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07 Maggio 2020

«Bisio: con rete unica grande rinuncia alla concorrenza, garantire pari condizioni»

L'intervento del CEO di Vodafone Italia al webinar della Luiss Business School, oggi su DigitEconomy.24   «L'ingresso di Open Fiber nel mercato è molto positivo anche perché ha comportato un'accelerazione negli investimenti anche del concorrente, cioè Tim: tutto ciò fa bene alla qualità del servizio e ai costi. Rinunciarvi rappresenterebbe una grande rinuncia. Se posso esprimere un desiderio, auspico continui a esserci competizione». Aldo Bisio, amministratore delegato di Vodafone Italia, nel corso di un webinar organizzato dalla Luiss Business School torna sul tema caldo della rete unica, chiarendo che l'optimum dal suo punto di vista è la competizione. Se poi si dovesse realizzare un'unica infrastruttura, con le reti di Tim e Open Fiber, scelta che «spetta agli azionisti delle aziende che possiedono le due reti», il tema non è realizzarla o meno, «il grande problema può sorgere nel momento in cui la governance non sia in grado di assicurare condizioni di level playing field. Nessuno credo giocherebbe in un campionato di calcio dove l'arbitro possa essere un giocatore di una delle squadre. Qualche doverosa cautela me la pongo». Sul tema del controllo, inoltre, «noi siamo favorevoli alla rete unica a patto che sia wholesale only, che tutti i retailer siano trattati allo stesso modo e che non ci sia il controllo sulla rete unica da parte di uno dei retailer». «Fondamentale favorire lo sviluppo della rete fino a casa» In un momento in cui da più parti si invoca un'unica infrastruttura di rete anche per soddisfare la fame di banda ultra-larga che è aumentata esponenzialmente con l'emergenza Covid, il numero uno di Vodafone Italia spiega che «l'Italia era l'unico Paese a non aver avuto una concorrenza infrastrutturale su rete fissa. Si vuol far credere che la rete unica sia la soluzione, ma nel resto del mondo c'è stata sempre competizione infrastrutturale» grazie soprattutto alle tv via cavo. Tirando le somme sul dossier rete, per Bisio, è innanzitutto fondamentale «favorire lo sviluppo e l'accelerazione della rete in fibra fino a casa (Ftth): le altre tecnologie potevano andare bene pre Covid, oggi abbiamo visto che non sono a prova di futuro. E' l'unico investimento che abbia veramente senso»; «se farlo con rete unica o meno è una decisione degli azionisti, se scegliere un controllo verticalmente integrato oppure no è una decisione che in ultimo spetta all'Antitrust». Questione della rete unica a parte, quanto al problema attuale del digital divide, Bisio ricorda che ci sono ancora 5,5 milioni di abitazioni senza connessione veloce: «non posso che auspicare che Open Fiber acceleri il deployment in queste aree». Ipotesi legge obiettivo con Ftth e 5G di interesse preminente per Paese Oltre alla banda ultra larga fissa, un altro must per costruire il mondo post Covid è rappresentato dal 5G. Riguardo al problema della sicurezza «non c'è nessun problema strutturale – precisa - inerente agli apparati 4G o 5G da parte di nessun tipo di provider, né europeo né asiatico. Non c'è mai stata la pistola fumante sul fatto che ci fossero deliberatamente delle backdoor». Per evitare ritardi nell'implementazione delle reti, sia in fibra sia per il 5G, Bisio suggerisce al governo italiano «di operare una grande semplificazione amministrativa. Non deve succedere che qualsiasi stakeholder locale possa avere diritto di veto su un'opera nazionale, non è possibile che ogni singolo comune possa bloccare i lavori». Bisio lancia dunque l'ipotesi di pensare «a una legge obiettivo che ponga Ftth e 5G come opere di interesse preminente del Paese, per le quali non possano esserci impedimenti a livello locale da parte di chicchessia». Guardando invece alla situazione all'interno delle aziende tlc post covid, Bisio delinea una situazione in chiaroscuro, con «elementi di criticità nel brevissimo e opportunità nel lungo periodo». Da un lato i gruppi soffrono per l'assottigliamento dei ricavi da roaming e per il problema riguardante la mancanza di liquidità delle micro imprese. Nel caso del roaming «ci possiamo fare poco, speriamo tornino i turisti e riparta la società dei contatti. Ci sono inoltre altri fattori drenanti. Pur avendo avuto un picco domanda di dati anche del 60% in più sulla rete fissa, noi offriamo dati illimitati». Ovvero: l'aumento dei consumi non si riverbera sui ricavi. Riguardo alle imprese in crisi di liquidità, in particolare «il tema è quello della velocità degli aiuti del governo, che devono essere tempestivi: vanno bene le manovre sul credito, ma va rappresentato il carattere di urgenza dell'erogazione fondi». Dopo il Covid puntare su Internet of things, molte partnership in vista Ma il Covid comporta anche nuove sfide e opportunità. «Stiamo già lavorando – racconta Bisio – ai nuovi bisogni delle imprese, dei cittadini, dei consumatori; l'Internet of things sta avendo un'accelerazione, e per noi si tratta di un'opportunità importante. Se saremo bravi riusciremo a compensare le perdite immediate che sicuramente avremo». Su questo fronte il gruppo sta spingendo sulle partnership, necessarie per «intercettare nuovi bisogni in maniera semplice ed efficace; stiamo inanellando una serie di accordi, ultimo quello con Microsoft, con diverse aziende che ci permetteranno di essere protagonisti nell'arena competitiva dell'Iot. Grazie al 5G, ad esempio, nel mondo della sanità o dell'industria 4.0 ci saranno grandi potenzialità». «Continuiamo a investire su 5G, completeremo Roma entro l'anno» Proseguiranno, dunque, i piani di investimento di Vodafone nella nuova tecnologia, presente in cinque città italiane. «Abbiamo un piano di roll out delle reti abbastanza importante, credo che continueremo a perseguirlo». Guardando alle grandi città dove Vodafone è già presente, «Milano è già tutta in 5G, Roma parzialmente e la completeremo nel corso di quest'anno, come le altre grandi città italiane. Ma oggi il deficit non riguarda tanto la rete ma la domanda di terminali», visto che le tensioni fra Stati Uniti e Cina hanno frenato la diffusione degli smartphone Huawei e, quindi, «la penetrazione dei terminali 5G sta vistosamente rallentando». Sul fronte consumer, per avere «qualcosa di robusto e visibile nel Paese credo ci vorrà ancora un po', 12-18 mesi come orizzonte», ha detto Bisio che intravede un'area in cui il 5G la farà presto da padrone ed è quella del gaming, dove le caratteristiche di velocità e latenza della nuova tecnologia saranno molto apprezzate: «in Italia ci sono oltre sette milioni di gamers assidui, che giocano quasi tutti i giorni». Last but not least, Bisio ha affrontato la questione del connubio tra telecomunicazioni e contenuti. Dal lato Vodafone, «noi – ha chiarito - non vogliamo competere su contenuti esclusivi, non credo entreremo mai nella produzione». «Il nostro mestiere, invece, è aggregare e distribuire i contenuti. Le telco Usa hanno fatto scelte anche molto diverse, ma noi soprattutto in Europa vediamo il ruolo suddetto che comunque richiede livelli di integrazione fra piattaforme e connettività molto importanti». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO

