Digital Transformation
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10 Luglio 2021

«Sostenibilità scelta ineluttabile, con fondi Ue nuova stagione di riforme»

L'intervento  su DigitEconomy.24r, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) del presidente di Open Fiber Franco Bassanini. L'epidemia di Covid19 ha segnato un cambio di paradigma che ha coinvolto non solo le modalità di relazione e le abitudini quotidiane, ma anche i processi produttivi, rendendo evidente la necessità di adeguare a una realtà radicalmente mutata i vecchi modelli di business e di crearne di nuovi. Uno scenario in cui la digitalizzazione si è consolidata come strumento imprescindibile per lavorare e rimanere in contatto con parenti e amici, e la sostenibilità non è più un'opzione, ma un fattore di efficienza e competitività delle aziende. Pubblicato il primo bilancio di sostenibilità di Open Fiber Open Fiber, nata per contribuire a ridurre un divario digitale che l'Italia ha accumulato in decenni di bassi investimenti, ha pubblicato in questi giorni il suo primo Report di Sostenibilità, che descrive un approccio al business caratterizzato dall'attenzione all'ambiente e ai nuovi bisogni della collettività, dalla valorizzazione delle persone, dalla conduzione etica delle attività e dal legame con i territori in cui operiamo.La pubblicazione del Report parte dal presupposto che la sostenibilità è una leva per la creazione di valore "interno" (per l'azienda) ed "esterno" (per gli stakeholders) se viene pienamente integrata in tutto il ciclo produttivo a partire dai processi di definizione dei piani industriali, economici e finanziari. Il documento descrive l'impegno profuso e le iniziative avviate per estrarre valore dalla sostenibilità "intrinseca" del nostro business e per metterla al centro della strategia per lo sviluppo di un'infrastruttura di ultima generazione, interamente in fibra ottica (Ftth), aperta a parità di condizioni a tutti gli operatori interessati.La sostenibilità caratterizza le operazioni di posa della fibra ottica. La fibra anche per porre un freno allo spopolamento delle aree periferiche Dove possibile, Open Fiber riutilizza infrastrutture già esistenti. Qualora fosse invece necessario intervenire con scavi, OF predilige l'utilizzo di tecniche di scavo innovative e a basso impatto ambientale, come la minitrincea e la microtrincea, che consentono di risparmiare materiali, produrre meno rifiuti e generare meno disagi per i cittadini. La valenza ambientale e sociale della fibra ottica non si limita tuttavia ai materiali e alle tecniche di cablaggio. Sono infatti numerosi i vantaggi che derivano dal suo utilizzo, in diversi ambiti. La possibilità di svolgere attività ed erogare servizi in modo telematico (smart working, e-learning, telemedicina, PA digitale) consente di ridurre non solo le emissioni inquinanti e climalteranti grazie all'alleggerimento dei flussi di traffico, ma anche di porre un freno all'urbanizzazione e di conseguenza allo spopolamento delle aree periferiche. L'introduzione di tecniche digitali di gestione del territorio e delle attività agricole, abilitate dalla fibra, permette di utilizzare in maniera più efficiente le risorse e di prevenire le calamità naturali o mitigarne gli effetti. Infine, la diffusione di pratiche digitali nella P.A. consente la riduzione di costi pubblici e la fruizione di servizi più efficienti per la collettività. Un'infrastruttura come quella di Open Fiber, la più tecnologicamente avanzata, permette all'Italia di colmare quel divario digitale che si avverte particolarmente nelle zone rurali e interne. Si tratta di un progetto che può definirsi universale, perché,  grazie anche al Piano Bul, che interessa circa 7.000 comuni italiani, prevede la realizzazione di un'infrastruttura in tutte le aree del Paese, siano esse popolose e ricche, siano esse isolate e tradizionalmente meno attrattive per investimenti infrastrutturali privati. Grazie alla fibra ottica, anche nei piccoli centri è possibile navigare alla stessa velocità di connessione di Roma o di Milano, annullando la distanza tra centro e periferia. Si realizza così un level playing field, una condizione di pari opportunità per i centri minori con molteplici effetti: dal ripopolamento delle aree interne allo sviluppo di realtà imprenditoriali territoriali, dall'aumento dell'attrattività di luoghi ricchi di bellezze naturali, storiche e culturali, ma con servizi inadeguati al turismo o alle attività economiche, fino alla riduzione dei costi pubblici grazie all'utilizzo di servizi da remoto. La fibra ottica abilita infatti una vastissima gamma di servizi digitali: per il singolo cittadino all'interno della propria abitazione (videoconferenze, streaming, domotica, etc.), per le città (mobilità intelligente, videosorveglianza), per le aziende, per le pubbliche amministrazioni, per le scuole e per i servizi sanitari. Con una rete ultraveloce, stabile e che non risente di condizioni meteorologiche o della distanza dalla centrale, tutto ciò che fino a pochi anni fa era possibile soltanto nelle grandi città è ora una realtà anche in migliaia di piccoli comuni. Sostenibilità e digitalizzazione driver del Next Generation Eu, occasione straordinaria Abbiamo sin qui discusso di sostenibilità e digitalizzazione: due driver chiave di Next Generation EU, il piano europeo che è stato paragonato al Piano Marshall, in grado di sostenere la ripresa del Continente. Esso rappresenta una straordinaria e forse irripetibile opportunità e al tempo stesso impone virtuosi vincoli "esterni" agli Stati membri che vogliano accedere alle sue ingenti risorse. Il nesso fra riforme e investimenti vi è individuato come indissolubile e strategico. Lo è in modo particolare per l'Italia. È evidente infatti che senza alcune riforme abilitanti risulterebbe difficile, se non quasi impossibile, la realizzazione di un piano di investimenti per 235 miliardi di euro, da completare entro il 2026, e dunque nell'arco di un quinquennio. Senza riforme coraggiose l'Italia non aumenterà l'insufficiente potenziale di crescita È altrettanto evidente che senza coraggiose riforme l'Italia non riuscirà a aumentare in modo strutturale e rilevante il suo insufficiente potenziale di crescita. Il processo riformatore italiano, negli ultimi decenni, è stato caratterizzato da stop and go, compromessi, ostacoli burocratici, resistenze corporative, ed è stato penalizzato dalla difficoltà di reperire le risorse necessarie per finanziare gli investimenti straordinari che le riforme richiedono nella loro fase iniziale e per mitigare gli effetti avversi che le riforme all'inizio possono produrre. Il vincolo esterno, da una parte, e i fondi UE dall'altra, possono rimuovere questi ostacoli. Il vincolo europeo può dunque costituire il motore di una nuova stagione di riforme nel segno della sostenibilità, per uscire da vent'anni di stagnazione o bassa crescita. *Presidente di Open Fiber SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 10/7/2021

10 Luglio 2021

«Non ripetere l’errore di affidare bandi su 5G e fibra a un solo soggetto»

