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«Con emergenza coronavirus sicurezza delle reti ancora più importante»
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raffaele volpi copasir

L’intervista al presidente del Copasir, Raffaele Volpi per DigitEconomy24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore

di Simona Rossitto

Sul 5G «è il momento di avere al più presto un indirizzo politico, è il momento della responsabilità, il decisore faccia il decisore». Lo chiede il presidente del Copasir, Raffaele Volpi, annunciando di aver riconvocato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sul tema. Volpi ritorna sulla questione della sicurezza, sottolineando che alla base della relazione Copasir di dicembre che ritiene in gran parte fondate le preoccupazioni sull’ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G, ci sono «evidenze chiare», «atti secretati». Inoltre, sottolinea Copasir, «questo – afferma – non è il mio pensiero, è il pensiero di tutto il comitato, all’unanimità». Il settore del 5G, «come altri settori, non si può spiegare solo con dati economici, stiamo vivendo un momento in cui c’è un profondo rimescolamento delle carte a livello mondiale, già la Cina che stiamo vivendo in questi giorni è una Cina diversa da quella di un mese fa». In questo panorama mondiale, l’ancoraggio euratlantico è «imprescindibile». Volpi risponde anche sul concetto di sicurezza nazionale, che secondo quanto dichiarato a DigitEconomy.24 dal direttore generale del Dis, Roberto Vecchione, vale per gli asset strategici e non va dilatato all’estremo. «Il concetto di sicurezza nazionale – afferma il presidente del Copasir – non è interpretabile, è la sicurezza nazionale, non si tratta di dilatare o non dilatare, e non si tratta di avere pregiudizi nei confronti dei cinesi. Inoltre, tutte le infrastrutture, dalle reti alle antenne, sono legate a un dato di sicurezza nazionale». Non solo: bisogna tutelare oltre alle reti anche i dati immateriali. In sostanza siamo di fronte a questioni e problemi nuovi e, quindi, «occorre stare nella posizione di maggior cautela».

Presidente Volpi, il 2020 è un anno cruciale per lo sviluppo del 5G anche per l’acuirsi dell’epidemia di coronavirus che richiederà reti sempre più performanti per gestire nuove modalità di lavoro. Come si posiziona l’Italia? Rischia di essere schiacciata nella competizione globale?

Il settore del 5G, come altri settori, non si può spiegare solo con dati economici, stiamo vivendo un momento in cui c’è un profondo rimescolamento delle carte a livello mondiale, già la Cina che stiamo vivendo in questi giorni è una Cina diversa da quella di un mese fa. Noi dobbiamo sapere da che parte stare, ci sono questioni importanti come il 5G, gli F35, la partecipazione corretta e continuativa nella Nato che si ascrivono all’interno di una scelta geopolitica. Non c’è solo l’obiettivo importante di dover realizzare le reti, siamo anche di fronte a una scelta di campo più ampia. Anche dal punto di vista meramente economico, l’idea che infrastrutturazione nazionale col 5G costi tanto non corrisponde alla realtà, costa circa 600 milioni, come abbiamo evidenziato nel nostro rapporto. Inoltre si parla di gap tecnologico. Si dice che le aziende cinesi siano più avanti, ma il divario è riducibile in uno spazio temporale di 6-7 mesi, un anno massimo. Noi per una manciata di centinaia di milioni e gap riducibili in pochi mesi siamo sicuri che vogliamo scegliere situazioni che secondo noi presentano ambiguità? Io penso che in questo momento l’ancoraggio euratlantico sia imprescindibile e che dobbiamo metterci in condizioni di avere una posizione contrattuale.

Entro il 30 aprile l’Italia deve recepire il piano Ue sul 5G. È un piano sufficiente a garantire la sicurezza?

Il piano della Ue sul 5G è molto ampio, generico, se vogliamo, noi dobbiamo guardare alle nostre esigenze. A livello europeo il 5G può essere un’opportunità per far capire che il Vecchio Continente è una potenza mondiale, ragionando almeno una volta su un’infrastruttura strategica. L’Europa deve essere protagonista. È evidente che se non si riuscirà a trovare convergenza nemmeno su questioni strategiche, come il 5G, che riguarderanno i prossimi 30 anni, sarà difficile dire che noi siamo e agiamo come Europa. Serve la politica, questo è il dato che manca da troppi anni, e la politica è fatta di decisioni, la politica non è asettica.

