Digital Transformation
Digital Transformation
Digital Transformation
Digital Transformation

05 Febbraio 2021

Zte: «Pronti a portare lo smart stadium in Italia, il tifoso sarà  regista di quello che vede in campo»

Parla il vicepresidente Lucio Fedele a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School. L'applicazione  non necessita di coperture estese,  in Cina è già una realtà   Le applicazioni per il 5G sono pronte, e sono già realtà. Quello che manca è la copertura di rete per partire con una diffusione massiva. A fare il punto con DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) su come la nuova tecnologica cambierà la nostra vita, dal divertimento alla medicina e alle cure, è il vicepresidente di Zte Italia, Lucio Fedele. Al momento gli stadi sono deserti per le misure di contrasto all'emergenza Covid, ma una delle applicazioni già pronte e che non necessiterebbe neanche di una copertura molto estesa, è quella dello smart stadium, lo stadio ‘intelligente' che in Cina è già una realtà. «Con il 5G parcheggio intelligente e ingressi facilitati negli stadi» «Le peculiarità del 5G – racconta il vicepresidente - sono tante, ci sono applicazioni per l'industria e la sanità, altre per il gaming oppure per gli show e il divertimento. Una su cui stiamo lavorando è quella dello smart stadium. Lato Zte, abbiamo già realizzato questa tecnologica in Cina, in Italia stiamo discutendo. D'altronde c'è una serie di cose che il 5G abiliterà, dal banale parcheggio intelligente, che ci dice in anticipo dove troveremo posto auto, alla facilitazione degli ingressi fino alla cosa più interessante, il vero e proprio smart stadium. Grazie al posizionamento con lo smartphone, chiunque avrà cioè la possibilità di assistere alla partita come se fosse il regista di ciò che sta guardando, scegliendo il calciatore da inquadrare e conoscendo immediatamente le statistiche storiche, quelle in tempo reale sulla sua performance, quanto ha corso, quali zone ha coperto, quanto era veloce il suo ultimo tiro». Tutti aspetti che gli appassionati di calcio ora riescono a sapere solo dopo la fine della partita, nel corso dei programmi televisivi di approfondimento, e che, in questa maniera, conoscerebbero in diretta. A livello tecnologico «quella dello smart stadium è un'applicazione pronta. E' ora necessario coprire le strutture col 5G, scegliendo tra le diverse strade: dalle antenne standard alle microcelle, meno impattanti. Oltre alla copertura 5G, c'è un'altra tecnologica necessaria, sempre inerente al mondo 5G, definita Mec (multi-access edge computing) che consente di elaborare il dato vicino all'utente, avendo una reazione di tipo immediata». «Pronte le applicazioni di telemedicina come la maglietta intelligente» Dal calcio e dallo sport alla musica e agli eventi. «L'applicazione che abbiamo studiato per lo stadio – aggiunge Fedele – vale, infatti, anche per un concerto, consentendo ad esempio di vedere che cosa sta facendo esattamente un musicista in un determinato momento». In attesa che si ritorni alla normalità e stadi e concerti tornino a popolarsi, ci sono altre applicazioni legate alla medicina, che, se ci fosse una copertura capillare con rete 5G, potrebbero già essere utilizzate in maniera massiva. «Uno degli esempi su cui stiamo lavorando – racconta il top manager - è la maglietta intelligente che consente il monitoraggio di parametri vitali del nostro corpo e, in caso di anomalia, può comunicare a livello di alert. Allo stesso tempo la gestione di un numero di dati molto alto consente di monitorare nel tempo un paziente, analizzarlo e seguire la sua evoluzione. Lo step successivo è poi, grazie a sistemi di machine learning e AI, provare a predire quello che potrebbe accadere in futuro». Infine Zte ha partecipato alle sperimentazioni del Mise a Prato e L'Aquila. Nel primo caso si tratta di un'applicazione che consente al paziente, «attraverso sensori e sistemi di misurazione da utilizzare a casa di essere direttamente monitorato da un medico o da un ospedale». Il secondo use-case consente, attraverso videochiamate ad altissima risoluzione, di visitare a distanza il paziente. «Per la diffusione massiva manca la copertura di rete» Un'ulteriore applicazione è «l'utilizzo degli smart glasses nelle ambulanze. In tempo reale, cioè, chi è al pronto soccorso vede che cosa sta facendo sul campo l'operatore sanitario che indossa gli occhiali, dando indicazioni su come operare. Inoltre il medico in ospedale sa già che cosa deve preparare perché conosce le condizioni del paziente che sta arrivando». Gli smart glasses possono essere utilizzati anche nella sicurezza: «ad esempio un poliziotto che li indossa può vedere che cosa un drone sta trasmettendo o che cosa vede un collega che ha una visuale diversa dalla sua». «Implementazione legata alla semplificazione della permissistica» Tutte queste applicazioni di telemedicina, dalla maglietta intelligente alle visite a distanza, potrebbero giovare nel caso della pandemia. «Quello che manca in questo momento – sottolinea Fedele - è la copertura 5G, a oggi tutte queste applicazioni di telemedicina, a breve anche quella più complessa dell'operazione a distanza, sono già realtà. Ma non essendoci una copertura 5G non è possibile renderle disponibili in maniera massiva». La velocità di implementazione, conclude, «dipenderà molto dal supporto che verrà da parte delle istituzioni nella semplificazione della permissistica. Un discorso che vale per qualsiasi tipo di sviluppo infrastrutturale, anche per la rete in fibra. La parte burocratica, cioè, è più complessa di quella realizzativa, ci vuole più tempo a ottenere permessi piuttosto che a installare la rete». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  4/2/2021

05 Febbraio 2021

Reithera: «Grazie ai nuovi bioreattori pronti a soddisfare il fabbisogno italiano dei vaccini»