Parla l'AD di Retelit, Federico Protto a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School). Coinvestire sulla rete? «Può dare buoni risultati ma a determinate condizioni» Retelit, azienda di infrastrutture in banda ultra-larga, è pronta a partecipare ai bandi su aree grigie e backhauling del 5G e si augura che non saranno assegnati a un unico operatore, come avvenuto con Open Fiber nel caso delle aree bianche a fallimento di mercato. Lo afferma, in un'intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) l'amministratore delegato Federico Protto. Il coinvestimento sulla rete proposto da Tim, commenta Protto, «può dare buoni risultati a patto che non sia interpretato secondo logiche che possano configurare la proposta come una mera offerta commerciale o di adesione a un piano di sviluppo infrastrutturale realizzato da un unico soggetto». Il piano Italia 5G, nell'ambito della Strategia italiana per la banda ultra-larga, prevede la creazione di corridoi europei (per cui saranno dedicati 400 milioni) e backhauling in fibra (600 milioni) delle strade extra-urbane. Che ruolo può avere Retelit? Nel Pnrr, in riferimento al 5G, si parla di backhauling in merito ai corridoi europei e alle strade extraurbane ad alto traffico, in cui si prevede ci sia una necessità di 5G superiore ad altre strade e in riferimento alle nuove applicazioni 5G (ad esempio il self driving vehicles) gestite tramite le Bts (ripetitori con tecnologia gsm, ndr) collocate lungo tali direttrici. In questi ambiti, Retelit può dare un contributo in termini di asset effettivi e di competenze. Parteciperete alla mappatura e ai successivi bandi che si prevedono entro il I trimestre del 2022? Parteciperemo senz'altro alla consultazione sullo schema di intervento prevista nel terzo trimestre. Lavoriamo praticamente con tutti gli operatori mobili e fixed wireless fornendo backhauling in fibra spenta o con capacità. Si tratta di un target di mercato su cui Retelit è storicamente posizionata. Relativamente ai corridoi e alle strade extraurbane, non è ancora disponibile il contenuto dei bandi, che secondo la roadmap del Governo dovrebbero essere emessi tra fine anno e inizio 2022, ma gli obiettivi dovrebbero essere rivolti a potenziare queste direttrici in cui saranno necessari servizi 5G a prestazioni particolarmente elevate con backhauling in fibra ottica dedicato. Significa che sarà richiesta fibra ottica e sarà necessario posare nuovi cavi: Retelit si distingue proprio per questo, perché ha creato la propria infrastruttura prevalentemente lungo le strade statali, raggiungendo, inoltre, i confini della Penisola in più punti (Frejus e il Colle della Maddalena con la Francia, Drezzo con la Svizzera, Brennero e Tarvisio con l'Austria, per esempio) attraverso le proprie infrastrutture. Abbiamo le competenze e l'esperienza, oltre a una ultraventennale esperienza nel mercato wholesale e relazioni consolidate con gli altri operatori per essere considerati l'operatore ideale e completo per prendere parte a questa partita. Riguardo ai settori verticali, come la sanità, quali sono le maggiori prospettive che si aprono con lo spettro radio 5G? È stata inviata recentemente una consultazione da parte di Agcom che mira ad avere feedback sul fatto che le frequenze 5G siano riservate anche a specifici verticali, come per esempio sanità, energy e produzione, come avviene già in alcuni Paesi europei (ad esempio Francia, Olanda, Germania e Svezia). Come riportato nel documento di consultazione, si profila un ventaglio di opzioni per la gestione dello spettro radio riguardanti le bande di frequenza utilizzabili, l'accesso alle frequenze che può essere con licenza o senza, l'uso esclusivo o condiviso dello spettro con diverse modalità di gestione e utilizzo dello spettro in base alle caratteristiche e ai requisiti dei vertical. Quindi significa riservare porzioni di banda dedicata a esigenze specifiche verticali, ed eventualmente direttamente a operatori che offrono già a questi settori verticali altri tipi di servizi complementari a quelli veicolati tramite frequenze 5G (per esempio servizi di cloud). In questo caso il 5G diventa uno strumento in più per gli operatori di rete per completare la propria offerta. Tornando alla Strategia italiana per la banda ultra-larga, nell'ambito del piano sulla fibra per portare 1 giga a 8,5 milioni di case siete pronti a partecipare ai bandi per le aree grigie e nere al termine della nuova mappatura? Abbiamo partecipato, tra i pochi, ai bandi per le aree bianche, al primo per l'Emilia-Romagna e al secondo per la Provincia di Trento e il Friuli-Venezia Giulia; pur non essendo risultati vincitori, non solo abbiamo dimostrato di essere in grado di partecipare e di avere i requisiti, ma il modello da noi proposto in Rti con una società di ingegneria e costruzione avrebbe assicurato il rispetto delle tempistiche previste. Le aree grigie sono ancora più adatte a noi perché in queste aree sono presenti anche distretti industriali e aziende di cui conosciamo le esigenze, permettendoci quindi di mettere a disposizione la nostra esperienza nell'offerta rivolta al mercato business. La caratteristica che ci rende il candidato ideale è il fatto di essere un operatore infrastrutturato con asset sul territorio e con una storica vocazione nel mondo wholesale; anche per le aree grigie, infatti, i servizi di accesso alle reti che verranno realizzate dovranno essere resi disponibili in modalità wholesale, assicurando parità di trattamento a tutti gli operatori retail interessati ad accedere a queste aree. Sulla fibra Telecom ha proposto all'Agcom il modello dei coinvestimenti. Sarebbe una strada opportuna da percorrere? Abbiamo risposto a una consultazione esprimendo le nostre perplessità sulla modalità con cui il modello di coinvestimento è proposto. A nostro parere, un modello di co-investimento può dare buoni risultati a patto che non sia interpretato secondo logiche, che possano configurare la proposta come una mera offerta commerciale o di adesione a un piano di sviluppo infrastrutturale realizzato da un unico soggetto. Riteniamo debbano essere pienamente recepite le condizioni di coinvestimento ai sensi dell'art. 76 della Direttiva che costituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, vale a dire, la realizzazione di una nuova rete ad altissima capacità, con acquisizione di diritti specifici di capacità strutturale che implichino un adeguato grado di codeterminazione, lungo tutto il periodo di vita operativa della rete e con garanzia di una concorrenza sostenibile e a lungo termine nei mercati a valle. Aggiungiamo, in qualità di operatore prevalentemente orientato ai mercati wholesale e business, che ogni modello deve considerare con la giusta attenzione la distinzione tra le esigenze del mercato consumer e quelle del mercato business. Ci sono in Italia le competenze e risorse umane necessarie per realizzare gli obiettivi sfidanti previsti dal Governo al 2026 su fibra e 5G compreso il previsto lavoro di backhauling? Le competenze ci sono, ma probabilmente non sono sufficienti in termini di capacità operativa dal momento che alcuni bandi saranno emessi in contemporanea (il bando delle aree grigie, quello della sanità connessa, quello delle scuole connesse, quello delle isole minori) e inoltre non è ancora stato completato il piano delle aree bianche, che ha riscontrato ritardi. La sovrapposizione di questi interventi richiede quindi capacità operative enormi. Si profila uno scenario molto sfidante in cui è necessario uno sforzo di tutto l'ecosistema, per adeguarsi in termini di competenze e capacità operativa, sotto diversi profili tra cui anche la progettazione e l'installazione. Il nostro auspicio è che non si faccia più l'errore di affidarsi a un unico soggetto, ma che si possa coinvolgere tutto l'ecosistema facendo leva sulle competenze anche territoriali dei vari soggetti e metterle a disposizione negli ambiti che più si addicono a ciascuno di loro, attraverso un modello di compartecipazione. Dal punto di vista finanziario, dopo l'opa di Asterion, come cambierà la vostra strategia industriale? Privilegerete la crescita organica o le acquisizioni? Il piano industriale per il periodo 2021-2025 è in continuità con la strategia del gruppo, secondo il principale driver di integrare infrastrutture e servizi. Retelit prosegue nella crescita organica, ma siamo anche pronti a cogliere opportunità di mercato, e siamo convinti che il Pnrr possa rappresentare un'importante occasione in cui poter avere un ruolo per il potenziamento dell'infrastruttura del Paese. Riteniamo che Asterion condivida tale strategia e che possa grandemente contribuire alla sua implementazione. Estrarre valore dalla società attraverso operazioni industriali e accrescere le potenzialità dell'attuale infrastruttura sono priorità condivise. La società sta continuando con l'individuazione di potenziali target, che principalmente siano rilevanti in ambito infrastrutturale e di piattaforme per il cloud. Inoltre, le guidance sugli investimenti previsti nell'attuale piano industriale 2021-2025 (151/163 milioni di euro) sono per buona parte dedicate al potenziamento dell'attuale infrastruttura. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 10/7/2021