07 Maggio 2020

Col Covid crescono in rete menzioni sul 5G, il 27% negative

Il bilancio di Alleanza per il 5G sui mesi del lockdown su DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore   I mesi del lockdown e dell'emergenza coronavirus hanno visto protagonista sui social network, suo malgrado, anche il 5G: nel bimestre marzo-aprile in rete sono state rilevate quasi 150.000 menzioni, che sono progressivamente cresciute da una media di 1.000 al giorno alle circa 3.000 dell'ultimo periodo sull'onda dell'accostamento tra 5G e il Covid-19 all'interno della proliferazione delle teorie più fantasiose sull'origine e la modalità di diffusione del virus. Numeri alla mano, il bilancio sul Net Sentiment (il saldo tra i promotori e detrattori) è diventato largamente negativo, con solo l'8% di menzioni positive contro il 27% di quelle negative. L'analisi è il primo frutto delle attività di Alleanza per il 5G, il knowledge hub creato da Luiss Business School e Ptsclas che vuole monitorare lo sviluppo del 5G in Italia attraverso l'analisi di diverse dimensioni, da quelle tecnologiche, ai benchmarking internazionali, fino alle dinamiche di mercato, di una tecnologia destinata a trasformare radicalmente il nostro modo di vivere la rivoluzione digitale. Uno dei sei ambiti di analisi riguarda proprio la sentiment analysis, vale a dire l'ascolto delle discussioni in rete e, in particolare, sui social media, la pancia digitale dell'Italia. Nei primi mesi di monitoraggio emerge chiaramente la natura multidimensionale di un fenomeno che attrae gli amanti dell'innovazione, ma riesce anche ad aggregare le paure per la salute o lo straniero, fino a sconfinare nelle fake news. In particolare, analizzando il rapporto tra 5G e mesi del lockdown, si nota che è cresciuto l'engagement, vale a dire le interazioni innescate per rilanciare le discussioni in rete, che passa da 200.000 a gennaio a oltre 1,2 milioni ad aprile. Il picco è stato raggiunto il 7 aprile su Instagram con la parodia del sergente Hartman sulla causa del coronavirus. Al di là dell'ironia, mentre si assiste in Europa a casi di danneggiamenti di antenne, anche in Italia si è rivitalizzato il dibattito sui presunti rischi per la salute e contro il dispiegamento delle nuove reti che ha portato numerosi amministratori locali a impedire o rallentare lo sviluppo della rete 5G in Italia, a prescindere da solide basi scientifiche. La ThemeCloud complessiva evidenzia l'intreccio di argomenti legati all'innovazione e al mercato accanto agli aspetti legati alla salute e la sicurezza, con i termini più ricorrenti che fanno riferimento ai lemmi: antenne, tecnologia, mercato, smartphone e sicurezza. Oltre agli hashtag dicotomici #5G e #STOP5G quelli più utilizzati sono stati #coronavirus #COVID19, ma anche #fakenews, seguiti, ma distanziati, dagli hashtag più legati all'innovazione come #AI, #robotics, #driverlesscar. Nei mesi precedenti, e fino alla seconda parte di marzo, le valutazioni erano rimaste molto bilanciate, con una leggera prevalenza delle menzioni positive (attorno al 10%), che contrastavano sostanzialmente lo stesso numero di menzioni negative. Le prime facevano riferimento innanzitutto al potenziale innovativo del 5G e in particolare alle applicazioni nei sistemi a guida automatica, gli ambiti sanitari e le funzionalità dei nuovi smartphone, che rimangono un argomento di grande interesse in particolare per i più giovani. Le seconde rimanevano invece incentrate sui rischi per la salute derivanti dalle nuove antenne in corso di installazione e sulle iniziative dei movimenti contro il 5G. L'analisi del profilo dei promotori e detrattori mostra un coinvolgimento prevalente della fascia di età 25-34 anni per entrambi, ma contrariamente alle aspettative con un peso relativo maggiore della fascia 18-24 tra i detrattori. La Cina peraltro era già stata all'origine, per motivi totalmente diversi, del precedente picco di discussioni che hanno coinvolto il 5G all'epoca dello scontro commerciale tra Stati Uniti e Cina del 2019 e delle restrizioni sulle importazioni delle tecnologie di interesse strategico. Dando, infine, proprio uno sguardo all'estero, e in particolare agli Stati Uniti, si riscontrano valutazioni molto simili, con il peso delle menzioni negative che sale addirittura al 36 per cento.