L'intervista alla presidente Antonella Folgori sul ruolo della tecnologia nella produzione. AI e big data saranno sempre più importanti ReiThera è pronta a produrre 100milioni di dosi di vaccino contro il Covid rendendo così l'Italia «autonoma». A dirlo, in un'intervista a  DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) è Antonella Folgori, presidente e direttrice del dipartimento di immunologia della casa di Castel Romano. Il gruppo, in cui ha investito di recente Invitalia, ha acquistato dei bioreattori grazie ai quali potrà aumentare la produzione. «I nuovi bioreattori – spiega Folgori che è anche fondatrice del nucleo originario di Reithera, Okairos - sono stati acquistati anche in previsione della produzione su larga scala e a pieno regime, se ReiThera disporrà delle risorse necessarie, saremo in grado di produrre fino a 100.000.000 dosi all'anno e quindi potremmo soddisfare l'intero fabbisogno vaccinale dell'Italia». Che ruolo ha la tecnologia nella ricerca e produzione dei vaccini? In tutti i processi di manifattura, l'avanzamento tecnologico va in parallelo con l'ottimizzazione degli step produttivi. Ciò vale anche per i vaccini. Per esempio, l'introduzione nel processo di materiali innovativi a basso rilascio di sostanze estraibili ha permesso di aumentare la qualità dei prodotti. Anche in termini di automazione sono stati introdotti importanti progressi. La gestione dei parametri di processo avviene attraverso sistemi di controllo in remoto, e operazioni come l'ispezione visiva del prodotto finale e il riempimento delle provette vaccinali avvengono oramai in maniera completamente automatizzata. Sicuramente sistemi di intelligenza artificiale e l'ausilio di big data nella gestione e registrazione dei dati di processo rappresentano il futuro dell'industria manifatturiera, di cui i vaccini sono una componente importante. Avete acquistato un bioreattore per la produzione di vaccini su larga scala, come funziona e su quali tecnologie si basa? Consentirà di aumentare la produzione per le necessità dell'Italia? I processi produttivi in ReiThera seguono le Norme di Buona Fabbricazione (normalmente definite GMP, dall'inglese "Good Manufacturing Practices") che descrivono i metodi, le attrezzature, i mezzi e la gestione delle produzioni per assicurarne gli standard di qualità appropriati. L'officina farmaceutica applica in ambiente GMP processi di produzione dei vettori virali attenuati utilizzando linee cellulari ingegnerizzate al fine di ottimizzarne la produttività, grazie all' impiego di bioreattori che utilizzano sacche monouso per colture di cellule in sospensione su una scala che va da 2 a 2000L. Questo processo denominato di "upstream", basato sull'uso di bioreattori "STR" (stirred tank bioreactors) permette di aumentare i volumi di produzione in modo efficiente e lineare.  Il vettore virale viene successivamente purificato (processo di "downstream") per rimuovere i contaminanti del processo di produzione e quindi principalmente della linea cellulare. La fase di purificazione del virus è basata su tecnologie avanzate che prevedono l'utilizzo di tecniche per filtrazione di profondità, separazione con cromatografia a scambio ionico e formulazione attraverso filtrazione a flusso tangenziale. Al fine di garantire la qualità del vaccino, l'intero processo produttivo viene monitorato con campionamenti rappresentativi delle varie fasi produttive, necessarie alle opportune analisi chimico-biologiche. Il formulato vaccinale a questo punto è pronto per essere sottoposto a una procedura di riempimento automatizzato di flaconi per prodotti iniettabili, e conservato in condizioni refrigerate in attesa della distribuzione I nuovi bioreattori sono stati acquistati anche in previsione della produzione su larga scala e a pieno regime, se ReiThera disporrà delle risorse necessarie, saremo in grado di produrre fino a 100.000.000 dosi all'anno e quindi potremmo soddisfare l'intero fabbisogno vaccinale dell'Italia, rendendola autonoma. Studiate la produzione anche per altri Paesi? Come abbiamo sempre detto, le dosi andranno prioritariamente all'Italia, ma ciò non esclude che successivamente potremo aprirci alla vendita presso altri Paesi. Invitalia partecipa al finanziamento da 81 milioni di euro del vostro vaccino. Come sono spacchettati i fondi nel dettaglio? Il consiglio di amministrazione di Invitalia ha approvato il contratto di Sviluppo presentato da Reithera che finanzia un investimento industriale e di ricerca da 81 milioni di euro. Le agevolazioni concesse, in conformità alle norme sugli aiuti di Stato, ammontano a circa 49 milioni di euro: 41,2 milioni a fondo perduto e 7,8 milioni di finanziamento agevolato. I restanti 32 milioni saranno invece fondi stanziati da ReiThera con finanziamenti propri. Inoltre, in attuazione delle previsioni dell'articolo 34 del decreto-legge 14 agosto 2020, Invitalia acquisirà una partecipazione del 27% del capitale della società a seguito di un aumento del capitale di ReiThera. Riguardo alla tempistica, è emerso ultimamente scetticismo sul fatto che si arrivi a distribuire il vaccino in tempi brevi. Sarà tutto pronto per settembre? Siamo ottimisti sul fatto di poter iniziare il prima possibile i più ampi studi di Fase 2 e 3. Molto dipende dalle risorse che avremo a disposizione per iniziare la produzione su larga scala e dalla struttura della filiera distributiva. Non conoscendo ancora i dettagli logistici non possiamo dare risposte esatte, ma auspichiamo che, dopo l'approvazione, il vaccino possa arrivare agli italiani nel più breve tempo possibile. La tecnologia può essere d'aiuto anche nella seconda fase di distribuzione del vaccino? Certamente: è uno ormai strumento fondamentale nella maggior parte dei settori, compreso quello farmaceutico, soprattutto per la sua capacità di semplificazione e coordinazione dei processi. Per la distribuzione sicuramente utilizzeremo, e con noi anche tutti i nostri partner, gli strumenti più all'avanguardia a nostra disposizione per assicurarci che il vaccino arrivi agli operatori sanitari e ai cittadini nel modo più efficiente e più rapido possibile. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  4/2/2021

05 Febbraio 2021

«Senza intelligenza artificiale e big data impossibile  un vaccino contro il Covid in tempi brevi»