24 Giugno 2021

Zte studia applicazioni 5G in porti e industrie, «per guida autonoma almeno 2 anni»

A fare il punto a Digiteconomy.24, report Sole 24 Ore e Luiss Business School, è Lucio Fedele, Vice President e Chief Operating Officer della divisione italiana Zte, oltre a smart stadium, telemedicina e sicurezza, punta anche alle applicazioni 5G nell'automotive. A partire dalle applicazioni per porti e aree industriali che saranno coperti con piccole reti ad hoc. «Per le aziende si tratterà del salto tecnologico rispetto alla copertura wi-fi. Sarà il primo modo di conoscere il 5G, dal punto di vista business quello con un ritorno più immediato». A fare il punto sull'arrivo della quinta generazione di telefonia mobile è Lucio Fedele, vice president e chief operating officer di Zte Italia, compagnia cinese che oltre a implementare lo sviluppo della rete sta puntando, in parallelo, a realizzare applicazioni sostenibili che consentano un risparmio di costi. L' area che guiderà, invece, lo sviluppo del 5G nell'utilizzo dei device (non necessariamente smartphone), «è quella del gaming», spiega a Digiteconomy.24 (report del Sole 24 Ore e della Luiss Business School). «Ci saranno aree industriali con tante piccole reti private» Tornando all'automotive, «in questo settore le applicazioni erano più indietro rispetto ad altri campi come medicina e sicurezza. Per l'automotive ci vuole, infatti, una rete completa e capillare, oggi in via di sviluppo. Diversamente, allo scopo di realizzare lo smart stadium non c'è bisogno che sia pronta tutta la rete, ma solo lo stadio; per un'applicazione di medicina in un ospedale occorre coprire solo quest'area. Per tali ragioni, per vedere un'applicazione come la guida autonoma, e neanche in maniera uniforme in tutto il territorio, ci vorranno almeno due anni». Le prime applicazioni nell'ambito dell'automotive ci saranno invece nei porti e nelle aree industriali. «Una delle applicazioni prevalenti - aggiunge Fedele - si chiama Private network, ovvero creare all'interno di aree delimitate una rete privata 5G dedicata. Non si appoggia alla copertura della rete 5G standard che useremo con i telefonini ma a una rete privata costruita e realizzata allo scopo. Ci saranno, cioè, tendenzialmente nelle aree industriali tante piccole reti private». Attenzione a sostenibilità, a Shenzen ridotte emissioni di oltre il 90% Strettamente legato allo sviluppo delle applicazioni «è l'attenzione alla sostenibilità, che consentirà un ampio risparmio di costi. Zte nel 2020 ha ridotto le emissioni totali di composti organici volatili di oltre il 90% nel nostro quartier generale di Shenzhen. Oppure, per fare esempi a noi più vicini, con i nuovi apparati radio e le nuove stazioni di energia per operatori e towerco si stima un potenziale risparmio di circa 35 milioni all'anno». In questo momento «ci stiamo concentrando non solo nello sviluppo delle applicazioni dal punto di vista tecnologico, ma nel renderle il più possibile sostenibili dal punto di vista ambientale, a partire dal reperimento delle materie prime». Con nuovi apparati risparmi nelle telco per il 20-25% di energia Il risparmio nelle tlc è soprattutto sul fronte energetico. «Grazie all'implementazione delle nostre nuove apparecchiature, con le stazioni di energia innovative, l'energia che viene consumata è del 20-25% inferiore. Tutto ciò - continua Fedele - riduce i costi per l'operatore finale». Un altro esempio di applicazione sostenibile è quella pensata per l'apicoltura. «Uno degli use case più importanti nell'ambito del trial del Mise su cui abbiamo lavorato all'Aquila, realizzato col consorzio dello zafferano, prevedeva – spiega Fedele - che tramite sensori multispettrali si riesca a controllare, ad esempio, in quale area e quanto c'era bisogno di irrigazione e come e quando occorrono pesticidi». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 28/06/2021

24 Giugno 2021

Accenture: «solo il 37 %delle aziende pienamente soddisfatto del cloud»

