News & Insight
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19 Ottobre 2020

Investire Accelerare Crescere. Dall’Agenda digitale al Recovery Fund: colmare i ritardi, rilanciare il Paese

Valutare lo stato di attuazione dei programmi di digitalizzazione del nostro Paese: iscriviti al webinar in collaborazione con Confindustria Digitale!  Interverranno tra gli altri il Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, il Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano, il Presidente Confindustria Digitale Cesare Avenia, il Direttore Luiss Business School Paolo Boccardelli, il Presidente Confindustria Carlo Bonomi.   Valutare lo stato di attuazione dei programmi di digitalizzazione del nostro Paese: il senso del convegno annuale di Confindustria Digitale in collaborazione con Luiss Business School si carica dell’estrema eccezionalità del momento che stiamo vivendo. L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha riproposto in modo drammatico il tema del ritardo digitale che ci tiene inchiodati da anni agli ultimi posti in UE nella classifica Desi, inibendo le nostre capacità di modernizzazione e crescita. Oggi abbiamo di fronte l’opportunità delle ingenti risorse messe a disposizione da Next Generation EU, puntate su digitalizzazione e sostenibilità. È l’occasione storica per far diventare l’Italia un paese più semplice, più efficiente, più performante e resiliente. Un importante momento di confronto per valutare quanto fatto e messo in campo finora, analizzare le nuove prospettive e approfondire le opportunità di collaborazione fra pubblico e privato nell’opera di rinascita del Paese. AGENDA 11.00  Interventi di apertura Paolo Boccardelli, Direttore Luiss Business School Carlo Bonomi, Presidente Confindustria 11.15  Confronti europei: a che punto siamo in Italia Roberto Viola, Direttore Generale DG Connect Commissione Europea 11.30  Relazione del Presidente di Confindustria Digitale Cesare Avenia, Presidente Confindustria Digitale 11.50  Intervento istituzionale Stefano Patuanelli, Ministro dello Sviluppo Economico 12.00  Cambiare il funzionamento del Paese con la trasformazione digitale Marco Gay, Presidente Anitec-Assinform Pietro Guindani, Presidente Assotelecomunicazioni-Asstel Paola Pisano, Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione Modera: Cesare Avenia, Presidente Confindustria Digitale 12.30  Conclusioni Luigi Gubitosi, Vicepresidente Confindustria Per partecipare al webinar è necessaria la registrazione. ISCRIVITI 19/10/2020

19 Ottobre 2020

Fonti rinnovabili, efficienza energetica nei programmi di medio termine

Transizione energetica: le strategie e gli interventi necessari per trasformare la visione della sostenibilità energetica in un’opportunità concreta di competitività per il Paese. Iscriviti al webinar di “Italia 2030”, il progetto MiSE e Luiss Business School per l’Italia sostenibile! Il settore energetico è chiamato a dare il suo contributo nel rilancio dell'economia in direzione green fornendo capacità, competenze, innovazione e sviluppando programmi di medio-lungo termine. È proprio il mondo delle rinnovabili e dell'efficienza energetica che può trainare il Paese verso il superamento dell’emergenza sanitaria e del suo impatto socioeconomico, avvalendosi inoltre delle risorse e degli strumenti di Recovery Fund e Next Generation. Il webinar permetterà di conoscere le proposte di policy prodotte dal tavolo tematico “Fonti rinnovabili ed efficienza energetica nei programmi di medio termine” di “Italia 2030” e scoprire strategie e interventi necessari per rendere una visione organica della sostenibilità energetica un progetto reale e un’opportunità concreta di competitività per il Paese. Coordinatore: Livio de Santoli, Prorettore Sapienza Università di Roma Intervengono: Luca Bragoli, Head of Public Affairs, ERG Leonardo D’Acquisto, Responsabile Pubblici Affari, Italgas Renato De Filippo, Responsabile delle Politiche climatiche e dei meccanismi di mercato, Eni Luca Marchisio, Responsabile Strategia di sistema, Terna Eleonora Petrarca, Responsabile Business Development Italia, Enel Green Power – Gruppo Enel Xavier Rousseau, Head of Corporate Strategy and Market Analysis, Snam Roberto Venafro, Responsabile Ambiente e Cambiamento Climatico, Edison Per partecipare al webinar è necessaria la registrazione. REGISTRATI SCARICA IL PAPER SCARICA LE SLIDE Rivedi il webinar 18/10/2020

16 Ottobre 2020

Circular Blue Economy: opportunità per la crescita

Come un approccio sostenibile  e coerente con i principi dell’economia circolare ci permetterà di cogliere le opportunità di  rilancio che l’economia del mare offre al Paese: iscriviti al webinar di “Italia 2030”, il progetto MiSE e Luiss Business School per l’Italia sostenibile!   Il mare e le sue risorse offrono un potenziale enorme di crescita economica. Per il nostro Paese, bagnato per oltre l’80% dei suoi confini dal mare, l’economia del mare è una priorità irrinunciabile, anche alla luce dell’attuale situazione economica. Per cogliere le opportunità di crescita e rilancio che l’economia del mare può offrire al Paese è fondamentale adottare un approccio sostenibile e sistemico, coerente con i principi dell’economia circolare. Il webinar permetterà di scoprire i contenuti del position paper redatto dal gruppo di lavoro “Leadership green: economia del mare” del progetto "Italia 2030", promosso da Ministero dello Sviluppo Economico e Luiss Business School, con l’obiettivo di illustrare le traiettorie di sviluppo più promettenti del settore nel medio termine. Programma 12.00 Saluti Francesco Cupertino, Rettore, Politecnico di Bari 12.05  Presentazione del Position Paper “Leadership green: economia del mare” Ilaria Giannoccaro, Coordinatore del Tavolo, Professore Associato, Politecnico di Bari 12.20 I trend dell’innovazione a supporto dello sviluppo di un’economia blu sostenibile Roberto Cimino, Presidente Cluster Tecnologico Nazionale Blue Italian Growth 12.30 Innovazione e progetti per uno sviluppo sostenibile del settore della cantieristica e del trasporto navale Giovanni Caprino, Manager, CETENA (Gruppo Fincantieri) 12.40 Covid-19 e Blue Economy: le nuove sfide delle rotte commerciali strategiche dei container Alessandro Panaro, Head of Maritime & Energy Department, SRM (Gruppo Intesa Sanpaolo) 12.50 L’evoluzione dei modelli di gestione portuale. I porti 6.0 Fulvio Lino Di Blasio, Segretario Generale, Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio 13.00   Discussione 13.15   Conclusioni Ilaria Giannoccaro, Coordinatore del Tavolo, Professore Associato, Politecnico di Bari Per partecipare è necessaria la registrazione. REGISTRATI  SCARICA IL PAPER SCARICA LE SLIDE Rivedi il webinar 16/10/2020