Parla Giovanni Vizzini, direttore medico-scientifico di Upmc Italy, a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore e della Luiss Business School. La pandemia, dice, sta producendo una mole di dati enorme  da usare in tempi rapidi   Senza intelligenza artificiale e big data non sarebbe stato possibile sviluppare un vaccino contro il Covid-19 in pochi mesi. Parola di Giovanni Vizzini, chief operating officer e direttore medico scientifico della divisione italiana di Upmc (University of Pittsburgh medical center). La tecnologia, aggiunge, sarà fondamentale anche nella prosecuzione sullo studio del vaccino, man mano che si allarga la platea di chi lo riceve. «Non sarebbe stato possibile, senza la disponibilità di strumenti e software potentissimi– spiega a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore e della Luiss Business School -, sviluppare un vaccino in tempi così brevi. Prima la tempistica era misurata in anni, oggi in mesi. La pandemia, inoltre, sta producendo una mole di dati enorme, abbiamo a disposizione una quantità di informazioni che ci consentirà di avere soluzioni e indicazioni in tempi rapidissimi, con un'accuratezza che non si sarebbe potuta avere in altri casi». Anche la caratterizzazione del virus ha giovato delle nuove tecnologie Sono stati vari i fattori che hanno permesso la scoperta del vaccino così velocemente, senza, afferma Vizzini, sacrificarne la sicurezza. Innanzitutto, c'erano a disposizione gli studi già compiuti per la Sars. «In quel caso, fortunatamente, il virus si è spento da solo, ma i centri di ricerca avevano già attivato programmi per lo sviluppo dei vaccini che poi non hanno avuto impiego clinico. Nel momento in cui è stato identificato il virus del Covid-19, i laboratori hanno ripreso in mano il lavoro fatto in precedenza e lo hanno sviluppato, sulla base delle similitudini tra il virus della Sars 2 e quello della Sars». Tutto questo è stato possibile anche grazie «all'informatizzazione e al livello di conservazione dei dati che negli anni precedenti non era immaginabile. Il lavoro di ricerca fatto in laboratorio, inoltre, non avviene solo in provetta; gran parte viene compiuto utilizzando computer e dati: la stessa informazione fornita dal banco di laboratorio viene subito digitalizzata. Abbiamo banche dati che prima non esistevano, entriamo cioè a pieno titolo nell'area dei big data». Anche la caratterizzazione del virus è avvenuta velocemente grazie alla tecnologia. «L'Rna, cioè il dna del virus, viene studiato attraverso apparecchiature guidate dai computer, grazie a strumenti di intelligenza artificiale che permettono di gestire una grande mole di dati. Il Coronavirus 19, studiato e tipizzato a distanza di qualche settimana da quando se ne è iniziato a parlare, è un evento che non ha precedenti». «Nessun scorciatoia per le agenzie del farmaco» Sulla velocità della scoperta del vaccino ha inciso in maniera fondamentale il finanziamento da parte degli Stati «che possono permettersi di non ragionare in termini di rischio come i privatic. Centrale anche il contributo delle agenzie mondiali del farmaco: «Le sperimentazioni cliniche hanno goduto della piena collaborazione da parte di tutte agenzie che hanno tagliato di molto i tempi della burocrazia, senza sacrificare la sicurezza. Almeno quando si parla di Fda e Ema, non c'è sicuramente stata nessuna scorciatoia. I tempi sono stati abbreviati solo perché i dati sono stati raccolti in contemporanea grazie agli ingenti finanziamentc. «Ora usare big data e AI per la fase di sorveglianza del vaccino» Le tecnologie daranno una mano anche nella fase che si apre con la somministrazione del vaccino. « Ora – prosegue Vizzini - occorre usare big data e collaborazione per continuare a monitorare il vaccino che è stato testato su un frammento microscopico della popolazione rispetto alla quantità di persone che lo riceveranno; come per tutti i farmaci c'è una valutazione prima dell'impiego clinico, poi si avvia la fase della sorveglianza». «Cruciali le competenze, servono nuove figure come il biostatistico» Nodo cruciale nello sviluppo della nuova era, che si apre nella medicina grazie alle tecnologie, è la creazione di nuovi skill. «Pensiamo per esempio alla formazione della figura specifica del biostatistico che ha competenze mediche e di biologia assieme a quelle statistiche o alle competenze nello sviluppo e nella gestione di programmi di intelligenza artificiale. Tutte le valutazioni, e questo è uno dei grossi problemi dell'AI, non fanno immediatamente comprendere le ragioni dell'esito. I meccanismi interni di calcolo sono basati su algoritmi e hanno bisogno, dunque, di qualcuno che riesca a interpretare e spiegare i risultati».  Grandi novità in campo sanitario possono arrivare, infine, dai competence center. «In Italia ce ne sono 5 o 6 che hanno il compito di sviluppare innovazione. A Bologna c'è il centro di calcolo Cineca, dove Upmc è entrato come capofila dell'area biomedica. La missione del competence center è applicare tecnologie innovative come big data e Ai nel settore della salute attraverso lo sviluppo di progetti innovativi, con un programma importante di formazione e supporto». Solo per fare un esempio, conclude Vizzini, c'è uno studio che porta all'identificazione della dose di radioterapia che risponde meglio nei vari casi presentati dai pazienti. E riguardo a un grosso problema come quello delle infezioni negli ospedali, si punta a sistemi di sorveglianza che vigilino sulle procedure da seguire. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  4/2/2021

04 Febbraio 2021

Retelit: «Rete fissa migliore per la telemedicina, in atto sperimentazione con San Camillo sui teleconsulti»

Parla l'amministratore delegato Federico Protto a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore e Luiss Business School. E la rete unica?  «Dipende da come e dove verrà realizzata, cruciali i fondi del Pnrr»    Per le operazioni chirurgiche e le visite a distanza non c'è solo il 5G. Retelit, ad esempio, dopo aver concluso un accordo con il gruppo milanese San Donato per la fornitura di un'infrastruttura abilitante che può operare anche nel campo dei teleconsulti, ora ha in atto degli use –case con la Fondazione Opera San Camillo sempre nell'ambito infrastrutturale, con cui è possibile abilitare applicazioni di telemedicina sulla rete fissa.  «La tecnologia 5G – spiega a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore e della Luiss Business School) l'amministratore delegato Protto – sta partendo e ha al momento un problema di capillarità, inoltre c'è un rischio di ritardo più evidente con la rete mobile che con quella fissa». Fondamentale poi, prosegue Protto, è tutelare la sicurezza dei dati sanitari, dati sensibili che sono soggetti di hackeraggio più di quelli bancari. «Con rete mobile più problemi sui ritardi» Uno dei problemi che potrebbero nascere con la connessione mobile è proprio quello relativo alla velocità della connessione. «Il ritardo in sé – afferma – non è un problema, perché si tratterebbe di uno scollamento minimo rispetto al tempo reale, il problema nasce quando il ritardo è variabile. Il chirurgo da remoto, cioè, compie il movimento e il piccolo robot collegato in ospedale opera fisicamente, ma con un ritardo non costante la mano del medico potrebbe risultare non ferma, con il rischio di avere un movimento discontinuo». La continuità di movimento è un aspetto che viene garantito «nativamente» in misura superiore dalle reti fisse. La connessione mobile, invece, sarebbe utile nel caso in cui l'operazione non avvenga in un nosocomio vero e proprio, dove si presume ci sia la connessione, ma, ad esempio, in un ospedale da campo. In questo caso, che probabilmente non sarà tra i primi a verificarsi, la connessione mobile è necessaria: «riassumendo la connessione fissa è migliore dal punto di vista tecnologico, la mobile inizialmente non è necessaria». «Sicurezza dei dati fondamentale, quelli sanitari colpiti dagli hacker» In questo contesto non bisogna trascurare la sicurezza dei dati sanitari che vengono scambiati tramite le applicazioni di telemedicina. «Si pensa che i grossi attacchi di hacker siano soprattutto sui sistemi bancari, invece sono soprattutto sui sistemi sanitari. Solo per fare un esempio si può hackerare un fascicolo elettronico a scopo ricattatorio». Un tema, quello della sicurezza, «che abbiamo affrontato non tanto sulla parte della rete ma su quella dei data center relativamente alla diagnostica per immagini». E nella telemedicina avere una rete unica in fibra potrebbe giovare? Sulla rete unica Protto ribadisce la posizione tenuta anche in passato: «stanno venendo al pettine tanti nodi, sicuramente superabili, che rendono tutto più complicato. Oltre all'incognita della posizione del nuovo governo, c'è poi l'opportunità dei fondi del Recovery: se il Pnrr sarà un po' più circostanziato, se il governo sarà solido e forte, parte di quei fondi potrebbero essere utilizzati bene nel digitale e nella rete unica». Protto, ricordando che la rete unica è un'opportunità per il Paese, aggiunge anche che va chiarito come e dove farla: «sicuramente nelle aree bianche e forse nelle aree grigie, sicuramente no nelle aree nere dove c'è già concorrenza» SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  4/2/2021