07 Maggio 2020

Bonetti: «Colmare il digital divide per realizzare pari opportunità»

Con la didattica da remoto occorrono competenze e mezzi per tutti: l’intervista alla ministra per le Pari opportunità, Elena Bonetti, per DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore   Il tema del digital divide, diventato più impellente con l'accelerazione digitale del Paese dovuta al Covid, è anche un tema di dare pari opportunità ai cittadini. Lo sottolinea, in un'intervista a DigitEconomy.24, la ministra per le Pari opportunità, Elena Bonetti, in un momento in cui gli occhi del Paese sono puntati sulla riapertura delle scuole e sulla possibile interazione tra didattica da remoto e didattica nelle aule. Ora, spiega la ministra, è «urgente colmare ritardi, anche sulle competenze digitali», destinando «adeguate risorse economiche a colmare il divario». Il tema del reperimento delle risorse «esiste e i mesi che ci attendono saranno particolarmente complessi» ma «questa crisi – precisa - può e deve trasformarsi in un'opportunità, che vuol dire assumersi la responsabilità storica di fare scelte e investimenti per il futuro». L'emergenza, rileva Bonetti, «ha acceso i riflettori su tanti settori strategici, penso alla scienza, alla ricerca, al digitale, al terzo settore». Quanto infine alla proposta di Confindustria Digitale di dotare tutte le scuole dei computer per gli studenti, Bonetti la giudica «un'ipotesi che si muove nel solco delle pari opportunità e credo debba essere attentamente approfondita, prima che l'esigenza di colmare le disuguaglianze esploda come urgenza sociale». In vista di una riapertura delle scuole 'mista', con la didattica a distanza che avrà ancora un ruolo importante, secondo lei come si può colmare il digital divide ancora esistente in alcune aree e dare pari opportunità agli studenti in tutto il territorio nazionale? Queste settimane hanno fatto emergere con ancora più nitidezza le tante situazioni di fragilità del nostro Paese. La stessa didattica a distanza, che in molti casi ha dato risultati incoraggianti, grazie alla responsabilità e al lavoro congiunto di docenti e studenti, ci ha d'altro canto ricordato quanto il rischio di acuire le diseguaglianze sia sempre dietro l'angolo, sia per motivi strutturali sia contingenti. I dati Istat pubblicati nelle scorse settimane lo hanno confermato: un terzo delle famiglie italiane non ha un computer o un tablet in casa e la quota scende tra le famiglie con almeno un minore. Sono dati che ci fanno riflettere sull'urgenza di colmare i ritardi, anche sulle competenze digitali. C'è un punto di partenza da mettere a fuoco per la politica: l'educazione non è un fatto privato, ma un impegno che dobbiamo assumerci come comunità. Questo vuol dire, naturalmente, destinare adeguate risorse economiche a colmare il divario, ma anche investire in politiche educative di supporto. Quali iniziative si potrebbero intraprendere per raggiungere questi obiettivi? Col ministro dell'Università e della Ricerca Gaetano Manfredi ho ad esempio studiato una misura che preveda, per i laureandi in scienze dell'educazione, la possibilità di aiutare i bambini nella didattica a distanza, acquisendo crediti formativi. La crisi sanitaria ci può dare un'opportunità straordinaria sul fronte educativo. La politica e le istituzioni hanno il compito di coglierla e di mettere in campo tutte le azioni necessarie perché queste distanze si riducano e nessuno sia lasciato indietro. Colmare il digital divide, incentivando la creazione delle infrastrutture necessarie e la domanda, è anche un problema di reperimento delle risorse. Dove trovare i finanziamenti necessari? Il tema delle risorse esiste e i mesi che ci attendono saranno particolarmente complessi. Per le famiglie, per le imprese, per il Paese nella sua interezza. Come dicevo poc'anzi, però, questa crisi può e deve trasformarsi in un'opportunità, che vuol dire assumersi la responsabilità storica di fare scelte e investimenti per il futuro. Dobbiamo tracciare la strada per i prossimi anni e dobbiamo farlo bene. L'emergenza ha acceso i riflettori su tanti settori strategici, penso alla scienza, alla ricerca, al digitale, al terzo settore. È questo il momento per aprire una riflessione per valorizzare le professionalità e le competenze di cui il Paese dispone, per ripartire e affrontare le sfide dei prossimi anni. Il presidente di Confindustria Digitale, Cesare Avenia, in una recente intervista su DigitEconomy.24, ha chiesto di dotare le scuole di computer per tutti gli studenti, in modo tale da renderli autonomi e non dipendere dalle possibilità e dai mezzi della famiglia. È un'ipotesi percorribile? È un'ipotesi che si muove nel solco delle pari opportunità e credo debba essere attentamente approfondita, prima che l'esigenza di colmare le disuguaglianze esploda come urgenza sociale. Credo possa trattarsi di un passo in avanti molto significativo, che consentirebbe di rendere accessibile quel diritto all'educazione purtroppo non sempre garantito in diversi contesti familiari e sociali. 07/05/2020

07 Maggio 2020

Infratel: «Progetto rete unica fondamentale per il Paese»