16 Ottobre 2020

Innovazioni per la sostenibilità della mobilità e dell’aerospazio

Come rendere il sistema di trasporti del Paese più resiliente attraverso decarbonizzazione, condivisione e connettività: iscriviti al primo webinar di “Italia 2030”, il progetto MiSE e Luiss Business School per l’Italia sostenibile! Le fasi pandemica e post pandemica hanno messo in evidenza le criticità e l’assenza di resilienza del sistema di trasporti del Paese, che se già scontava una bassa efficienza e omogeneità territoriale, oggi si rivela anche come uno dei settori più energivori e produttori di gas climalteranti. Un drastico cambio di direzione nel trasporto pubblico, nella logistica, nell’aerospazio è quindi indispensabile: il webinar permetterà di scoprire il position paper e le proposte di policy prodotte dal tavolo tematico “Smart mobility e innovazioni nell’automotive e aerospazio” nell’ambito di “Italia 2030”, per analizzare come decarbonizzazione, condivisione, connettività e trasformazione digitale permetteranno di rendere il sistema di trasporti del Paese più sostenibile, equo e inclusivo. Programma Coordinatore: Michele Ottomanelli, Professore Ordinario di Trasporti Politecnico di Bari Interventi: Mobilità connessa, automatizzata e sostenibile: prospettive strategiche, posizionamento, opportunità e criticità nella ricerca ed innovazione  Gennaro Nicola Bifulco, Presidente Società Italiana Docenti di Trasporti – SIDT La mobilità elettrica come opportunità per accelerare la transizione energetica Federico Caleno, Responsabile e-Mobility Enel X Italia Innovazioni per la mobilità: il ruolo del trasporto pubblico locale Laura Campanini, Responsabile Local Public Finance, Direzione Studi e Ricerche, Intesa Sanpaolo La mobilità verticale e la rivoluzione sostenibile del trasporto aereo Alessandro Errico, Head of Business Scenario-Unmanned Systems Leonardo Company L’approccio Eni alla mobilità sostenibile: un mix di soluzioni per una mobilità efficiente e decarbonizzata Luigi Gargiulo, Sustainability Mobility Manager Eni Per partecipare è necessaria la registrazione. REGISTRATI SCARICA IL PAPER Rivedi il video     16/10/2020

15 Ottobre 2020

MiSE - Luiss Business School: al via “Italia 2030”

    L’Italia che vivremo tra 10 anni sarà il frutto delle scelte di oggi  per una crescita sostenibile del Paese. Una sfida che il Paese non può perdere, a maggior ragione di fronte all’emergenza sanitaria che richiede proposte operative e implementabili per il superamento della crisi e il rilancio sostenibile del Paese.  Con queste premesse il ministero dello Sviluppo economico e Luiss Business School lanciano ‘Italia 2030’, un piano di azione e un progetto di sistema che punta a supportare i decisori politici e gli stakeholder economici e sociali nella comprensione dell’economia circolare e delle sue opportunità. Le proposte di policy sviluppate dalle principali aziende e dalle università italiane saranno presentate e discusse a partire dal 20 ottobre in una serie di webinar aperti. Dal 20 ottobre 14 webinar per un progetto di sistema L’Italia non può perdere il treno della sostenibilità, evidenzia il viceministro allo Sviluppo economico, Stefano Buffagni nel parlare dell’iniziativa. “Abbiamo promosso ‘Italia 2030’ per dare vita a un piano di azione congiunto in cui l’economia circolare fosse al centro delle strategie per il futuro del Paese, a partire proprio da conoscenze e competenze. Solo se continueremo ad avvicinare le opportunità dell’economia circolare a cittadini e aziende, le sue potenzialità diventeranno reali. E’ una necessità per il Paese, che non può permettersi di perdere il treno della sostenibilità, ed è resa ancora più impellente alla luce della direzione green del Recovery Fund”. “Italia 2030” prende le mosse dalle attività avviate già a novembre 2019 da Mise e Luiss Business School,  con la  collaborazione di Cassa Depositi e Prestiti, Enel, Eni, Generali, Intesa Sanpaolo, Italgas, Leonardo, Poste Italiane, Snam e Terna. Quindici i tavoli di lavoro specialistici che hanno approfondito le applicazioni e le innovazioni dell’economia circolare nei settori automotive, aerospazio, agricoltura e alimentazione, energia e fonti rinnovabili, gestione dei rifiuti, finanza, chimica verde e costruzioni, mettendoli in connessione con l’indagine sui cambiamenti sociodemografici del Paese, quali trend dei consumi sostenibili, active aging, famiglia, fecondità e lavoro, governo e valorizzazione dell’immigrazione. Ciascun tavolo di lavoro si è poi concluso con la produzione di discussion paper che saranno il punto di partenza per i 14 webinar, accessibili alla pagina luiss.business/italia2030, che presenteranno i risultati delle ricerche e vedranno università, aziende e istituzioni confrontarsi sulle proposte di policy emerse. “Serve un approccio sinergico per scrivere il futuro del Paese e in questo il ruolo delle università deve essere centrale” ha dichiarato Paolo Boccardelli, direttore della Luiss Business School. “Ricerca e competenze devono essere sviluppate nell’ottica di supportare i decisori politici e le aziende nella definizione delle strategie di crescita e innovazione, ancora di più oggi che le sfide sono globali e richiedono un impegno congiunto da parte del mondo del business e delle istituzioni”. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 15/10/2020