21 Gennaio 2021

Mancano oltre 5mila lavoratori per realizzare le reti fibra, senza riorganizzazione settore a rischio occupazione

I sindacati chiedono un tavolo al Mise e Tim assicura proroghe per i contratti sul rame. Per Ripa (Open Fiber) la formazione è fondamentale: servono giuntisti, progettisti, periti tecnici   Il 2021 sarà l'anno del boom della fibra, ma, nonostante questo, le società di installazione di rete che danno lavoro, compreso l'indotto, a circa 50mila dipendenti, sono in sofferenza. D'altro canto, secondo quanto risulta a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore e della Luiss Business School), mancano all'appello, per realizzare le reti secondo i piani dei principali operatori, Tim e Open Fiber, tra le 5 e le 10mila risorse. E questo non perché non ci siano abbastanza dipendenti, anzi molte di queste società fanno già ricorso alla cig o alla solidarietà, ma perché scarseggiano le competenze per lavorare nel nuovo business. Manca in particolare, per fare un esempio, la figura del giuntista e mancano lavoratori, soprattutto, in Lombardia e Veneto.  Se da un lato servono più competenze, dall'altro, dicono i sindacati, senza una soluzione al più presto, ci saranno migliaia di esuberi. Per questo le sigle chiedono un tavolo col ministero dello Sviluppo economico e con quello del Lavoro. E una convocazione, secondo quanto si apprende, potrebbe arrivare già entro fine mese Sindacati: business del rame sta finendo, a rischio migliaia di occupati «Il fatto che - dice Fabrizio Solari, segretario generale della Slc Cgil – non si riesca a effettuare una vera e propria trasformazione tecnologica è un esempio di incapacità di programmare i cambiamenti. Quelle del settore sono aziende che si sono sviluppate attorno all'appalto della rete in rame, ma questo business sta finendo, ora bisogna formare le maestranze per essere in grado di utilizzare la nuova tecnologia. Altrimenti ci saranno alcune migliaia di disoccupati». Sulla stessa linea è Vito Vitale, segretario generale della Fistel Cisl, che indica, tra le priorità, la garanzia dell'occupazione e la formazione come «lo strumento fondamentale per il cambio del mix professionale sia nelle telco sia nelle società di ingegneria di rete. Nei prossimi 5 anni saranno cablati in fibra 13,5 milioni di utenti e il rame lascerà velocemente posto alla fibra, con la stessa velocità bisogna garantire nuove professionalità per supportare la digitalizzazione del Paese». Per le sigle serve un tavolo al Mise Per Roberto Benaglia, segretario generale della Fim Cisl, nel settore dell'installazione di rete emergono due tematiche principali: «da un lato si profilano grandi investimenti a partire dalla banda ultra larga, dall'altro sono in corso notevoli cambiamenti richiesti dalla nuova tecnologia. Molte aziende sono al centro di una grande trasformazione del modello di business. E' da sottolineare, poi, che molte grandi realtà fanno già ricorso alla cig o alla solidarietà; se non si trova una soluzione sono a rischio migliaia di posti di lavoro. Per queste ragioni abbiamo chiesto un tavolo ad hoc». L'8 gennaio, ricorda Benaglia, «abbiamo già avuto un incontro positivo assieme ai sindacati delle tlc con i vertici di Tim che sta assegnando i nuovi appalti. Dobbiamo lavorare in cooperazione per estendere questo modello a Open Fiber, Enel e tutte le altre grandi aziende di rete».  La sfida, gli fa eco Michele Paliani, funzionario nazionale della UIlm, «è quella di riconvertire chi ha le competenze di base. Il problema della mancanza di risorse c'è; non è detto, infatti, che un lavoratore entrato 30 anni fa in un'azienda di installazione sappia poi come lavorare sulla fibra. C'è, quindi, un forte rischio professionale che si aggiunge a quello del mondo del sub-appalto collegato al business dell'installazione». Paliani ricorda l'importanza di un utilizzo del Recovery Fund per dare respiro al settore e sottolinea come occorra anche evitare il rischio che piccole aziende che fanno prezzi bassi «si accaparrino gare a discapito della qualità del servizio». Opilio (fondo Cebf): trovare manodopera al Nord è più complicato Guardando ai numeri, per la fibra servirebbero alcune migliaia in più di lavoratori, e su questo sono d'accordo sindacati e aziende. Si tratta, secondo una fonte, di 10mila risorse; per altri il numero è più contenuto, sulle 5mila. «il passaggio dal rame alla fibra – dice Benaglia - comporta molte volte un cambio di mestiere. Stiamo parlando non di pochi lavoratori, ma di una platea importante, di migliaia di risorse. Per questo stiamo discutendo con le aziende su come cambiare il mix di professionalità». Basandosi sui singoli piani dei principali operatori, secondo Roberto Opilio, oggi a capo della regione Italia e Sud Europa del fondo Cebf, occorrono 5mila persone aggiuntive rispetto alla situazione attuale: «si pone un tema importante che riguarda le modalità per trovare le professionalità; l'Italia in questo campo presenta molte differenze, mentre al Sud rinvenire la manodopera è più facile, nel Nord e nel Nord-Est è più complicato». Tutto ciò senza considerare la realizzazione della rete in quella parte di aree grigie che al momento non rientrano nei piani di nessun operatore, aree per le quali è previsto l'utilizzo del Recovery Fund: «In questo caso – spiega Opilio - il fabbisogno di manodopera crescerebbe ancora». La mancanza di risorse è condivisa anche da uno degli stessi protagonisti del settore: secondo Davide Cilli, proprietario di Econet che sta proprio in questi mesi riorganizzando le società da lui controllate, servono almeno altre 5mila figure professionali. Tim proroga i contratti sul rame Intanto Tim, per rassicurare i lavoratori del settore, ha deciso di prorogare i contratti per il rame che saranno in vigore fino a dicembre 2021 e poi saranno prorogati di un anno o due sulla base delle determinazioni delle imprese appaltatrici. Lo ha stabilito l’azienda nell'ultimo incontro con i sindacati dei metalmeccanici e delle telecomunicazioni per quanto riguarda la situazione delle imprese di rete. Già nel corso del confronto, le sigle hanno espresso preoccupazione per il processo di transizione dal rame alla fibra e i conseguenti impatti occupazionali: si tratta quindi di predisporre un piano di formazione e addestramento per i lavoratori, assieme a strumenti di accompagnamento alla pensione dei lavoratori più anziani, in genere meno professionalizzati. Inoltre i sindacati hanno chiesto, nell'occasione, che la gestione della gara e delle assegnazioni avvenga evitando effetti di dumping contrattuale a danno dell'occupazione. Ripa (Open Fiber): la ripartenza passa dalla formazione delle risorse «Il tema delle competenze - dichiara a DigitEconomy.24 Elisabetta Ripa, ad di Open Fiber - è fondamentale. La ripartenza passa attraverso la formazione delle risorse da destinare alla realizzazione di nuove infrastrutture e nuovi servizi, e un progetto strategico come quello che Open Fiber sta portando avanti necessita di numerosi professionisti specializzati. Tali figure, tuttavia, scarseggiano a causa del mancato investimento in questa tipologia di rete trasmissiva nell'ultimo ventennio». Per questa ragione, aggiunge Ripa, «è molto importante la formazione, nelle scuole e nei centri specializzati, delle competenze necessarie allo svolgimento di mestieri altamente specializzati. In particolare, il comparto ricerca tecnici giuntisti per la fibra ottica, progettisti di reti Ftth, periti tecnici. Infine, la formazione sarà fondamentale anche per far sì che le nuove tecnologie e servizi abilitati dalle reti in fibra possano essere utilizzati con dimestichezza da tutti, indipendentemente dall'età». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 21/1/2021

