischi deve essere, per ogni membro dell’organizzazione, parte integrante della vita di tutti i giorni. In altre parole lo scopo della cultura del rischio è di creare un ambiente in cui sia manager che operativi siano continuamente alla ricerca del rischio e delle relative risposte in maniera tale da utilizzare quanto appreso per attuare decisioni operative efficaci. Gli ostacoli che si incontrano nella creazione della cultura del rischio sono molteplici, a partire dai costi di gestione del rischio stesso. Possiamo ulteriormente elencare: tempistiche ristrette mancanza di fiducia nell’effettiva applicazione di politiche di risposta ai rischi timore di un’interpretazione negativa dei risultati del processo di identificazione dei rischi Quasi sempre l’origine comune delle problematiche sopra elencate risiede nella mancanza di comprensione dei vantaggi di un’efficace gestione dei rischi da parte dei livelli direttivi. Ciò fa si che ci sia resistenza nell’assegnare risorse adeguate per le attività di gestione dei rischi e che in caso di limitata disponibilità delle risorse stesse (quasi sempre) il taglio avvenga in quest’area. Riveste quindi particolare importanza per il project manager o il risk manager riuscire a creare un ambiente di progetto in cui tutti gli stakeholder principali siano consapevoli della rilevanza e dell’efficacia di una appropriata gestione dei rischi. Le azioni utili per la realizzazione di quanto sopra descritto sono molteplici e a titolo di esempio possiamo elencare le seguenti: ottenere l’appoggio ed il supporto dei livelli direttivi e decisionali avvalersi del supporto di un risk manager esperto qualora necessario fornire formazione specifica nell’ambito della gestione dei rischi mantenere un’adeguata e completa struttura di comunicazione delle informazioni sui rischi verso gli stakeholder appropriati ed assicurarsi che tale struttura funzioni a dovere adottare strumenti informativi/informatici adeguati per la gestione dei rischi creare una base di conoscenza storica sui rischi gestiti e farne uso appropriato per i progetti futuri. Definizione e caratterizzazione del rischio In termini progettuali, la definizione di rischio più comunemente utilizzata è quella ratificata dal Project Management Institute: “Un rischio è un evento incerto che qualora si verifichi ha un impatto positivo o negativo su uno o più obiettivi del progetto quali ambito, costi, tempi o qualità”. È importante sottolineare il fatto, quasi sempre trascurato almeno nella nostra cultura mediterranea, che con la parola rischio si indicano sia condizioni positive (opportunità) che negative (minacce). È infatti fondamentale in fase di identificazione dei rischi individuare sia eventi che potrebbero avere impatti negativi sul progetto sia eventi che potrebbero invece rappresentare opportunità per il progetto stesso. In una gestione dei rischi ben strutturata ogni rischio identificato viene definito utilizzando un metalinguaggio che comprende almeno i seguenti tre attributi: causa evento effetto Oltre alla definizione tramite metalinguaggio i due parametri più importanti che caratterizzano un rischio (positivo o negativo che sia) sono la probabilità che l’evento si verifichi e l’impatto che può avere su uno o più obiettivi di progetto. Come vedremo più avanti relativamente all’analisi qualitativa dei rischi è abitudine diffusa attribuire un valore simbolico al rischio moltiplicando la probabilità per l’impatto del rischio stesso. Il processo di Risk Management Un’efficace gestione dei rischi non può prescindere da un processo rigoroso e completamente definito. L’obiettivo principale della gestione dei rischi è quello di minimizzare la probabilità e l’impatto di quelli negativi e di massimizzare la probabilità e l’impatto di quelli positivi. Il Project Management Institute definisce per la gestione dei rischi una struttura composta da sei processi distinti: Plan Risk Management Identify Risks Perform Qualitative Risk Analysis Perform Quantitative Risk Analysis Plan Risk Responses Control Risks In linea generale ogni processo ha una serie ben determinata di dati in ingresso (Input), un insieme di strumenti e tecniche di elaborazione dei dati stessi (Tools and Techniques) ed una serie di dati in uscita (Output) che costituiscono il risultato dell’elaborazione del processo stesso e possono fungere da dati in ingresso degli altri processi di gestione dei rischi. È importante sottolineare che l’intera serie di processi di gestione dei rischi viene ripetuta iterativamente durante tutto il ciclo di vita del progetto dato che lo svolgimento delle attività necessarie per realizzare il progetto stesso possono in