Digital Transformation
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19 Novembre 2020

Dipartimento di Stato Usa: «su 5G legislazione italiana all’avanguardia, bandire completamente fornitori inaffidabili»

Il punto, con DigitEconomy.24, report Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, sui rischi della nuova tecnologia e il confronto tra le norme  italiane e americane   La legge italiana sulla sicurezza informatica è «sicuramente una delle più avanzate in Europa» anche se «vorremmo vedere l'Italia fare il passo successivo e bandire completamente i fornitori di 5G non affidabili». Lo chiarisce Stephen Anderson del  Bureau of economics and business affairs del Dipartimento di Stato americano in un colloquio con DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School). Gli Usa plaudono anche alla tool box europea sul 5G, ricordando che «gli strumenti vanno utilizzati». E concordano con il comitato parlamentare italiano Copasir sui rischi dell'uso di tecnologia cinese. Quanto  alle prescrizioni decise dal governo italiano su Kkr in relazione all'ingresso in FiberCop, il Dipartimento di Stato sottolinea: «siamo assolutamente contenti che le società e gli investitori americani stiano investendo in settori importanti delle economia italiana e questo riflette la forte e dinamica partnership tra Stati Uniti e Italia». «Felici di vedere che l'Italia ha riconosciuti i rischi sulla sicurezza» Partiamo dalla comparazione tra il sistema legislativo americano e quello italiano. «Gli Stati Uniti – spiega  Anderson - hanno condotto una campagna per reti 5G sicure negli ultimi due anni,  la abbiamo coordinata con gli alleati e partner stretti lungo tutto il percorso. Ognuno di questi Paesi ha trovato una strada diversa per raggiungere l'obiettivo. Nel caso dell'Italia, siamo assolutamente incoraggiati e felici di vedere che abbia riconosciuto i rischi, rischi significativi per la sicurezza e per quanto riguarda la privacy causati da un potenziale utilizzo di fornitori non affidabili nelle reti di telecomunicazioni 5G». La legge italiana sulla sicurezza informatica «è sicuramente una delle più avanzate in Europa e a nostro avviso fornisce una protezione completa per i sistemi informatici italiani. Siamo assolutamente soddisfatti, ma vorremmo sicuramente vedere l'Italia fare il passo successivo e unirsi agli Stati Uniti e ad altri membri nella linea di bandire completamente i fornitori di 5G non affidabili». «Toolbox Ue sl 5G è utile, va usata» Allargando lo sguardo agli strumenti approntati dall'Unione europea, «gli Stati Uniti – prosegue Anderson - sono stati molto felici di constatare l'adozione della tool box per la sicurezza 5G dell'Unione europea in sinergia con il Clean network americano. Di recente il sottosegretario alla crescita economica Usa, Keith Krach, ha incontrato il commissario europeo Thierry Breton a Bruxelles e hanno rilasciato una dichiarazione congiunta che ha evidenziato l'impegno degli Stati Uniti e dell'Unione Europea a condividere i principi sulla sicurezza 5G. In conclusione, accogliamo con favore il fatto che gli Stati membri possano fare pieno uso degli strumenti di sicurezza per 5G, soprattutto per applicare le restrizioni pertinenti ai fornitori ad alto rischio. La tool box è utile, ma gli strumenti devono essere usati come previsto». «5G cinese rappresenta una minaccia per i Paesi democratici» Riguardo all'uso della tecnologia cinese per il 5G, il Dipartimento rimarca la sua posizione di contrarietà. «Facciamo un passo indietro, pensando – ricorda Anderson - solo a cosa stanno promuovendo gli Stati Uniti per quanto riguarda Internet e le infrastrutture di telecomunicazioni. Ci auguriamo di aver sostenuto attivamente un Internet aperto, affidabile e sicuro. I Paesi democratici di tutto il mondo hanno abbracciato questa visione, compresi i multi-stakeholder di Internet. Abbiamo tradizionalmente promosso questa visione perché crediamo nella competizione continua per la crescita, perché crediamo nella legge e nella giustizia, e crediamo nel libero flusso dei dati a beneficio di chi fornisce scienza, arte, istruzione e apprendimento. Si riesce a immaginare che cosa sarebbero stati gli ultimi mesi con il Covid se non avessimo avuto informazioni efficaci e libere? Ora, a nostro avviso, la Cina si è avvicinata alla governance di Internet, mina il modello multi-stakeholder che è stato una caratteristica predominante dell'ambiente tecnologico globale. Penso che, alla luce di ciò, sia abbastanza chiaro che il 5G cinese mina e rappresenti una minaccia per i Paesi democratici proprio come il rapporto del dicembre 2019 del Copasir ha chiaramente evidenziato. Ma, sia chiaro, dal nostro punto di vista non si tratta di conflitto tra gli Stati Uniti e la Cina». Il segretario di Stato Pompeo «ha detto che la scelta non è tra gli Stati Uniti e nessun altro, è tra libertà e sicurezza. La Repubblica popolare cinese impone a società come Huawei di consegnare tutti i dati richiesti dal governo cinese. Per quanto riguarda il giusto processo, c'è poca o nessuna trasparenza, nessun rispetto della privacy individuale. Il partito comunista cinese vuole che i leader delle loro aziende private siano utilizzabili nei momenti chiave! Quindi siamo d'accordo col Copasir sulla minaccia alla democrazia e alle norme e istituzioni democratiche rappresentata dai cinesi, e vediamo questo come parte di una strategia della Cina per esportare l'autoritarismo digitale. Penso che siamo più sicuri con azioni come quelle che l'Italia ha intrapreso per escluder fornitori non affidabili dalla sua catena di approvvigionamento, ma dobbiamo continuare a lavorare insieme al fine di garantire che garantire la sicurezza». «Contenti che società come Kkr investano in settori importanti in Italia» Quanto alle prescrizioni decise dal governo italiano nei confronti dell'americana Kkr, azionista di FiberCop, la nuova società della rete secondaria di Tim, «il governo degli Stati Uniti – conclude Anderson- preferisce non commentare lo screening degli investimenti da parte di altri Paesi, in particolare i nostri amici e i nostri alleati, ma siamo assolutamente contenti che le società e gli investitori americani come Kkr stiano investendo in settori importanti delle economie italiane e questo riflette la forte e dinamica partnership tra Stati Uniti e Italia». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  19/11/2020

19 Novembre 2020

Hu Kun ( Zte): «collaborare tra Paesi è economicamente conveniente»