21 Gennaio 2021

L’imprenditore Davide Cilli (Econet) riorganizza il business: in arrivo la newco Nextalia, all’orizzonte l’Ipo di due controllate

I piani dell'imprenditore abruzzese che ha acquistato una quota di 4 giornali di Gedi. «Nel giro di due-tre anni pensiamo alla quotazione di COM.TEL e Braga Moro»   Davide Cilli, già proprietario e amministratore delegato di EcoNet, gruppo di impiantistica di reti di tlc, energia e trasporti, riorganizza il business, dà vita a una nuova società e pensa alla quotazione di due controllate. L'imprenditore, secondo quanto dichiara a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School), denominerà la newco Nextalia, raggruppando sotto un unico ombrello, oltre a EcoNet, COM.TEL, Braga Moro e Full System. Attualmente, la holding Atlante Partecipazioni, di proprietà di Cilli e della moglie, controlla il 100% delle quattro società che in totale hanno un fatturato da oltre 100 milioni di euro e 700 dipendenti: «Quest'anno nasce Nextalia, un gruppo che creiamo per stare sul mercato a 360 gradi. Oggi, d'altronde, ci troviamo di fronte a un cambio di percezione dello spazio, oltre che delle distanze e del tempo, cambio nel quale è necessario vivere nuove tipologie di connessioni. Tecnologia e società attuali richiedono dinamismo, e il cambiamento è una costante nel tempo. Dopo la riorganizzazione, la holding avrà il 100% di Nextalia che a sua volta controllerà le quattro società EcoNet, COM.TEL, Braga Moro e Full System», spiega l'imprenditore, classe 1981, che di recente ha acquistato, in cordata, quattro giornali locali del gruppo Gedi (Il Tirreno, le Gazzette di Modena e Reggio e la Nuova Ferrara). Nel 2020 15-20 milioni in meno di ricavi, nel 2021 budget da 14o milioni «Nel 2020, con la pandemia di Covid – aggiunge - il gruppo fatturerà 15-20 milioni in meno della media, circa 100 milioni; per il 2021 abbiamo un budget di 140 milioni. La flessione nei ricavi complessivi, a causa dell'emergenza sanitaria, c'è stata, ma da inizio anno registriamo segnali di ripresa». Al netto delle difficoltà, c'è comunque «una quantità di lavoro che permette una pianificazione di sviluppo: abbiamo in mente di fare acquisizioni anche quest'anno, stiamo trattando piccole realtà ma anche società più grandi. Le piccole sono importanti per il know how, le grandi sono oggetto di interesse per realizzare economie di scala». Nell'orizzonte del gruppo c'è anche la Borsa: «Nel giro di due-tre anni- annuncia Cilli - pensiamo all'ipo di COM.TEL e Braga Moro». «La fibra un tempo era opportunità, ora è diventata una necessità» Oggi, prosegue, «stiamo attraversando un momento favorevole per l'installazione della fibra, anche alla luce dell'implementazione dei piani dei maggiori player del mercato come Open Fiber e Tim». Con l'avvento della pandemia e il boom di didattica e lavoro a distanza, rimarca l'imprenditore abruzzese, c'è stato un cambio culturale nell'approccio degli italiani alla connessione Internet: «prima la fibra era un'opportunità, ora è diventata una necessità». Riguardo al nodo della creazione della società della rete, integrando gli asset di Tim con Open Fiber, il gruppo si dice «neutrale». E', invece, da tener presente che, per stendere la fibra secondo i piani dei maggiori operatori, non ci sono nel mercato italiano tutte le competenze necessarie. Mancano all'appello - aggiunge Cilli - circa 5mila risorse. D'altronde, i dipendenti esperti nel rame non necessariamente sono adatti anche al business della fibra. Inoltre i prezzi che attualmente pagano gli operatori sono bassi». Per aggiornare le competenze Cilli punta a nuovi ingressi in azienda: «Nonostante abbiamo già gli skill necessari, stiamo assumendo personale, altre 100 persone tra il 2021 e il 2022». «Al 31 dicembre portafoglio ordini da 400 milioni in 5 anni» L'avventura imprenditoriale di Cilli inizia 10 anni fa con una piccola azienda di installazione nel settore dell'impiantistica per le telecomunicazioni, radicata in Abruzzo e denominata Telemetrica. Dopo l'espansione nel Centro Italia, nel 2016, attraverso operazioni di leveradge by out, acquista Econet, cominciando a lavorare con player come Tim, Open Fiber, Enel e Terna. Nel 2019 Cilli compra la COM.TEL di Milano, azienda che si occupa della progettazione, sviluppo e supporto di soluzioni e servizi Ict. Un'operazione conclusa a luglio 2020 in piena pandemia. «Al 31 dicembre – aggiunge Cilli – risulta un portafoglio ordini da 400 milioni per i prossimi 3-5 anni, e ciò ci consente una certa visibilità per il prossimo quinquennio». COM.TEL, che punterà al mondo IT e applicativo, chiuderà i conti del 2020 con circa 35 milioni di fatturato. Braga Moro, società acquisita nel pacchetto con COM.TEL, che ha base a Cinisello Balsamo e si occupa prevalentemente di sistemi di energia per ISP, chiuderà i conti, sottolinea Cilli, «a poco meno di sei milioni di fatturato rispetto ai sette milioni del 2019. Per questa società stiamo realizzando prototipi di sistemi di accumulo di energia a supporto del solare. Vogliamo concentrare il business di Braga Moro, che storicamente realizzava batterie per stazioni radio base, sulla smart city, dando cioè una connotazione più attuale. Anche per quanto riguarda il sistema elettrico si sta andando incontro a una rivoluzione, occorre un ammodernamento dell'infrastruttura, sfruttando pure l'opportunità del Recovery Fund. Full System, società di ingegneria impegnata nell'ambito 5G, chiuderà l'anno con circa 2 milioni di ricavi. EcoNet, infine, registra nel 2020 60 milioni di fatturato, nel 2021 puntiamo – conclude - a 80 milioni». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 21/1/2021

