sostenibilità
sostenibilità
sostenibilità
sostenibilità

01 Ottobre 2020

Enel X: Venturini, «nella mobilità elettrica pronti alla fase 2»

La sostenibilità è alla base delle scelte di business di Enel e passa anche dalla mobilità elettrica. E dalle 11mila colonnine di ricarica già installate nel Paese guarda ora a rafforzare la rete di città e autostrade. Come spiega l'amministratore delegato di Enel X, Francesco Venturini a SustainEconomy.24, report Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School La sostenibilità è al centro della strategia del gruppo Enel. Come si declina in Enel X? «La sostenibilità è alla base delle scelte di business di Enel e le attività Enel X, nell'ambito dell'elettrificazione dei consumi, dell'efficienza energetica e della promozione di attività che applichino i principi dell'economia circolare, ne sono la dimostrazione. Stiamo progressivamente creando un ecosistema capace di sfruttare le potenzialità offerte dalla digitalizzazione per creare valore economico, sociale e ambientale per tutti i nostri clienti. Le sfide sono molteplici e vanno dallo sviluppo di infrastrutture e tecnologie per la ricarica dei veicoli elettrici alle soluzioni di illuminazione e gestione dei flussi di energia per le pubbliche amministrazioni, passando per le offerte di servizi per l'efficienza energetica per i privati e per l'industria». Soffermiamoci sulla mobilità elettrica. In che direzione si sta andando? E quali sono gli interventi e gli investimenti di Enel? «La direzione mi sembra ormai chiara e lo dimostrano le scelte effettuate ormai dalla quasi totalità delle case automobilistiche che stanno investendo pesantemente sulla mobilità a zero emissioni. Come dimostrano gli ultimi dati sulle vendite, chi compra un'auto elettrica lo fa prendendo in considerazione prima di tutto veicoli ibridi plug-in, poi quelli elettrici e solo successivamente quelli tradizionali. La tecnologia sta evolvendo velocemente così come le abitudini dei consumatori, anche se il vero cambiamento avverrà tra qualche mese quando entreranno sul mercato i primi modelli accessibili al grande pubblico e quando, anche grazie al nostro contributo, si espanderà in maniera capillare l'infrastruttura di ricarica in città e fuori». Parliamo proprio delle ricariche, uno dei temi su cui si dibatte sempre. A che punto è il vostro piano di copertura? «Il nostro compito è quello di offrire le tecnologie per la ricarica privata e di realizzare una infrastruttura pubblica che elimini la barriera psicologica di restare a secco di energia lungo la strada. Abbiamo compiuto importanti passi in avanti e in Italia è ora possibile viaggiare da nord a sud contando su una rete di 15mila punti di ricarica pubblici di cui quasi 11mila di Enel X. Diciamo che la fase uno, quella di garantire una copertura capillare di tutto il Paese è conclusa, ora inizia una fase altrettanto importante che ci vedrà, nei prossimi 2 anni, rafforzare molto la presenza dei punti di ricarica nelle grandi aree metropolitane e installare infrastrutture di ricarica sempre più potenti lungo le tratte extraurbane e la rete autostradale». L'emergenza Covid-19 ha cambiato le prospettive e il modo di vivere. Voi immaginate le città circolari, la pandemia può accelerare o rallentare questo percorso? «La pandemia ci ha messo di fronte a una inevitabile scelta: proseguiamo con attività e vecchi modelli divenuti ormai insostenibili oppure modifichiamo il nostro approccio avendo maggiore attenzione alle scelte e alla tutela dell'ambiente in cui viviamo. Un processo che va applicato a tutti i livelli e che presenta enormi opportunità di cambiamento e crescita. Le città circolari sono parte integrante del processo di transizione energetica che apparentemente si è interrotto qualche mese fa, ma che invece continua a muoversi nella stessa direzione. Proprio a questo proposito Enel ha realizzato il terzo studio "Città circolari – Le città di domani", un'analisi dei benefici economici, sociali e ambientali, che i paesaggi urbani del futuro possono trarre da un approccio basato sull'economia circolare. Un tassello importante per le città del futuro è certamente la diffusione della mobilità elettrica anche nei servizi ai cittadini ed è per questo che già da qualche anno stiamo investendo in Sud America e in Spagna sullo sviluppo di progetti per il trasporto pubblico sostenibile. Ad oggi abbiamo fornito alle compagnie locali di settore 991 bus elettrici nelle grandi aree metropolitane di Santiago del Cile, Bogotà, Montevideo e Barcellona. Un numero destinato a crescere in tutto il Sud America, grazie al recente accordo che abbiamo stretto con la società di investimento AMP Capital, in Europa ed in Nord America, tutti mercati in cui Enel X è molto attiva. Siamo convinti che una corretta ripresa dell'intero comparto economico è possibile solo se continuiamo a puntare sull'accelerazione degli investimenti nel campo della sostenibilità e della digitalizzazione». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 1/10/2020

01 Ottobre 2020

Costa: «Fondi Recovery a progetti virtuosi e più incentivi alla mobilità»