L'intervista all'amministratore delegato, Marco Bellezza per DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore    La realizzazione di una rete unica, combinando quella di Tim con Open Fiber, è «fondamentale per il Paese» come ritiene il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, e gli eventuali profili concorrenziali saranno «approfonditi dalle autorità preposte». Lo rileva Marco Bellezza, amministratore delegato di Infratel, braccio operativo del Mise che realizza il piano Banda ultra-larga, in un momento in cui, anche su spinta dell'emergenza Covid, si è intensificato il dibattito sulla rete unica, infrastruttura che potrebbe accelerare la digitalizzazione del Paese. Si ragiona sul modello da adottare, se wholesale only, cioè che prevede l'offerta dell'infrastruttura solo all'ingrosso, o con operatore verticalmente integrato, come nel caso in cui il controllo della rete fosse in capo a Tim che commercializza anche i servizi al dettaglio. Quanto allo sblocco delle 5.000 centraline (i cabinet) che Tim realizzerà nelle aree bianche, zone non appetibili per il mercato dove Open Fiber si era aggiudicata tutti i bandi, Bellezza ricorda che l'autorizzazione è avvenuta in una situazione emergenziale: «Lo scenario post Covid - dichiara nell'intervista a DigitEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School - nel settore telco sarà evidentemente diverso e i soggetti istituzionalmente preposti dovranno ragionare alla luce del mutato scenario». Intanto, nei primi mesi del suo mandato, l'amministratore delegato di Infratel ha avviato «un programma di semplificazione» dei rapporti con Open Fiber «in modo da accelerare la realizzazione delle opere». Quali le ragioni dei ritardi riscontrati sul piano Banda ultra-larga? Il piano Bul (Banda ultra-larga) è in corso di realizzazione con particolare riferimento alle aree bianche del Paese. Non si può negare che il piano sconti dei ritardi dovuti a molteplici fattori: dalle iniziali difficoltà a ottenere permessi da parte del concessionario, criticità in larga parte superate, salvo casi come Anas, alle inevitabili esigenze di assetto da parte di Open Fiber che è partita come una startup dopo essersi aggiudicata tutti i bandi pubblicati. In questi primi mesi qui a Infratel Italia, in sinergia con il ministero dello Sviluppo economico ho avviato un programma di semplificazione nei nostri rapporti con Open Fiber in modo da accelerare la realizzazione delle opere ed entro metà giugno lanceremo un nuovo sito per il piano Banda ultra-larga (Bul), in modo che ogni cittadino possa avere contezza in maniera semplice sullo stato di avanzamento dei lavori, sulle coperture ed eventualmente sulle ragioni per le quali il cantiere il vicino a casa non va avanti. L'attuale situazione ha dimostrato che forse non esiste un problema di domanda, ma piuttosto di offerta: come si può quindi accelerare lo sviluppo? Mi permetto di rilevare come l'attuale situazione emergenziale ha ridotto le distanze sul lato della domanda rispetto alla media Ue. In questo quadro bisogna utilizzare tutte le tecnologie disponibili e acquisire a tutti i livelli una maggiore consapevolezza sul carattere strategico del piano Bul. Strategico in termini competitivi e di sicurezza nazionale. Open Fiber si è aggiudicata a suo tempo tutti i bandi Infratel basandosi sul modello di business di operatore wholesale only: come vede un'eventuale combinazione fra le reti di Open Fiber e Tim, che invece è un operatore verticalmente integrato?  Il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli ritiene fondamentale il progetto rete unica per lo sviluppo del Paese. I profili concorrenziali andranno approfonditi dalle autorità preposte. Recentemente, sono stati sbloccati 5.000 cabinet di Tim per portare la banda ultra-larga nelle aree bianche dove pure dovrebbe intervenire Open Fiber: come gestire la concorrenza in queste aree dopo l'emergenza?  Il Decreto Cura ha abilitato in una fase emergenziale tutte le infrastrutture presenti nel Paese come giusto che fosse in questa fase. Lo scenario post Covid nel settore telco sarà evidentemente diverso e i soggetti istituzionalmente preposti dovranno ragionare alla luce del mutato scenario. Quali iniziative e proposte potrebbero stimolare la didattica digitale e lo smart working, che si sono dimostrati pilastri fondamentali nell'emergenza? In sede di Cobul (Comitato per la banda ultra-larga) è stato stabilito di avviare il piano scuole, per portare la banda ultralarga in 32.213 plessi scolastici nei prossimi 2 anni e avviare il piano voucher per offrire connettività gratuita a cittadini e imprese. Una prima misura importante per il rilancio del Paese nella fase post Covid che ci auguriamo arrivi presto. Dove prendere i fondi per potenziare le scuole, che la stessa Ue indica prioritarie nelle linee guida al 2025?  I fondi derivano dai risparmi di gara e dagli stanziamenti già previsti a livello di fondi nazionali e comunitari.

06 Maggio 2020

Quale finanza senza etica? Il caso Diavoli

Con Guido Maria Brera, autore del best seller da cui è tratta la serie, Alessandro Borghi, protagonista, Luca Bernabei, amministratore delegato di Lux Vide, e Maximo Ibarra, CEO di Sky Italia, un dibattito per discutere i temi al centro della serie tv "Diavoli", prodotta da Sky e Lux Vide. RIVEDI IL WEBINAR Saranno i “Diavoli” della serie televisiva del momento, tratta dal best seller di Guido Maria Brera e prodotta da Sky e Lux Vide, i protagonisti del webinar organizzato dalla Luiss Business School venerdì prossimo 8 maggio alle 18:00. “Quale finanza senza etica? Il caso Diavoli” è infatti il titolo del dibattito online a cui parteciperanno lo stesso Brera, il protagonista Alessandro Borghi, Luca Bernabei, amministratore delegato di Lux Vide, e Maximo Ibarra, CEO di Sky Italia.  Durante l’incontro, accessibile dall’indirizzo luiss.business/diavoli  e introdotto dai saluti del Direttore Generale Luiss Giovanni Lo Storto, i protagonisti affronteranno quindi i temi al centro della serie e, in particolare, quanto la finanza sia diventata una parte importante della globalizzazione, e quali possano esserne i risvolti in assenza di una guida “etica”. Il webinar sarà moderato dal Direttore Luiss Business School Paolo Boccardelli. Continua quindi il ciclo Webinar Series targato Luiss Business School, una serie di incontri online volti ad approfondire le trasformazioni di economia, finanza e lavoro insieme ai protagonisti del mondo delle imprese e delle istituzioni. Un’iniziativa interamente digitale che nasce per favorire il confronto sulle nuove sfide e le competenze necessarie per ripensare i modelli di crescita e di sviluppo. RIVEDI IL WEBINAR 06/05/2020 