Parla l'amministratore delegato della filiale italiana a DigitEconomy.24, report Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. Rete unica? «Siamo pronti a collaborare nel business della fibra»   La collaborazione tra i vari Paesi, includendo le catene di fornitura globali, è «conveniente» a livello economico ed è «molto importante» anche per superare la pandemia. E' la posizione di Hu Khun, amministratore delegato di Zte Italia, interpellato in vista del cambio di guida alla presidenza degli Usa, dopo un'amministrazione Trump sotto la quale i rapporti tra Cina e Usa sono peggiorati. Facendo il punto con DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) sulla situazione del 5G nel nostro Paese, Hu Khun ricorda che intanto gli operatori in Italia sono pronti a partire già alla fine dell'anno con la nuova tecnologia, anche se l'avvento massivo è previsto l'anno prossimo. Se impatto della pandemia c'è stato sullo sviluppo delle reti, è da rinvenire nel fatto che gli operatori di telecomunicazioni, data la crisi economica, hanno ora meno soldi da investire. Quanto al dossier rete unica, Zte è pronta a collaborare nel business della fibra, indipendentemente dallo scenario che verrà fuori, come già fa oggi con Tim e Open Fiber. Sul fronte, invece, della cybersecurity, Zte collabora con Parlamento e Governo italiani «molto bene» mentre, riguardo alla posizione del Copasir sull'uso delle tecnologie cinesi, Hu Khun afferma: «non mi piace vedere accuse senza prove». Alcuni studi parlano di un rallentamento nello sviluppo delle reti 5G, anche in relazione alla pandemia. E' d'accordo con questa lettura? Nonostante la pandemia, non ho osservato un rallentamento nello sviluppo delle reti. La crisi ha reso piu' evidente l'importanza e l'essenzialità delle infrastrutture di telecomunicazioni e di una migliore connettività.  D'altronde la pandemia ha avuto un forte impatto economico in tutti i settori. Se c'è quindi unaconseguenza della crisi sullo sviluppo del 5G, è il fatto che gli operatori hanno, per queste ragioni, meno soldi da spendere. Che cosa vi aspettate per il 2021? Sarà ugualmente l'anno dello sviluppo del 5G come atteso? Alla fine di quest'anno gli operatori saranno pronti, ma la copertura massiva avverrà il prossimo anno, anche sul fronte dell'offerta dei device. Ci saranno sempre più modelli diversi di smartphone 5G, dispositivi Cpe e device IoT. C'è chi ritiene che, per ammortizzare gli investimenti, sia importante coinvestire nel 5G, siete disponibili a farlo con altri partner? Noi siamo focalizzati sulla tecnologia e sulle applicazioni, sui contributi a ogni nuovo 5G use case. Al momento non abbiamo piani di investire direttamente nel business degli operatori. Oggi meno del 20% degli investimenti sul 5G sono legati all'industria, nel futuro questa percentuale salirà all'80 per cento. Questo vuol dire che ci sarà un grande cambio di passo. In Italia si parla tanto del dossier della rete unica in fibra ottica e della possibilità di estenderla al 5G Si tratta di un dibattito noto, ormai da tanto tempo, noi guardiamo e aspettiamo di vedere che cosa accadrà. La discussione sembra volgere al termine. Collaborerete a questo progetto? Naturalmente. Noi oggi stiamo lavorando intesamente con Tim e Open Fiber nella fibra, siamo molto attivi in questo settore. Non ha importanza quello che accadrà, siamo pronti a collaborare. Il Copasir ha sottolineato più volte i rischi dell'utilizzo della tecnologia cinese. Ciò potrebbe rallentare lo sviluppo del 5G in Italia? Penso che la cybersecurity sia un aspetto molto preoccupante, e noi capiamo totalmente questi timori e collaboriamo con i regolatori. La questione è gestibile con lo sforzo di tutti, compresi gli operatori di tlc, gli Over the top, i regolatori. Agendo su questi diversi fronti la cybersecurity è una materia sotto controllo.  Abbiamo accolto con favore la tool box della Ue e lavoriamo molto bene con il Governo e il Parlamento italiano. Avremo questo approccio con ogni nuovo decreto o legge che arriverà.   Quanto al Copasir vorrei fare giusto un commento: dal mio punto di vista non mi piace vedere delle accuse senza prove. Ma capiamo la preoccupazione. Per questo abbiamo fatto i nostri sforzi, investiamo nel nostro Security lab, la nostra piattaforma molto trasparente e aperta ai parner, includendo anche il codice sorgente. Negli Usa cambierà il presidente, il nuovo corso potrebbe contribuire ad  ammorbidere i rapporti in genere tra Cina e Usa? Non sono qualificato a commentare, ma una cosa penso sia importante: ognuno sa che la collaborazione globale, includendo anche la supply chain globale, è conveniente a livello economico, secondo vari studi. Ne derivano benefici comuni per tutti i Paesi. E' dunque molto importante la collaborazione per tutti i Paesi del mondo, anche per venir fuori tutti assieme dalla pandemia In Italia prevedete un miliardo di investimenti, su che cosa saranno focalizzati? Nel 2015 abbiamo detto che nei futuri 5 anni fino al 2020, avremmo investito 500 milioni di euro in Italia e abbiamo concluso con successo questa parte di investimento. Dopo di ciò, vogliamo dimostrare la determinazione a continuare a investire nel nostro businesss in Italia. Nei prossimi 5 anni investiremo un miliardo aggiuntivo. Investiremo nel potenziamento delle infrastrutture, continueremo ad assumere persone, a lavorare con i partner locali. Nel prossimo anno ci sarà inoltre un focus nel business degli smartphone. La nostra attenzione sarà focalizzata in particolare negli use case del 5G, pensiamo che sia una parte molto importante nello sviluppo della nuova tecnologia nel Paese. Abbiamo già assunto persone nel nostro Cybersecurity lab, nella nostra smartphone business unit, vogliamo continuare. Ci può dare una cifra delle assunzioni legate al miliardo d'investimenti? Dipende da alcune condizioni, non voglio creare aspettative, ma posso dire che negli scorsi 5 anni noi abbiamo creato piu di 3mila posti di lavoro in Italy, questo è il punto di riferimento. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 19/11/2020

05 Novembre 2020

«Il costo doloroso della pandemia e il futuro sempre più digitale»