Il 37% delle risorse assegnate al nostro Paese deve andare al 'green' in progetti 'ambientalmente virtuosi' per il Ministro dell'Ambiente Sergio Costa. Che in un'intervista a SustainEconomy.24, il report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor parla anche dell'impegno a ridurre i sussidi dannosi per l'ambiente e degli incentivi per aiutare le famiglie nel passaggio alla mobilità sostenibile     Ministro Costa di sostenibilità se ne parla tanto. Sono solo belle parole o è realtà? «Investire sulla sostenibilità significa migliorare la qualità di vita dei cittadini. Significa, per esempio, favorire le condizioni affinché imprese, professionisti e lavoratori possano piantare radici salde per proiettarsi nell'economia eco-compatibile. Le misure previste nel Green Deal – e potenziate con il Recovery Plan – devono essere alla base della ripresa post-Covid». Che ruolo ha nell'azione del suo ministero e del Governo? «Come ministero dell'Ambiente abbiamo indicato alcune priorità che si innestano su quattro linee tematiche: le infrastrutture per l'ambiente; il supporto alle imprese virtuose o che vogliano incrementare la sostenibilità dei loro processi produttivi e delle filiere; la transizione ecologica con uno sguardo specifico all'economia circolare; il potenziamento delle azioni di contrasto ai cambiamenti climatici. Le priorità ambientali devono essere un obiettivo di medio e lungo periodo nella programmazione di queste risorse. Noi abbiamo già iniziato con iniziative concrete, come le Zea, le zone economiche ambientali, nei parchi nazionali: dando agevolazioni fiscali, vantaggi economici, misure di sostegno per la viabilità elettrica, l'efficientamento energetico, per chiunque viva o voglia vivere, lavori o voglia fare impresa, nei parchi nazionali. La visione è quella dell'Italia Paese Parco, che si sostanzia con azioni e progetti concreti». Quanto l'emergenza Covid-19 ha e può ancora accelerare o ritardare il percorso dell'Italia verso un futuro sostenibile? «Il post-Covid è un'occasione per porre al centro un paradigma diverso per concepire la vita sui territori. Sul piano nazionale stiamo lavorando su più fronti, come quello della riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, che oggi ammontano a oltre 19 miliardi di euro, e prevedere dei sussidi ambientalmente favorevoli, incentivando l'utilizzo di tecnologie green. Questo intervento era atteso da decenni e finalmente quattro ministeri (Ambiente, Economia, Agricoltura e Infrastrutture) hanno lavorato per mesi, poi tutti gli stakeholders - dagli ambientalisti alle società petrolifere - sono stati auditi e le loro osservazioni sono state portate nei tavoli decisori. Inoltre, occorre pensare a un cuneo fiscale ambientale, una diminuzione del costo del lavoro per le aziende che si impegnano a investire nell'economia green, secondo criteri fissati dal Parlamento. E ancora, il regolamento sulla disciplina per l'end of waste di carta e cartone, che ho firmato recentemente, è un segnale significativo di quanto sia importante valorizzare il potenziale dei rifiuti. In questo modo si fa concretamente economia circolare». Parliamo delle risorse del Recovery Fund. Un risultato importante con l'Italia primo beneficiario delle risorse. La Commissione chiede progetti sostenibili. Quali sono per lei le priorità? «L'Italia riceverà circa 208 miliardi di euro dal Recovery Fund, la quota maggiore tra i Paesi membri. Avremo a disposizione circa 81 miliardi a titolo di sussidi, cui si aggiungono 127 miliardi di euro di prestiti, presentando alla Commissione e al Consiglio un Piano nazionale per la ripresa e la resilienza che consenta di definire un progetto di riforme e investimenti per il periodo 2021-2023. Il 37% delle risorse assegnate al nostro Paese deve andare al green, non al ministero dell'Ambiente, con un concetto trasversale di sostenibilità: dobbiamo utilizzare questi fondi in modo intelligente, indirizzandoli su settori come rivoluzione verde e transizione ecologica, infrastrutture per l'ambiente, mobilità sostenibile, cambiamenti climatici, aiuti alle imprese green. Tutti i progetti dovranno essere ambientalmente virtuosi, non solo quelli del mio dicastero. Con il ministro Amendola stiamo lavorando fianco a fianco per supportare il lavoro di coordinamento». Soffermiamoci sulla mobilità sostenibile. Siamo in ritardo. Quali sono i risultati alla portata del nostro Paese? E con quali tempi? «È urgente e necessario puntare su una nuova mobilità, il più possibile sostenibile, in particolare negli spostamenti casa-scuola-lavoro. Una mobilità a minore impatto ambientale è in grado di contribuire considerevolmente al miglioramento della qualità dell'aria nelle città. Proprio per far fronte a questa esigenza, abbiamo destinato 190 milioni di euro al bonus mobilità, per dare una spinta agli spostamenti sostenibili e alla mobilità attiva, favorendo in tal modo il miglioramento della qualità della vita. Vedere gli italiani in fila per acquistare una bici mi ha riempito di gioia. Mai l'Italia aveva risposto in un modo così clamorosamente positivo». Bonus mobilità, incentivi alle auto elettriche, infrastrutture. Oltre alle misure annunciate e approvate cosa si può fare ancora? «Oltre al bonus mobilità, abbiamo messo 310 milioni di euro per le piste ciclabili, le ciclovie e i progetti annessi: sono fondi provenienti dalle aste verdi, seguendo il principio ‘chi inquina paga'. In questo modo, i Comuni saranno i veri protagonisti della riscrittura della geografia del territorio. Inoltre, ritengo che le famiglie debbano essere incentivate a passare a una mobilità più sostenibile che includa anche l'elettrico. Se vengono incoraggiate con finanziamenti economici a lasciare l'auto a diesel o a benzina, se vengono aumentate le colonnine di ricarica in tutti i Comuni, mettiamo i cittadini italiani nelle condizioni di entrare da protagonisti nella green economy». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  10/1/2020