15 Ottobre 2020

L'alleanza dei ceo: trasformare le imprese

Trasformare le imprese per guidare il futuro. E affrontare un momento complesso ma di ripartenza, dopo l’emergenza, dove formazione e sostenibilità devono essere assi portanti del piano di interventi per i prossimi anni. Il tutto in una grande alleanza dei ceo delle principali aziende italiane che rappresentano la grande infrastruttura manageriale nel Paese. La ceo Business Community di Elis ha promosso l'evento "Una bussola per orientarsi nel Nuovo Mondo. Un timone per non perdere la rotta" e ha chiamato a raccolta oltre 100 Ceo di molte delle principali aziende  ospiti di Luiss Business School presso Villa Blanc.  Inserita nell’ambito del progetto #MindsetRevolution, l’alleanza dei ceo vuole tracciare la rotta per la rinascita del Paese e farsi carico non in modo reattivo ma attivo dei grandi temi sociali e ambientali. Azioni concrete che puntano a trasformare la scuola, trasformare l’impresa e trasformare il lavoro. Partire dalla scuola, è la voce unanime dei ceo, serve a dare un contributo al Paese di domani. Il sostegno alla scuola nel suo processo di trasformazione della didattica partendo dalle esperienze raccolte nel Libro Bianco per la Scuola (sviluppato durante il semestre di presidenza Acea a guida di Stefano Donnarumma, ora ceo Terna). “Educare i giovani a essere agenti del cambiamento e orientarli alle professioni del futuro è una delle principali sfide che abbiamo come manager e come persone. L’obiettivo è dare un contributo per supportare la scuola a raccordarsi con le esigenze del futuro, dalla tecnologia avanzata alla sostenibilità, dalla transizione energetica alle infrastrutture. Non c’è futuro del Paese se non c'è sviluppo infrastrutturale e sostenibile e questa sarà la sfida in quota parte anche del Recovery Plan” osserva l’ad di Terna. Cui fa eco l’ad di Acea, Giuseppe Gola: “Mai come adesso abbiamo capito l’importanza della scuola e della formazione. Serve un impegno profondo e importante anche per le aziende perché quello che sono a scuola adesso saranno in azienda domani e, quindi meglio saranno formati e meglio sarà per tutti domani”.  Ripercorre le sue esperienze personali  e parla del rapporto formazione-lavoro e del percorso sostenibile in Enel, l’amministratore delegato Francesco Starace “La sostenibilità è l’unica strada per orientare positivamente le scelte che riguardano il presente e il futuro; è da qui che dobbiamo ripartire per dare risposte concrete alle nuove generazioni. L’emergenza legata al Covid-19 ha messo in luce limiti e rischi legati a modelli di sviluppo ormai superati. Per far sì che la ripartenza possa diventare un’opportunità per generare valore nel lungo termine è necessario adottare una visione diversa, che metta la sostenibilità al centro delle attività umane”. E crede “moltissimo nel collegamento tra azienda e scuola e nel creare forme di academy”  l’ad di Open Fiber, Elisabetta Ripa. “Per costruire le infrastrutture ci vogliono anni non mesi e per questo stiamo cercando di raggiungere tutti e fare un lavoro che serve per i prossimi 30 anni. E’ necessario quindi creare sempre più opportunità per entrare gli studenti nelle imprese e aprire una finestra su quello che avviene nelle nostre aziende. Ma il futuro richiede anche di trasformare l’impresa e il suo ruolo nella comunità. Le imprese devono diventare “inclusive”. Occorre operare nel territorio, costruire ponti con le comunità, sostenere il Sud e limitare l’abbandono scolastico. All’appello lanciato da Marco Sesana, Country Manager & ceo Generali Italia e Global Business Lines, con il progetto Mindset Revolution hanno risposto in molti. I ceo vengono esortati ad occuparsi della comunità aiutandosi reciprocamente in questo cambio rotta. “Navighiamo in acque agitate e questa “Bussola dei Valori” arriva in un momento straordinario, come straordinaria è la nostra responsabilità. Come ceo vogliamo essere attori di cambiamento. Con le nostre aziende ci impegniamo a promuovere innovazione e inclusione. Come parte di un movimento, lanciamo un patto per coltivare le vocazioni digitali dei giovani. Un appello accolto dall’ad di Poste Italiane Matteo Del Fante che parla dell’impegno a rendere “la sostenibilità e la responsabilità sociale una parte essenziale del nostro piano industriale in modo da essere in grado di fornire un contributo alla ripartenza e alla crescita del sistema-Paese”. E dall’ad di Tim, Luigi Gubitosi secondo cui “parlare di futuro in questo momento è quanto mai fondamentale e farlo pensando ai grandi temi del lavoro, della scuola e della funzione delle imprese all’interno delle comunità in cui operano è un elemento chiave per riflettere su come si possa contribuire concretamente allo sviluppo e alla coesione sociale del Paese”.  L’alleanza dei ceo e un approccio sistemico tornano nelle parole dell’ad di Ferrovie dello Stato, Gianfranco Battisti: “Abbiamo imparato in questo anno che dobbiamo fare sistema. Lavorare con approccio sistemico è l’esempio su cui dobbiamo lavorare nel futuro, perché ognuno di noi è un pezzo dell’ecosistema”.  E in quelle dell’ad di A2A, Renato Mazzoncini: “Stiamo caricando sui figli un debito monstre e quindi dobbiamo garantirgli un’istruzione. Noi come ceo abbiamo più energia della media e più risorse, quindi dobbiamo fare tanto, anche in prima persona. Lavorare su tre fasce: educare i bambini al tema sostenibilità; poi gli universitari perché siamo seduti su una miniera d’oro; terzo, il tema dell’innovazione. Io credo che la nostra comunità abbia una straordinaria responsabilità e il debito che stiamo creando aumenta la nostra responsabilità”. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 15/10/2020