Il presidente di Anitec-Assinform Marco Gay nel suo intervento su DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School: «la strategia del lockdown sembra  ineludibile»   Viviamo giorni molto difficili. La pandemia da Covid 19 continua a imperversare e dopo qualche mese di apparente calma, si torna a vivere la paura della crisi sanitaria, mentre quella economica e sociale ormai da marzo si fa sempre più acuta e grave, con ricadute drammatiche su famiglie e imprese. Oggi restiamo in attesa di vedere la curva dei contagi appiattirsi, per poi cominciare a scendere. Per farlo, la strategia dei lockdown sembra oggi essere ineludibile, come accade in gran parte di Europa, anche se questo significa la chiusura di attività commerciali, l'interruzione delle attività scolastiche in presenza per migliaia di studenti, la sospensione di alcuni servizi alla persona – dalle prestazioni sanitarie all'attività motoria – indispensabili per il benessere fisico e psicologico. Una strategia dolorosa che dovrebbe servire a guadagnare tempo in attesa che i vaccini e cure sempre più efficaci ci consentano un graduale ritorno alla normalità. Mettere al centro delle economie avanzate la capacità di innovare Tra errori politici e di gestione della crisi pandemica, ritardi e criticità strutturali del Paese che emergono oggi in tutta la loro entità, i lockdown sono la soluzione più dolorosa, un costo che dobbiamo sostenere con senso di responsabilità, a partire dal rispetto delle norme sanitarie minime come precondizione per ridurre i contagi e garantire la tenuta delle strutture sanitarie. Di fronte a una crisi, sta a ciascuno di noi fare la differenza.  Nonostante le incertezze, è doveroso però ricominciare a parlare di futuro. Perché non farlo vorrebbe dire condannare il paese a un declino inaccettabile, dopo un così lungo periodo di sofferenza.  Un futuro che sarà sempre più digitale e che metterà al centro delle economie avanzate la capacità di innovare, di scommettere sulla conoscenza e sul progresso tecnologico per una crescita inclusiva e sostenibile. Siamo in transizione digitale, molto di più può essere fatto Siamo in piena transizione digitale. Il massiccio ricorso alle soluzioni Ict durante e dopo il lockdown - dal lavoro alla didattica a distanza, all'e-commerce, allo sport praticato in casa con le piattaforme on line, al massiccio ricorso a cloud, cybersecurity, alle piattaforme per gestire da remoto interi impianti industriali – ci ha dimostrato come il digitale tocchi in maniera pervasiva quasi ogni campo della nostra vita. E molto di più può esser fatto. Per questo, è oggi imperativo sostenere lo sviluppo di un'industria digitale, innovativa e capace di alimentare l'occupazione, attrarre talenti e modernizzare il nostro sistema produttivo che guarda ai servizi, alla manifattura, alla scuola, alla sanità, infine alla pubblica amministrazione. Dobbiamo, cioè, provare a recuperare quel gap che abbiamo verso i nostri partner europei e internazionali, sapendo di avere tutte le capacità per farlo. Crisi vuol dire opportunità per affrontare i nodi irrisolti del Paese Siamo convinti che questa crisi possa rappresentare un'opportunità per affrontare i nodi irrisolti del Paese – dalle semplificazioni amministrative a un fisco più semplice e meno invasivo – per consentire alle imprese e alla Pa di tornare a investire in innovazione, vera "cura" per la nostra economia. Un vero e proprio "strumento" per ridurre le diseguaglianze e assicurare alle future generazioni una prospettiva di crescita e benessere.  Sappiamo benissimo che la strada è in salita. Non ci nascondiamo le tante difficoltà. I trasporti, il turismo, la ristorazione, l'attività fieristica ha subito uno stop pressoché totale, mentre l'industria e il mondo dei servizi hanno potuto contare sulle soluzioni digitali per proseguire con una certa continuità l'attività produttiva. Basti pensare allo smartworking, alla scuola a distanza, alle fabbriche "intelligenti": seppur con qualche difficoltà, il mondo non si è fermato grazie al digitale. Una politica industriale del digitale in vista del Recovery Fund Oggi abbiamo bisogno di una nuova normalità che corregga gli errori e faccia tesoro delle best practices e delle innovazioni che il digitale ha introdotto nel nostro quotidiano.  Il modo di lavorare, il modo di produrre, i trasporti e i commerci continueranno a subire trasformazioni importanti, centrate sulla parola "sicurezza". La sicurezza sanitaria, in primo luogo, ma anche la sicurezza delle transazioni commerciali, delle reti di dati, della salubrità dei prodotti, delle procedure adottate. Tutte le imprese e tutte le filiere sono in prima fila, le piccole con le grandi.  Per questo, oggi è l'occasione per liberare creatività, trovare soluzioni di policy coraggiose non per proteggere lo status quo, ma per dare nuova linfa vitale al tessuto industriale. C'è bisogno di una strategia e di una visione di lungo periodo che affidi al digitale il compito di trainare la ripresa economica, per affrontare i nodi e i ritardi che da troppo tempo zavorrano la crescita del Paese. Dobbiamo dotarci di una vera politica industriale per il digitale, che consenta di sfruttare al meglio le risorse del Recovery fund per non trasformale in mero debito: dobbiamo fare (e non solo evocare) le riforme strutturali. È un'occasione unica e non va sprecata.  Come Anitec-Assinform, proponiamo sette assi di intervento: quattro indirizzati al sostegno della domanda intervenendo lato: imprese, amministrazioni pubbliche, scuola e sanità, tre indirizzati allo sviluppo dell'offerta o industria digitale, attraverso misure di sostegno per R&S, startup e competenze ICT. *Presidente di Anitec-Assinform SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 5/11/2020

05 Novembre 2020

Pisano: «Paese più pronto ad emergenze ma accrescere infrastrutture e mezzi. Rete unica può dare contributo»