ogni momento generare nuovi rischi. Il rischio di progetto origina dall’incertezza insita in tutti i progetti; possiamo distinguere due macro categorie di rischi: rischi conosciuti: sono quelli che sono stati preventivamente identificati, analizzati e per i quali sono state definite delle azioni di risposta atte a mitigarne gli effetti (o ad esaltarli nel caso di opportunità) rischi sconosciuti: sono quelli per i quali non è stata possibile un’adeguata identificazione e pertanto non possono essere gestiti proattivamente ma solamente in maniera reattiva qualora si verifichino. È importante accennare anche ad alcuni concetti che caratterizzano il rischio all’interno delle organizzazioni o generalmente nei confronti degli stakeholder: Risk attitude: il grado di rischio che le organizzazioni o gli stakeholder sono disposti ad accettare; Risk appetite: il grado di incertezza che un’entità è disposta ad accettare come anticipazione ad un possibile vantaggio; Risk tolerance: il grado, l’ammontare o il volume di rischio che un’organizzazione può sostenere; Risk threshold: il livello di incertezza relativamente al quale l’organizzazione o gli stakeholder manifestano interesse al rischio; al di sotto di tale livello l’organizzazione accetterà il rischio, al di sopra di tale livello il rischio non verrà tollerato. Come già detto in precedenza l’efficacia dei processi di Risk Management è garantita solamente se l’intera organizzazione manifesta pienamente il riconoscimento di tale attività. Plan Risk Management È il processo che definisce come verranno eseguite le attività di gestione dei rischi per uno specifico progetto. Tale processo garantisce inoltre che le risorse impiegate siano commensurate all’importanza del progetto per l’organizzazione e con essa bilanciate. Una pianificazione chiara e meticolosa aumenta notevolmente la probabilità di successo dell’intera catena di gestione dei rischi. Ha come risultato la realizzazione del documento di Risk Management Plan. Identify Risks È il processo che identifica i rischi che potrebbero avere impatti sul progetto e ne documenta le caratteristiche. Le attività’ di questo processo consentono al team di progetto di conoscere in anticipo gli eventi di fronte ai quali presumibilmente si troveranno e di gestirli conseguentemente in maniera coerente e proattiva. Ha come risultato la prima revisione del risk register, un documento contenente tutte le informazioni rilevanti sui rischi identificati e che verrà costantemente aggiornato durante lo svolgimento dei processi successivi. Perform Qualitative Risk Analysis È il processo che tramite un’analisi qualitativa in termini di probabilità ed impatto di tutti i rischi identificati fornisce una prioritizzazione degli stessi allo scopo di ridurre il livello di incertezza sul progetto e di favorire la concentrazione del gruppo di lavoro sui rischi ad alta priorità. Tramite una serie di tecniche di analisi quantitativa basate principalmente su una valutazione ad alto livello di probabilità ed impatto (non in termini strettamente numerici ma con definizioni del tipo Alto - Medio - Basso), il processo fornisce in uscita un aggiornamento del risk register con le nuove informazioni elaborate. Perform Quantitative Risk Analysis È il processo che attraverso una serie di tecniche analitiche numeriche e statistiche consente di valutare nel dettaglio l’esposizione al rischio del progetto nella sua totalità. Fornisce inoltre un prezioso strumento di valutazione per coloro tra gli stakeholder che verranno chiamati a prendere decisioni strategiche sul progetto stesso. Le tecniche e gli strumenti utilizzati in questo tipo di analisi sono generalmente piuttosto complessi e quindi costosi in termini di risorse impiegate, ragion per cui, anche se i risultati ottenuti consentono di prevedere con approssimazione molto alta il futuro del progetto e la sua profittabilità, vengono impiegati solamente per i rischi considerati più importanti in termini progettuali ed aziendali. Plan Risk Responses È il processo che in base ai risultati dell’analisi precedente definisce e sviluppa una serie di azioni di risposta al rischio atte a ridurre le minacce dei rischi negativi e ad aumentare i benefici dei rischi positivi. È importante sottolineare che a dispetto del nome del processo le azioni definite non vengono svolte in risposta al rischio qualora questo si verifichi, ma vengono svolte in anticipo allo scopo di manipolare a favore del progetto le probabilità e gli impatti relativi. Le risposte ai rischi vengono definite in accordo alle seguenti strategie di gestione: rischi negativi: Avoid: il rischio viene evitato completamente introducendo