15 Ottobre 2020

Mutti: su sostenibilità serve uno sforzo di sistema, volontarismo non basta

Per il settore alimentare la sostenibilità rappresenta tutto ma non si può lasciare solo al volontarismo dell'azienda, spiega l'ad Francesco Mutti in un’intervista a SustainEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore   Per il settore alimentare la sostenibilità deve essere una sfida enorme perché altrimenti si rischiano effetti devastanti. Francesco Mutti, amministratore delegato di Mutti parla del legame dell'azienda e della famiglia con la terra e dell'impegno sul fronte sostenibilità. Ma, gli investimenti necessari travalicano spesso la possibilità economica di una singola azienda. Così esorta a vivere la sfida a livello di sistema e non di singolo, anche intervenendo con modifiche alla tassazione. Il gruppo ha retto bene allo shock della pandemia ma il Paese deve ripartire senza bruciare gli investimenti come ha fatto per anni. Cosa significa sostenibilità per il settore alimentare? «Credo che sostenibilità per il settore alimentare rappresenti tutto, è una sfida di dimensioni enormemente superiori rispetto a quelle che andiamo raffigurando; di fatto oggi il cibo proviene ancora dalla nostra terra, dal clima, dall'acqua, e da una serie di microcondizioni ideali per produrre, conservare, mantenere tutto quello di cui ci nutriamo. A inizio ‘900 eravamo un miliardo, ora siamo 7,5 miliardi di persone con abitudini alimentari esponenzialmente superiori e per qualità e per quantità e per varietà. Mantenere il più possibile inalterato questo perfetto meccanismo è un passaggio fondamentale. Coabitare con un ambiente sempre più affaticato e spremuto e una serie di variazioni climatiche che appaiono ai più micro e invece pongono le basi per l'insostenibilità, dal punto di vista agronomico possono avere impatti devastanti con perdite e riduzioni di quantità prodotte estremamente rilevanti. Dobbiamo stare molto attenti alla gestione a breve, medio e lungo termine del nostro pianeta. Quello che stiamo estraendo dal pianeta è qualcosa di assolutamente insostenibile se lo proiettiamo in là di qualche centinaio di anni. Per migliaia di anni i genitori rinunciavano al cibo per permettere ai figli di avere una vita migliore, noi oggi stiamo facendo uno scempio non pensando a chi viene dopo di noi. Una perdita di senso del futuro e di saggezza». Restiamo sulla sostenibilità. Cosa rappresenta per un'azienda come Mutti? «In Mutti siamo molto legati alla Terra, noi lavoriamo 60 giorni l'anno, e sono quelli, in cui il pomodoro è maturo e se varia un po' la stagione non ci permette più di avere un prodotto di qualità o rischiamo di perdere certe produzioni. Il legame è molto molto diretto, siamo agroalimentare più che alimentare; un legame che nasce da due sensibilità: da un lato viviamo in campagna e, dall'altro una sensibilità familiare». Qual è il vostro impegno? E che tipo di percorso immaginate sul fronte sostenibilità? «Noi stiamo facendo tante cose ma ci rendiamo sempre più conto che le nostre tante cose sono inefficienti rispetto a quello che deve essere il salto di mentalità da parte della comunità nella sua interezza. L'opera e gli investimenti necessari travalicano in modo assoluto la possibilità economica di una singola azienda. Un'azienda che volesse fare investimenti veramente importanti sul tema della sostenibilità vedrebbe il costo del prodotto schizzare alle stelle diventando improvvisamente non più sostenibile dal punto di vista economico. Quindi occorre veramente cominciare a cambiare i paradigmi e modificare la tassazione, in particolare per tutto quello che non è riproducibile. La circolarità, che ancora funziona poco nella nostra società, dovrebbe essere gestita con chiavi rigorose e di sistema e non legate a singoli processi volontaristici. Poi posso parlare per ore delle attività che facciamo come Mutti, dagli investimenti con il Wwf, la riduzione della water e carbon footprint, Regeneration 2030, e da due anni abbiamo inserito, nei target del management annuali, obiettivi legati alla sostenibilità. Tanti progetti anche importanti ma è una spinta che deve essere suffragata da un lavoro di tipo sistemico: dobbiamo vivere la sfida a livello di sistema e non di singolo». Il nostro Paese, ma non solo, sta facendo i conti con questa emergenza inattesa e grave, quella della pandemia. Cosa vi ha insegnato e come cambiano le sfide per Mutti? «La pandemia ci ha scosso non solo dal punto di vista emotivo ma rispetto alla nostra capacità di saper gestire le emergenze. Siamo stati forse bravi o forse fortunati e abbiamo passato abbastanza indenni; il settore alimentare ha subito degli shock perché c'è stato uno spostamento radicale di consumi dal mondo del fuori casa al mondo dei consumi individuali. Per le aziende di produzione, alcune hanno sofferto di più e altre meno ma siamo lontani dalle catastrofi che hanno colpito altri settori. Quello che forse dovremmo imparare dalla pandemia, e mi ricollego al punto di prima, è che non siamo più tanto abituati alla comprensione di fenomeni contrari; da alcuni anni, da alcune generazioni, non abbiamo provato fenomeni negativi importanti e dobbiamo comprendere che alcuni piccoli elementi possano mandare in crisi un sistema in modo irreparabile con costi umani e sociali irreparabili».  Si parla tanto di ripartenza, Recovery Plan, di progetti e di fondi. Se potesse chiedere qualcosa, cosa chiederebbe? «Se il mondo oggi guarda con orizzonti brevi temo l'Italia stia guardando con orizzonti brevissimi, siamo un Paese che in vent'anni ha visto il proprio debito passare dal 100% del Pil al 160% e senz'altro non lo abbiamo fatto perché abbiamo riammodernato tutto il Paese; sarebbe stato imprenditorialmente saggio: aver speso tanto per avere oggi infrastrutture, porti, fibra, aeroporti, sostenibilità. Invece niente di tutto questo, abbiamo speso il 160% del Pil per avere un Paese con minori investimenti, li abbiamo di fatto tecnicamente ‘mangiati'. E, qui mi sento la veste imprenditoriale, non abbiamo investito sui capisaldi per costruire valore e ricchezza: primo, l'istruzione, elemento fondamentale e il pilastro da cui si genera valore; il secondo è la spinta competitiva del Paese; terzo la bellezza, siamo un Paese ricco. Dobbiamo veramente ricominciare a ricostruire il Paese partendo da quella bellezza che ha fatto dell'Italia un simbolo». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 15/10/2020