17 Settembre 2020

Jerusalmi: «Finanza sostenibile, l’impegno di Borsa Italiana continuerà a crescere»

Il ceo di Borsa Italiana racconta a SustainEconomy24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore, il lavoro per diffondere sul mercato la cultura della sostenibilità. Sensibilità "molto alta" tra le quotate e 120 titoli tra green e social bond   Facilitare l'incontro tra imprese ed investitori e diffondere sul mercato italiano la cultura della sostenibilità: un impegno  per un "percorso virtuoso" che Borsa Italiana punta a far crescere nei prossimi anni. L'amministratore delegato, Raffaele Jerusalmi, in una intervista a SustainEconomy.24, il report de Il Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Busines parla di una sensibilità "molto alta" delle società quotate italiane con il segmento dedicato ai green e social bond di Borsa Italiana che quota circa 120 titoli e continua a crescere. E illustra uno scenario di consapevolezza, ancora   più saldo di fronte alla pandemia. Una crescita economica e finanziaria improntata alla sostenibilità deve essere una priorità per il nostro Paese. Come si muove Borsa Italiana? Quale ruolo e quali strumenti state adottando? E come si muoverà in futuro? «Il nostro ruolo è quello di facilitare l'incontro tra imprese e investitori, la raccolta di capitali destinati a imprese e strumenti sostenibili e diffondere sul mercato italiano la cultura della sostenibilità. Un impegno che crescerà nei prossimi anni. Borsa Italiana, per esempio, ha organizzato lo scorso luglio l'Italian Sustainability Week, un roadshow tra imprese e investitori, interamente dedicato ai temi della sostenibilità. Cinquanta aziende, per una capitalizzazione di mercato aggregata di circa 290 miliardi di euro, il 55% dei mercati italiani, hanno incontrato 180 investitori per discutere le proprie strategie di crescita sostenibile. Lanciammo questo evento tre anni fa, prima Borsa al mondo a organizzare un roadshow tutto dedicato a temi Esg, e oggi abbiamo risultati al di sopra delle migliori aspettative». Dal vostro punto di vista le società quotate di Borsa italiana come stanno rispondendo? Che sensibilità riscontrate verso questi temi? «Una sensibilità molto alta. Del resto l'Italia si colloca ai primi posti nel mondo per attenzione a questi temi. Pensiamo al numero di B Corporate presenti nel nostro Paese o ai numeri che citavo prima a proposito della Sustainability Week. Del resto è ormai evidente che la sostenibilità sia un elemento di attrattività per nuove risorse, non solo finanziarie. Molte imprese hanno compreso l'importanza delle loro politiche di sostenibilità a supporto del recruiting dei migliori talenti. Trovo che ci sia molta attenzione da parte delle imprese italiane ad agire con trasparenza e coerenza, evitando atteggiamenti superficiali, siano "green washing" o marketing che strizzino l'occhio alla moda e che possono tradursi in veri e propri boomerang sul piano reputazionale». Si può arrivare ad un capitalismo sostenibile? «Credo ci si debba impegnare seriamente a mitigare eccessi o a ridurre gli abusi delle risorse produttive. In questo senso, la strada tracciata dall'Onu con gli SDGs è una possibilità molto concreta che va assolutamente colta e che può trasformare i nostri sistemi produttivi, facendo anche tesoro dell'esperienza vissuta durante la pandemia. Non dimentichiamo che l'Ue ha adottato il regolamento sulla tassonomia delle attività sostenibili, un altro passo avanti in questa direzione». A proposito dei nuovi strumenti finanziari, Green bond, investimenti in sostenibilità, li ritenete un approccio valido? I numeri sono importanti? «Il segmento dedicato ai green e social bond di Borsa Italiana quota circa 120 titoli e continua a crescere. Il raggiungimento degli SDGs richiede risorse per investimenti e noi stiamo svolgendo un ruolo importante nel favorire la raccolta delle risorse necessarie a questi investimenti. Il mercato è già molto sviluppato e crescerà ancora. Emittenti di qualità si impegnano su obiettivi sostenibili garantendo ritorni agli investitori e vantaggi per tutta la comunità. È un processo virtuoso su cui siamo sempre più impegnati». Stiamo vivendo una grave crisi innescata dall'emergenza Covid-19. Cosa è cambiato nel rapporto tra investitori, aziende e regolatori? E può accelerare o frenare il percorso verso un ecosistema finanziario sostenibile? «Credo che la pandemia abbia rivelato i punti di forza e le crepe del nostro sistema economico e sociale, ma soprattutto ha evidenziato la nostra interdipendenza reciproca. Nella comunità finanziaria c'è molta consapevolezza che ognuno deve fare la propria parte per continuare a supportare l'economia garantendo, nell'immediato, i mezzi necessari per ripartire, e poi, una crescita sostenibile e durevole per tutti». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  17/9/2020