A fronte della seconda ondata Covid, il bilancio della ministra su digital divide, digitalizzazione e App Immuni: «Se più cittadini l'avessero usata subito, forse non saremmo in questa situazione».   L'Italia è più pronta ad affrontare le emergenze «nelle attitudini di ciascuno», ma «è indispensabile accrescere anche dal punto di vista di infrastrutture e mezzi la preparazione del Paese a questa fase e ad altre successive che speriamo più serene». Lo afferma la ministra dell'Innovazione tecnologica e digitalizzazione, Paola Pisano, facendo il punto con DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) sullo stato delle infrastrutture e della digitalizzazione del Paese alla luce della seconda ondata di coronavirus. Secondo gli ultimi dati Agcom, il divario digitale tra le Regioni arriva anche a 40 punti, ma ci si aspetta una riduzione grazie alle iniziative di Open Fiber, di Tim e degli operatori Fwa. In questo scenario «il progetto della rete unica può contribuire a dotare l'Italia di una infrastruttura solida per sviluppare servizi digitali migliori». Quanto all'app Immuni e al suo uso limitato, Pisano sottolinea che se un maggior numero di cittadini l'avesse utilizzata subito «forse oggi non saremmo nella seconda ondata della pandemia o non lo saremmo nelle proporzioni attuali». Un motivo in più per «non demordere e per continuare a far crescere il numero degli utenti». La nuova ondata di coronavirus ha fatto crescere nuovamente smart working e didattica a distanza. L'Italia oggi, a livello di infrastrutture, è più preparata rispetto al lockdown di pochi mesi fa? Può essere più preparata nelle attitudini di ciascuno ad affrontare le emergenze, ma è indispensabile accrescere anche dal punto di vista di infrastrutture e mezzi la preparazione del Paese a questa fase e ad altre successive che speriamo più serene, non insidiate da un virus tuttora privo di vaccino. Considerato l'aumento di lavoro e didattica a distanza, il governo ha deciso di aiutare le famiglie meno abbienti sulle quali ricadono i pesi maggiori: potranno usufruire di agevolazioni, voucher fino a 500 euro, per dotarsi di connessione a internet veloce e di un personal computer o di un tablet. Una connettività adeguata e veloce è indispensabile anche per le scuole. Il Comitato banda ultra larga, Cobul, che presiedo, ha deliberato un ‘Piano scuole' e questo prevede investimenti per 400 milioni di euro. Serviranno a far arrivare la connettività a un gigabit in oltre 35 mila edifici scolastici e a fornire gratuitamente per cinque anni il servizio di connessione. Il governo sta seguendo con grande attenzione anche il piano per portare la banda ultra larga nei Comuni delle cosiddette ‘aree bianche', ossia quelle zone del Paese nelle quali gli operatori privati del settore non hanno interesse economico ad investire. A fine 2019 erano 79 i Comuni delle aree bianche in cui era presente la connettività in fibra ottica. Oggi sono 594. Il progetto complessivo prevede di portare entro il 2023 la banda ultra larga in oltre settemila Comuni. L'App Immuni probabilmente non ha dato i risultati sperati, visti i dati del contagio. Quali sono i colli di bottiglia individuati e come superarli? Finora Immuni è stata oggetto di oltre 9,6 milioni di download. Occorre fare di più? Certo. E' davvero poco? Beh, ricordiamo che nessuna app pubblica nel nostro Paese è stata scaricata su smartphone così tante volte in un arco di tempo così ristretto. Le notifiche di esposizione al virus che sono state inviate finora superano le 63 mila. Significa che 63 mila persone sono state informate di correre più rischi di altri di risultare contagiate e quindi sono state rese consapevoli di poter agire per circoscrivere focolai, sottoporsi il prima possibile a controlli medici, proteggere persone vicine rinunciando a ulteriori contatti con queste. In ottobre, in concomitanza con l'accelerazione dei contagi, è stato registrato un notevole aumento dei download. Se un maggior numero di cittadini avesse utilizzato Immuni nei primi mesi di entrata in funzione, dunque dal primo giugno scorso, forse oggi non saremmo nella seconda ondata della pandemia o non lo saremmo nelle proporzioni attuali. Ed è un motivo per non demordere. Per continuare a far crescere il numero degli utenti perché ogni focolaio circoscritto sul nascere è un vantaggio per tutti, innanzitutto per le fasce di popolazione più vulnerabili di fronte al virus. Come si spiegano i casi di successo come quello della Corea?  La Corea è un Paese dinamico al quale siamo legati da profonda amicizia, ma il confronto non può essere fatto in termini sommari. Per ragioni storiche e geopolitiche evidenti, per la maggiore familiarità del suo popolo con misure di sicurezza e difesa, la Repubblica di Corea ha riguardo alla privacy un approccio che non è identico a quello italiano. Se ci confrontiamo con Paesi simili al nostro, rileviamo che soltanto in Germania il numero dei download è più elevato rispetto a quello registrato in Italia. Oltre ad amministrare uno Stato che ha più popolazione, il governo tedesco ha però anche investito nell'operazione più fondi rispetto a quanto avvenuto in Italia: nemmeno un euro, all'inizio. Noi abbiamo lavorato su un progetto fornitoci gratuitamente da un'azienda selezionata e pubblicizzato sulla base delle disponibilità spontanee di aziende private di informazione ed editoria. Quali sono state le maggiori difficoltà? Il dipartimento che guido ha curato la parte tecnologica e normativa dell'applicazione, gestita a partire da giugno dal Sistema sanitario nazionale. Nelle settimane scorse sono state segnalate difficoltà nell'inserimento dei codici degli utenti positivi, operazione necessaria a far partire le notifiche, e il governo è intervenuto. Nel Dpcm del 18 ottobre scorso, tra le misure per contrastare l'emergenza da Covid-19 è stato indicato per gli operatori sanitari l'obbligo di inserire i codici nel sistema di Immuni. Nel decreto legge sull'emergenza epidemiologica pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 28 ottobre è stata prevista la nascita di un call center a disposizione degli utenti di Immuni. Il 19 ottobre scorso l'applicazione è diventata interoperabile con le app di notifica di contatti a rischio di contagio adottate in Germania e in Irlanda. Significa che chi vive in Italia e ha Immuni può impiegarla anche in Germania e Irlanda e viceversa per quanto riguarda gli utenti delle analoghe app tedesca e irlandese. Nei giorni scorsi anche Lettonia e Spagna hanno avviato l'interoperabilità delle loro applicazioni e nelle prossime settimane altri Paesi dell'Unione si uniranno al sistema. Le difficoltà che si sono verificate appartengono alla fase attuale nella quale si trova la digitalizzazione nel nostro Paese: un processo di cambiamento al quale non mancano resistenze, diffidenze superiori a quanto potrebbe essere naturale e molte volte infondate, intralci di varia natura. Qualcuno mi dimostri che sono ragioni per andare indietro invece che avanti, se ci riesce. Motivi per bloccare una evoluzione indispensabile io non ne vedo e agisco per farla procedere a vantaggio della sicurezza, e della salute, di tutti noi. A che punto è il digital divide alla luce delle iniziative di Tim, Open Fiber e gli altri operatori, attivate nel lockdown e post lockdown?  Secondo gli ultimi dati dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni le differenze di copertura a banda ultra-larga tra le nostre Regioni vengono misurate anche in 40 punti percentuali. Gli interventi del concessionario Open Fiber che sta cablando le aree bianche contribuiranno a diminuire questo divario, come dovrà farlo il progetto di Tim che sta investendo sulla tecnologia Fiber to the cabinet e gli operatori Fixed wireless access. Ma il digital divide non riguarda solo la connessione. Il divario, non meno preoccupante, è anche nelle competenze digitali. Per questo ho chiesto alla ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina e al ministro dell'Università Gaetano Manfredi di inserire nei programmi didattici delle scuole e nei piani studio degli atenei nuovi spazi da dedicare all'insegnamento dell'informatica e di usi corretti delle tecnologie da parte di ragazze e ragazzi. Senza adeguate competenze, anche una rete di connessione efficiente non potrebbe essere utilizzata al meglio. Sarebbe come avere in casa i cavi della corrente elettrica senza lampadine. Le stanze resterebbero buie. Open Fiber ha proposto un piano per accelerare e portare la connessione con l'Fwa nelle aree bianchissime, cioè i cosiddetti Comuni "No internet". Valutate altre iniziative?  Noi abbiamo chiesto a tutte le società di telecomunicazioni di presentare quanto prima proposte volte a portare in tempi brevi la connettività nelle aree cosiddette ‘bianchissime', zone nelle quali almeno un decimo delle abitazioni è priva di connessioni con Internet . Sono 204 i Comuni di queste zone. L'obiettivo del governo è sempre fare la propria parte affinché siano assicurate velocità, sicurezza e capacità della rete. Quella di Open Fiber al momento è l'unica proposta concreta, ma sappiamo che altri operatori sono interessati. Occorre fare in modo che una convergenza nelle azioni di soggetti privati e politiche pubbliche permetta che anche in questi Comuni i ragazzi possano seguire le lezioni da casa e i loro genitori lavorare da remoto. La tecnologia deve dare a tutti le stesse opportunità, non certo ampliare i divari sociali. La nuova ondata di coronavirus fungerà da acceleratore per il progetto di rete unica tanto discusso?  La rete unica rappresenta un progetto importante per il Paese. L'emergenza sanitaria ha fatto emergere con più forza la necessità di disporre di una rete di connessione veloce e sicura, di digitalizzare il nostro territorio e per questo serve la connettività. Il progetto della rete unica può contribuire a dotare l'Italia di una infrastruttura solida per sviluppare servizi digitali migliori. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 5/11/2020

05 Novembre 2020

Cy4gate: «Lavoriamo col Governo per prevenire nuove emergenze»