15 Ottobre 2020

Confindustria: Piovesana, sostenibilità e cambio di paradigma per la ripresa

ll Recovery Plan dovrà avere  grandi progetti di filiera, spiega la vicepresidente di Confindustria per l'Ambiente, la Sostenibilità e la Cultura in un'intervista a SustainEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore   La ripartenza post emergenza chiede alle imprese un cambio di paradigma e rafforzare il percorso di sostenibilità. Maria Cristina Piovesana, vicepresidente di Confindustria per l'Ambiente, la Sostenibilità e la Cultura in un'intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Ore Radiocor parla anche del Recovery Plan che dovrà avere grandi progetti di filiera. E assicura:  la squadra di Confindustria è pronta ad accompagnare le imprese nella transizione senza lasciare indietro nessuno Ripartenza e sostenibilità: sono due delle parole più usate in queste settimane. Quanta attenzione c'è nel mondo delle imprese per un futuro sostenibile? « I temi della sostenibilità, ambientale ma anche sociale, rappresentano una priorità per le imprese ormai da tempo. Le imprese sono consapevoli non solo della necessità, ormai non più procrastinabile, di implementare assetti di sostenibilità all'interno dei processi produttivi, ma anche delle grandi opportunità che ciò comporta in termini di competitività e crescita stabile e duratura.  In tal senso, mi lasci dire che si tratta di un percorso avviato e sostanzialmente rodato dal mondo produttivo; siamo leader in Ue quando si parla di uso efficiente delle risorse, gli investimenti nel "green" sono in continua crescita e la partecipazione e attenzione del mondo industriale alle politiche di sviluppo sostenibile è confermata dalle numerose proposte sul tema che Confindustria porta avanti da tempo e in tutte le sedi istituzionali, da quelle europee a quelle nazionali.  Queste riflessioni, inevitabilmente, si intrecciano con quelle della ripartenza post emergenza sanitaria. Ancora una volta, infatti, il mondo imprenditoriale si trova a dover affrontare un cambio di paradigma; la crisi pandemica impone una flessibilità e capacità di adattamento per certi versi già testata nell'ambito delle politiche di sostenibilità». Green New Deal e Recovery Fund possono rappresentare una svolta virtuosa per cittadini e imprese. Quali devono essere, secondo lei, le priorità? «L'occasione e la sfida del Recovery Plan sono di fondamentale importanza. Il Piano dovrà contemplare progetti, interventi e riforme che devono essere necessariamente parte di una strategia più complessiva di sviluppo del Paese, di medio lungo periodo, coerente e sinergica con il framework europeo, diretta ad assicurare una crescita economica e sociale inclusiva e sostenibile.  Per far fronte a queste nuove emergenze e consolidare il tessuto produttivo in una logica del medio periodo, le azioni dovranno essere indirizzate al riavvio degli investimenti privati e al rafforzamento patrimoniale delle imprese, puntando su R&S, sull'agevolazione della transizione energetica ed ecologica dei modelli di business, sul potenziamento delle infrastrutture digitali e su un consolidamento a lungo termine del quadro di incentivi fiscali.  Tutte esigenze che naturalmente già esistevano prima della crisi e che appaiono oggi ancora più rinsaldate dalla necessità di riorganizzazione dei processi aziendali e delle catene produttive che sono necessarie per garantire e rafforzare la sicurezza anche nella fase post emergenza. In questa fase occorrerà convivere con il virus o più in generale garantire condizioni di maggior tutela per i lavoratori». Quali scelte dovranno fare le imprese e quali le istituzioni? «Come indicato nelle Linee guida redatte dal Governo, nella sua costruzione il Recovery Plan parte dall'individuazione delle sfide che il Paese deve affrontare e quindi organizza le missioni dirette a vincere tali sfide che possono articolarsi in progetti e misure orizzontali. Per assicurare ampio ritorno ed efficacia, i progetti dovranno essere grandi progetti di filiera, integrati e immediatamente cantierabili. Dovranno riguardare snodi strategici con benefici diffusi e immediati ed essere realizzati da partenariati industriali in una logica di cofinanziamento pubblico-privato. Accanto all'individuazione di progettualità di qualità in grado di coinvolgere forti partenariati pubblico-privati, la vera sfida del Paese sarà garantire l'esecuzione efficace e in tempi rapidi degli interventi, attraverso una governance unitaria e con la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti». L'emergenza Covid, che ancora non è alle spalle, può minacciare o favorire questo percorso? «Nei Paesi avanzati, tra gli effetti della crisi ci sarà sicuramente anche una nuova centralità della manifattura. La difficolta di approvvigionamento di alcuni prodotti decisivi in questa fase ha, infatti, evidenziato il rischio di una eccessiva dipendenza non solo tecnologica, ma anche industriale da aree del mondo che improvvisamente sono diventate più difficili da raggiungere. Questo comporterà una riorganizzazione delle filiere che naturalmente non annullerà la dimensione globale della produzione e del mercato, ma sicuramente accentuerà la tendenza verso una regionalizzazione degli scambi favorendo la nascita di grandi piattaforme industriali su base continentali in competizione tra loro. Pertanto, questa nuova percezione, accanto al rinnovato valore strategico delle tecnologie digitali, può favorire un processo di crescita e rilancio in cui la manifattura svolgerà e un ruolo centrale».  E quale sarà il ruolo della squadra di Confindustria di cui fa parte? «Di proposta costruttiva, di collaborazione con le Istituzioni e di monitoraggio, avendo sempre chiara la visione di valutare in concreto gli effetti che gli obiettivi e gli strumenti in tema di sostenibilità produrranno sul mondo industriale. Siamo convinti che la transizione vada accompagnata, per definizione, senza lasciare indietro nessuno e dando a tutte le Imprese la possibilità di approfittare di questo strumento di politica industriale, ma senza fughe millenaristiche, come ribadito dal Presidente Bonomi, che rischiano di esporre, senza le giuste reti di protezione, Imprese e lavoratori a cadute da evitare con forza». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 15/10/2020