28 Aprile 2020

Global Energy Management - Online Open Lesson

  Il 30 aprile alle 14.30 si terrà l’Open Lesson virtuale di Global Energy Management, Major del Master in International Management. Insieme agli studenti attualmente in corso sarà possibile connettersi all’aula virtuale del master e partecipare a un Virtual Panel sul tema Managing a business decision: a multi-tasking endeavour.  Interverranno nella discussione: Simone Demarchi, CEO di Axpo Italia S.p.a, azienda leader nella produzione e fornitura di energia sostenibile; Riccardo Goggi, General Manager di K2 Energy Italia S.r.l, società di consulenza composta da un team di energy manager professionisti, operanti nel settore power e gas; Lorenzo Parola, partner di Herbert Smith Freehills e riconosciuto come uno dei maggiori esperti di diritto dell’energia in Italia; Pietro Bracco, partner di Puri Bracco Lenzi e Associati e punto di riferimento per l’aggiornamento su tematiche tributarie per diverse associazioni di categoria nel mondo dell’energia. Partecipanti e relatori potranno interagire attivamente sulle tematiche discusse replicando virtualmente le dinamiche di un’aula face-to-face. Al termine del Panel, i candidati connessi all’Open Lesson ed interessati ad approfondire la prossima edizione del Master in partenza a settembre 2020 potranno interagire in una Q&A con il coordinatore del master e fissare un colloquio di orientamento one-to-one in base alle loro disponibilità a valle della lezione. L’evento è gratuito previa registrazione. REGISTRATI

23 Aprile 2020

Ericsson: «Ora accelerare investimenti sulle reti, servono misure urgenti»

