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01 Ottobre 2021

Baroni (McDonald’s): «Le nostre scelte green dalla filiera al packaging. E l’alleanza con il Made in Italy»

Entro il 2025 il 100% del packaging proverrà da fonti riciclate o certificate, spiega l'ad per l'Italia della più famosa catena di fast food a SustainEconomy.24 (Il Sole 24 Ore Radiocor) - La sostenibilità è uno dei driver della strategia di McDonald's dalla materia prima al packaging alla filiera. Dario Baroni, amministratore delegato di McDonald's Italia racconta in un'intervista a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School il percorso di abbandono della plastica monouso e l'importanza della sostenibilità dell'imballaggio, accelerata dalla pandemia. Entro il 2025 il 100% del packaging, non solo quello in carta, proverrà da fonti rinnovabili, riciclate o certificate. E dirà addio alla plastica anche nei famosi giochi per i bambini. Ma c'è anche il rapporto con l'Italia, dove la più famosa catena di ristorazione al mondo, serve 1 milione di clienti al giorno e occupa 25mila persone, e soprattutto quello con le eccellenze del Made in Italy, dalla carne al pollo, dalla frutta al latte al parmigiano. L'85% dei fornitori è rappresentato da aziende italiane. Dal packaging alla raccolta differenziata all'attenzione al prodotto. Continua a crescere l'impegno sostenibile di McDonald's. A che punto siamo? «Da diversi anni la sostenibilità è uno dei driver principali della nostra strategia. Prenderci cura dell'ambiente e del nostro pianeta è una sfida che interessa tutti noi come persone, cittadini e aziende, ma è anche un gesto di responsabilità. Per questo negli ultimi anni abbiamo dato il via a numerosi progetti in questo ambito: dalla certificazione della filiera della carne bovina, grazie al progetto "Allevamenti Sostenibili" ideato insieme a Coldiretti e all'Associazione Italiana Allevatori, alla logistica green; dai ristoranti a basso impatto, alle colonnine per la ricarica delle auto elettriche in collaborazione con Enel X; dal packaging sostenibile fino ad azioni per il miglioramento della raccolta differenziata e del riciclo nei nostri ristoranti. Non solo dobbiamo fare la nostra parte, ma sentiamo di dover anche contribuire a educare al cambiamento cercando di coinvolgere i consumatori. Per questo motivo abbiamo ideato campagne di sensibilizzazione per accompagnarli ad assumere comportamenti virtuosi sui temi della raccolta differenziata e del riciclo; o dato vita a iniziative come "Le giornate insieme a te per l'ambiente" per contrastare il fenomeno del littering». Soffermiamoci sul packaging. Quali sono i prossimi obiettivi e i target che vi siete dati? Sarà possibile arrivare a prodotti 100% green? «In materia di packaging, ci siamo da tempo impegnati nell'eliminazione della plastica monouso. Grazie all'accordo con Comieco e Seda International Packaging Group, il nostro fornitore, abbiamo scelto di convertire la quasi totalità del nostro packaging, incluso quello utilizzato per i canali delivery e take away. Ad oggi, circa il 90% del totale dei nostri imballaggi è in carta, un materiale rinnovabile, riciclabile e certificato Fsc. Una scelta importante che ha portato a un risparmio di 1.000 tonnellate di plastica all'anno. Inoltre, entro il 2025, il 100% del packaging, non solo quello in carta, proverrà da fonti