Su DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, l'intervista all'amministratore delegato della società di cybersecurity, Eugenio Santagata: «Il Covid si poteva prevedere, c'erano segnali  negli ultimi 10 anni»   L'emergenza Covid, con gli attuali sistemi di intelligenza artificiale e software di analisi dei dati «si poteva prevedere» se si fossero messi a fattore i segnali presenti nel corso degli ultimi dieci anni; ora si sta lavorando, grazie ai sistemi di intelligenza predittiva, per anticipare altri simili eventi. Ad affermarlo è Eugenio Santagata, amministratore delegato di Cy4gate, società quotata in Borsa e controllata al 46% dal gruppo Elettronica, che opera nel mercato cyber a 360 gradi, principalmente con governo, forze armate, forze di polizia, agenzie di intelligence. Inoltre il gruppo, spiega Santagata a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) è all'opera per prevenire e monitorare, attraverso i social network, «l'insorgenza di fenomeni eversivi, disordini sociali, diffusione di idee propagandistiche che minacciano l'ordine pubblico e la sicurezza nazionale». L'Italia, aggiunge l'amministratore delegato che è anche vicedirettore di Elettronica e conta 15 anni di carriera in vari ruoli operativi come ufficiale di comando in operazioni militari, «è in guerra, come tutti i Paesi del mondo» e se, sul fronte normativo e regolatorio abbiamo  un contesto solido, d'altro canto bisogna procedere più velocemente possibile nella road map dell'attuazione della sicurezza cibernetica nazionale. L'emergenza Covid, grazie all'analisi dei dati e ai sistemi di intelligenza artificiale esistenti, si poteva prevedere? Andando indietro di 10 anni dei segnali c'erano, ma non sono stati messi a fattore. State lavorando per prevenire altre emergenze simili? La domanda attuale riguarda proprio che cosa succederà in futuro. C'è, infatti, una nuova frontiera che è quella dell'intelligenza predittiva sulla quale stiamo cercando di dare un contributo. Il governo italiano, ma anche le aziende, stanno cercando di attivarsi in questo campo, la tecnologia ci può essere d'aiuto. Vanno, infatti, presi in considerazione i cosiddetti segnali deboli, si tratta di una grande quantità di dati, segnali che non vengono captati, ma che possono essere spia di quello che avverrà. Cy4gate collabora con il Governo in vari progetti per la raccolta e l'analisi di dati aggregati ed eterogenei provenienti dalle fonti aperte (Osint) riguardanti trend pandemici e l'occorrenza di eventi fino a ieri considerati straordinari ad alto impatto sociale, al fine di testare algoritmi proprietari di intelligenza predittiva. Grazie al software e programmi informatici specifici che captano e analizzano i "segnali deboli" all'interno del mare magnum di dati di tutti i tipi, l'obiettivo è proprio predire il verificarsi di nuovi fenomeni "tipo" il Covid. In quali altri campi state lavorando col governo? Ad esempio Cy4gate, nell'ambito di uno dei suoi campi di operatività come la raccolta ed analisi dati, fornisce al Governo sistemi per la monitorizzazione attiva dei social network basati sull'apporto fondamentale della Intelligenza Artificiale, al fine di prevenire l'insorgenza di fenomeni eversivi, disordini sociali, diffusione di idee propagandistiche che minacciano l'ordine pubblico e la sicurezza nazionale, o per quanto possibile gestirli ove la matrice di questi fenomeni utilizzino i social network come strumento di organizzazione, reclutamento e crescita. Tornando all'attuale emergenza sanitaria, avete messo a punto dei prodotti di contact tracing? Abbiamo registrato subito un'app per il tracciamento dei contatti che abbiamo venduto a varie aziende, anche alla nostra casa madre Elettronica. Viene utilizzata sul posto di lavoro su base consensuale. I dati raccolti vengono gestiti all'interno del perimetro aziendale solo per aumentare la sicurezza dei dipendenti. Oggi l'Italia, con l'adozione del perimetro di sicurezza cibernetica, è promossa nel campo della cybersecurity? Noi siamo in guerra, come tutti i Paesi del mondo, c'è in atto una guerra informatica sotterranea. Si tratta di attacchi su larga scala e i rischi saranno sempre più alti man mano che il 5G diventerà parte integrante della nostra vita e gli oggetti saranno sempre più connessi tra loro. Qualche anno fa l'Italia era più vulnerabile di oggi, il nuovo perimetro di sicurezza cibernetica rappresenta, infatti, un forte scudo di cui il nostro Paese si è dotato. Tuttavia l'Italia è sempre un soggetto esposto agli attacchi, occorre procedere sulla road map della sicurezza informatica nazionale in maniera più spedita. Di fronte al nemico invisibile, subdolo, cinico che diventa sempre più difficile identificare, si pone il problema della risposta. Sul fronte regolatorio e normativo, va comunque detto, abbiamo un contesto sufficientemente solido. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 5/11/2020

05 Novembre 2020

Irideos: «Traffico dati sotto  controllo, su rete unica in fibra non escludiamo nulla»