L'intervista all'amministratore delegato Emanuele Iannetti , oggi su Digit.Economy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore   «La sicurezza delle reti 5G e in generale di tutte le infrastrutture critiche è fondamentale. La sicurezza cibernetica e la sicurezza nazionale sono due aspetti indissolubilmente legati». E' la posizione di Ericsson, secondo quanto spiega l'ad Italia, Emanuele Iannetti, in un'intervista a DigitEconomy.24 (report di Radiocor e Luiss Business School), condividendo la linea del Copasir nel dibattito sulla nuova tecnologia. Mancano pochi giorni, alla scadenza europea del 30 aprile per l'applicazione del toolbox europeo, la cassetta degli attrezzi messa a punto dalla Ue che prevede misure per mitigare i rischi, per progettare e implementare le reti 5G in modo sicuro. Guardando al nostro Paese, sottolinea Iannetti, «senza entrare nel merito delle decisioni prese, è evidente che l'Italia si sia mossa con anticipo rispetto agli altri Paesi europei, dimostrando forte attenzione al tema. Occorre tuttavia accelerare sulla costituzione del team di esperti e sulla definizione delle procedure». Questo è inoltre il momento di puntare sulle reti che si sono dimostrate cruciali nell'emergenza: «Riteniamo - afferma - che gli investimenti sulle reti non si possano fermare proprio ora, e che anzi vadano prese delle misure urgenti, a livello istituzionale, per consentire agli operatori una implementazione rapida delle reti di nuova generazione». In vista della scadenza europea del 30 aprile, qual è la posizione di Ericsson sulla sicurezza delle reti 5G in Europa? Ericsson accoglie con favore il pacchetto di strumenti concordato dagli Stati membri dell'Unione Europea, che intende affrontare i rischi di sicurezza connessi alla introduzione della tecnologia 5G, già identificati dall'assessment europeo. Agli Stati membri viene ora chiesto di compiere i prossimi passi insieme, prendendo in considerazione sia le misure tecniche, sia quelle strategiche, sulla base di valutazioni oggettive dei rischi e delle misure di attenuazione necessarie in Europa. La sicurezza tecnica passa attraverso un approccio olistico che deve tener conto della mitigazione in quattro aree specifiche: standard, prodotti e processi di sviluppo, implementazioni e configurazioni della rete. Messe insieme, queste quattro aree definiscono lo stato di sicurezza delle reti live e quindi, di fatto, l'esperienza di sicurezza dell'utente finale. Basandosi sulle raccomandazioni tecniche presenti nel toolbox, i singoli governi potranno evitare di sviluppare approcci nazionali specifici, come ad esempio test e certificazioni aggiuntive che provocherebbero una frammentazione del mercato, ritardi nell'implementazione delle tecnologie ed incoerenze tra mercati, con il rischio di minare la fiducia nei sistemi di collaudo e certificazione. Avvalersi di standard globali e di best practice condivise e riconosciute è fondamentale per consentire la gestione efficiente delle minacce, generare economie di scala, evitare la frammentazione e garantire l'interoperabilità dei sistemi europei. Le giurisdizioni che finora hanno adottato decisioni sulla sicurezza nazionale in merito al 5G hanno designato Ericsson come un fornitore di fiducia. In tutte le situazioni, Ericsson viene considerato un fornitore estero che ha soddisfatto con successo tutte le valutazioni indipendenti per quanto riguarda sia i criteri tecnici, sia non tecnici. Rispetto alla cornice europea ci sono altri strumenti necessari per tutelare le reti 5G? Le minacce alle reti 5G non si limitano al software e anche le mitigazioni tecniche hanno i loro limiti. Garantire la sicurezza delle infrastrutture di telecomunicazioni – e quindi, la fiducia – richiede un approccio omnicomprensivo su standard, attrezzature, software, implementazioni di rete e sicurezza operativa. Alcuni Paesi hanno proposto di eseguire test post-sviluppo software o di avere accesso al codice sorgente come soluzione per garantire la sicurezza e l'integrità delle reti 5G. Ma i moderni sistemi di telecomunicazioni vengono sviluppati continuamente e di conseguenza il software viene aggiornato frequentemente. Quindi qualsiasi test post sviluppo venga effettuato si presenterà sempre come un'analisi di sicurezza del software o dell'hardware in quel determinato momento, in quella specifica configurazione di test. Anche la consegna del codice sorgente non è una garanzia di sicurezza per dei sistemi che vengono aggiornati continuamente come le reti di telecomunicazioni e non comprende la valutazione delle vulnerabilità. Naturalmente se queste decisioni che spettano ai regolatori verranno attuate in un determinato Paese ci vedranno aderire nel pieno rispetto delle norme che verranno definite. Aumentare gli investimenti degli operatori e dei fornitori su nuove funzionalità tecniche di sicurezza deve poter procedere di pari passo con la capacità del mercato di riconoscere e remunerare tutte quelle iniziative volte ad accrescere la sicurezza e la resilienza dei sistemi. Una maggiore visibilità sugli investimenti in sicurezza potrebbe introdurre nuovi elementi di premialità del mercato, oggi troppo polarizzato sul parametro del costo. L'Italia ha un sufficiente quadro normativo entro il quale operare dopo il perimetro di sicurezza adottato di recente? Senza entrare nel merito delle decisioni prese, è evidente che l'Italia si sia mossa con anticipo rispetto agli altri Paesi europei, dimostrando forte attenzione al tema. Occorre tuttavia accelerare sulla costituzione del team di esperti e sulla definizione delle procedure, in modo da garantire un risultato utile in tempi certi e dare agli operatori elementi decisionali definitivi circa la selezione dei partner tecnologici con i quali si stanno avviando le attività operative.   Osserviamo, inoltre, che il toolbox dell'Unione Europa ha riconosciuto limiti alle mitigazioni tecniche e questo ha comportato la necessità di introdurre misure strategiche che riguardino, ad esempio, l'adozione di una supply chain diversificata, con più fornitori e misure per mitigare i rischi individuali dei fornitori sulla base di fattori non tecnici. A tal fine, Ericsson è già stata sottoposta a tali valutazioni in altri Paesi extra UE, e finora in tutte le situazioni è stata sempre designata come fornitore sicuro e affidabile. Prima dell'esplodere della pandemia, il Copasir ha invocato nuovamente rassicurazioni da parte del Governo italiano sulla sicurezza delle reti 5G. Condividete questa posizione? Assolutamente. La sicurezza delle reti 5G e in generale di tutte le infrastrutture critiche è fondamentale. La sicurezza cibernetica e la sicurezza nazionale sono due aspetti indissolubilmente legati. Qualsiasi decisione sulla sicurezza nazionale di un paese membro dell'UE deve essere presa in modo autonomo e indipendente. Nel contesto dell'UE, le valutazioni non tecniche devono essere applicate in modo obiettivo sulla base di criteri per la valutazione del rischio definiti a livello europeo. Questo è necessario per garantire un ambiente normativo prevedibile e armonizzato in tutta Europa. Per la crisi in corso stanno rallentando gli investimenti sul 5G? Le infrastrutture italiane si sono rivelate affidabili grazie agli ingenti investimenti realizzati dagli operatori di telecomunicazioni in questi anni. L'emergenza Coronavirus ha reso più lampante l'importanza cruciale delle infrastrutture di rete e la necessità di potenziare ancor più le reti a banda larga e ultra-larga. È grazie alle reti, sia mobili sia fisse, che oggi milioni di cittadini possono continuare a studiare, lavorare e comunicare con i propri cari. Riteniamo che gli investimenti sulle reti non si possano fermare proprio ora, e che anzi vadano prese delle misure urgenti, a livello istituzionale, per consentire agli operatori un'implementazione rapida delle reti di nuova generazione.  La pandemia in corso rende inoltre ancora più evidente che in un mondo in rapido cambiamento e ad alta volatilità, la capacità di adattamento delle organizzazioni e delle filiere industriali è un fattore di successo imprescindibile. Con riferimento agli impatti anche sul mercato, possiamo affermare che la supply chain di Ericsson è resiliente e pensata per essere sempre vicino ai clienti. La nostra strategia prevede, infatti, la presenza di siti produttivi in più paesi, come ad esempio Stati Uniti, Cina, Estonia, Polonia, Romania, Brasile, Messico e India. Abbiamo inoltre una strategia di sviluppo software globale. Gli ingegneri che lavorano al codice sono presenti in tutto il mondo, ma il software Ericsson è verificato, firmato e distribuito centralmente dalla Svezia. La vocazione europea di Ericsson è poi testimoniata da un dato non di poco conto: il 60% dei nostri 25.000 ricercatori si trova in nove Paesi Europei, tra cui l'Italia, dove abbiamo ben tre centri di Ricerca e Sviluppo. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 23/04/2020 

23 Aprile 2020

Confindustria Digitale: «app  "Immuni" va collegata a banca dati affidabile»

