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Gay (Digital Magics): «In Italia grande voglia di fare impresa. Startup e digitale per crescere guardando agli acceleratori»
Gay (Digital Magics): «In Italia grande voglia di fare impresa. Startup e digitale per crescere guardando agli acceleratori»
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L’incubatore di startup Made in Italy riceve ogni anno oltre 1.500 candidature di progetti e il tema della sostenibilità è una costante, spiega l’amministratore delegato a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor. E i programmi di accelerazione sono il futuro

Le imprese italiane e le startup sono molto ben posizionate in tema di sostenibilità. Marco Gay, socio e amministratore delegato di Digital Magics, incubatore di startup Made in Italy e pmi innovative che operano nell’ambito del digitale, quotato su Aim Italia, parla della grande voglia di fare impresa nel nostro Paese testimoniata da 1.500 candidature che l’incubatore riceve ogni anno.

La pandemia ha reso più concreta la trasformazione digitale ma occorrono politiche industriali, spiega Gay da past presidente dei Giovani di Confindustria e attuale presidente di Confindustria Piemonte. E, forte di 73 startup attive a portafoglio che, l’ultimo anno, hanno visto il fatturato aggregato superare i 62 milioni, con una crescita del 14%, guarda ai programmi di accelerazione «parte importante della nostra attività ma anche un cardine dello sviluppo dei settori industriali».

Quanta attenzioni riscontrate nel mondo delle imprese e delle startup verso la sostenibilità?

«Il tema della sostenibilità a 360 gradi ha un impatto, anche grazie al crescendo di attenzione negli ultimi anni, che sicuramente trova un grande riscontro nelle imprese e nelle startup. Le imprese italiane sono molto ben posizionate con una forte attenzione all’ambiente e all’ecosistema del territorio e per le startup – anche per una questione di attenzione generazionale e per il fatto che i progetti nascono già con forti criteri di sostenibilità – è diventata una costante. Ad esempio abbiamo una delle nostre startup, che si chiama AWorld che proprio della sostenibilità ha fatto il suo core business ed è stata scelta dall’Onu come piattaforma di supporto per la campagna Act Now. Oppure Macingo, una delle principali piattaforme italiane di sharing delivery di trasporti ingombranti che ha permesso di abbattere le emissioni di C02. Sono solo due esempi per spiegare che non solo riscontro una attenzione sul tema ma anche che per l’ecosistema delle startup la sostenibilità è un tema industriale. E, soprattutto, danno l’idea di una sensibilità assai concreta».

Voi supportate la crescita di una nuova generazione di imprenditori. C’è voglia di fare impresa?

«C’è una grandissima voglia di fare impresa: mediamente ogni anno noi riceviamo oltre 1.500 candidature di progetti, già confermati da team, di imprenditori che vogliono essere supportati da Digital Magics. Lo ritengo un dato interessantissimo se pensiamo che le startup sono poco più di 11mila al registro delle imprese, e quindi, 1.500 tutti gli anni denotano una grande voglia di fare impresa e di crescita. Quindi la voglia c’è, ed è anche solida, ed è anche vista in maniera corretta con idee innovative che vedono il concorso di team che all’inizio cercano di essere complementari per poi crescere ed accelerare».

Dal vostro punto di vista quali sono i settori, in questa fase, più dinamici?

«Vediamo dinamismo nei settori Fintech e Insurtech, nel mondo del software e service al servizio del 4.0 e della trasformazione digitale delle imprese e nel mondo del marketplace ed e-commerce che nell’ultimo anno hanno avuto una forte accelerazione. Sono i settori in cui noi, come azienda, stiamo facendo e abbiamo fatto i maggiori investimenti e stiamo vedendo grande vivacità. Accanto a questi non bisogna dimenticare i settori del food, dell’health dove, soprattutto negli ultimi mesi, c’è stata una propensione maggiore a fare impresa. E poi c’è il mondo delle smart city e di tutto quello che riguarda anche i cosiddetti abilitatori di innovazione che sono Iot, Cloud, 5G, Intelligenza artificiale. E che noi però, come azienda, giudichiamo come componenti molto trasversali a tutti i progetti che andiamo a individuare. Sono ambiti in cui c’è anche una grande crescita che segue la crescita del mercato per tutto quello che è trasformazione tecnologica e digitale».