L'intervista all'amministratore delegato della società, Danilo Vivarelli:  «Pronti a gestire nuovi picchi» su DigitEconomy.24, il report Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School   La situazione del traffico dati nelle reti tlc è ancora sotto controllo; la crescita c'è, ma è ben lontana dai livelli del lockdown di marzo. Dal suo osservatorio privilegiato Danilo Vivarelli, ex consigliere di Tim e oggi amministratore delegato di Irideos, tasta il polso della situazione durante la nuova emergenza legata alla seconda ondata di contagi da coronavirus. In ogni caso l'azienda, controllata al 78,3% da F2i e al 21,7% dal fondo Marguerite, si dice pronta a gestire eventuali nuovi picchi. Quanto al business, Irideos nel 2020 non ha riscontrato un grosso effetto Covid e registrerà alla fine dell'anno una sostanziale tenuta dei ricavi con margini in leggero aumento. Tuttavia il piano di crescita previsto per il 2020 sarà probabilmente spostato al 2021. Nel frattempo Irideos, nata dall'aggregazione di varie imprese dell'Ict che operano nel mondo del BtoB, guarda al progetto di rete unica, senza escludere nessuna ipotesi: «E' importante – dichiara Vivarelli a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) - che ci sia un accesso non discriminatorio alle infrastrutture. Laddove si crea una concentrazione occorrono misure regolamentari adeguate». Con la nuova ondata di contagi, e il conseguente aumento delle misure restrittive, quali differenze osservate rispetto al lockdown di marzo? Noi siamo un operatore di servizi essenziali e nel primo lockdown, gestendo un'infrastruttura critica, abbiamo continuato a lavorare. Allora abbiamo notato alcune tendenze: l'aumento complessivo dei dati ha comportato una notevole richiesta di passaggi, da parte delle aziende, dall'adsl alla fibra. Inoltre abbiamo registrato nel nostro data center Avalon Campus, dove alloggiamo apparati di 155 operatori, un aumento del traffico dei dati scambiati. Il numero di collegamenti ha subito un'accelerazione del 50 per cento. Passato il primo periodo critico, il traffico è continuato a crescere, ma a un livello più standard. Guardando ai numeri, al momento si contano circa 100 nuove connessioni a settimana, nel lockdown erano 150. Siamo, cioè, più o meno in linea col periodo pre-Covid. In generale, dall'epidemia a oggi, si è registrata una crescita del 25% con un picco superiore nella prima fase e via via una normalizzazione. In ogni caso siamo pronti a gestire nuove impennate, non c'è nessun problema ad aumentare la nostra capacità. Voi avete 30mila chilometri di fibra ottica, che cosa ne pensate del progetto di rete unica? Se partirà il progetto noi faremo le nostre valutazioni. La rete unica ha implicazioni a livello tecnologico, politico, è una sfida complessa. Noi in questo momento stiamo monitorando l'evoluzione. E' tuttavia importante, qualora si realizzi la rete unica, che ci sia un accesso non discriminatorio alle infrastrutture. Laddove si dovesse creare una concentrazione, ci vorranno poi misure regolamentari adeguate. Che ne pensate della possibilità di includere anche i data center nella rete unica e del progetto di creare un cloud europeo?  I data center, noi ne abbiamo 14, sono un elemento fondamentale; in prospettiva, infatti, i servizi andranno progressivamente in cloud. Noi abbiamo un nostro percorso di espansione, ma, se ci saranno opportunità legate a un contesto più ampio, le valuteremo volentieri. Come detto in precedenza, qualora dovesse partire il progetto di rete unica, non escludiamo niente.  Quanto all'ipotesi di un cloud europeo, Irideos fa parte del progetto Gaia-X fin dall'inizio visto che vi partecipava la società Enter, poi integrata nel gruppo. Sicuramente la presenza di eventuali standard possono rendere la situazione più omogenea a livello europeo e contribuire a creare un polo importante dei servizi. Dal primo novembre avete completato la fusione con Cloud Italia. Vedete altre aggregazioni o acquisizioni nel vostro orizzonte? La campagna di acquisizioni è stata fatta nel 2017-2018 da parte di F2i e del fondo Marguerite: sono state comprate aziende come Infracom, Mc link, Enter. Dopo le fusioni societarie abbiamo portato avanti le integrazioni delle varie realtà, passando da un certo numero di piccoli operatori fino alla creazione di un'azienda a livello nazionale. Con tutta una serie di passaggi di tipo tecnologico e di processo. E' importante, infatti, creare un'identità e una cultura aziendale specifica che non disconosca la storia degli operatori. A questo punto ci possiamo considerare un'azienda unica. Il primo novembre scorso si è, infatti, completata questa fase con l'incorporazione di Cloud Italia che controlla l'operatore virtuale Noitel. Ora abbiamo un piano di crescita organica. Finora avete registrato perdite per l'emergenza Covid?  Il 2020 è un anno particolare, ma non abbiamo registrato grossi contraccolpi. I ricavi tengono alla fine dell'anno e dovremmo avere anche un po' di incremento dei margini. Tuttavia il percorso di crescita che dovevamo iniziare nel 2020 è stato un po' rinviato. Entro l'anno presenterò al consiglio di amministrazione la conferma dell'attuale piano, ma con un diverso decalage temporale . L'avvio del piano di crescita sarà, quindi, probabilmente spostato al 2021. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 5/11/2020

04 Novembre 2020

lI contributo delle piattaforme digitali allo sviluppo dell’economia circolare e i problemi connessi al recupero dei materiali di supporto

Le tecnologie digitali sono sempre più pervasive nella nostra società: l’economia circolare ci permette di ripensare in maniera sostenibile i materiali in uso in tutta l’infrastruttura e di dotare il Paese di una rete di raccolta e riciclo più integrata e strutturata. Iscriviti al webinar di "Italia 2030", il progetto MiSE e Luiss Business School per l’Italia sostenibile, e scopri di più! Reti 5G e intelligenza artificiale sono in rapido sviluppo: le tecnologie digitali non sono immateriali, richiedono sensori, sistemi di elaborazione e di immagazzinamento dati, rendendo quindi necessarie quasi tutte le tipologie di materiali, dai conduttori, ai ceramici, ai semiconduttori e ai polimeri. Il webinar prende le mosse dal discussion paper di "Italia 2030" che ha esaminato le tipologie di materiali in uso in tutta l’infrastruttura digitale allargata e analizzato come sviluppare una rete di raccolta e riciclo più integrata e strutturata di quella esistente, a fronte di dispositivi caratterizzati da cicli di vita decisamente brevi. Coordinatore: Maurizio Masi, Politecnico di Milano Intervengono: Danilo Bonato, Direttore Generale, Erion Cristiana Gaburri, Executive Director Direzione Centrale, Tecnico Scientifica, Federchimica Gianmarco Pulga, Head of Digital Factory, Italgas Teresa Sessa, R&D Manager, Relight Italia Massimiano Tellini, Global Head Circular Economy, Intesa Sanpaolo Innovation Center Il webinar è gratuito, per partecipare è necessaria la registrazione.  REGISTRATI  SCARICA LA RICERCA Rivedi il webinar 5/11/2020

22 Ottobre 2020

Retelit: «Pronti a contribuire a rete unica se con modello wholesale only e solo in alcune aree del Paese»