A tracciare un bilancio Valerio Romano, Cloud first lead della società. Attesi miglioramenti con Pnrr e progetto Gaia-X Il cloud è al centro dell'interesse di imprese e Pa e rappresenta uno dei pilastri del piano italiano per la Transizione digitale del Governo. Tuttavia solo il 37% delle aziende è pienamente soddisfatto dell'utilizzo della nuvola. È quanto emerge da una ricerca globale di Accenture, la multinazionale americana che dedica al cloud un impegno notevole, con 100mila risorse nel mondo, 5mila in Italia. Tra le cause del decollo parziale della nuova tecnologia, Valerio Romano, Cloud first lead di Accenture, individua soprattutto «la mancanza nelle aziende di competenze specifiche». Altre ragioni che frenano il successo della nuvola sono: «complessità e specificità del business, poca fiducia da parte della leadership delle aziende e delle funzioni legate all'It nella migrazione, paure legate alla sicurezza e compliance, alla sovranità dei dati e all'infrastruttura». «Si nota grande discontinuità col passato, migliorata la predisposizione» Tuttavia, a fronte di uno scenario ancora insoddisfacente, secondo l'osservatorio globale di Accenture «c'è ora – spiega Romano a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business Schooll – una grande discontinuità con il passato, è cambiata in meglio la predisposizione. In Italia in particolare, con il Recovery Plan che ha una focalizzazione sul tema della digitalizzazione e del cloud, si vuole utilizzare l'occasione per recuperare il divario».La pandemia, anche in questo campo, ha funzionato da acceleratore. A oggi solo il 30% delle Pmi italiane usa concretamente servizi cloud La domanda di cloud computing si è impennata, con un mercato dei servizi di public cloud cresciuto, secondo Gartner, del 6,3% nel 2020 per un totale di 257,9 miliardi, a fronte del 242,7 miliardi del 2019. In Italia la crescita del mercato si attesta al 21% sul 2019, a quota 3,34 miliardi. Il public & hybrid cloud guadagna rappresenta la fetta più grossa con un valore di 2 miliardi e cresce del 30 per cento. Uno studio dell'Istituto per la Competitività sottolinea che una piena adozione di soluzioni di cloud computing da parte delle aziende italiane potrebbe comportare un aumento di fatturato fino a 600 miliardi di euro, di cui oltre la metà a beneficio di piccole e medie imprese. A oggi, peraltro, solo il 30% delle Pmi italiane utilizza concretamente servizi cloud. L'impatto sul settore pubblico potrebbe generare fino a oltre un miliardo di risparmi l'anno, grazie a minori spese energetiche e maggiore produttività del personale. Spinta al successo del cloud potrebbe venire dal progetto Gaia-X Ma torniamo agli aspetti del cloud sui quali occorre ancora lavorare. Innanzitutto, la maggior parte delle aziende, spiega Romano, «ha adottato un approccio tattico, cioè attraverso interventi nel breve periodo, e non strategico». Se da un lato a livello globale, il 90% delle aziende ha adottato il cloud in qualche sua forma, per molte si è però trattato di spostare appena tra il 40% e il 20% del "carico di lavoro", e spesso nemmeno quello più complesso. L'utilizzo si è fermato talvolta a file condivisi o alla gestione della posta elettronica. «Secondo gli ultimi dati di Accenture riferiti al 2019, solo il 37% delle aziende – spiega Romano - ha raggiunto attraverso il cloud tutti i risultati che si attendeva, in aumento di appena il 2% sul 2018. Il successo, inoltre, è più probabile nelle aziende molto grandi, con oltre 10 miliardi di fatturato». Una grossa spinta per l'utilizzo massiccio del cloud, oltre che dal Pnrr, potrebbe venire dal progetto europeo Gaia-X, a cui la stessa Accenture aderisce, e che potrebbe contribuire a rassicurare le aziende riguardo ai timori sulla sovranità dei dati e sulla loro sicurezza. «L'Europa – spiega ancora Romano - ha compreso il gap esistente rispetto agli Usa e ha messo a punto Gaia X che è un modello di cloud aperto alla partecipazione. Noi abbiamo aderito subito, riteniamo che sia un progetto fondamentale soprattutto per la Pa». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 28/06/2021

24 Giugno 2021

Lutech: «Con nuovo socio Apax puntiamo a circa 1 miliardo di ricavi al 2024»

Dopo il closing del passaggio di quote il 14 giugno scorso, l'ad Tullio Pirovano delinea le prospettive, dalla nuova sede alle acquisizioni mirate Un piano di aumento dei ricavi fino a un miliardo di euro nel 2024, una nuova sede a settembre, e un occhio alla Borsa, che sarà valutata «tra tre-quattro anni». Sono le prospettive di Lutech, gruppo di servizi IT che dà lavoro a oltre 2600 persone e fattura circa 440 milioni di euro. A raccontarle a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore e della Luiss Business School) è l'amministratore delegato Tullio Pirovano, a valle del closing il 14 giugno scorso per il passaggio del 100% delle quote dal fondo One Equity Partners al fondo Apax. Ora l'obiettivo, con l'arrivo del nuovo socio e dopo la sfilza di 15 acquisizioni degli ultimi anni, è crescere a livello organico e completare l'offerta con altre operazioni mirate. Come avete chiuso il 2020, avete risentito dell'effetto pandemia? Abbiamo chiuso il 2020 con un leggero calo dei ricavi a 433 milioni, l'1,6% circa in meno rispetto al 2019. E' stato comunque un calo inferiore a quello del mercato, grazie alla diversificazione dell'offerta. La riduzione riscontrata nei servizi digital è stata controbilanciata dall'andamento della parte infrastrutturale. Lutech ha quindi dimostrato una forte resilienza, e nel 2020 abbiamo approfittato per continuare il nostro processo di integrazione portando avanti diverse operazioni di fusione infragruppo. Nel 2020, inoltre, abbiamo iniziato il processo di uscita di One Equity Partner. Questo ci ha permesso di arrivare a marzo alla firma del contratto per il passaggio delle quote ad Apax mentre il closing è avvenuto qualche giorno fa, il 14 di giugno. Da allora Lutech è in mano per il 100% al fondo di private equity che è un fondo primario, ha circa 60 miliardi di dollari investiti in aziende e ha un posizionamento importante nell'Information technology. Inoltre conosce molto bene l'It italiano, visto che è stato socio di Engineering. Apax si appresta a supportare l'azienda nel prossimo periodo, confermando il piano dell'azienda, la struttura organizzativa e il management team. Come sta andando il 2021 e che prospettive avete? Siamo molto positivi, per noi il 2021 è un anno straordinario; iniziamo con nuovo socio, vediamo un'uscita da questo periodo drammatico e per facilitare e mantenere una parte dei benefici dello smart working cambieremo sede. A settembre ci sposteremo, infatti, da Cologno Monzese a Cinisello Balsamo nella nuova sede completamente ristrutturata e progettata per un nuovo modo di lavorare. Dal punto di vista dei conti, il 2021 sta andando bene, abbiamo avuto un trimestre in crescita. C'è ancora attenzione, si procede con piedi di piombo, ma anche molta voglia di ripartire con gli investimenti, ci aspettiamo nella seconda metà di cominciare a vedere anche qualche effetto del Recovery. Per l'esercizio in corso l'obiettivo è recuperare quanto perso nel 2020, portandoci un po' sopra i valori raggiunti l'anno scorso e recuperando molto di più sui servizi digital, tendenza che stiamo già riscontrando. L'obiettivo, al netto del Recovery, è di crescere di circa il 3-4 per cento. E per il piano al 2024? Da qui al 2024 abbiamo un target duplice: da un lato puntiamo sulla crescita organica, realizzata con le nostre forze, con l'obiettivo di arrivare a 580 milioni di fatturato. Dall'altro lato prevediamo di continuare, anche se in maniera un po' meno massiccia, le operazioni di acquisizione, visto che il mercato italiano ha un potenziale di consolidamento. L'obiettivo, conteggiato anche l'apporto delle acquisizioni, è di avvicinarsi il più possibile al miliardo di euro di ricavi, posizionando l'azienda tra la prime tre italiane, con Engineering e Reply. Avete anche pensato all'ipotesi di quotazione? Sarà una delle possibili opzioni, la valuteremo in base alla recettività del mercato dei capitali, anche se per il momento il problema non si pone. Il fondo Apax è appena entrato, ne riparleremo tra tre o quattro anni. Sul fronte acquisizioni che settori guardate in particolare? Attualmente siamo presenti in sei settori: servizi finanziari, public sector, telco e media, energy e utilities, area manufacturing e parte fashion e retail. Le operazioni di M&A non andranno ad aggiungere nuovi settori, ma a rafforzare l'azienda in quelli dov'è presente. Ad esempio siamo fortemente interessati a cloud trasformation, cybersecurity, salesforce.com, big data e vogliamo rafforzare la nostra presenza nell'ambito del manufacturing. Stiamo inoltre guardando con molta attenzione ad aziende che possano completare il nostro posizionamento nell'ambito del credit management. Al piano di crescita del fatturato accompagnerete anche un incremento dell'occupazione? Aziende come Lutech si basano tanto su nuove tecnologie e prodotti, ma anche su capitale umano. Siamo alla ricerca di talenti e stiamo assumendo costantemente. Sulla piazza di Milano, ma anche in quella di Roma, ci contendiamo i giovani talenti con i principali attori del settore. Dopo l'acquisizione fatta a Cagliari, abbiamo l'obiettivo di far diventare il capoluogo sardo una sede importante che crescerà significativamente. Faremo un discorso analogo nel Sud Italia, guardiamo con interesse la Puglia, e continueremo ad assumere anche a Milano. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 28/06/2021