L'intervista al presidente dell'associazione, Cesare Avenia, oggi su Digit.Economy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore   L'app per il tracciamento dei contagiati deve essere accompagnata «dallo sviluppo di una banca dati sanitaria dei cittadini, perché non c'è app che tenga senza dati disponibili e affidabili». L'app cioè «andrebbe inquadrata subito in un progetto più ampio e ambizioso di sanità digitale in cui il tracciamento rappresenta il passaggio obbligato» per uscire dall'emergenza. Lo sostiene Cesare Avenia, presidente di Confindustria digitale, in un'intervista a DigitEconomy.24 (report di Radiocor e Luiss Business School), delineando un piano di interventi per gestire la crisi e in particolar modo la fase due, proprio puntando sulla digitalizzazione. Lo strumento tecnologico per attivare la banca dati «già esiste, è il Fascicolo sanitario elettronico, che ha articolazioni regionali che convergono verso una piattaforma nazionale messa a punto dall'Agid». In questo panorama, al fine di colmare il digital divide che ancora affligge l'Italia e procedere nella digitalizzazione, un ruolo importante lo ricopre il dibattito sulla creazione di un'unica infrastruttura di accesso, combinando la rete Tim con Open Fiber: «I benefici di una rete unica – dice – sono evidenti», «si può realizzare con una regia governativa autorevole e difendendo gli interessi di tutti gli operatori coinvolti». Presidente Avenia, la digitalizzazione si è rivelata cruciale nella gestione della crisi, a che punto è l'Italia e quali le maggiori criticità? Nel disastro che stiamo vivendo l'unica nota positiva è che tutti stanno toccando con mano l'importanza della digitalizzazione. Credo che una cosa fondamentale sia proprio il cambiamento culturale avvenuto, finalmente abbiamo capito tutti le potenzialità delle tecnologie digitali. Noi ne eravamo coscienti e per questo spingevamo in questa direzione. Non dobbiamo però pensare che, finita l'emergenza, torneremo a comportarci come in passato. Non dobbiamo dimenticare quello che stiamo vivendo e pensare invece a completare i processi di digitalizzazione, in modo da ampliare e rendere duraturi i benefici.  Dobbiamo pure comprendere che quella che stiamo sperimentando è un'applicazione parziale delle opportunità che offre la digitalizzazione. Ad esempio, per quanto riguarda lo smart teaching si sta per fortuna correndo ai ripari, ma ci sono molte limitazioni, penso a quei bambini e a quelle famiglie che non sono collegati in rete o che hanno un Pc o tablet a disposizione. Che cosa stanno facendo? Quanti di questi bambini stiamo perdendo? Come si potrebbe realizzare un'applicazione della digitalizzazione più ampia e profonda nella scuola? Bisogna dotare la scuola dei fondi necessari per fornire nelle situazioni di emergenza strumenti a tutti, non è pensabile che gli studenti possano o n on possano collegarsi on line secondo i mezzi informatici che trovano a casa. Quanti fondi ci vorrebbero per realizzare questa operazione? Il costo sarebbe comunque molto inferiore al danno che ha il Paese nel perdersi generazioni di studenti. Riguardo al tema di fornire a tutti pari opportunità, emerge la questione del digital divide, zone di Italia dove ancora non arriva la connessione veloce. Una rete fissa di tlc unica potrebbe essere d'aiuto? E' un tema di cui si discute da tantissimi anni e sul quale attualmente c'è un dibattito. Dal mio punto di vista è un tema che deve essere portato avanti, i benefici di una rete unica sono evidenti. Certamente la modalità per realizzarla oggi, nel 2020, è diversa da quella che si poteva attuare anni fa. In questi anni gli operatori telefonici hanno fatto i loro investimenti che vanno considerati. La rete unica si può realizzare con una regia governativa autorevole e difendendo gli interessi di tutti gli operatori coinvolti. Quali suggerimenti Confindustria Digitale avanza al Governo per la gestione della fase due? Non dobbiamo dimenticare, e questa è la prima raccomandazione che faccio agli esperti, che siamo in un contesto globale, entrare in una fase due che non tenga conto di quello che fanno gli altri Paesi sarebbe miope. Inoltre, per entrare nella fase due, sono necessari dati certi. Serve cioè una banca dati autorevole quanto più completa possibile, solo dopo si possono usare algoritmi di intelligenza artificiale per andare a modulare gli interventi. Poi non ci dimentichiamo che, se è vero che il primo presidio medico per i sintomatici di Covid va realizzato in casa, nella fase due si possono aumentare i consulti medici a distanza, evitando di affollare gli ospedali. E in questo campo il 5G consente di fare videochiamate accurate, come se il medico vedesse il paziente di fronte a lui. La tecnologia può essere d'aiuto nel contrasto alla diffusione di future pandemie? L' epidemia ci sta facendo vedere in maniera violenta il problema della sostenibilità ambientale, e la digitalizzazione può essere d'aiuto nel risolverlo. Da amministratore delegato di Ericsson avevo avviato 17 anni fa lo smart working e per motivare i dipendenti avevo pubblicato sul sito della nostra azienda quanti alberi non sarebbero stati tagliati grazie al lavoro da casa che evita traffico e inquinamento. Certo, ci vuole un approccio molto equilibrato, sostenibile anche dal punto di vista economico. Ora lo smart working lo stiamo facendo obbligatoriamente, domani dobbiamo continuare a usarlo in maniera virtuosa. Per la fase due è stata scelta l'app "Immuni" per il tracciamento dei contagiati. A che condizioni secondo lei avrà successo? Ci sono profili di privacy da tutelare? L'app è uno strumento necessario per il cittadino, il quale deve potersi muovere in modo sicuro, avendo la possibilità di capire se ha avuto contatti con persone contagiate. Rispetto della privacy, dati anonimizzati e trattati con massima sicurezza sono condizioni essenziali che la tecnologia può assicurare. Ma il percorso di diffusione presso la popolazione dell'applicazione deve essere accompagnato dallo sviluppo di una banca dati sanitaria dei cittadini, perché non c'è app che tenga senza dati disponibili e affidabili. Insomma l'app, a mio avviso, andrebbe inquadrata subito in un progetto più ampio e ambizioso di sanità digitale in cui il tracciamento rappresenta il passaggio obbligato dall'emergenza, ma anche l'occasione per spingere l'acceleratore verso un sistema avanzato di gestione dei dati sanitari della popolazione, di video consulto, di scambio telematico di dati fra medici e ospedali diversi. Lo strumento tecnologico già esiste, è il Fascicolo sanitario elettronico, che ha articolazioni regionali che convergono verso una piattaforma nazionale messa a punto dall'Agid. A oggi il Fse è stato attivato da 18 regioni, di cui 11 aderenti al sistema di interoperabilità dell'Agid, ma presenta un livello di implementazione dei servizi molto differenziato sul territorio. Dare impulso a questo strumento, renderlo omogeneo su tutto il territorio nazionale, significherebbe poter disporre di una banca dati gestita da un ente pubblico competente, in grado di offrire garanzie sia sulla privacy sia dal punto di vista della cybersecurity. La strada per il successo dell'app dunque esiste, è percorribile immediatamente e come si è fatto per lo smart working e per la didattica a distanza, aspetta solo di essere liberata con norme semplificatrici e obblighi di attuazione. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 23/04/2020