rinnovabili, riciclate o certificate.Ma non c'è solo il packaging: il percorso di abbandono della plastica riguarda anche i giochi dell'Happy Meal. Abbiamo infatti appena annunciato il nostro impegno a livello globale a eliminare la plastica anche da loro entro la fine del 2025; in Italia, per ora, abbiamo iniziato dalle confezioni che sono state tutte trasformate in carta. Un cambiamento che, da solo, ha consentito di risparmiare un totale di 80 tonnellate di plastica all'anno, l'equivalente dei rifiuti prodotti da 160 italiani in un anno». La pandemia ha influito su questo percorso? «Di certo la pandemia e i nuovi modelli di consumo ad essa strettamente legati hanno acceso ulteriormente i riflettori sulle sfide ambientali più urgenti e messo in luce nuove esigenze e bisogni. Il 2020 ha cambiato le nostre abitudini – e le possibilità – di accesso alla ristorazione: take away e delivery sono diventate parole quotidiane, e con esse il packaging ha mostrato ancor di più la sua essenzialità. Ecco perché, anche nel caso della ristorazione informale, la qualità e la sostenibilità dell'imballaggio diventano quanto mai importanti. Parallelamente, la pandemia ha accelerato la richiesta di vicinanza che le comunità locali hanno fatto alle istituzioni e alle aziende; per rispondere a queste richieste nascono iniziative come 'Le giornate insieme a te per l'ambiente', attraverso cui i ristoranti McDonald's e i loro dipendenti sono coinvolti in prima persona e si fanno promotori di giornate di pulizia di parchi, strade, spiagge e piazze delle loro città. L'obiettivo era quello di toccare 100 comuni entro la fine di ottobre, coinvolgendo cittadini, istituzioni e associazioni locali: oggi, quando manca un mese, abbiamo già realizzato o pianificato più di 90 tappe». Qual è il rapporto con l'Italia? Con la filiera e i consumatori italiani? «Siamo in Italia da 35 anni e oggi nel Paese abbiamo 615 ristoranti che servono 1 milione di clienti ogni giorno e impiegano 25.000 persone. Oltre a questo, per dimostrare il nostro radicamento sul territorio possiamo ricordare che oggi l'85% dei nostri fornitori è rappresentato da aziende italiane, e che ogni anno investiamo nel comparto agroalimentare nazionale 200 milioni di euro per l'acquisto di 94mila tonnellate di materie prime alimentari. Potrei fare l'esempio della carne bovina, fornita da Inalca e proveniente da 15.000 allevamenti italiani, o del pollo, allevato in Italia e fornito da Amadori. Ma anche di tantissimi altri ingredienti, come il latte intero utilizzato per i gelati e fornito da Granarolo, la verdura e la frutta fresche, il pane, i salumi. A questo si aggiunge una lunga storia di collaborazione con i Consorzi di tutela, iniziata nel 2008 e consolidatasi negli anni, che ci ha permesso di entrare in contatto con 15 Consorzi e inserire oltre 3mila tonnellate di prodotti Dop e Igp nella nostra offerta. Una collaborazione con cui siamo riusciti a far conoscere al grande pubblico prodotti tradizionalmente considerati di nicchia, contribuendo ad educare i clienti alla qualità e alle eccellenze del Made in Italy. Un esempio su tutti è quello del Parmigiano Reggiano, che da poche settimane ha rafforzato la sua presenza nella nostra offerta continuativa e di cui stimiamo di acquistare, nel solo 2022, circa 450 tonnellate». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/10/2021