17 Settembre 2020

Giovannini (ASviS): «Al Paese serve un Piano di resilienza»

 I vantaggi della svolta sostenibile di finanza e imprese e l'accelerazione innescata dalla pandemia. Ma anche il Piano di ripartenza del Governo. Enrico Giovannini, portavoce di ASviS, Alleanza per lo sviluppo sostenibile, ne parla in una intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor   La pandemia ha accelerato la svolta sostenibile della finanza ma anche delle imprese e ha accresciuto anche la presa di coscienza della società. Enrico Giovannini, portavoce di AsVis, Alleanza per lo sviluppo sostenibile, in una intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor, sottolinea i vantaggi dalla scelta sostenibile e la necessità per il Paese di un piano di ripartenza ma soprattutto di resilienza trasformativa. Su questo l'ex ministro invita il Governo a non commettere errori. Per non rischiare bocciature dall'Ue. Sostenibilità: una parola usata e abusata. Nell'economia e finanza è una moda o una priorità? «È una priorità e la pandemia ha accelerato questo cambiamento, lo dicono i sondaggi, lo dicono i dati, le banche di investimento che hanno visto un orientamento ancora più forte dei risparmiatori verso fondi di investimento sostenibili e responsabili. Ma non è una sorpresa, questa crisi ha reso evidente che il livello di rischi cui siamo sottoposti. Questo cambiamento sta avvenendo per una presa di coscienza che già era in atto ma che ora coinvolge molte più persone di quante ne toccava prima». Quindi, secondo lei, la pandemia di Covid-19 ha accelerato il cambiamento? «La pandemia sulla finanza è stata certamente un acceleratore ma anche sulle imprese. I dati Istat mostrano che la quantità di imprese che a maggio erano già pronte a ripartire era del 20% per quelle imprese che prima della crisi non avevano scelto lo sviluppo sostenibile e del 40% tra le imprese che già prima avevano scelto la sostenibilità come visione strategica. Una differenza coerente con i dati già noti secondo cui le imprese che hanno scelto la sostenibilità hanno guadagni di produttività superiori fino al 15% rispetto a chi non la aveva scelta». Dal lato, invece, del Governo e della politica, quali misure dovrebbero essere adottate e quali risorse messe in campo? «A maggio come AsVis abbiamo presentato un rapporto che faceva una analisi dell'impatto della crisi ed evidenziava le politiche da mettere in campo. Le priorità erano: transizione ecologica, transizione energetica , transizione all'economia circolare, lotta alle disuguaglianze, digitalizzazione, semplificazione soprattutto per accelerare il percorso di uso dei fondi europei. Era l'inizio di maggio e oggi si parla esattamente di questi temi che ribadii anche come membro del comitato Colao che, non a caso, le tre priorità che indicava a giugno erano: transizione ecologica, digitalizzazione e lotta alle disuguaglianze poi fatte proprie dalla Ue. Quindi il piano italiano deve essere di ripresa e resilienza (parola che viene dimenticata quando di parla di Recovery Fund) che sono gli assi portanti. La ragione per cui insisto sulla resilienza è perché la resilienza trasformativa, cioè non tornare indietro ma sfruttare la crisi per rimbalzare avanti, è diversa ed è diventata il mantra della Commissione Ue che nel rapporto della scorsa settimana mette la resilienza trasformativa al centro usufruendo dei lavori che io e altri abbiamo fatto per 4 anni proprio per la Commissione. E sottolineo ancora resilienza perché l'Ue vuole che noi con questi fondi diventiamo meno fragili e vulnerabili, così potremo fronteggiare da soli le prossime crisi senza aver bisogno dei fondi degli altri. Per far capire la differenza rispetto al parlare solo di ripartenza.. Se non lo capiamo rischiamo già nel dibattito pubblico, ma sono sicuro che il Governo non farà un errore del genere, di vederci bocciati una serie di progetti perché non vanno in questa direzione, perché le precondizioni per l'accettazione dei progetti sono che vadano a favore di trasformazione ecologica, digitale e rafforzino la resilienza economica e sociale Questo dimenticare che l'iniziativa non si chiama Recovery Fund ma Next Generation, e che la facility che viene messa in capo si chiama Recovery and Resilience, speriamo non sia foriero di una impostazione sbagliata del piano italiano ma sono sicuro che il Governo non farà questo errore».  Dal prossimo 22 settembre promuovete l'edizione 2020 del Festival dello Sviluppo Sostenibile. Quale messaggio volete dare? «Quest'annno abbiamo dovuto spostare il Festival da maggio-giugno a settembre-ottobre e si chiuderà l'8 ottobre, alla presenza del presidente del Consiglio, quando presenteremo il nostro piano che non potrà che ribadire le nostre proposte di maggio. Passeremo tre messaggi principali: il primo, nonostante la crisi avremo oltre 300 eventi e questo conferma lo straordinario interesse della società italiana per questi temi; secondo, è il momento chiave per cambiare le politiche ma anche i comportamenti di imprese e individui; terzo, daremo molto spazio ai giovani e alla loro visione di che cosa bisogna cambiare perché su di loro insisterà il debito che creeremo per rispondere alla crisi. Elementi importanti e ci aspettiamo che l'attenzione della società nel suo complesso possa crescere. Siamo a cinque anni dall'avvio dell'agenda 2030 e ci restano solo 10 anni che sono pochi, per realizzare quegli obiettivi». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  17/9/2020