12 Giugno 2021

«Co-investimento nelle fibra inutilizzabile nell’assegnazione di fondi pubblici»

La posizione di Francesco Nonno, direttore Regolamentazione di Open Fiber, in vista delle nuove gare per le aree grigie e nere Bene la nuova Strategia italiana per la banda ultra-larga, messa a punto da ministero per l'Innovazione e Mise, ma no al modello di co-investimento tra gli operatori «di cui si è sentito parlare erroneamente» visto che «non rientra tra quelli utilizzabili per l'assegnazione dei fondi pubblici». Lo sottolinea Francesco Nonno, direttore Regolamentazione di Open Fiber a colloquio con DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School. Secondo Nonno inoltre bisognerebbe prevedere dei punteggi aggiuntivi per chi adotta, come Open Fiber, il modello wholesale only «perché meno distorsivo della concorrenza». Fondamentale secondo Open Fiber , per non ripetere gli errori del passato, monitorare gli impegni degli operatori, e in caso, sanzionarli. Il piano Italia a 1 Giga prevede 3,8 miliardi per fornire connettività a un gigabit al secondo in download e 200 megabit al secondo in upload per 8,5 milioni di unità immobiliari nelle aree nere, dove è attesa la presenza di più operatori, e quelle grigie dove si prevede un solo operatore. In pratica si punta a coprire gli immobili che a seguito della nuova mappatura risulteranno non coperti da reti in grado di fornire almeno 100 megabit al secondo in download. L'avvio dei bandi di gara è previsto tra il quarto trimestre del 2021 e il primo del 2022.  Open Fiber negli anni scorsi si è aggiudicata i bandi per le aree bianche a fallimento di mercato, un piano ancora da completare. Come giudicate la strategia del Governo che prevede l'aggiudicazione dei nuovi bandi su aree grigie e nere entro il secondo trimestre 2022? È una tempistica ragionevole? Pensiamo che sia la strada giusta. La nuova "Strategia Italiana per la Banda Ultralarga" rappresenta un percorso organico per dotare il Paese di una copertura universale con infrastrutture a velocità Gigabit e favorire la migrazione verso infrastrutture ad altissima capacità, anche con il ricorso a voucher che stimolino la domanda favorendo il processo di switch off dal rame alla fibra ottica. La tempistica immaginata dal governo per l'assegnazione delle prime gare entro il secondo trimestre 2022 corrisponde ai tempi minimi per completare il processo, un obiettivo sfidante che testimonia la volontà di accelerare il più possibile. Secondo voi come è meglio procedere e con che tipo di bandi? Il percorso per l'assegnazione dei fondi previsti dal Recovery and Resilience Plan prevede obbligatoriamente il ricorso a gare pubbliche e non è, quindi, pensabile nessun percorso alternativo. I modelli di intervento pubblico previsti a livello europeo sono l'intervento diretto (con o senza affidamento in concessione) e il gap funding (contributo a fondo perduto a privati). Nelle ultime settimane si è spesso sentito parlare, erroneamente, del modello di co-investimento, che non rientra tra quelli utilizzabili per l'assegnazione di fondi pubblici. Bisogna, poi, ricordare che le gare europee devono obbligatoriamente prevedere dei punteggi aggiuntivi per il modello wholesale only, considerato meno distorsivo della concorrenza. Il favor comunitario per tale modello è così rilevante che in alcuni casi (Aree Nere) è l'unico utilizzabile per realizzare l'investimento pubblico. Quale sarebbe, secondo Open Fiber, il modello migliore di intervento? A nostro avviso, la scelta tra i diversi modelli dovrebbe dipendere soprattutto dalla rilevazione delle coperture in corso. Nelle aree dove già esistono coperture e centrali pubbliche (grazie al piano Bul in corso) sarebbe inefficiente assegnare soldi a un privato per costruire una porzione di rete che non dialoga con quella pubblica, molto più efficiente sarebbe realizzare un'estensione della copertura pubblica, con il massimo riutilizzo delle infrastrutture già realizzate con fondi pubblici. Allo stesso modo, nelle aree dove sono già realizzate in quote rilevanti reti private (le principali città italiane) non è efficiente realizzare una rete pubblica separata da quelle già esistenti mentre sarebbe più efficace utilizzare modelli a contributo per stimolare i privati a completare le coperture. La cosa fondamentale è che, terminati i progetti, tutti gli italiani possano accedere a infrastrutture ad altissima capacità, nessuno escluso e che gli operatori che forniscono i servizi al dettaglio ai cittadini possano comprare tutti gli accessi di una città da uno stesso fornitore. Quali sono gli errori da non ripetere per non accumulare nuovi ritardi? Fondamentale, per non ripetere gli errori del passato, sarà il monitoraggio degli impegni di copertura da parte degli operatori e la sanzionabilità in caso di mancato rispetto. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 12/6/2021