21 Gennaio 2021

Asstel: «Competenze necessarie per generare ‘capitale innovativo’, usare al meglio risorse del Next generation EU»

L'intervento della direttrice Laura Di Raimondo su DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) sullo skill mismatch e la necessità di nuove risorse   Questa crisi prima o poi passerà. Ciò che verrà dopo, "il new normal", dipenderà da noi. Sappiamo che gli elementi imprescindibili per operare in un contesto complesso, mutevole e iper-veloce sono le competenze, ossia, le uniche forze in grado di generare "capitale innovativo", oggi più che mai necessario per reagire a situazioni estreme e inedite come questa. Ci stiamo avviando verso una stagione in cui scopriremo nuovi spazi, perché grazie alle tecnologie digitali che abilitano lo smart working e alla didattica a distanza, vivremo sempre più uno spostamento dei nostri confini fisici e soprattutto mentali. Formare studenti e persone già presenti nel mercato del lavoro Ciò determina la necessità di un ripensamento sia del contesto lavorativo e della sua organizzazione, sia del ruolo del lavoratore. Pertanto, tra gli obiettivi primari si annovera il bisogno di investimenti nelle persone e nelle loro competenze. Ciò richiede un'attenzione sempre maggiore alla formazione sia degli studenti, sia delle persone già presenti nel mercato del lavoro, mettendo in campo azioni volte a superare lo skill mismatch. È in atto un'evoluzione del modo di pensare alla formazione e al lavoro che dovrà favorire da un lato la nascita di partnership didattiche con gli istituti tecnici superiori, con le università e i politecnici, sostenendo l'aggiornamento dei contenuti degli insegnamenti e l'orientamento occupazionale degli studenti e dall'altro, la promozione di percorsi di formazione continua per promuovere occupabilità, ricambio generazionale e active aging. Si pensi che secondo le previsioni della Oxford Martin School, il 60% di coloro che accedono oggi al mondo del lavoro, entro il 2025 ricopriranno una mansione che ancora non esiste. 26 nuovi profili professionali nel nuovo contratto collettivo In questa direzione si è mossa l'azione della filiera tlc e di Asstel, concretizzata nell'inserimento all'interno del Ccnl tlc rinnovato da poco, di ben 26 nuovi profili professionali legati alle innovazioni digitali, superando le figure non più presenti nel settore. Una rivisitazione del sistema di classificazione del personale legato ai processi di trasformazione digitale e che conferma l'impegno della filiera delle telecomunicazioni a lavorare avendo come obiettivo una prospettiva di medio lungo periodo. A questo si affianca la spinta verso un modello "espansivo" degli ammortizzatori sociali che coniughi le politiche attive del lavoro con gli strumenti di sostegno del reddito, per questo abbiamo infatti sostenuto e accolto con favore l'introduzione del "Contratto di espansione" nel 2019 e, da ultimo, il suo rifinanziamento previsto dalla legge di bilancio 2021; così come innovativa è stata la previsione del fondo di solidarietà di settore, all'interno del Ccnl tlc, che persegue l'obiettivo, con maggiore flessibilità e in una logica "tailor made", di accompagnare la trasformazione digitale e la riorganizzazione delle imprese della filiera, puntando a sostenere gli investimenti che, partendo dalla formazione in chiave sia di reskilling che di upskilling, favoriscano una nuova organizzazione del lavoro al passo con i tempi e con le sfide che abbiamo davanti. Ritengo che la combinazione coerente e simultanea dell'insieme degli strumenti illustrati, a favore della nuova occupazione e dell'occupazione esistente, possa condurre a un reale cambiamento a beneficio della competitività delle imprese e dello sviluppo del capitale umano, preservando l'occupabilità delle persone. Impiegare al meglio le risorse del Next Generation EU In questo scenario il Next Generation EU, costituisce un segnale di grande valore, aprendo le porte a una stagione nuova dell'Europa. Sarà fondamentale che le ingenti risorse previste dal piano, vengano impiegate al meglio e con intelligenza, consentendoci di passare dalla fase dell'emergenza a quella della progettualità e, infine, della realizzazione. Per questo diventa decisivo impiegarle per superare le diseguaglianze presenti sul territorio: dal divario materiale e immateriale, al divario occupazionale e sociale. Ben vengano le risorse stanziate per l'innovazione e la digitalizzazione, temi che oggi finalmente occupano una straordinaria centralità nel dibattito pubblico. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 21/1/2021

21 Gennaio 2021

Sirti: «col passaggio da rame a fibra reskilling del personale centrale, è necessario l’impegno di tutti»