01 Ottobre 2021

Ferrarelle: «Un dovere essere green. Promuoviamo un mondo a Impatto -1 e plastica 100% riciclata»

Il vicepresidente Michele Pontecorvo parla dello stabilimento destinato alla produzione di Pet riciclato e della scelta di divenire società Benefit (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Per Ferrarelle la sostenibilità più che una strategia è «un valore» e «un dovere». Per questo la società ha scelto di portare avanti un modello a 'impatto -1'. Michele Pontecorvo, vicepresidente di Ferrarelle SpA, racconta a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore e Luiss Business School, la filosofia del gruppo di acque minerali che si è tradotta nella creazione dello stabilimento destinato al riciclo e alla produzione di Pet riciclato e della prima gamma completa di acque interamente realizzata utilizzando al 100% R-Pet. Ma anche la scelta di diventare società benefit e promuovere il modo di fare impresa orgogliosamente italiano. Siete tra le aziende più premiate dai consumatori per la sostenibilità. E avete annunciato un impegno ambizioso per un mondo a impatto -1. Ci racconta la vostra filosofia? «Per Ferrarelle la sostenibilità è un valore, molto più che una strategia, per questo da sempre basiamo il nostro modello di business intrecciando le strategie commerciali e di marketing alle tematiche di sostenibilità e responsabilità sociale. In questa direzione, Ferrarelle ha scelto di farsi promotrice di una nuova visione: quella di un mondo a ‘impatto – 1', dove imprese e consumatori finali sono chiamati ad una collaborazione sinergica. Un invito a riciclare correttamente la plastica e una riflessione attiva sulla consapevolezza dei nostri consumi alimentari. Da questa filosofia nasce, nel 2018, lo stabilimento di Presenzano, in provincia di Caserta. Qui Ferrarelle – prima e unica realtà del settore del Food & Beverage in Italia ad essersi dotata di un impianto destinato al riciclo e alla produzione di Pet riciclato - ogni anno toglie dall'ambiente oltre 20.000 tonnellate di bottiglie provenienti dalla raccolta differenziata, trasformate in R-Pet pronto ad una nuova vita». Quindi l'obiettivo è produrre bottiglie in Pet riciclato e coinvolgere le persone a riciclare correttamente la plastica. A che punto siamo? «Sicuramente, molto è già stato fatto ma riteniamo che si possa fare ancora di più. In quanto gestori di una risorsa preziosa come l'acqua, la sostenibilità è per noi un dovere, oltre che una missione. In questa direzione, abbiamo lanciato sul mercato ‘Infinita': un ulteriore traguardo nel percorso di sostenibilità di Ferrarelle Spa. Si tratta, infatti, della prima gamma completa di acque minerali interamente realizzata utilizzando al 100% R-Pet, con plastica riciclata direttamente dall'azienda nel suo stabilimento di Presenzano. La linea si affianca agli altri formati destinati al canale retail (1,5L e 0,5L), già realizzati con almeno il 50% di Pet riciclato sempre direttamente dall'azienda. Ma non solo, come Ferrarelle siamo impegnati attivamente in campagne di sensibilizzazione e progetti educational rivolti ai più piccoli, (non ultimo a 'A Scuola di Riciclo') poiché crediamo fortemente nel potenziale delle nuove generazioni, sempre più consapevoli e attente all'ambiente». Dall'inizio di quest'anno Ferrarelle è anche diventata società Benefit, perché e quali sono i vantaggi? «Nel 2021 Ferrarelle ha scelto di diventare società Benefit, la forma giuridica d'impresa che consente ad una azienda for profit di contribuire ad un miglioramento della collettività con obiettivi che riguardano aspetti economici, sociali ed ambientali, misurabili e rendicontati in maniera trasparente. La strategia che accompagna Ferrarelle in questo percorso si declina in tre aree strategiche: Environment - territorio e ambiente, con l'obiettivo di promuovere i principi e i valori della sostenibilità, oltre ai vantaggi legati all'utilizzo di materiali riciclabili e rinnovabili e tecniche e tecnologie innovative. People - persone, clienti, fornitori e lavoratori, perseguendo una comunicazione corretta e focalizzata sulla sostenibilità dei consumi alimentari e dei propri prodotti. Social & Cultural – Cultura e società, attraverso la promozione delle eccellenze della cultura, della ricerca scientifica e della responsabilità sociale italiane, anche attraverso iniziative, progetti a carattere sociale e culturale che coinvolgano i propri clienti, i propri lavoratori ed i propri fornitori». Una storia 100% italiana. E i programmi futuri? «Siamo una realtà orgogliosamente italiana, che ha fatto della sostenibilità - ambientale, sociale ed economica - una vera e propria scelta strategica. Un modo di fare impresa che desideriamo promuovere a livello nazionale ed internazionale: per questo abbiamo scelto di portare la nostra visione ad Expo Dubai 2020, in qualità di Sustainability Partner e Platinum Sponsor del Padiglione Italia. Oltre ad essere presenti con i marchi Ferrarelle e Amedei, arricchiremo il programma dell'Esposizione Universale con le nostre pratiche di business sostenibile, dalla gestione virtuosa della risorsa idrica al riciclo della plastica. Non a caso, proprio il Pet riciclato nello stabilimento di Presenzano è stato tra i materiali utilizzati per la realizzazione dell'iconica riproduzione del David di Michelangelo presente nel Padiglione, a celebrare la bellezza dei valori di innovazione e sostenibilità, da sempre cari a Ferrarelle». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/10/2021