Parla l'ad Federico Protto: «Valuteremo nuove acquisizioni e siamo pronti a partecipare ai bandi per le aree grigie». Oggi su DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore. Pronti a contribuire alla rete unica, ma a determinate condizioni: che sia wholesale only e che operi in aree selezionate del Paese. E' la posizione di Retelit, azienda di infrastrutture in banda ultra-larga che conta 16mila chilometri di fibra ottica . «Noi siamo favorevoli a un modello di rete unica, in ottica wholesale only e per certe aree del Paese, ad oggi meno coperte. Con questi paletti saremmo ben contenti di dare il nostro contributo anche fattivo. La discussione è in corso, stiamo cercando di capire», ha spiegato a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School, Federico Protto, amministratore delegato di Retelit. Quotata dal 2000, la società ha tra i suoi focus le aree grigie e, in attesa che arrivino i bandi pubblici a cui parteciperà, si sta già attivando direttamente. Di recente ha portato a termine due acquisizioni e registrato un cambiamento nella compagine azionaria. Una volta "digerite" le acquisizioni, dice Protto, si valuteranno nuove possibilità, soprattutto nel campo degli operatori infrastrutturati con forte presenza locale e nel mondo dei servizi. Inoltre l'azienda punta all'investimento nelle aree grigie e, in attesa che escano i bandi pubblici a cui parteciperà, si sta già attivando direttamente. Dottor Protto, c'è attesa per i bandi Infratel sulle aree grigie, siete interessati? Le aree grigie sono tra i nostri focus. Nell'attesa che il Governo intervenga con bandi dedicati, come annunciato, ci siamo attivati direttamente, per integrare l'offerta di infrastruttura. Occorre considerare che più del 50% della popolazione italiana vive nelle aree grigie, oltre a una buona fetta di aziende, anche di medie dimensioni. Da parte nostra, siamo pronti a partecipare quando usciranno i bandi.  Pensate a collaborazioni con altri operatori nelle aree grigie? Essendo un operatore infrastrutturato completo, non abbiamo bisogno di partner nello sviluppo dell'infrastruttura stessa. Tuttavia, potremmo prendere in considerazione di concludere accordi qualora, nell'area considerata, fossero già attivi operatori locali, con cui raggiungere intese commerciali. A proposito di partnership e collaborazioni si parla tanto di rete unica. Qual è la posizione di Retelit? Ci sono tante prospettive da cui analizzare il tema della rete unica: quella strettamente industriale, quella politica e mediatica, quella regolamentare e quella finanziaria. Metterle in fila tutte, credo, non sia facilissimo. Noi siamo interessati da un punto di vista industriale, visto che si parla di opportunità di crescita e di condivisione dell'infrastruttura. E' importante però sottolineare che in ambito tecnico, le semplificazioni non sempre rendono bene e questo è forse il caso, visto che è passata l'idea che rete unica significhi Internet in tutte le case ad altissima velocità. Non potrà essere obbligatoriamente così, perché un investimento uniforme su tutto il territorio nazionale sarebbe difficilmente sostenibile e anche forse poco adatto alle esigenze del Paese, considerando che l'evoluzione della tecnologia è sempre un fattore che può modificare gli scenari e le differenti situazioni nelle varie aree. Quindi vediamo meglio investimenti mirati in particolari aree del Paese che al momento risultano indietro in termini infrastrutturali. A livello regolatorio vedete criticità? Si tratta del nodo più critico. Un'infrastruttura del genere con modello cosiddetto wholesale only, cioè che vende servizi solo agli operatori e non ai consumatori finali, potrebbe essere vista come un passo in avanti. E su questo siamo assolutamente favorevoli. Un operatore che abbia un modello di business con una componente verticalmente integrata sarebbe, invece, un problema, visto che potrebbe essere messa in dubbio la parità di trattamento. Se guardiamo al recente passato, la competizione infrastrutturale ha avuto anche effetti positivi, soprattutto lato prezzo, ma ha comportato investimenti solo dove c'è remunerazione ed è giusto che sia così, in una logica di mercato. Tirando le somme, noi siamo favorevoli ad un modello di rete unica, in ottica wholesale only e per certe aree del Paese, ad oggi meno coperte. Con questi paletti saremmo ben contenti di dare il nostro contributo anche fattivo. La discussione è in corso, stiamo cercando di capire. Valutate il conferimento di asset? Con un modello wholesale only e di co-investimento in aree specifiche, saremmo disposti a valutarne le condizioni, in un'ottica di sistema e quindi anche con tutti i principali operatori del settore, sempre però valorizzando dal punto di vista economico gli investimenti fatti.  Nelle settimane scorse il nome di Retelit è apparso nel procedimento europeo per dumping contro aziende cinesi esportatrici di fibra Abbiamo chiarito che non siamo importatori, ma meri utilizzatori di fibra ottica. Il tema riguarda chi importa fibra, noi operatori ci affidiamo ad aziende specializzate con cui stipuliamo contratti di "fornitura in opera". Retelit si limita a indicare all'impresa appaltatrice le caratteristiche e le specifiche tecniche della fibra ottica da utilizzare, lasciando che sia l'impresa incaricata a scegliere autonomamente il fornitore dal quale acquistarla. Noi controlliamo solo che il lavoro sia svolto esclusivamente sotto il profilo della conformità alle specifiche tecniche indicate. Di recente c'è stato un cambiamento dal punto di vista azionario di Retelit con l'ingresso del fondo spagnolo Asterion, ci saranno impatti nella gestione? Storicamente siamo sempre stati una public company, senza un vero e proprio azionista di riferimento che avesse una maggioranza ampia. Recentemente ci sono stati cambi di azionariato, penso principalmente perché il titolo è cresciuto molto e la società è diventata appetibile. Ai primi di ottobre il fondo spagnolo Asterion ha annunciato la firma di un accordo per l'acquisto del 24,1% della società da alcuni azionisti attuali: Fiber 4.0 che possiede circa il 13,9% e la tedesca Axxion che detiene circa il 10 per cento. Siamo a questo punto. Gli azionisti possono cambiare, ma l'attività di Retelit prosegue secondo il piano industriale definito e la struttura rimane tendenzialmente public. Nella vostra strategia un punto importante è costituito dai dati e dalla loro gestione. Che cosa ne pensa del progetto di realizzare un cloud europeo? Abbiamo aderito con gioia al progetto Gaia-X. Ad oggi si tratta di un framework di regole più che di una struttura vera e propria, portato avanti dai Governi francese e tedesco, con l'appoggio successivo di quello Italiano. Ritengo sia fondamentale che la Ue intervenga per regolamentare macro-settori, nel rispetto dei cittadini. La normativa Gdpr, per esempio, che tutela i nostri dati è sicuramente avanzata. Avere un'impostazione architetturale basata su un approccio europeo per un tema così importante come il trattamento dei dati, è fondamentale. Diverso è il discorso tecnologico, l'obiettivo di creare le fondamenta per la crescita in questo ambito del Vecchio Continente è più difficile, considerando che già ci sono grandi player internazionali in campo e tutti con un vantaggio competitivo notevole. In tema di relazione con aziende internazionali, americane o cinesi, ritengo che la base di partenza sia il rispetto delle normative europee, tra cui, per esempio, proprio quella relativa al Gdpr. Lo stesso metro dovrebbe essere applicato per le tecnologie in corso di sviluppo, come il 5G. Se si trovasse il modo di definire i parametri normativi validi per tutti e con la possibilità di verifica tecnica e funzionale, sarebbe la soluzione migliore. L'isolazionismo tecnologico è un errore. Dopo le acquisizioni di Brennercom e di Gruppo PA avete altre acquisizioni in vista? Riteniamo che la crescita a livello organico e inorganico sia opportuna per la società, guardando il tutto nell'ottica di considerare Retelit quale piattaforma su cui agganciare nuove realtà. Con i dovuti tempi e la necessità di "digerire" le acquisizioni, la risposta è dunque assolutamente positiva. Guardiamo sia ad altri operatori infrastrutturati con una forte presenza in ambito locale come Brennercom sia ad operatori che possano aiutarci a crescere nel mondo dei servizi, come gruppo PA.