12 Giugno 2021

«Pronti a valutare dossier Sirti se c’è interesse, Clessidra tra i soci Italtel»

L'intervista a Umberto Pesce, presidente del gruppo Psc sul progetto di polo nazionale dell'impiantistica, a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School Il gruppo di impiantistica Psc guarda alla concorrente Sirti per creare una compagnia più forte e, una volta riscontrato interesse verso qualche forma di aggregazione, si dice pronto a valutare il dossier. Lo annuncia a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) il presidente Umberto Pesce mentre il gruppo è in attesa dell'esito dello stanziamento nell'ambito di Patrimonio Rilancio, strumento del Mef gestito da Cdp per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medio-grandi dimensioni. Un passaggio considerato dalla società punto di snodo per creare «il polo nazionale dell'impiantistica» come nei progetti del gruppo. Nei mesi scorsi Psc, che è controllata all'80% dall'holding della famiglia Pesce, per il resto, equamente diviso, tra Fincantieri e Simest, ha avuto il via libera del tribunale per il salvataggio di Italtel, società in concordato preventivo, un'operazione in cui è entrata anche Tim. «Italtel - aggiunge Pesce - sarà un'operazione a tre: oltre Psc che ha la maggioranza e Tim, che avrà il 18%, Clessidra ci ha dato fiducia aprendo alla possibilità di intervenire nell'azionariato della newco. Per effetto dell'ingresso di Clessidra la quota di Tim si è diluita dal 25 al 18 per cento». Intanto, ad aprile scorso l'azienda di impiantistica ha cooptato nel board Mauro Moretti che sarà nominato amministratore delegato in occasione della prossima assemblea chiamata ad approvare i conti 2020. Un ingresso che, a causa della condanna in secondo grado dell'ex ad di Ferrovie  per la tragedia di Viareggio (condanna  annullata dalla Cassazione che ha chiesto di rifare il processo), non ha mancato di suscitare reazioni come l'interrogazione parlamentare di Fdl al presidente del Consiglio Mario Draghi. Con le dimissioni del consigliere Luigi Ferraris, nominato ad di Ferrovie e l'arrivo di Moretti come amministratore delegato come cambierà la vostra governance? Entro fine giugno ci sarà l'approvazione del bilancio 2020, l'attuale cda terminerà il suo mandato e con i rinnovi delle cariche vi sarà molto probabilmente una concentrazione. In questi mesi, i membri del cda hanno messo a disposizione del gruppo tutto il loro valore e la loro esperienza e sono risultati decisivi nel nostro percorso di crescita. Moretti assumerà l'incarico di amministratore delegato. Precedentemente avevamo un ampio consiglio con l'intento di distribuire le deleghe. L'arrivo di Moretti, che come ad del gruppo avrà tutte le deleghe e che conosce la realtà Psc per essere stato membro dell'advisory board del gruppo, lascia propendere per l'opportunità di un consiglio più concentrato. Fulvio Conti resterà come vicepresidente. Intanto ci prepariamo a portare avanti il nostro piano industriale, ambizioso e sfidante in termini di fatturato sebbene condizionato innegabilmente dall'effetto Covid, di cui abbiamo come tante altre realtà industriali risentito. A che punto è l'acquisizione di Italtel? Sta andando avanti la procedura del tribunale, ci sarà l'adunanza dei creditori a settembre e l'omologazione del concordato è prevista per la fine di dicembre. Italtel sarà un'operazione a tre: oltre Psc che ha la maggioranza e Tim che avrà il 18%, Clessidra ci ha dato fiducia aprendo alla possibilità di intervenire nell'azionariato della newco. Noi siamo impazienti di vedere risolti tutti i passaggi della procedura concorsuale, in modo da consentire a questa eccellenza italiana di rilanciarsi sul mercato. Come funziona e a che punto è l'operazione Patrimonio rilancio, punto di snodo per il vostro progetto di Polo nazionale dell'impiantistica? Il Mef ha stanziato i fondi, la Cdp prima dei cambi al vertice ha approvato il regolamento, puntiamo molto sulla finalizzazione dell'operazione Patrimonio rilancio, la stiamo aspettando anche per i benefici che ne riceverebbe l'intero gruppo, una volta aggregata Italtel. E' un vero e proprio punto di snodo nello slancio del nostro progetto del polo nazionale impiantistico. Applicando i parametri della misura ai numeri del gruppo, da Patrimonio rilancio puntiamo ad avere risorse per circa 70 milioni di euro: in particolare, con Cdp è stata analizzata la possibilità di emettere un prestito subordinato, conforme alla normativa europea sottostante allo strumento. Il polo punta ad aggregare altre realtà importanti. Man mano che progetteremo le nuove operazioni anche il fondo Clessidra potrà valutarle e decidere nel caso di investire. Pensa che Sirti, tra gli attori più importanti nel settore dell'impiantistica italiana, possa essere il prossimo obiettivo per andare avanti nel progetto? E in questo caso pensate a partnership? Indubbiamente Sirti è una compagnia che per valore e contiguità di business può interessare nell'ottica di arricchire il progetto, per cui un'eventuale operazione meriterebbe di essere approfondita, sotto diversi aspetti; quello industriale, per le sinergie che si potrebbero sfruttare con Italtel, quello dell'occupazione aggregata che, in questo modo, arriverebbe ad oltre 10mila unità e quello del volume d'affari che potrebbe incrementarsi fino a circa 2 miliardi. Un eventuale aggregazione sarebbe di sicuro valore per l'industria nazionale, perché vista l'omogeneità industriale si creerebbero i migliori presupposti per cogliere le prossime opportunità di business che si intravedono all'orizzonte col Pnrr, permettendo al tempo stesso a un vero e proprio colosso made in Italy di presentarsi anche sui mercati internazionali in maniera forte. Avete avviato una trattativa? Al momento no, ma se vi fosse un interesse verso qualche forma di aggregazione potremmo valutare il dossier. Auspico che il contesto economico nazionale, recuperata solidità e stabilità anche attraverso le imminenti misure di sostegno, consenta di propendere verso questa sfidante ed affascinante prospettiva aggregativa. Resta il vostro progetto di quotazione in Borsa? Sì, il nostro progetto prevede la quotazione, che valutiamo di poter effettuare entro il 2023-24. Nel frattempo inizieremo a razionalizzare l'organizzazione societaria, con fusioni infragruppo. Oltre alle operazioni in Italia guardate all'espansione all'estero? Sì, stiamo puntando in particolare alla Libia dove abbiamo due contratti per realizzazioni di infrastrutture allo stato sono sospesi a causa della guerra civile. A fine maggio ho avuto l'onore e il piacere di partecipare al recente business forum Italia-Libia. Ci puntiamo molto, tanto che progettiamo di aprire una branch, a Tripoli e/o Misurata. A noi piacerebbe andare in Libia in raggruppamento con altre aziende italiane, riuscendo a fare squadra. Oltre alla Libia siamo presenti in America Latina, Romania e Spagna, Danimarca, Qatar e Russia. Anche in vista delle risorse del Recovery, puntiamo a rafforzarci in Romania e Spagna e a entrare nel mercato greco dove crediamo ci siano molte opportunità. Attualmente il nostro fatturato dall'estero rappresenta poco meno del 40%, vorremmo superare leggermente la soglia del 50% al 2024. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 12/6/2021