01 Ottobre 2021

Ferro (La Molisana): «Pasta 100% italiana e pack a impatto zero. Ora il bilancio di sostenibilità»

Il direttore operativo e socio parla dei due passaggi chiave: la conversione al grano 100% italiano e il packaging in carta (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Coniugare la vocazione di eccellenza italiana con un approccio sostenibile che culmina, quest'anno, con il primo bilancio di sostenibilità. E' il percorso tracciato dalla famiglia Ferro dall'acquisto, 10 anni fa, del pastificio La Molisana, un marchio centenario. Un percorso, spiega a SustainEconomy.24, report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, il socio e direttore operativo Flavio Ferro, caratterizzato da due passaggi fondamentali: la conversione al 100% di grano italiano, nel 2018, e la scelta di un packaging in carta per arrivare al marchio ad impatto zero, quest'anno. Con un alto impegno altissimo in termini di investimento: 75 milioni dal 2011 ad oggi e nell'ultimo biennio 25 milioni di euro solo per il reparto confezionamento. L'impegno sostenibile e green per un'azienda alimentare come la vostra parte dalla scelta delle materie prime fino al prodotto finito. Qual è il percorso di La Molisana? «Dal 2011, data di acquisizione de La Molisana, sono state numerose le iniziative per cercare di garantire il mantenimento di quella vocazione di eccellenza qualitativa che abbiamo sempre avuto con il consolidamento di un approccio sostenibile. E dopo 10 anni, oggi, nel 2021, vedremo nascere finalmente il primo bilancio di sostenibilità. Il primo vero passaggio nella direzione della sostenibilità lo abbiamo avuto nel 2018 quando abbiamo deciso di convertire la produzione: da pasta realizzata con grani internazionali a pasta realizzata con solo grano italiano. Un passaggio fondamentale che ci ha portato ad una sostenibilità a 360 gradi sia ambientale che alimentare e sociale». Soffermiamoci sul packaging perché avete annunciato un cambio di abito per essere ancora più green. Una scelta importante? «E' una scelta importantissima perché dà seguito ad un percorso aziendale di sostenibilità totale. Questo passaggio alla carta rappresenta una delle pietre miliari dopo il passaggio al grano italiano nel 2018. Abbiamo raggiunto il grade di emissioni zero: abbiamo sostituito il nostro packaging in film plastico con uno in base carta riciclabile in classe C e questo ci ha dato la possibilità, oltre ad un abbattimento immediato pari a circa 3 mila quintali di plastica in meno ogni anno, di ridurre le emissioni di CO2. Partecipiamo, infatti, ad un programma di compensazioni di CO2 con ripiantumazione nel nostro Paese, in Amazzonia e nel Madagascar di un numero proporzionale di piante pari a quelle che vengono utilizzate per la produzione di carta e questo ci consente di avere il marchio a impatto zero. Si tratta comunque di un percorso che è stato particolarmente articolato perché convertire uno stabilimento che lavora attraverso un supporto di plastica significa rivoluzionare dalla base tutto il packaging». Quindi un impegno consistente anche in termini di investimenti? «Assolutamente, un investimento altissimo che dal 2011 ad oggi ci ha portato a spendere qualcosa come 75 milioni di euro e nell'ultimo biennio 25 milioni di euro soltanto per il reparto confezionamento. Lo stesso utilizzo della carta genera di fatto una diminuzione del 15-20% di battute per minuto di ogni macchina di confezionamento e questo non si compensa in altro modo se non acquistando delle macchine più performanti. Il passaggio alla carta è partito a marzo 2021, siamo completamente in carta sulla linea Italia 500 grammi e contiamo nel tempo di migliorare con l'utilizzo sempre minore di plastica - ancora oggi presente come barriera all'interno della confezione – e l'utilizzo di prodotti compostabili compatibili con i prodotti alimentari». Anche la sensibilità del cliente è cresciuta, riscontrate una risposta positiva? «Nell'ultimo decennio abbiamo compreso quanto sensibile sia l'attenzione dei consumatori ai temi della sostenibilità e dell'ambiente. Il consumatore è attento e giudica e non è soltanto un giudice di tendenza ma di sostanza. Quindi lavorare un prodotto che dia respiro all'ambiente, al territorio e all'italianità è molto importante. Il prodotto viene sempre più gradito e notiamo un ritorno in termini di fidelizzazione anche proprio grazie al discorso della sostenibilità». Guardiamo al futuro partendo dai vostri risultati, anche sull'export, e dai prezzi delle materie prime. Cosa vi aspettate per La Molisana e quali sono i progetti? «Per noi l'export rappresenta un importante driver di sviluppo: ad oggi siamo circa al 50% del nostro spedito e non termina un anno solare senza essere entrati in una nuova nazione. Il momento che stiamo vivendo è particolarmente delicato e fluttuante legato ad una impennata delle materie prime. Il grano, come le altre, sta risentendo di un importante nervosismo con i prezzi che sono più che duplicati da circa due mesi. La nostra realtà guarda con molta attenzione a questo momento delicato, forse dovuto anche al rimbalzo della situazione pandemica, ma posso affermare con certezza che l'unica garanzia per il consumatore, di fronte a questa fluttuazione delle materie prime, è avere di fronte una realtà integrata alimentare che può contenere i costi e garantire gli stessi livelli qualitativi. In merito ai progetti futuri intendiamo implementare tutto ciò che ha impatto sostenibile, continuiamo ad auto-produrre energia, e stiamo per inaugurare un nuovo smart building, che sostituirà un edificio degli anni '70, che ospiterà gli uffici e una nuova ala di produzione con una nuova linea di pasta lunga». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/10/2021