22 Ottobre 2020

Infratel: «Bandi per la banda ultra-larga nelle aree grigie previsti nella prima metà del 2021»

Parla l'amministratore delegato Marco Bellezza: considerati i piani degli operatori «ora spazi più limitati per l'interno pubblico». Oggi su DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore.   I bandi per le aree grigie, cioè le zone dove è previsto nel giro di tre anni l'investimento in fibra di un solo operatore, «sono previsti nella prima metà del 2021». Lo annuncia, a valle dell'ultima riunione di ieri del Cobul, Marco Bellezza, amministratore delegato di Infratel Italia, la società in house del Mise che ha il compito di attuare il piano Bul per la Banda ultra-larga. Bellezza ricorda, infatti, l'iter da seguire prima di arrivare ai bandi per le aree dove si trovano gran parte delle imprese italiane piccole medie: «Secondo le regole comunitarie, dopo la deliberazione del Cobul è necessario – dice nel corso dell'intervista con DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School - presentare un piano di intervento da sottoporre a consultazione e notificare alla Commissione UE per la necessaria approvazione. Condividiamo l'esigenza di una semplificazione delle procedure previste che sarebbe auspicabile considerando le esigenze diffuse di connettività che viviamo nel Paese». Bellezza sottolinea anche che, in base ai risultati della consultazione pubblica, gli operatori intendono investire nel 90% delle aree grigie. Restano, dunque, «spazi limitati per l'interno pubblico». Anche se Infratel «vigilerà» sulla realizzazione effettiva della rete. Nel frattempo è «da incentivare» la strada dei mix di soluzioni tecnologiche, anche in via provvisoria, proposte dagli operatori. Per le aree bianche del Paese c'è un piano di infrastrutturazione avviato, nelle aree nere c'è competizione, e per le aree grigie? Quale quadro emerge dalla consultazione pubblica svolta da Infratel? Dai dati dell'ultima consultazione di Infratel Italia, pubblicati sul sito bandaultralarga.italia.it emerge un'attenzione particolare in queste aree da parte degli operatori. Le società, infatti, hanno presentato piani di investimento sia con tecnologia Ftth (fibra fino alla casa, ndr) sia Fwa (Fixed wireless access) in oltre il 90% delle aree cosiddette grigie del Paese. Gli spazi per un intervento pubblico sono, pertanto, limitati rispetto alle previsioni fatte prima della consultazione. E' evidente che le dichiarazioni degli operatori dovranno essere poi messe in pratica dagli stessi. In questa direzione Infratel Italia vigilerà ed ha già chiesto a tutti gli operatori di fornire dati di dettaglio sui piani di investimento prospettati. Che tempi ci sono per i bandi pubblici sulle aree grigie? Nella seduta di ieri del Cobul (il Comitato per la banda ultra-larga) abbiamo discusso del piano aree grigie e la segreteria tecnica ha ricevuto mandato di partire con una proposta all'esito dei risultati della consultazione. Per i bandi prevediamo di traguardare la prima metà del 2021 considerando che, secondo le regole comunitarie, dopo la deliberazione del Cobul è necessario presentare un piano di intervento da sottoporre a consultazione e notificare alla Commissione UE per la necessaria approvazione. Condividiamo l'esigenza, da più parti espressa, di una semplificazione delle procedure previste che sarebbe auspicabile considerando le esigenze diffuse di connettività che viviamo nel Paese. E' auspicabile nel frattempo attivare soluzioni alternative come l'Fwa per soddisfare le esigenze delle aziende? Gli operatori privati propongono un mix di soluzioni tecnologie anche in via provvisoria. Penso sia una strada da incentivare. C'è chi sostiene che il progetto di rete unica in fibra stia rallentando l'infrastrutturazione del Paese, a partire dalle aree grigie. Altri  ritengono che proprio nelle aree grigie la combinazione degli asset di Tim con quelli di Open Fiber produrrebbe le migliori sinergie. Qual è la posizione di Infratel? La posizione di Infratel Italia si traduce nell'impegno a completare al più presto i piani a essa affidati dal Governo. Vale a dire aree bianche, Wi-Fi Italia, Piano Scuole e voucher per la connettività. La recrudescenza della pandemia, con i suoi effetti sullo smart working e la didattica a distanza, evidenzia nuovamente l'esigenza di coprire nel modo più veloce possibile le aree del Paese dove non arriva la banda ultra-larga. Si può pensare a un' accelerazione? Il piano di costruzione della rete Bul nelle aree bianche ha avuto nel corso del 2020 un'accelerazione e contiamo di traguardare i 1.000 comuni alla fine di quest'anno. Ancora troppo poco, ma un deciso passo in avanti. La concessionaria Open Fiber lamenta ancora delle difficoltà operative e il nostro impegno come concedente è quello di fare in modo che tali difficoltà siano superate. Abbiamo introdotto nel 2020 una serie di semplificazioni procedurali che rendono più agevole l'attività di collaudo dei comuni completati. Continueremo in questa direzione. Alcune aziende del settore mettono in luce l'impossibilità di accelerare i tempi proprio perché non c'è in Italia la forza lavoro necessaria a stendere le reti. Come si può superare, se si può, questa problematica? Non abbiamo dati evidenti di un trend del genere. Il Decreto Semplificazioni ha innalzato le soglie per gli affidamenti. Pensiamo che sia un ottimo strumento per affidare lavori alle aziende che assicurano di portarli a termine nei tempi previsti e revocarli a chi, al contrario, non assume un simile impegno. SFOGLIA IL NUMERO COMPETO  22/10/2020

19 Ottobre 2020

Investire Accelerare Crescere. Dall’Agenda digitale al Recovery Fund: colmare i ritardi, rilanciare il Paese

Valutare lo stato di attuazione dei programmi di digitalizzazione del nostro Paese: iscriviti al webinar in collaborazione con Confindustria Digitale!  Interverranno tra gli altri il Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, il Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano, il Presidente Confindustria Digitale Cesare Avenia, il Direttore Luiss Business School Paolo Boccardelli, il Presidente Confindustria Carlo Bonomi.   Valutare lo stato di attuazione dei programmi di digitalizzazione del nostro Paese: il senso del convegno annuale di Confindustria Digitale in collaborazione con Luiss Business School si carica dell’estrema eccezionalità del momento che stiamo vivendo. L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha riproposto in modo drammatico il tema del ritardo digitale che ci tiene inchiodati da anni agli ultimi posti in UE nella classifica Desi, inibendo le nostre capacità di modernizzazione e crescita. Oggi abbiamo di fronte l’opportunità delle ingenti risorse messe a disposizione da Next Generation EU, puntate su digitalizzazione e sostenibilità. È l’occasione storica per far diventare l’Italia un paese più semplice, più efficiente, più performante e resiliente. Un importante momento di confronto per valutare quanto fatto e messo in campo finora, analizzare le nuove prospettive e approfondire le opportunità di collaborazione fra pubblico e privato nell’opera di rinascita del Paese. AGENDA 11.00  Interventi di apertura Paolo Boccardelli, Direttore Luiss Business School Carlo Bonomi, Presidente Confindustria 11.15  Confronti europei: a che punto siamo in Italia Roberto Viola, Direttore Generale DG Connect Commissione Europea 11.30  Relazione del Presidente di Confindustria Digitale Cesare Avenia, Presidente Confindustria Digitale 11.50  Intervento istituzionale Stefano Patuanelli, Ministro dello Sviluppo Economico 12.00  Cambiare il funzionamento del Paese con la trasformazione digitale Marco Gay, Presidente Anitec-Assinform Pietro Guindani, Presidente Assotelecomunicazioni-Asstel Paola Pisano, Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione Modera: Cesare Avenia, Presidente Confindustria Digitale 12.30  Conclusioni Luigi Gubitosi, Vicepresidente Confindustria Per partecipare al webinar è necessaria la registrazione. ISCRIVITI 19/10/2020