17 Settembre 2020

Passera: «Un nuovo paradigma, fare utili in sostenibilità»

Il fondatore e amministratore delegato di illimity racconta l'approccio alla sostenibilità della banca, oggi su SustainEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore – Radiocor   «Come banca abbiamo scelto di fare un'attività imprenditoriale orientata non solo all'utile, ma anche ad essere utili». Corrado Passera, fondatore e amministratore delegato di illimity racconta a SustainEconomy.24, il report di Luiss Business School e Radiocor Il Sole 24 Ore, la sua visione di sostenibilità nel settore finanziario e l'approccio alla sostenibilità di illimity Bank.  Un modello di banca, un nuovo paradigma, ancora più utile in questo periodo di ripartenza.   Nell'epoca odierna dove nei Paesi il malessere sociale aumenta, la crescita e il lavoro sono insufficienti, le diseguaglianze diventano insostenibili il capitalismo è da buttare o da correggere? «Da fare evolvere. Ormai è chiaro che va superata l'interpretazione superficiale del pensiero di Adam Smith secondo cui la somma degli interessi, se non addirittura degli egoismi individuali porta automaticamente al bene comune. Il bene comune si raggiunge con una responsabilità condivisa dell'intera comunità, ovvero degli individui, delle imprese, della politica. Dallo sforzo delle singole persone, alla grande attività di volontariato e del terzo settore, fino ad arrivare al ruolo centrale che hanno le imprese nel disegnare strategie e processi che siano sempre più attenti alla sostenibilità».  Quanto è importante per il settore bancario concentrarsi sulle tematiche di sostenibilità e quali sono le risposte concrete che sta dando rispetto alle tematiche ambientali, sociali e di governance? «Molte banche – e illimity certamente è tra queste - stanno ponendo sempre maggiore attenzione alla sostenibilità nella loro strategia. In questo senso la spinta data dal decreto sull'obbligo di rendicontazione non finanziaria ha giocato certamente un ruolo, ma è facile distinguere chi ne parla solo per semplice compliance o addirittura per pura strategia di marketing. L'Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite chiamano in generale tutto il settore privato all'azione e anche il settore finanziario a fare la loro parte. E finalmente ci sono prese di posizione forti da parte di alcuni grandi gruppi a impegnarsi concretamente. Sul fronte ambientale l'impronta ecologica diretta del settore bancario è sicuramente meno marcata rispetto a molti comparti industriali. Gli impatti indiretti possono però essere rilevanti, ad esempio attraverso l'integrazione degli ESG nella valutazione del merito creditizio o un approccio rigenerativo nella gestione dei cosiddetti non performing loans». Come integrare la sostenibilità con il business e come ciò può tradursi in strategie e servizi al cliente e alla comunità? «Nel caso di illimity la sostenibilità fa parte del nostro impegno a comportarci da azienda responsabile che significa essere impresa che fa utili facendo cose utili. Abbiamo scelto di specializzarci in attività di credito e investimento in attività tipicamente poco servite dalle banche tradizionali: credito di sviluppo e di ristrutturazione alle Pmi e corporate distressed credits. Si tratta di mondi enormi il cui andamento può fare la differenza nella crescita e nell'occupazione del nostro Paese. A queste attività si aggiunge un fortissimo impegno a diffondere i più innovativi servizi di digital banking che, a loro volta, possono contribuire alla modernizzazione del sistema Italia. Quali sono i principali punti della strategia Esg di illimity? Il primo anno ci ha visto subito impegnati nella costruzione delle fondamenta della nostra strategia di sostenibilità. Il non avere "legacy" ci ha permesso di disegnare il nostro approccio ai temi Esg adottando le migliori pratiche, e ideandone di nuove, grazie al coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali. Abbiamo scelto infatti di integrare le tematiche di sostenibilità all'interno delle varie policy e delle varie procedure aziendali anziché aggiungerne di parallele. Per identificare le priorità abbiamo coinvolto oltre 700 stakeholder interni ed esterni. Sin dal primo anno è stato costituito il Comitato endoconsiliare di Sostenibilità con l'obiettivo di dare supporto propositivo e consultivo al Consiglio di Amministrazione. Il tutto si è tradotto nella pubblicazione del nostro primo Profilo di Sostenibilità attraverso il quale abbiamo voluto raccontare con i fatti il nostro impegno di essere banca di nuovo paradigma anche da questo punto di vista. Guardando al futuro, ci guida la volontà di integrare la sostenibilità in tutti i processi e le attività del Gruppo bancario come presupposto strategico per una crescita responsabile di tutte le nostre Divisioni. Per questo abbiamo anche avviato l'integrazione dei fattori Esg nella valutazione del merito creditizio e iniziative concrete di diversity & inclusion che riguardano tutti i nostri 550 collaboratori. L'emergenza Covid-19 ha determinato una situazione di profonda incertezza che porta con sé conseguenze non solo sanitarie ma anche sociali ed economiche. Come sta reagendo illimity all'attuale momento storico? «Da un punto di vista operativo l'essere totalmente digitali e sul cloud ci ha permesso di garantire continuità operativa pur essendo passati tutti in smart working. Dal punto di vista dell'impatto esterno, il modello illimity si sta dimostrando ancora più utile alla luce dell'attuale situazione. Una banca che di mestiere fa finanziamenti alle aziende che vogliono crescere, finanziamenti alle aziende che si vogliono ristrutturare, finanziamenti e acquisti di crediti di aziende che hanno avuto difficoltà ma hanno ancora del potenziale da sfruttare se era utile prima dell'emergenza Covid-19, lo è ancora di più da ora in avanti. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  17/9/2020