01 Ottobre 2021

Saes Getters: «Studiamo materiali sostenibili; la nostra lacca per il packaging alimentare green»

Massimo della Porta, il presidente e maggiore azionista, racconta i progetti della società quotata sullo Star I punti chiave (Il Sole 24 Ore Radiocor) - «Oggi il trend di mercato è risolvere l'esigenza planetaria di salvaguardare l'ambiente». Per questo Saes Getters, società, quotata sullo Star di Borsa Italiana che inventa e produce materiali ‘funzionali', ha deciso di studiare soluzioni per realizzare packaging alimentari sostenibili. Ne è nata una lacca speciale che protegge gli alimenti allungando la vita sullo scaffale, senza intaccare la riciclabilità o la compostabilità dell'imballaggio. Il presidente e maggiore azionista Massimo della Porta parla a SustainEconomy.24, report di Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School anche dei progetti futuri. Saes Getters inventa e produce nuove famiglie e nuovi composti di materiali "funzionali" che hanno poi applicazione in diversi settori. Qual è il vostro apporto all'economia sostenibile e alla circolarità? «Saes crea e produce materiali, e poiché i materiali hanno tanti possibili ambiti applicativi dobbiamo sempre prestare attenzione alle grandi tematiche che influenzano il mercato: la sostenibilità è una di queste. Siamo nati quando le trasmissioni radio e televisive erano una delle esigenze fondamentali dell'umanità, e il nostro primo prodotto si inseriva in quel contesto: si trattava di piccoli getter, dispositivi che venivano inseriti all'interno dei tubi catodici delle Tv. Nel 2008/2009, anni in cui anni il tema centrale è diventato quello della salute e del benessere, ci siamo posizionati nel mercato medicale. Oggi il trend di mercato è quello di risolvere un'esigenza, planetaria, di salvaguardia ambientale: 7 anni fa abbiamo intuito che questa esigenza sarebbe diventata sempre più importante, e abbiamo iniziato a cercare di capire come potevamo fare la nostra parte, impiegando i nostri materiali nell'industria sostenibile. Oggi iniziamo a vedere i risultati. Stiamo puntando moltissimo sulla sostenibilità e ci crediamo in maniera profonda». Uno degli ultimi settori che avete aggiunto al vostro business, è quello degli imballaggi alimentari sostenibili e a basso impatto ambientale. Ce ne parla? «Alcune tecnologie, che avevamo sviluppato per il settore degli schermi 'Oled' e delle televisioni a schermo flessibile, presentavano forti analogie, dal punto di vista pratico, con il packaging alimentare. Gli schermi Oled, per essere flessibili, non possono essere di vetro: devono essere di materiale plastico. Questo materiale plastico è lo stesso usato nel mondo del packaging, e presenta anche lo stesso problema: il passaggio del gas (soprattutto ossigeno e umidità) che può danneggiare il dispositivo all'interno (o gli alimenti, nel caso del food packaging). Giacché abbiamo una competenza storica e siamo leader nell'assorbimento dei gas (il cosiddetto 'getteraggio'), abbiamo preso questa tecnologia e l'abbiamo adattata al packaging alimentare, rendendola più sostenibile economicamente. Così abbiamo sviluppato una speciale lacca che viene applicata sulle superfici degli imballaggi, e che riesce ad