variazioni, ad esempio nello scopo del progetto; Transfer: il rischio viene trasferito ad una terza parte trasferendone anche la responsabilità di gestione, ma non viene eliminato. Un caso tipico è la stipula di una polizza assicurativa; Mitigate: il team di progetto realizza delle azioni atte a ridurre la probabilità e/o l’impatto dei rischi negativi e ad aumentare quelle dei rischi positivi; Accept: il team di progetto decide di accettare il rischio qualora si verifichi; esistono due tipi di accettazione del rischio: passiva, in cui il team gestirà il rischio all’occorrenza e si limiterà a documentare l’accaduto, e attiva in cui il team prevede in precedenza un piano di azioni di contingenza da attuare al momento del verificarsi del rischio stesso; rischi positivi: Exploit: si mettono in pratica tutte le azioni necessarie a far sì che il rischio positivo diventi certezza in maniera tale da beneficiarne completamente; Enhance: si mettono in pratica le azioni necessarie per incrementare la probabilità e/o l’impatto del rischio positivo per diminuire l’incertezza che non si verifichi; Share: il rischio viene condiviso con una terza parte avente maggiori capacità di gestirlo in maniera tale da diminuire l’incertezza sul rischio stesso e beneficiare dei suoi effetti positivi; Accept: si beneficerà degli effetti del rischio positivo qualora si verifichi, ma nulla viene fatto per favorire l’evento. Control Risks È il processo tramite il quale si implementano i piani di risposta ai rischi definiti in precedenza, si verificano e tracciano i rischi identificati, si controllano i rischi residui e secondari, si identificano nuovi rischi e si valuta globalmente l’efficacia dell’intera struttura di gestione. È tramite questo processo che la gestione dei rischi assume il carattere di iteratività menzionato in precedenza. Il Risk Management In Ericsson La cultura del Project Management è fortemente radicata nella nostra azienda al punto da aver definito una propria metodologia (fortemente basata sulle linee guida promulgate dal Project Management Institute) globalmente adottata. Ne consegue quindi che il Risk Management abbia una rilevanza notevole anche in virtù del fatto che tutte le nostre soluzioni vengono rilasciate sotto forma di progetto per cui il successo dei progetti stessi è fondamentale per l’andamento dell’azienda. All’interno della metodologia di Project Management il Risk Management assume quindi un ruolo fondamentale, al punto che sono state varate una serie di iniziative per ottimizzarlo ed estenderlo. Tali iniziative spaziano dall’erogazione di formazione specifica, alla revisione delle procedure attualmente in essere, alla verifica di conformità degli strumenti esistenti o all’analisi di nuovi strumenti da introdurre nel processo. Forte enfasi è data all’introduzione delle procedure di gestione dei rischi fin dalle prime fasi di negoziazione dell’offerta con il cliente allo scopo di aumentare l’efficacia dell’identificazione dei rischi stessi e dello sviluppo delle relative strategie di risposta, con conseguente beneficio per i risultati del progetto stesso sia per il cliente finale che per il fornitore. Quanto descritto in precedenza scalfisce solamente la superficie di una disciplina complessa ed appassionante al tempo stesso, ma di estrema rilevanza per il successo di una qualsiasi attività. Per brevità non sono state affrontate ad esempio le tematiche di comunicazione con gli stakeholder che nel caso dei rischi, vista la delicatezza dell’argomento, sono particolarmente complesse. La speranza è che questa introduzione abbia stimolato l’interesse generale e trasmesso il messaggio che possiamo disporre di strumenti per aumentare la prevedibilità leggermente più avanzati della sfera di cristallo. Project Risk Management Executive

23 Novembre 2015

The new challenges of Procurement Management

(by Riccardo Bini | LUISS Business School) 23/11/2015 Il raggiungimento di obiettivi di qualità ed economicità degli approvvigionamenti, con particolare riferimento a spese per investimenti, impone una valutazione “a tutto tondo” degli elementi che condizionano il costo complessivo di una fornitura nel corso del suo ciclo di vita, includendo anche elementi, nel passato spesso sottovalutati, quali l’impatto ambientale e la sostenibilità. La conoscenza dei mercati d’acquisto, delle dinamiche di prezzo, degli elementi che creano il valore di una fornitura, nonché del contesto normativo di riferimento, rappresenta un input fondamentale per un’efficace progettazione delle specifiche e per la miglior scelta della modalità di assegnazione e successiva contrattualizzazione. Il governo della spesa, supera