17 Settembre 2020

De Vecchi (Citi): «Rivoluzione sostenibilità, pensare un listino a Milano»

Il presidente di Emea banking, capital markets and advisory di Citi sottolinea il ruolo da protagonista dell'Italia e propone la creazione di una sorta di Nasdaq di titoli sostenibili. Oggi su SustainEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore – Radiocor   Il percorso della finanza verso la sostenibilità è una vera e propria "rivoluzione" che vede l'Europa alla guida e l'Italia, per una volta, in un ruolo da leader. E che potrebbe anche farsi portavoce di un'iniziativa: creare un listino di titoli sostenibili, una sorta di Nasdaq ‘green', da ospitare a Milano. È la proposta che lancia Luigi de Vecchi, presidente di Emea banking, capital markets and advisory di Citi in una intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor  Di economia e finanza sostenibile se ne parla tanto: sono un must nell'agenda di Paesi, Governi e società. Dal suo punto di vista l'Europa e l'Italia sono sulla giusta strada? «Questa è realmente una rivoluzione e siamo ovviamente agli inizi di un passaggio che avrà un impatto importante sull'economia e la geopolitica a livello globale. E' chiaro che oggi l'Europa sta guidando questa rivoluzione, lo sta facendo a livello politico, e abbiamo visto come la Commissione si è posta su questo tema, ed è una missione importante a livello economico, finanziario e aziendale. E queste quattro dimensioni devono essere allineate. Questo tipo di allineamento non c'è negli Usa, con una amministrazione che non ha sposato questi temi e per quanto riguarda la Cina, pur organizzatasi prima di altri, è ondivaga sulle politiche sia dal punto di vista aziendale che finanziario. L'Europa ha fatto e sta facendo passi da gigante e l'Italia possiamo dire che, veramente per una volta, appare, forse anche grazie alle proprie aziende, come un leader in questo campo. Penso al cammino, ovviamente avendo lo Stato come azionista, intrapreso da un manager visionario come Starace, con il supporto del Governo, ed oggi Enel è il leader globale più rappresentativo e all'avanguardia su questi temi. Poi ci sono tante altre realtà in Italia che hanno fatto passi da gigante e penso a Snam, Terna. Per una volta sia l'Europa che l'Italia sono all'avanguardia».  Passiamo a voi. Qual è la posizione di Citi? Ci parla degli investimenti e dei prodotti che state adottando o pensate di utilizzare? «Noi siamo uno dei leader, a livello globale, in questo settore in rapidissima evoluzione. È iniziata una 'campagna' sulla parte obbligazionaria, i famosi green bond, un discorso europeo poi diventato globale. Quello che è interessante è che non c’è un cliente, in tutti i settori che, ad oggi, non si renda conto che deve adeguare il proprio business alla esigenza della sostenibilità come la intendono le Nazioni Unite. Questo oggi è uno dei temi più rilevanti per tutti i nostri clienti, che siano Governi, le grandi imprese, altre istituzioni finanziarie o gli investitori istituzionali. Proprio gli investitori istituzionali si stanno dotando tutti di comitati Esg che raccomandano o meno di investire in determinate società se rispondono a questi criteri. È interessante rilevare come si stia aprendo una forbice nelle valutazioni delle aziende che seguono questi trend rispetto a quelle che non lo fanno. Tutti i settori stanno andando in questa direzione. E gli investitori istituzionali hanno ridiretto i loro investimenti in queste aree. Se oggi lei opera in un settore che non è green deve interrogarsi cosa può fare per ridirigere parte di questo cash flow in questo settore. È insieme a quello delle nuove tecnologie il business su cui abbiamo maggior dialogo con i clienti».  Tutto questo, però, risente dalla pandemia da Covid-19 che ha innescato una crisi economica, a detta di molti, senza precedenti. Cosa prevede? Come influirà su questo percorso? «Penso che sia una accelerazione abbastanza drammatica. Penso che quello che, solo due anni fa, era un qualcosa che si cominciava a discutere nei corridoi oggi è in qualunque consiglio di amministrazione una delle principali tematiche all'attenzione e lo stesso avviene a livello di Governo e politico. Credo che la pandemia abbia, per certi aspetti, fortunatamente, accentuato il tema; alcuni pensano e sperano che si tornerà rapidamente al passato, io non penso, credo che rimarrà uno dei temi più caldi nell'agenda di Governo e delle principali società. Credo che anche il settore finanziario dovrà adeguarsi e credo ci siano due necessità che ad oggi mancano: primo, un indice che permetta di verificare effettivamente quali sono le società che ne fanno parte e se sono sostenibili o no con una verifica reale ed obiettiva; secondo, e qui l'Italia potrebbe giocare un ruolo, la creazione di un mercato delle aziende sostenibili. Basti pensare che la grande fortuna degli Stati Uniti è stata di essere diversi passi avanti all'Europa nel campo tecnologico ed avere un mercato per i titoli tecnologici, che è il Nasdaq. Pensi se l'Europa e in particolare l'Italia potesse aver un mercato in cui le aziende sostenibili potessero trattare. Adesso che si sta parlando tanto di Borsa Italiana, è un tema che sarebbe interessante, a livello politico, discutere: la creazione di un mercato del genere che permetta ai titoli di essere trattati, agli investitori di poter selezionare le aziende in quel mercato. Oggi questo non è esiste, non c'è un equivalente del Nasdaq in questo settore. Se si fosse parlato di questa ipotesi due anni fa la logica conclusione sarebbe stata di immaginare questo mercato a Londra perché era di gran lunga il mercato più liquido; oggi che Londra esce dall'Europa potrebbe essere il momento per l'Italia di farsi portavoce della creazione e stabilire a Milano questo tipo di nuovo mercato». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  17/9/2020