12 Giugno 2021

«Italia diventerà un porto digitale di estrema importanza»

Parla Emmanuel Becker, managing director Italia di Equinix, a DigitEconomy.24, report Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School L’Italia si trova in una posizione strategica essendo nel crocevia delle connessioni sottomarine tra l’Estremo oriente e il Medio Oriente, collegata anche alla dorsale atlantica con gli Stati Uniti e «sarà al centro della digital transformation globale, non solo europea». A disegnare le opportunità che si aprono per il nostro Paese in materia di corridoi digitali, anche in vista del Recovery Plan, è Emmanuel Becker, managing director per l’Italia di Equinix, azienda specializzata nel settore delle inteconnessioni globali che possiede in Italia quattro data center di moderna generazione nell’area di Milano. Il nostro Paese, continua il manager, si trova «in un momento chiave della trasformazione digitale. L’Italia è importante nell’Unione europea e nel mondo, a livello economico e politico. Oggi tutti i grandi Paesi devono avere corridoi digitali. I porti più sono importanti e più diventeranno digitali. L’Italia essendo un Paese di scambio di merce è anche un porto digitale. Tuttavia l’Italia finora, con il suo principale punto di approdo in Sicilia, rappresentava solo l’1,5% dei corridoi digitali, pur essendo la quarta potenza europea. Ora per il nostro Paese si aprono nuove opportunità anche grazie alle opportunità del Recovery Fund». Equinix, nel frattempo, ha iniziato la costruzione dell’ hub sottomarino a Genova, chiamato GN1. Vodafone, gruppo capofila del consorzio per gli approdi europei, ha  infatti scelto il capoluogo ligure come attracco per il sistema di cavi 2Africa, dove utilizzerà la struttura GN1di Equinix come punto di interconnessione strategico. Genova, prosegue Becker, «è ben posizionata, ha una posizione chiave sulla mappa globale dei cavi sottomarini. Il digital hub porterà innanzitutto benefici alla città stessa, in quanto attrarrà tutti i network provider che quindi potenzieranno la loro connettività locale». Il risultato è che Genova «diventerà un polo digitale molto importante, non solo localmente ma anche per tutta l’Italia, in quanto, essendo in una posizione geografica strategica, sarà un perfetto punto di collegamento con gli altri nostri data center: in questo modo si verrà a creare una rete di collegamento con il Medio Oriente, l’Africa, la Francia, la penisola iberica e tutto il mercato dell’America Latina, portando così migliori performance, più banda larga e ovviamente un benefico economico per tutte le imprese in Italia, ma anche in Europa». Grazie all’investimento di Genova, «Equinix sta creando una nuova porta di entrata e uscita dei dati per tutta l’Europa e l’Italia. Questo cavo di nuova generazione, che collegherà 23 paesi, consente infatti all’Italia di diventare un porto digitale di prima importanza per attrarre tutti gli operatori che hanno interessi in Middle East, Africa e Far East.  Ovviamente questo investimento porterà anche nuovi posti di lavoro». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 12/6/2021

12 Giugno 2021

A breve l’avvio della mappatura Infratel sulle reti 4G-5G, nel 2022 le gare

L'iter del piano Italia 5G nell'ambito della strategia italiana per la banda ultra-larga del ministero dell'Innovazione e del Mise Supporto alla diffusione della connettività 5G lungo circa 2.645 chilometri di ‘corridoi europei'; strade extra-urbane predisposte per la nuova tecnologia e aree a fallimento di mercato anche per il 5G, come già previsto per la fibra. Sono tra i capisaldi, all'interno della Strategia italiana per la banda ultralarga ‘Verso la gigabit society' del Mitd e del Mise, del piano "Italia 5G" predisposto dal MItd e Mise che prevede uno stanziamento di 2,02 miliardi di euro al fine di soddisfare pienamente il fabbisogno di connettività mobile. E' atteso per oggi, intanto, secondo quanto risulta a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) l'avvio della mappatura per identificare le reti esistenti 4G e 5G, propedeutica per poi far emergere le zone scoperte. Bandi entro I trimestre 2022, aggiudicazione entro II trimestre dell'anno prossimo Conclusa la mappatura per l'identificazione delle infrastrutture esistenti e dei piani degli operatori, paritirà la consultazione pubblica sullo schema di intervento e sulle aree target. Una volta avuto il parere dell'Autorità nazionale di regolamentazione e notificata la misura alla Commissione, si stima l'avvio dei bandi di gara sul 5G tra il quarto trimestre del 2021 e il primo trimestre del 2022; l'aggiudicazione tra il primo e il secondo trimestre del 2022. 420 milioni per i corridoi 5G Tornando agli stanziamenti, 420 milioni sono previsti per i corridoi 5G, a supporto della diffusione della connettività secondo un ambito di intervento che verrà definito nel dettaglio sulla base degli esiti della mappatura e mediante leinterlocuzioni con la Commissione europea. Si prevedono poi 600 milioni per la realizzazione del backhaling in fibra ottica su circa 10mila chilometri di strade extra-urbane altamente trafficate per supportare l'adozione di applicazioni 5G in settori fondamentali come sicurezza e mobilità. Per coprire le aree dove non ci sarà connessione mobile adeguata, nel Pnrr è contemplata anche la possibilità, nel rispetto delle norme in materia di aiuti di Stato, di destinare risorse verso misure a sostegno della domanda di servizi a banda ultra-larga. Bassanini:« opportuna azione lato domanda con credito di imposta e bonus» «E' opportuna - scrive Franco Bassanini, presidente di Astrid nella sua prefazione al libro Il futuro del 5G – mercato ed evoluzione tecnologia curatoda Maurizio Decina e Antonio Perrucci – un'azione anche dal lato della domanda, sia business sia residenziale, attraverso il ricorso a strumenti quali il credito d'imposta e i bonus, sperimentati in altre recenti occasioni sia nel settore delle comunicazioni elettroniche /pc, tablet, accesso a banda larga) sia in altri comparti (super-bonus ecologico per le ristrutturazioni edilizie, super-bonus sisma)». Rispetto al piano sulla Banda ultra-larga del 2015, commenta Perrucci, direttore del laboratorio sull'ecosistema digitale Astrid-Led, «c'è una grossa novità, ovvero il ruolo del 5G e la previsione di aree bianche, a fallimento di mercato, anche per la telefonia mobile che saranno confermate dalla mappatura». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 12/6/2021