oramai le finalità contabili-amministrative, per evolversi verso modelli di allineamento delle performance dei fornitori alle best practice di settore, in un percorso di crescita condiviso con la committenza e costantemente monitorato. L’evoluzione tecnologica, che con lo sviluppo di ERP ed e-procurement ha contribuito all’automazione delle transazioni d’acquisto, apre ora a sistemi integrati di marketing degli acquisti, vendor management, monitoraggio delle performance dei fornitori, anche attraverso soluzioni mirate e sviluppate su piattaforme open, molto più agili e dinamiche, che integrano le funzionalità dei sistemi esistenti e le rendono disponibili sugli smart device di ultima generazione. Tutti gli elementi sopra descritti sono particolarmente rilevanti per realtà aziendali che hanno affrontato significativi percorsi di crescita, diversificazione e internazionalizzazione, e si confrontano con nuove dinamiche dei mercati di offerta e nuovi meccanismi di creazione e soddisfazione del fabbisogno interno. In questi contesti la Direzione Acquisti, ponendosi di fatto come elemento di confine tra domanda e offerta, può e deve giocare un ruolo chiave nel posizionamento strategico dell’azienda, contribuendo direttamente al consolidamento del potere negoziale e al contenimento dei costi, e indirettamente all’incremento di produttività e vendite, e alla creazione di qualità e valore aggiunto per il cliente finale. Condizione necessaria ad abilitare questo ruolo di protagonista del miglioramento delle performance e della competitività dell’azienda, è la realizzazione di un modello evoluto di gestione strategica degli approvvigionamenti, che inquadri l’operatività del procurement a valle di un sistema strutturato di governo della spesa e ingegnerizzazione di attività e strumenti, in un percorso monitorato e orientato a innovazione e miglioramento continuo. Al fine di cogliere tutte le opportunità offerte da un contesto competitivo sempre più ampio e dinamico, e da una tecnologica in continua evoluzione, la risposta delle Direzione Acquisti più evolute e sensibili al cambiamento, si declina dunque su tutte le leve del management: Sviluppo di modelli organizzativi flat, orientati al presidio delle attività apicali e strategiche di analisi di domanda/offerta e costruzione di strategie di acquisto sempre più in linea con le esigenze del business e con il suo time to market; le attività operative di finalizzazione degli ordini, gestione claims ed expeting si stanno oramai canalizzando verso ipotesi di business process outsourcing. Disegno di nuovi processi di approvvigionamento caratterizzati da un early involvement della Direzione Acquisti, per abilitarne un ruolo attivo nella configurazione tecnica del fabbisogno (orientamento della domanda alla funzionalità d’uso e allineamento agli standard di mercato) e nei processi di budgeting; il risultato è quindi un dimensionamento corretto della spesa da un punto di vista qualitativo e quantitativo. Mitigazione del procurement risk, agendo significativamente sulla messa in sicurezza del proprio parco fornitori, ma anche evolvendo la qualifica, da una mera verifica di compliance normativa e amministrativa, a uno strumento di conoscenza delle effettive capabilities dei fornitori; l’obiettivo è disporre di vendor list solide e pertinenti con lo scope of work delle richieste di fornitura. Orientamento al global procurement, anche attraverso l’acquisizione di certificazioni delle proprie risorse, secondo percorsi formativi riconosciuti a livello internazionale; l’obiettivo è garantire un confronto strutturato con attori diversi, basato su un subset universalmente condiviso di policy, procedure, technical language e meccanismi di interazione. Impulso alla procurement innovation, attraverso il ribaltamento delle logiche tradizionali di acquisto, dalla ricerca di sinergie anche con i propri competitor sugli acquisti no core (consortium buying), alla vendita a terzi del proprio procurement service, fino alla patrimonializzazione del proprio portafoglio fornitori, che diventa un potenziale target market per il business. Apertura alla digital revolution, attraverso l’introduzione di nuove soluzioni tecnologiche o l’evoluzione delle esistenti, per concretizzare un approccio predittivo verso l’analisi di domanda e offerta (big data), sviluppare iniziative di real time comakership con i propri fornitori (e-collaboration), disporre di sensori su tematiche afferenti la vendor reputation e le tendenze di mercato (social media), sviluppare nuove logiche di execution contrattuale (3D printing e augmented reality).

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