Cosa è cambiato nell’ultimo anno?

«Quello che abbiamo visto tanto cambiare nell’ultimo anno è una maggiore concretezza nei confronti della trasformazione digitale; prima c’era l’idea di doverla fare o le aziende che dovevano cimentarsi, oggi l’industria dell’innovazione e delle startup è un’industria a tutti gli effetti del nostro Paese. Si è trovata di fronte ad una opportunità di maturazione accelerata e, quindi, ha fatto quel passo avanti cui tutto l’ecosistema lavora alacremente perché diventi strutturale e continuativo nel tempo».

Soffermiamoci ora sull’attività di Digital Magics. Quanto avete investito finora e quali sono i vostri target?

«Noi oggi abbiamo 73 startup attive a portafoglio e per noi attive vuol dire che sono all’inizio della fase di mercato e non sono nella fase finale della nostra collaborazione che è quella verso la exit dalla partecipazione o della cancellazione della partecipazione che, ahimè, fa parte dell’ecosistema delle startup. Quest’anno abbiamo avuto una raccolta importante delle nostre società in portafoglio che hanno raccolto, come capitali di rischio, oltre 27 milioni di euro e di questi circa il 10% lo abbiamo investito noi come Digital Magics. Il fatturato aggregato delle nostre startup a portafoglio ha superato i 62 milioni di euro con una crescita del 14%, tra il 2019 e il 2020 a parità di perimetro. Un dato molto importante perché, con un portafoglio di partecipazioni in cui la maggioranza ha una vita inferiore ai 4 anni, avere una crescita del 14% vuol dire che l’ecosistema sta crescendo e sta iniziando a diventare importante. Ma guardando al futuro ci sono, soprattutto, i programmi di accelerazione che diventano una parte importante della nostra attività ma anche un cardine dello sviluppo dei settori industriali. È il caso della sostenibilità – e stiamo concludendo in questi giorni un programma di accelerazione proprio sulla crescita e la sostenibilità insieme a Lazio Innova, il fondo della Regione Lazio – o nel Fintech e Insurtech che per noi sono settori importanti e strategici – e siamo e saremo non solo protagonisti ma anche partner, e ciò ci inorgoglisce, del programma di accelerazione Fintech e Insurtech della rete dei programmi nazionali di accelerazione di Cdp Venture Capital. Poi abbiamo una grande attenzione per il mondo delle nuove tecnologie, il 5G e l’Intelligenza Artificiale, tutti settori che possono e potranno dare, partendo da un settore come quello italiano che è soprattutto business to business, un grande impulso alla crescita industriale».

Mettendo il cappello di chi ha rappresentato e continua a rappresentare le imprese quali sono le necessità, cosa servirebbe?

«Innanzitutto fare i vaccini potrebbe dare un impulso a voltare pagina e non solo per la serenità dei cittadini ma per una vera ripartenza economica. Abbiamo bisogno di una politica industriale che vada ad agire su settori strategici ma anche su dei fattori di sviluppo che sono la connettività e anche le infrastrutture immateriali come la banda ultra larga e il 5G. C’è bisogno di una politica industriale che vada in questo senso, c’è bisogno di riforme strutturali concrete, da quella del fisco alla Pa, di cui questo Paese ha bisogno e di cui hanno bisogno le aziende che nascono, operano e devono crescere in questo Paese per poi espandersi anche all’estero. Di un ecosistema che deve essere non senza regole, perché le regole servono a competere meglio sul mercato, ma che deve aiutare a crescere. Mi ha sempre molto stupito come aziende eccellenti sul nostro Paese diventano straordinarie quando vanno all’estero. Quindi, sintetizzando: una politica industriale, riforme e tutto il mondo delle competenze, della riqualificazione professionale e della scuola con grande attenzione agli Its. Sono tre pilastri che probabilmente si possono davvero racchiudere tutti sotto le politiche industriali. Ma se noi vogliamo vedere l’innovazione, la trasformazione digitale, il Made in Italy del futuro, si deve passare tramite la sua grande storia ma anche tramite la possibilità di avere uno stupendo cammino davanti a noi».

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9/4/2021

Data pubblicazione
9 Aprile 2021
Categorie
SustainEconomy.24