12 Giugno 2021

Telco in fermento in vista delle gare per portare 1 Giga in 8,5 milioni di case

Fastweb e Tim favorevoli a bandi a incentivo, Convergenze prepara un piano per 21 comuni, Intred a favore dei bandi di dimensione medio-piccola Gli operatori di tlc, piccoli e grandi, scendono in campo in vista della scadenza del 15 giugno per presentare a Infratel i piani aggiornati sulle aree grigie, dove ha pianificato l'investimento un solo operatore, e nere, dove è prevista competizione infrastrutturale. Le aziende dicono la loro sull'ipotesi di coinvestire e sui futuri bandi di gara che secondo la ‘Strategia italiana per la banda ultralarga ‘Verso la gigabit society' del Ministero per l'Innovazione e del Mise, saranno emessi tra l'ultimo trimestre del 2021 e il primo del 2022 con aggiudicazione tra il primo e il secondo trimestre del 2022. Fastweb e Tim sono più favorevoli a bandi a incentivo, e non a concessione, questi ultimi utilizzati per le gare sulle aree bianche, a fallimento di mercato, vinti da Open Fiber. Convergenze annuncia un piano per portare la rete in fibra in 21 comuni del salernitano, un progetto per cui sta concludendo una partnership, e Intred rimarca la sua posizione per lotti di gara medio piccoli, in modo da coinvolgere tutti gli operatori presenti sul mercato. Piano a 1 Giga da 3,8 miliardi All'interno della nuova Strategia italiana da complessivi 6,7 miliardi, il piano Italia a 1 Giga prevede in particolare 3,8 miliardi per fornire connettività a un gigabit al secondo in download e 200 megabit al secondo in upload per 8,5 milioni di unità immobiliari nelle aree nere e grigie con realtà che si sono rivelate a fallimento di mercato. In pratica si punta a coprire gli immobili che a seguito della nuova mappatura risulteranno non coperti (attualmente e anche nei prossimi anni) da reti in grado di fornire almeno 100 megabit al secondo in download. Per Fastweb meglio bandi a incentivo, sulla stessa linea Tim «Per noi – dice a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) Lisa Di Feliciantonio, a capo dell'ufficio Relazioni esterne e sostenibilità di Fastweb - è importante che la strategia che adotterà il Governo successivamente alla mappatura confermi la complementarità dell'intervento pubblico rispetto all'intervento privato e l'approccio di neutralità tecnologica. Auspichiamo che questa impostazione già delineata sia confermata, assieme al modello a incentivo che vorremmo vedere in campo con l'impegno e la responsabilizzazione del soggetto privato. Una soluzione, cioè, che prevede anche un commitment finanziario da parte di chi vince i bandi e quindi incentivi a velocizzare la realizzazione delle reti e la loro commercializzazione». Quanto alla soluzione dei consorzi, tra le ipotesi in discussione per poi procedere alla realizzazione delle reti in banda ultra-larga, «noi siamo sempre stati favorevoli a modelli di co-investimento, ne abbiamo uno in campo sull'ftth con Tim e Kkr, uno con Linkem per l'ultra-Fwa e un modello con WindTre per il 5G. È una soluzione per creare efficienza, e a nostro avviso non ci sono dubbi che si andrà in questa direzione. Non c'è, dunque, bisogno di procedere con lotti di grande dimensione per spingere gli operatori su questa strada. Noi siamo per lotti al massimo regionali, fondamentali per incentivare la partecipazione del maggior numero possibile di operatori». Anche Tim, secondo quanto risulta, guarda con interesse al modello a incentivo mentre i bandi con il modello a concessione, utilizzati per le gare nelle aree bianche vinte da Open Fiber, hanno già dimostrato i loro limiti. Convergenze lavora a un piano per la rete in fibra in 21 comuni nel salernitano Infratel, commenta Rosario Pingaro, ad di Convergenze, «ci ha chiesto di indicare nuovamente una mappatura entro metà giugno, è molto interessante rispetto alle scorse consultazioni». La società campana «sta lavorando  a un importante progetto di espansione della rete in fibra in 21 nuovi comuni nelle aree grigie nella provincia di Salerno nei prossimi tre anni». Si tratta di un investimento ingente per cui il gruppo «sta realizzando una partnership,  contiamo di chiudere proprio in vista del 15 giugno». Inoltre, Convergenze ha tra gli obiettivi «un'accelerazione sulle aree bianche grazie anche ai proventi dell'Ipo». Sulle aree grigie Intred, la società bresciana guidata da Daniele Peli, punta già da tempo. «Una delle preoccupazioni che avevamo con l'ipotetica rete unica consisteva nel rischio di avere come principale competitor l'incumbent del mercato con vantaggio notevolissimo. Ora – aggiunge il capoazienda - con la consultazione che scade il 15 giugno andremo a mettere nero su banco parte di quello fatto e quello pianificato da qui a 2025. Il difetto della mappatura precedente era l'orizzonte temporale troppo breve, la nuova mappatura ha invece un orizzonte temporale più ragionevole, concreto, lo Stato ha ragione a pianificare l'intervento diretto laddove non si faranno le reti, ma deve dare tempi adeguati a noi operatori». Dopo la consultazione secondo Intred, «è meglio andare avanti non solo con macro-bandi ma con micro-bandi. Nel primo caso, infatti, gli unici che potrebbero competere sono Open Fiber e Tim. Noi siamo a favore dei bandi medio-piccoli». Unidata investirà nelle aree grigie del Lazio con la newco Unifiber Scalda i motori anche Unidata, guidata da Renato Brunetti. «Nei prossimi 3-5 anni – spiega il presidente e ad - investiremo nelle aree grigie della regione Lazio tramite la newco Unifiber, costituita insieme al fondo internazionale Cebf nel dicembre 2020. In questo modo realizzeremo reti in fibra ottica di tipo Ftth. Unifiber si occuperà poi della vendita dell'accesso e dell'utilizzo delle reti in modalità wholesale-only, ovvero soltanto ad altri operatori. L'obiettivo del nostro progetto è quello di coprire oltre 100.000 unità immobiliari residenziali ed oltre 5.000 aziende». Riguardo alla costruzione dei bandi e alla loro dimensione Unidata ricorda che «ci sono delle aree grigie che possono essere considerate "tendenzialmente a fallimento di mercato", questo le fa assomigliare alle aree bianche in termini concorrenziali e di opportunità di investimento. Sono quindi poco attrattive per gli operatori privati. Quello che noi di Unidata auspichiamo è che ci siano dei bandi veloci, relativi all'architettura di rete Ftth (che è tecnologicamente la soluzione definitiva) su delle aree ben circoscritte. Anche piccole. In tal caso saremmo pronti a parteciparvi da soli o insieme ad altri operatori e a investirvi dai 30 ai 60 milioni di euro nei prossimi anni». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 12/6/2021