15 Ottobre 2020

Al via “Italia 2030”, il progetto di MiSE e Luiss Business School per il futuro sostenibile del Paese

L’economia circolare al centro delle proposte di policy sviluppate congiuntamente dalle principali aziende e università italiane, che saranno presentate e discusse a partire dal 20 ottobre in una serie di webinar aperti Il Ministero dello Sviluppo Economico e Luiss Business School lanciano “Italia 2030”, un progetto di sistema che punta a supportare i decisori politici e gli stakeholder economici e sociali nella comprensione dell’economia circolare e delle sue opportunità per la crescita sostenibile del Paese. A partire dal 20 ottobre, si terranno 13 webinar aperti per presentare i risultati delle ricerche svolte in collaborazione con le principali aziende italiane su un tema tanto strategico. “Italia 2030” è un progetto che prende le mosse dalle attività avviate già a novembre 2019 da MiSE e Luiss Business School, con la collaborazione di Cassa Depositi e Prestiti, Enel, Eni, Generali, Intesa Sanpaolo, Italgas, Leonardo, Poste Italiane, Snam e Terna. In particolare, sono stati attivati 15 tavoli di lavoro specialistici, con l’obiettivo di mettere a confronto gruppi e aziende con università di primaria importanza, quali Gran Sasso Science Institute, Politecnico di Bari, Politecnico di Milano, Politecnico di Torino, Università Bocconi, Università Cattolica, Università degli studi di Napoli Federico II, Università La Sapienza, Princeton University. I tavoli di lavoro hanno approfondito a 360° le applicazioni e le innovazioni dell’economia circolare nei settori automotive, aerospazio, agricoltura e alimentazione, energia e fonti rinnovabili, gestione dei rifiuti, finanza, chimica verde e costruzioni, mettendoli in connessione con l’indagine sui cambiamenti sociodemografici del Paese, quali trend dei consumi sostenibili, active aging, famiglia, fecondità e lavoro, governo e valorizzazione dell’immigrazione. Ciascun tavolo di lavoro si è concluso con la produzione di un discussion paper dal taglio divulgativo, che fornisce un quadro conoscitivo organico e approfondito dello specifico tema e formula una serie di proposte di policy nell’ambito oggetto della ricerca. Le riflessioni e i confronti si sono arricchiti ulteriormente con l’emergenza sanitaria e hanno visto le aziende e i gruppi partner di “Italia 2030” elaborare proposte operative e implementabili per il superamento della crisi e il rilancio sostenibile del Paese. I discussion paper saranno quindi il punto di partenza per i 13 webinar, accessibili alla pagina luiss.business/italia2030, che presenteranno i risultati delle ricerche e vedranno università, aziende e istituzioni confrontarsi sulle proposte di policy emerse. “Abbiamo promosso ‘Italia 2030’ per dare vita a un piano di azione congiunto in cui l’economia circolare fosse al centro delle strategie per il futuro del Paese, a partire proprio da conoscenze e competenze. Solo se continueremo ad avvicinare le opportunità dell’economia circolare a cittadini e aziende, le sue potenzialità diventeranno reali. È una necessità per il Paese, che non può permettersi di perdere il treno della sostenibilità, ed è resa ancora più impellente alla luce della direzione green del Recovery Fund”, ha commentato Stefano Buffagni, Viceministro allo Sviluppo Economico. “Serve un approccio sinergico per scrivere il futuro del Paese e in questo il ruolo delle università deve essere centrale” ha dichiarato Paolo Boccardelli, Direttore della Luiss Business School. “Ricerca e competenze devono essere sviluppate nell’ottica di supportare i decisori politici e le aziende nella definizione delle strategie di crescita e innovazione, ancora di più oggi che le sfide sono globali e richiedono un impegno congiunto da parte del mondo del business e delle istituzioni”. SCOPRI I WEBINAR 15/10/2020