23 Luglio 2020

“A2A punta su sostenibilità e digitale, aperta a collaborare con telco”

Così Marco Patuano, nella sua prima intervista come presidente della multi-utility, oggi su SustainEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore - Radiocor   Sostenibilità come leva della pianificazione strategica da un lato, e accelerazione sulla digitalizzazione dall’altro. Sono le due gambe del nuovo piano industriale a 10 anni allo studio di A2A , come spiega Marco Patuano, nella sua prima intervista come presidente della multi-utility. All’interno della Green economy, ad esempio, sottolinea Patuano, ci sarà una grande mobilitazione di risorse; inoltre, in ottica di Green New deal e fondi Ue per la ripartenza, i finanziamenti vanno impiegati in due direzioni: accrescere la competitività e aumentare, per l’appunto, il livello di sostenibilità. Per la digitalizzazione dei servizi e del Paese, Patuano ricorda che A2A, già proprietaria di pezzi di fibra, è aperta a collaborare con gli operatori di tlc, ed è pronta anche ad agevolare il progetto di rete unica. «Noi vogliamo essere una soluzione e non un problema: saremo contenti di fare tutto quanto ci è possibile per facilitare lo sviluppo delle reti.  Siamo convinti che le reti di domani saranno elettriche, idriche, digitali». Dottor Patuano, lei è da poco stato nominato alla presidenza di A2A, dopo, tra l’altro, oltre 25 anni trascorsi in Tim: quale può essere l’impatto della trasformazione digitale su una multi-utility? Oggi tutti i business sono totalmente, pervasivamente, attraversati dalla dinamica della digitalizzazione. Solo per fare un esempio, si pensi alla gestione del consumo elettrico di una famiglia: applicando dei moduli di lettura e interpretazione intelligente dei dati si possono ottimizzare i consumi, segnalare i malfunzionamenti preventivi, pensare a una molteplicità di servizi diversi. La stessa cosa si può ipotizzare per un’area come quella della gestione delle acque. Pensiamo ad esempio alle modalità per ottimizzarne il consumo, visto che oggi in Italia si usano mediamente 250 litri d’acqua al giorno per ciascuno, senza esserne consapevoli. Quali sono i pilastri del vostro futuro piano industriale? Il piano industriale a cui stiamo lavorando avrà due caratteristiche molto innovative. Innanzitutto, parliamo di un piano a dieci anni, e per noi è straordinariamente importante nei nostri settori, perché alcuni cambiamenti richiedono tempo. Ad esempio, cambiare il mix di fonti energetiche non è certamente un obiettivo che si realizza in un anno, richiede tempo; allo stesso modo realizzare l’economia circolare richiede un certo numero di anni, con lo sforzo e il contributo di molte persone.  Il piano si caratterizzerà per le sue dinamiche tecnologiche da un lato, dall’altro punterà sulla   sostenibilità. La seconda novità sarà, infatti, quella di portare il tema della sostenibilità al centro del piano industriale. Su quest’ultimo fronte A2A è già oggi riconosciuta come società virtuosa, ma non è sufficiente. La sostenibilità deve essere una delle leve della pianificazione strategica della società. C’è poi il tema del ciclo idrico: in Italia ci sono perdite troppo alte, e anche su questo versante siamo intenzionati a lavorare intensamente.  E infine c’è l’obiettivo delle Smart Cities. A2A ha costituito una società, A2A Smart City, un altro punto fondamentale nell’ambito del piano strategico. Che obiettivi avete nell’ambito del piano sulla sostenibilità? A2A ha già emesso Green bond. Nel nuovo piano industriale c’è una serie di obiettivi sostenibili. Il tema dell’energia e della green economy è di straordinaria importanza, in questo ambito è infatti possibile mobilitare un’enorme quantità di fondi su progetti infrastrutturali. Nell’ ottica del New green deal e dei fondi Ue legati alla ripartenza, i soldi devono essere spesi per infrastrutture che abbiano due caratteristiche: aumentare il livello di competitività e il livello di sostenibilità.  D’altronde il New Green Deal è fatto di soldi e processi. Sui primi abbiamo una grande fiducia nella Ue, sui secondi c’è una grande fiducia nel governo per semplificarli. Il 5G, osteggiato da molti sindaci per paura di inquinamento elettromagnetico, avrà bisogno di molte più antenne, diffuse capillarmente. Qual è la sua posizione? Il 5G sarà semplicemente rivoluzionario non solo rispetto alle telecomunicazioni, ma rispetto alle applicazioni che renderà possibili sia nella componente B2B, cioè per il funzionamento delle aziende in logica 4.0, sia nella vita dei cittadini perché abiliterà serie di servizi che oggi semplicemente non riusciamo neanche a immaginare.  La caratteristica del 5G è che richiede una rete molto più densa di antenne. Si tratta di un mix di antenne grandi, cosiddetti macro-siti, e antenne piccole, cioè le small cells. Oggi si sta pensando che il rapporto tra macro e micro sarà indicativamente di 1 a 10 e quindi, visto che in Italia ci sono tra 45 e 50mila macrositi, dobbiamo immaginare che il nostro Paese avrà oltre mezzo milione di small cells. Questa è ampiamente una buona notizia sia a livello elettromagnetico sia di inquinamento paesaggistico. La vera innovazione sarà quella di riuscire a creare delle reti che non saranno solo efficienti, ma anche virtualmente poco visibili. Le multi-utility rivestiranno un ruolo centrale non per sostituirsi ma per affiancare gli operatori del settore.  Avrebbe senso ipotizzare forme di collaborazione fra le multi-utility e società come Inwit? Siamo aperti alle partnership, stiamo parlando con tutti. Quando parliamo con i nostri principali stakeholder che sono i sindaci, una delle prime richieste che ci vengono rivolte è proprio quella di avere una città più intelligente. Per questo abbiamo dialoghi, anche avanzati, con vari partner. Oltre 20 anni fa Aem (poi fusasi con Asm per dare vita ad A2A) fu la prima a intuire le potenzialità della fibra fino a casa contribuendo a creare Metroweb, oggi Open Fiber. Puntate a sviluppare questo fronte? In alcune città siamo ancora proprietari di fibra, Metroweb fu un’intuizione di Aem, e oggi abbiamo fibra in alcune città tipo Cremona, con cui serviamo soprattutto le imprese.  Il tema della fibra è molto ampio, nelle città ci sono già vari soggetti che la stanno portando. Noi abbiamo una straordinaria rete di cavidotti all’interno della città, abbiamo delle strade sotterranee all’interno delle quali passano le nostre reti di gas, energia, acqua. È evidente che potremo e dovremo collaborare con gli operatori TLC per portare la fibra ai clienti senza scavare le città tante volte.  Siete, dunque, aperti ad accordi con le telco?  Noi possiamo rappresentare un aiuto e non saremo certamente un problema. Abbiamo già accordi con le telco, Open Fiber ha fatto con noi un accordo molto importante per accelerare la distribuzione della fibra in alcune città in modo efficiente.  Il lockdown, peraltro, ha accelerato attività di cui si parlava da anni nel settore. Il digital divide italiano, oltre ad essere infrastrutturale, era anche culturale: le persone cioè utilizzavano servizi già disponibili molto meno di quanto avrebbero potuto fare. Siamo stati costretti dall’emergenza a prendere atto delle potenzialità del digitale. Aver affrontato il digital divide culturale ha reso ancora più evidente il fatto che oggi c’è una parte d’Italia che ha bisogno di reti. Nell’eventualità di una rete unica in fibra sareste pronti a partecipare al progetto comune, mettendo a disposizione i vostri cavidotti? Noi, lo ripeto, vogliamo essere una soluzione e non un problema: saremo contenti di fare tutto quanto ci è possibile per facilitare lo sviluppo delle reti.  Siamo convinti che le reti di domani saranno elettriche, idriche, digitali. Queste sono le reti di domani. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 