L'ad della società fa il punto a DigitEconomy.24 (report del Sole 24Ore Radiocor e della Luiss Business School), sulle problematiche del settore delle aziende di rete. Ora, dice Roberto Loiola, «puntiamo su un business diversificato ma fortemente sinergico»   Il piano di re-skilling del personale è «quantomai centrale. È necessario l'impegno di tutte le parti chiamate a realizzare questi ambiziosi progetti, per far sì che si possa ridurre il periodo di latenza tra la ricerca delle competenze e la formazione della forza lavoro». Lo sostiene Roberto Loiola, amministratore delegato di Sirti, parlando con DigitEconomy.24 (report del Sole 24Ore Radiocor e della Luiss Business School) delle difficoltà del settore delle aziende di rete di fronte al passaggio ormai inevitabile dal network in rame a quello in fibra. Il tema del ricambio generazionale deve essere accompagnato «in modo fluido attraverso l'utilizzo di un ventaglio di strumenti il più ampio possibile, concordato e definito con le parti sociali». Sirti, che conta 4.100 dipendenti, prima nel settore per quote di mercato, è tra le società che hanno fatto ricorso alla cig (nel secondo semestre ha utilizzo Cigo Covid per 250 teste al mese). Ora punta, con il nuovo piano strategico, allo sviluppo «di un business diversificato, ma fortemente sinergico». Si pensi alla divisione Digital Solutions «che si occupa – spiega Loiola – di abilitare la trasformazione dei nostri clienti tramite nuove soluzioni digitali». E in questo ambito il gruppo pensa anche ad acquisizioni nel 2021. Il 2020 è stato caratterizzato dalle restrizioni per la pandemia di Covid. Quanto hanno impattato sul business di Sirti? In qualità di leader del settore delle infrastrutture di rete in Italia, Sirti, grazie all'evoluzione dei processi interni e agli investimenti in tecnologia e in digitalizzazione, non si è mai fermata ed è stata costantemente impegnata sul territorio per garantire la continuità operativa delle infrastrutture nazionali, con livelli estremi di sicurezza. Stiamo lavorando, e lavoreremo, per assicurare la continuità di servizi strategici, di pubblica utilità che garantiscono, ad esempio, il funzionamento di ospedali, il ricorso al lavoro agile e i servizi di ‘scuola a distanza', grazie ai quali il Paese sta, con coraggio, reagendo a questa emergenza. Sono migliori le prospettive per l'anno appena iniziato? Siamo ovviamente fiduciosi che questa rinnovata consapevolezza circa la centralità delle reti si possa tradurre in nuovi investimenti nel potenziamento delle infrastrutture attuali e nella costruzione di nuove, come prerequisito per fornire servizi digitali più innovativi e di maggiore qualità ai cittadini e alle imprese italiane. D'altronde, si tratta di uno dei punti cardine del programma Next Gen EU, vitale per la competitività della nostra economia e quindi per la crescita futura. In questo quadro, è obbligatorio che il Paese investa in maniera massiccia per abilitare ulteriormente l'uso produttivo di Internet, adeguando le infrastrutture e sviluppando i servizi necessari. Dal punto di vista aziendale, il 2020 è stato l'anno in cui abbiamo iniziato a vedere i frutti del nostro piano strategico di trasformazione, che prevede lo sviluppo di un business diversificato, ma fortemente sinergico, nelle nostre business unit, la trasformazione competitiva dell'azienda in linea con le sfide poste dal mercato, e l'evoluzione di un portafoglio di offerta sempre più innovativo e digitale, con particolare riferimento alla divisione Digital Solutions, che si occupa di abilitare la trasformazione dei nostri clienti tramite nuove soluzioni digitali, comprese le necessarie soluzioni di data center e cloud, virtualizzazione di rete, Internet-of-Things, cybersecurity, per citarne alcune. La Digital Solutions di Sirti ha raggiunto nel 2020 un volume di business pari a circa 200 milioni di euro – con un incremento superiore al 50% negli ultimi 24 mesi - e con una prospettiva di ulteriore crescita nel 2021. Nel 2021 proseguirà il roll out della fibra. Mancano però all'appello circa 5-10mila lavoratori in tutto il comparto per poter realizzare i lavori. Voi avete appena annunciato un piano di formazione, come si può ovviare alla carenza di competenze? Abbiamo accolto con favore, e visione strategica di medio-lungo periodo, l'opportunità offerta da Anpal e abbiamo lanciato il progetto New skills to build the future, che nel corso del 2021 coinvolgerà oltre 1.100 dipendenti, per un totale di 290mila ore di formazione in ottica digitale. In risposta alle mutate esigenze sia di mercato che di contesto sociale, Sirti sta da tempo lavorando all'evoluzione del proprio framework organizzativo e all'innovazione dei processi, per incrementare ogni anno di più la propria competitività e la capacità dei propri dipendenti di rispondere al nuovo scenario digitale. In questo universo sempre più digitale, il 5G e l'ultra-broadband della fibra ottica rappresentano gli elementi fondanti per trasformare in maniera radicale significative porzioni del tessuto industriale del Paese, abilitando nuovi mercati e nuovi business, oltre a fornire un'esperienza di qualità superiore ed omogenea sul territorio per i servizi che già utilizziamo. In quest'ottica, un piano di re-skilling è quantomai centrale. È necessario l'impegno di tutte le parti chiamate a realizzare questi ambizioni progetti, per far sì che si possa ridurre il periodo di latenza tra la ricerca delle competenze e la formazione della forza lavoro. Solo così riusciremo ad agevolare la crescita del nostro settore e realizzare al meglio i nuovi progetti. Tra le aziende italiane di installazione e manutenzione c'è una grande specializzazione nella rete in rame, tecnologia che sta diventando obsoleta. È possibile formare i dipendenti già specializzati nel rame ? Senza dubbio rifocalizzare le competenze della forza lavoro è uno dei tasselli irrinunciabili per indirizzare la transizione tecnologica. Inoltre, nel settore delle reti tradizionali esiste un tema importante di ricambio generazionale che deve essere accompagnato in modo fluido attraverso l'utilizzo di un ventaglio di strumenti il più ampio possibile – concordato e definito con le parti sociali – che sia in grado di gestite l'ingresso dei nativi digitali nel settore delle imprese di rete. Ovviamente, come in tutti i settori maturi, si tratta di una fase in cui la possibilità di una prospettiva di medio-lungo termine gioca un ruolo fondamentale, perché sono trasformazioni che richiedono tempo e forti investimenti. Secondo lei sarebbe auspicabile un'aggregazione tra le aziende del settore per affrontare meglio la crisi e l'emergenza? Dipende molto dalla posizione di partenza e posso rispondere per quanto riguarda il nostro gruppo. È nostro obiettivo confermare il ruolo di Sirti come leader nel settore delle infrastrutture di telecomunicazioni, per dare un ulteriore e fondamentale contributo alla pianificazione, realizzazione e gestione delle reti a banda ultralarga in fibra ottica e del 5G. Questo impegno richiederà ancora alcuni anni e importanti investimenti, insieme a un'accelerazione ulteriore dei progetti, per permettere di superare rapidamente la fase di crisi e di emergenza che viviamo, e di uscirne rafforzati anziché indeboliti come sistema paese. Inoltre, intendiamo posizionarci ancora di più come uno dei soggetti più rilevanti nelle soluzioni digitali, continuando ad aumentare il nostro business digital solutions, anche tramite operazioni di acquisizione in questo settore da perseguire nel corso del 2021. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  21/1/2021

07 Gennaio 2021

Rigoni (Tim): «Il 2021 anno del 5G nei distretti industriali, dal 2022 la creazione di reti di quinta generazione stand alone»