14 Ottobre 2020

Nascono gli Skill Lab per l’Executive Education Luiss Business School

  Gli Executive Skill Lab sono laboratori online nati nell’ambito della formazione Executive Luiss Business School che mirano da una parte a potenziare le soft skill dei partecipanti, dall’altra a sviluppare al tempo stesso una visione d’insieme dello scenario aziendale. Gli Executive Skill Lab sono trasversali all’offerta formativa Executive e sono progettati in modo da fornire strumenti immediatamente applicabili per migliorare le competenze e capacità trasversali rispetto al proprio background accademico e professionale. Si articolano in due categorie: Megatrend e Life Skill. Executive Skill Lab: Megatrend I laboratori dedicati ai megatrend approfondiscono i fattori esogeni di cambiamento che ridisegnano il panorama economico, finanziario e tecnologico e che possono influenzare l’operato quotidiano delle organizzazioni e le strategie. Tematiche: Business Ehics, Machine Learning, Blockchain Business Technologies, Data Driven Organization, Remote Leadership, Artificial Intelligence & New Human Competencies.  Executive Skill Lab: Life Skill I laboratori legati alle life skill si propongono di allenare e potenziare tutte quelle abilità cognitive, emotive e relazionali che consentono di operare con efficacia sul piano individuale e sociale all’interno della propria organizzazione e del proprio contesto di riferimento. Tematiche: Entrepreneursip, Improve your Personal Power, Self Empowerment, Trasformative Decision Making, Personal Branding, Empatia & Intelligenza Emotiva.  SCOPRI L'OFFERTA FORMATIVA EXECUTIVE  Info a: executive@luissbusinessschool.it 14/10/2020

08 Ottobre 2020

Aiip: «La rete unica sembra un ritorno al monopolio, tutelare la concorrenza»

Giuliano Peritore, presidente dell'associazione degli Internet provider, sottolinea come «il Paese abbia bisogno di un disegno più complessivo delle telecomunicazioni per i cittadini e per le imprese»   La rete unica è una definizione «infelice e semplicistica»: come viene illustrata e discussa «sembra un ritorno al monopolio» e non pone «particolare attenzione alle condizioni regolamentari per tutelare la concorrenza e la parità di accesso al mercato». Lo afferma, in un’intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School), Giuliano Peritore, presidente di Aiip, l’associazione degli Internet provider. Aiip, che «al momento non è stata convocata per partecipare al dibattito», ritiene che «voler ricondurre tutto al progetto di rete unica, che in realtà sarebbe l’integrazione fra due operatori primari, sembra far scomparire dal discorso il fatto che il Paese abbia bisogno di un disegno più complessivo delle telecomunicazioni per i cittadini e per le imprese». Inoltre, al di là del modello che verrà adottato, se verticalmente integrato oppure con controllo di un ente indipendente, quello che conta sono le regole che saranno adottate, a favore della concorrenza e della parità di accesso. Siete stati chiamati a far parte del dibattito della rete unica? A noi, come associazione Aiip, piace parlare di telecomunicazioni, ma non siamo stati convocati per la discussione in atto relativa alla rete unica. Peraltro, la rete unica è una definizione infelice e semplicistica, in Italia già ci sono decine di reti di dimensioni differenti in competizione tra loro; Internet ci insegna che le cose vengono bene quando sono semplici e integrate, visto che Internet per definizione è una serie di reti inter-operanti tra loro. Voler ricondurre tutto a un’unica rete, che in realtà sarebbe l’integrazione fra due operatori primari, sembra far scomparire dal discorso il fatto che il Paese abbia bisogno di un disegno più organico delle telecomunicazioni per i cittadini e per le imprese. Quali i rischi intravede nell’attuale dibattito? Il progetto di rete unica, per come viene illustrato, sembra un ritorno al monopolio; non si pone particolare attenzione alle condizioni regolamentari per tutelare la concorrenza e la parità di accesso al mercato. La nostra associazione è stata fondata da quelle aziende che per prime hanno portato Internet in Italia e per tanti anni si sono trovate ad operare in un contesto normativo difficoltoso. Più volte le imprese si sono trovate in contrasto con gli operatori dominanti davanti alle autorità. La liberalizzazione, che è un processo europeo oltre che nazionale, ha portato alla fioritura di tante reti indipendenti e infine alla nascita della rete di Open Fiber che ha provocato un certo scossone al mercato. Fare un passo indietro, tornando a un’unica rete di dimensioni più grandi, pone interrogativi in relazione al controllo della nuova entità e a quelle che saranno le regole, che vanno dalla parità di trattamento all’accesso disaggregato alle componenti di rete, ed è questo il rischio prospettico della rete unica. I nostri associati vogliono continuare a restare sul mercato, fare investimenti, far crescere le proprie reti. Che cosa chiederete al governo? Innanzitutto, chiederemo di ascoltare qual è il contributo dei nostri associati che sono su Internet da 25 anni, parliamo di circa 50 aziende. In secondo luogo, chiederemo che vengano messe bene in chiaro le regole dell’operazione sulla rete per capire qual è il perimetro e quali saranno le azioni volte a tutelare la parità di trattamento e la concorrenzialità del mercato italiano. Qualsiasi sia l’evoluzione, se ci sarà cioè il controllo da parte di un organismo indipendente ovvero si adotterà il modello di un operatore verticalmente integrato, prospettiva che non ci piace, quello che conta sono le regole con cui verrà gestita l’infrastruttura. Sicuramente il regolatore italiano, l’Agcom in primis, avrà un ruolo importante nel momento in cui verrà ingaggiato, nel rispetto delle normative europee. È anche peculiare che ci sia interesse verso la rete unica senza approfondire gli scenari sul modello che sarà adottato. Si è parlato dell’estensione della rete unica ad altre tecnologie. Che cosa ne pensa? È già complicato e ambizioso realizzare il progetto della cosiddetta rete unica, pensare di allargarla ai data center, o ad altre tipologie di servizi, è una visione troppo ottimistica. In Italia, inoltre, sono già presenti tante infrastrutture, tanti data center, il rischio è che se ne costruiscano altri senza tener conto di quello che c’è. Siamo di fronte, cioè, ad aziende che hanno investito, alcuni nostri soci sono anche società quotate, abbiamo un certo numero di dipendenti, indotto e soprattutto competenze sul territorio. Abbiamo contribuito tantissimo a combattere il digital divide con iniziative wireless e fibra. È necessario che quanto fatto finora venga rispettato. Qual è il suo suggerimento per colmare al più presto il digital divide? Bisogna incentivare la domanda delle tecnologie della banda ultra-larga nel rispetto della neutralità tecnologica. Sarebbe anche utile, in caso di interventi dello Stato, che le infrastrutture realizzate fossero sempre messe a disposizione di tutti gli operatori in modo disaggregato. E ricordiamo, infine, che Internet è nata come un sistema molto aperto; questo spirito di flessibilità e apertura, assieme all’interconnessione di reti differenti, non possono essere dimenticati. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 8/10/2020