agire da barriera proteggendo gli alimenti e allungandone la vita sullo scaffale, senza intaccare la riciclabilità o la compostabilità dell'imballaggio». Come funziona questa lacca? «È una tecnologia complessa: la plastica tipicamente fa passare ossigeno o umidità ed è per questo motivo che nelle confezioni di biscotti o di fette biscottate siamo abituati a vedere un film di alluminio. Normalmente i packaging che devono preservare il cibo vengono realizzati accoppiando tra loro strati di materiali diversi (i così detti 'multistrato'). È facile capire che se si vuole rispondere all'esigenza di economia circolare e di riciclo, l'unico modo è quello di usare un monomateriale. È questa la forza della nostra lacca. Lo strato che andiamo a depositare sulla superficie della plastica, infatti, è così sottile che la normativa non lo considera inquinante, anche perché i nostri prodotti sono sviluppati tutti a partire da materiali food compatible. Proprio in questi giorni abbiamo dato notizia di una collaborazione con Venchi, con cui abbiamo annunciato il primo food packaging trattato con una lacca antiossidante, che impedisce alla superficie del cioccolato di ossidarsi». Può farci qualche altro esempio di vostri prodotti efficaci in chiave sostenibile? «Sempre nel settore dell'imballaggio abbiamo sviluppato, insieme a Novamont, degli speciali additivi che vengono usati all'interno delle bioplastiche come 'marker'. Il sistema permette di verificare se un bio materiale è effettivamente tale, aiutando a rispondere al problema della contraffazione». Tornando alla lacca, qual è stata la risposta del mercato e della distribuzione a questo nuovo packaging? «La risposta del mercato è lenta, perché quando si parla di innovazione e di cambiamento, questi portano sempre con sé dei costi, richiedono ricerca, investimenti, conoscenza. Posso però dire che stiamo avendo successo, con una certa gradualità. Negli ultimi due anni abbiamo avuto un fortissimo impatto dovuto alla pandemia, che non ha certo velocizzato i tempi ma stiamo vedendo i primi risultati». Cosa c'è nel futuro di Saes Getters? «Per quanto riguarda il mondo del packaging, ci stiamo presentando al mercato sotto una nuova veste, che non ci vede più solo come fornitore di materiali, ma come veri e propri 'solution provider': vogliamo lavorare in maniera stretta con gli utilizzatori finali (produttori di cibo, private label, grande distribuzione), offrendo loro non solo il prodotto finito, ma anche un vero e proprio affiancamento. Un esempio è la già citata collaborazione con Venchi, ma abbiamo raggiunto ottimi risultati anche con Colussi. In termini più generali, invece, l'azienda si sta trasformando: la nostra conoscenza è passata dai materiali metallurgici, a quelli polimerici, ai materiali organici ai compositi, col tempo stiamo diventando sempre più un'azienda chimica. Durante la pandemia abbiamo messo a punto un materiale polimerico funzionalizzato antibatterico e antivirale, testato contro il Covid e contro altre azioni virali. Si tratta di un film che troverà applicazione in ambiti molto particolari, e che attualmente è in fase di qualifica presso enti certificatori». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/10/2021