Huawei e Zte hanno chiesto di essere risentiti in tema di 5G, ma lei ha già dichiarato che il Copasir non li audirà di nuovo anche perché ci sono evidenze chiare. Ci può spiegare meglio?

È bene chiarire che noi del Copasir non siamo una commissione ordinaria. Noi abbiamo condotto un’indagine conoscitiva che si è conclusa a dicembre. Non abbiamo bisogno di risentirli, non è per recare loro offesa, ma perché abbiamo concluso e consegnato la nostra relazione. Il Copasir inoltre ha un rapporto fiduciario col Parlamento. Quando il comitato si esprime in un certo modo, cioè, il Parlamento si deve fidare. Non posso dire perché, ci sono evidenze. Ci sono documenti secretati. A decidere è poi il presidente del Consiglio che ha gli strumenti per verificare le evidenze. Il decisore politico è lui, non è il Dis, non sono i servizi, non siamo noi. Adesso, ancor più con gli strumenti di cui ci si è dotati come il golden power e il perimetro di sicurezza, il decisore è politico.

Nel rapporto, inoltre, è contenuta anche una questione di carattere economico riguardante una forma di aiuti di Stato per le aziende cinesi. Ci vorrebbe una presa di coscienza europea per verificare se vi sono forme di distorsioni del mercato. In più bisogna chiedersi se è vero o no che le aziende cinesi hanno l’obbligo di trasmettere informazioni al governo in caso di richiesta. Loro dicono di no, ma sappiamo tutti che è così.

 Una volta trasmesso il rapporto, che cosa chiede allora il Copasir al governo?

Serve al più presto un indirizzo politico, è il momento della responsabilità, il decisore faccia il decisore. Questo non è il mio pensiero, è il pensiero di tutto il comitato, all’unanimità. Ci sono delle cose che sono evidenti. Non siamo soddisfatti delle rassicurazioni generiche ai nostri alleati riguardo al fatto che il nostro perimetro di sicurezza è di garanzia. Bisogna capire come garantisce, che cosa e perché. Non basta la normativa, bisogna applicarla. Noi stiamo affrontando delle questioni nuove, estremamente nuove, e bisogna usare cautela.

Sentirete altri membri del governo?

Abbiamo deciso di riconvocare il presidente del Consiglio, ci deve dire che cosa pensa della questione, noi abbiamo evidenziato i pericoli, li ha evidenziato tutto il comitato, li ha evidenziati una persona che ora è ministro della Difesa del Paese. Ci tengo a precisare che da quando faccio questo lavoro sono tutto tranne che un oppositore, il mio ruolo non è fare il leghista, ma il presidente di un comitato bipartisan. La questione è seria, nel frattempo si va avanti con le gare per le reti 5G, con tutte le conseguenze che questo può comportare in futuro visto che alle aziende cinesi non manca la capacità economica di fare, eventualmente, delle cause giudiziarie.

Il capo del Dis, Roberto Vecchione, proprio in un’intervista a DigitEconomy.24 ha dichiarato che il concetto di sicurezza nazionale non va dilatato. Lei cosa ne pensa?

Bisogna porre attenzione su molti aspetti. Il concetto di sicurezza nazionale non è interpretabile, è la sicurezza nazionale, non si tratta di dilatare o non dilatare, e non si tratta di avere pregiudizi nei confronti dei cinesi. Inoltre tutte le infrastrutture, dalle reti alle antenne, sono legate a un dato di sicurezza nazionale. In più siamo di fronte a una questione nuova: il problema non è solo l’infrastruttura, ma come si possa difendere il dato immateriale che è condiviso, spesso con il nostro consenso. Ma un conto è la profilatura dal punto di vista commerciale, diversa è una profilatura che può condizionare o che si basa su dati sensibili. Consideriamo inoltre che, per i primi anni, il 5G sarà utilizzato soprattutto da grandi sistemi bancari e industriali. Ma se non controlliamo la rete come possiamo controllare i dati? Visto che siamo di fronte a fenomeni nuovi e complessi la conclusione è che bisogna stare nella posizione di maggior cautela.

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13/03/2020

Data pubblicazione
13 Marzo 2020