08 Ottobre 2020

Fondo Cebf: entrano nel vivo i progetti locali per portare la banda ultra-larga nelle aree grigie

A fare il punto su DigitEconomy.24, Roberto Opilio, a capo dalla regione Italia e Sud Europa (Grecia, Cipro e Malta) del fondo: «Entro l'anno partirà il progetto con Unidata»   Per portare la banda ultra-larga nelle aree grigie del Paese, per le quali i bandi sono stati posticipati al 2021, c'è un progetto del fondo europeo Connecting Europe Broadband Fund (Cebf) che in Italia sta dando i primi frutti. Di recente è infatti stato firmato l'accordo tra il fondo e Unidata per portare la banda ultra-larga nelle aree grigie del Lazio, e altri tre progetti stanno andando avanti: uno al Centro, uno al Nord e uno al Sud del Paese. A fare il punto con DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore-Radiocor e della Luiss Business School, è Roberto Opilio, a capo dalla regione Italia e Sud Europa (Grecia, Cipro e Malta) del Cebf, voluto dalla Commissione europea per portare, attraverso progetti in parternariato di medie dimensioni, la banda ultra-larga soprattutto nelle aree industriali dove c'è poco interesse degli operatori a investire. Finanziamenti massimi sono pari a 30 milioni per progetto I finanziamenti del fondo sono pari al massimo a 30 milioni per ogni progetto. Cebf, che in totale ha raccolto 420 milioni di euro e ha un target di 600 milioni, vede il coinvolgimento di istituzioni pubbliche come la Commissione europea, Eib, KfW, Cdc e l'italiana Cdp, oltre a investitori privati. «All'inizio dell'anno prossimo ed entro la prima metà del 2021 partirà un altro paio di progetti», precisa Opilio. Il fondo crea società nuove con i partner prescelti Il fondo non entra in società già esistenti, ma crea col partner una nuova realtà che, nel caso di Unidata, si chiama Unifiber. Per il progetto con Unidata, racconta Opilio, «si stanno siglando gli ultimi dettagli e la rete dovrebbe partire entro l'anno». Unidata e Cebf investiranno in una rete di alta qualità in fibra ottica, ad accesso aperto agli utenti residenziali e aziendali della Regione Lazio. La rete coprirà oltre 100.000 famiglie e 5.000 aziende. Nei prossimi anni Unifiber investirà oltre 40 milioni di euro per la realizzazione della rete in fibra ottica nelle aree grigie della regione Lazio. Scendendo nei dettagli della nuova società, Unifiber è partecipata per il 30% da Unidata e per il restante 70% da Cebf. Unidata controllerà Unifiber, nominando la maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione e, pertanto, prevede il consolidamento dei suoi risultati. Unifiber potrà, inoltre, contare su un apporto da parte dei due soci pari a 18,5 milioni, di cui 15 milioni investiti da Cebf e 3,5 milioni da Unidata a fronte di un investimento complessivo da 40 milioni. Al verificarsi di determinate condizioni, Cebf potrà effettuare ulteriori apporti in Unifiber fino al limite massimo di 30 milioni. Opilio: «Sono progetti piccoli, locali, aiutiamo le Pmi»  I nostri progetti, spiega Opilio, «hanno la fortuna di essere piccoli, locali; gli imprenditori coinvolti conoscono bene, dunque, il funzionamento della pubblica amministrazione locale, le infrastrutture e il sistema in cui lavorano. Tutto ciò li aiuta a evitare le lungaggini. Inoltre i piccoli spendono meno dei grandi per realizzare questo tipo di opere».  L'operatività del fondo è delimitata alle aree grigie. Questo perché non può investire sulle aree bianche, a fallimento di mercato, dove già ci sono bandi vinti e risorse europee impegnate né il fondo vuole investire in quelle nere, dove già c'è la concorrenza tra operatori. «Vogliamo andare – spiega Opilio - nelle zone dove non ci sono infrastrutture, principalmente nelle aree industriali e nei piccoli comuni». Tra i progetti del fondo in Europa, solo per fare un esempio, ci sono le aree rurali della Croazia. In più, prosegue Opilio, il nostro «è l'unico fondo che aiuta le Pmi. Anche nelle future gare sulle aree grigie, infatti, le Pmi sono in pratica tagliate fuori, e l'unico modo di lavorare è quello di realizzare la loro piccola infrastruttura». Il caso delle piccole imprese sfata anche il mito, secondo Opilio, dell'operatore wholesale only a favore dell'operatore verticalmente integrato, come è oggi Tim: «per sopravvivere le piccole imprese devono infatti avere il possesso dell'infrastruttura». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 8/10/2020

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