Proprio grazie al 5G stand alone, che consentirà una latenza ancora più bassa, saranno abilitati, spiega il top manager, telemedicina e operazioni chirurgiche a distanza   Copertura dei distretti industriali e applicazioni sulla sanità, dalle ambulanze intelligenti ai droni per trasportare i medicinali. Sono tra i piani di Tim sullo sviluppo del 5G per l'anno appena iniziato, secondo quanto racconta a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) il chief revenue officer, ovvero il capo della direzione commerciale, Federico Rigoni. Quest'anno, inoltre, dopo la copertura di Milano al 90%, l'azienda proseguirà con il roll out del 5G le principali città italiane. Nel 2022, invece, ci sarà l'avvio del passaggio dall'attuale rete 5G non stand alone, cioè che poggia ancora sulla rete 4G, alla rete stand alone 5G, attualmente in fase di sperimentazione. Risultato: un'ancora minore latenza, quasi inesistente, che consentirà applicazioni, ad esempio, come le operazioni chirurgiche a distanza. Resta l'obiettivo di arrivare, al 2025, con la copertura 5G di tutto il Paese. Tra i benefici per i consumatori l'abilitazione della guida autonoma Il 5G attuale, «che è una tecnologia il cui percorso è appena iniziato, avrà – spiega Rigoni - due caratteristiche: una ridottissima latenza e la capacità di collegare più dispositivi sulla stessa cella per abilitare il cosiddetto Internet delle cose (IoT). Proprio grazie alla latenza sarà abilitata una serie di esperienze in tempo reale, col 4G finora impossibili, dall'automazione industriale alla guida autonoma. Collegare migliaia di device sotto la stessa cella consentirà, invece, di aumentare la capacità di supervisione della rete mobile, comprendendo una molteplicità di dispositivi tra cui sensori intelligenti per le applicazioni negli ambiti smart cities e smart home. In più, ci sarà un consumo così basso delle batterie dei device IoT che ne consentirà una durata considerevolmente maggiore determinando effetti positivi anche sull'ambiente». L'insieme di queste funzionalità abiliterà una serie di prestazioni: «in ambito consumer, possiamo pensare all'automobile a guida autonoma, i servizi per l'intrattenimento come lo sport, cinema e spettacolo ma anche ai sensori per il fitness: saranno questi i contesti– spiega il manager – in cui vedremo la maggiore spinta». «La smart robotics tra gli orizzonti più promettenti per le imprese» Ma l'impatto principale a breve termine del 5G è atteso per la vita delle aziende. «Il 5G – ricorda Rigoni – è un elemento abilitatore fondamentale per le imprese. E il 2021 sarà, di pari passo con lo sviluppo della rete nelle città, anche l'anno dei distretti industriali. Di recente abbiamo stretto un'importante partnership con Comau e, nella fase di sperimentazione in corso con Ericsson, stiamo cercando di eliminare i numerosi chilometri di cavi che fanno muovere i robot industriali per guidarli con rete 5G e senza fili. La smart robotics, assieme all'automotive, è, infatti, tra gli orizzonti più promettenti ma abbiamo molte richieste anche dal mondo dell'agricoltura, si pensi ad esempio alle sperimentazioni con droni che abbiamo fatto per la coltivazione nei vigneti presso la Cantina Voerzio Martini nelle Langhe». Sviluppo del 5G strettamente collegato a quello dell'AI Lo sviluppo del 5G è poi strettamente collegato a quello dell'AI, dei data analytics, del cloud e dell'edge computing. «Bisogna tener presente che c'è una parte intelligente della rete 5G, la core network, che permette lo slicing. Ossia, rispetto al 4G, col 5G si potranno allocare risorse computazionali e di trasporto in maniera dinamica e specializzata sulla base di use case: questo consentirà di fare del 5G una piattaforma abilitante alla trasformazione digitale. A tutto ciò si collega il concetto di edge computing, portando ‘virtualmente', a casa del cliente, una grande potenza di calcolo, l'utilizzo dell'intelligenza artificiale, raccogliendo dati che vengono elaborati e consentono la gestione di use case in real time, e l'ambito del cloud, visto che le reti 5G sono ‘cloudificate', cioè automatiche e più efficienti». In tutti questi campi «stiamo specializzando Olivetti, digital farm del gruppo TIM, proprio per lo sviluppo degli use case, che sarà parte fondamentale del mondo 5G, condizionandone anche lo sviluppo e l'offerta commerciale». Il 5G stand alone con latenza ancora più bassa abiliterà la telemedicina Quanto al roll out della rete 5G, resta l'obiettivo di coprire l'intero Paese entro il 2025. «Siamo già partiti con Milano che è la prima città quasi completamente coperta in 5G e il roll out sta procedendo. Col 5G – aggiunge il top-manager - c'è anche la possibilità di utilizzare il Fixed Wireless Access (FWA), fornendo connessioni fisse con tecnologia mobile». Passando all'esame della tecnologia usata, la piattaforma 5G attuale, che si basa sulla rete 4G, «evolverà includendo nel roll out anche il 5G stand alone che avrà una latenza ancora più bassa consentendo di abilitare ulteriore innovazione come ad esempio, la telemedicina e le operazioni chirurgiche a distanza». Un'altra caratteristica dello stand alone è proprio quella di potenziare al meglio il network slicing per una rete cloud e AI centrica». A oggi, annuncia Rigoni, «stiamo testando questa modalità in laboratorio che sarà implementata dal 2022 in poi. Verrà installata, grazie all'edge computing, laddove siano richieste precise funzionalità e coperture dedicate come, ad esempio, in aziende e ospedali. Dal punto di vista tecnologico, non si tratta di rifare un'altra rete, ma di riconfigurarla a livello software». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 7/1/2021

07 Gennaio 2021

Eviso: «dopo l’Ipo pronti ad accelerare nel mercato dell’AI applicata alle commodity»

Entro l'anno, dice il fondatore e amministratore delegato Gianfranco Sorasio a DigitEconomy.24, report di Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, il lancio della piattaforma per il settore dei cereali   Dopo i sistemi predittivi e monitoraggio sull'utilizzo dell'energia elettrica, Eviso è pronta ad accelerare nel mercato dell'intelligenza artificiale applicata al settore delle commodity fisiche con consegna reale. La piattaforma per la previsione dei prezzi della frutta, come ad esempio quella dedicata alle mele per cui la società ha già un accordo con il Gruppo Lagnasco, «è già pronta e sarà pienamente operativa entro la seconda metà del 2021. Entro l'anno dovrebbe essere lanciata anche quella per il settore dei cereali», spiega il fondatore e amministratore delegato Gianfranco Sorasio a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School). «La piattaforma di intelligenza artificiale di Eviso - aggiunge - non solo prevede quanta energia si consumerà, ma, applicata ai clienti che producono frutta o grano, cioè al mondo della commodity, riesce anche a fare dei forecast sui prezzi di frutta o cereali che possiamo definire concorrenti, come ad esempio pere e kiwi o soia e mais, così da poter prevedere l'andamento dei consumi e del mercato al fine di garantire la consegna reale». Sorasio: «Ipo per crescere, l'intelligenza artificiale genera valore» La società, con sede a Saluzzo, vicino Cuneo, è stata reputata per quattro volte dal Financial Times tra le 1000 aziende che crescono di più in Europa, ed è appena approdata in Borsa. «Abbiamo deciso di quotarci perché l'AI, l'intelligenza artificiale, genera moltissimo valore; prevediamo nel piano industriale- aggiunge Sorasio, una laurea in ingegneria nucleare e formazione completata alla Harvard Business School - una crescita molto importante. Abbiamo anche un budget per le acquisizioni di tecnologia e le risorse saranno utilizzate in grande maggioranza per la piattaforma proprietaria di intelligenza artificiale, con l'obiettivo di passare da un'architettura ibrida, accessibile a una serie di utenti ma non a tutti, a una piattaforma aperta». 48 milioni il valore della produzione, 23mila i clienti Il gruppo ha a oggi 23mila clienti (13mila diretti, 10mila indiretti) e ha chiuso il bilancio al 30 giugno 2020 con un valore della produzione di 48 milioni di euro. Tutto è partito quando Sorasio, cervello di ritorno in Italia dal Portogallo, imprenditore dal 2005, ha cominciato, nel 2012, a studiare il mercato dell'energia, scaricando centinaia di bilanci, e notando un'anomalia, cioè che erano presenti migliaia di dati che restavano inutilizzati. Quindi Eviso ha sviluppato soluzioni di proprietà basate su algoritmi di machine learning e di intelligenza artificiale, «in grado – spiega il fondatore- di creare valore per i propri clienti attraverso la capacità previsionale e il monitoraggio dei processi». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 7/1/2021