09 Luglio 2020

SustainEconomy.24 – il nuovo report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor

Un report per raccontare la sostenibilità: sfoglia il primo numero di SustainEconomy.24!   L’integrazione di business e sostenibilità è indispensabile per raggiungere i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’ONU al 2030. Il tema della sostenibilità è quindi centrale nell'agenda politica ed economica, nonché sempre più rilevante per i singoli. SustainEconomy.24 è un’iniziativa di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore – Radiocor che nasce proprio per raccontare l’impegno di imprese e istituzioni per rispondere a questa sfida che tocca tutti gli ambiti dell'economia e della società, un’emergenza globale, ma anche un’opportunità per traghettare la futura classe dirigente dal "business as usual" al Business2030. In questo numero: Sostenibilità garantisce successo al business: "Siamo ancora più determinati dopo il Covid-19": così Claudio Descalzi, Amministratore Delegato Eni  Lo sviluppo sostenibile “è ormai nel vocabolario di tutti” ed è sicuramente uno dei punti fermi per Edison: così l’Amministratore Delegato Nicola Monti sul il ruolo della sostenibilità nella strategia di Edison,  durante il webinar Luiss Business School organizzato in occasione dell’avvio dell’Edison Energy Camp 2020 Sulla sostenibilità essere all’altezza della sfida: il punto di Giovanni Lo Storto, Direttore Generale Luiss  Mantenere e creare posti di lavoro, favorire la crescita economica e migliorare la sostenibilità e la resilienza energetica: l'Agenzia internazionale per l'Energia (Aie) presenta il suo piano globale di ripresa sostenibile post-Covid nel settore energetico SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 9/7/2020