23 Aprile 2020

«Inwit è una tower company a tutti gli effetti, best practice in Europa»

L'intervista a Giovanni Ferigo, Amministratore Delegato Inwit, oggi su Digit.Economy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore   Inwit è «una tower company a tutti gli effetti per tipologia di business e per modalità operative», una «best practice che troverà molti estimatori nel mondo delle tlc europee». Lo afferma l'amministratore delegato Giovanni Ferigo nell'intervista a DigitEconomy.24 (report di Radiocor e Luiss Business School), la prima dopo la fusione con le torri di Vodafone, rivendicando il modello di business scelto dall'azienda e mettendo dei punti fermi sul futuro. Di recente, sempre nel corso di un'intervista a DigitEconomy.24, Gianluca Landolina, ceo di Cellnex Italia, aveva dichiarato di ritenere razionale per gli azionisti di Inwit, Tim e Vodafone, valutare a un certo punto di lasciare il controllo «a un soggetto indipendente che fa questo di mestiere». Il mercato, prosegue Ferigo, «chiede una separazione tra servizi e infrastrutture per valorizzare meglio i diversi asset. Gli operatori in questo modo valorizzano le loro torri (anche con incassi cash) e trasferiscono parte degli investimenti alle società infrastrutturali». Proprio stamattina, nel frattempo, Tim e Vodafone hanno completato la cessione, su base proporzionale, di 80 milioni di azioni di Inwit pari a circa l'8% del capitale. L'offerta è stata effettuata attraverso una procedura di accelerated book-building riservata a investitori istituzionali. Guardando alla crisi attuale per la pandemia, Inwit si dice pronta, nel post coronavirus, a sostenere lo sviluppo dei servizi digitali. «Sono sicuro – dice Ferigo – che le tlc daranno un notevole contributo alla ripresa economica del Paese». Intanto la società ha ultimato la copertura di 18 ospedali con sistemi Das, micro antenne che permettono agli operatori di realizzare connessioni più efficienti, facilitando così il contatto tra i malati di Covid e i loro familiari. La conclusione della fusione con Vodafone Towers ha portato alla creazione della prima tower company italiana. Quali sono i prossimi progetti per il mercato italiano e quale contributo potete dare alla ripartenza dell'economia nazionale dopo lo stop dovuto al coronavirus? Il primo aprile è nato un ‘campione nazionale' delle infrastrutture per le telecomunicazioni wireless. Una realtà che si avvale dell'esperienza nel settore dei due principali operatori nazionali che nel corso degli anni hanno creato e sviluppato la telefonia mobile in Italia, facendone uno strumento di uso quotidiano per milioni di cittadini, sia per lavoro che per divertimento. Con le sue 22mila torri Inwit è in grado di assicurare una copertura capillare di tutto il territorio nazionale per lo sviluppo di tutte le tecnologie wireless (telefonia mobile, fixed wireless access, internet of things) a tutti gli operatori. Le tristi vicende di queste settimane stanno dimostrando che è diventato essenziale per il nostro Paese dotarsi di un sistema di connessioni in tutto il territorio che permetta la possibilità di svolgere varie attività da remoto collegandosi via internet. Smart working, telemedicina, educazione e formazione a distanza, videoconferenze all'interno delle aziende, videochiamate per tenere in contatto le persone, ma anche intrattenimento on demand non saranno più attività riservate a pochi, ma diventeranno un'esigenza quotidiana per tutti. Inwit nasce da un'esperienza nazionale ed è fortemente radicata sul nostro territorio. Per questo sosterrà e accompagnerà la diffusione in tutta Italia di questi servizi tramite le sue infrastrutture che saranno potenziate e messe a disposizione di tutti gli operatori. Sono sicuro che l'Italia uscirà dalla difficile situazione attuale e che le tlc daranno un notevole contributo alla ripresa economica del Paese. L'attuale emergenza ha dimostrato quanto sia fondamentale l'infrastruttura tecnologica, con il 5G che rappresenta il futuro . Quali i piani di Inwit? Le infrastrutture di Inwit saranno essenziali per il roll out di questa nuova tecnologia che per le sue caratteristiche richiede molti siti di trasmissione. Potenzieremo la nostra capacità di accogliere gli apparati trasmissivi degli operatori e la capillarità delle nostre tower. Ma non solo: saremo in prima fila nel realizzare le micro coperture con small cells e sistemi Das (Distributed antenna system, ndr) che sono una necessità già adesso per garantire performance ottimali con le attuali tecnologie e diventeranno un ‘must' assoluto per garantire una completa ed efficiente copertura con il 5G. Con i nostri impianti gli operatori garantiranno un segnale stabile e potente per i luoghi più densamente affollati come stazioni, ospedali, punti di ritrovo, grandi complessi di uffici, centri commerciali, musei, stadi e altre infrastrutture sportive. Proprio in questi giorni abbiamo ultimato la copertura di 18 ospedali in tutta Italia con sistemi Das, mettendo a disposizione degli operatori gratuitamente questi sistemi di micro antenne che permetteranno loro di realizzare coperture sempre efficienti, in grado di gestire l'enorme traffico che si sta generando intorno ai nosocomi e che, come raccontano le cronache di questi giorni, spesso sono l'unico sistema di comunicazione, tramite smartphone e tablet, tra i malati e i loro famigliari. Avete registrato o prevedete rallentamenti nella realizzazione degli investimenti a causa del coronavirus? La nostra attività sta proseguendo secondo i programmi. Naturalmente la ‘nuova' Inwit avrà un suo piano industriale con obiettivi di sviluppo importanti. Le tlc, come già detto, saranno uno dei settori trainanti per la ripresa economica nazionale e mondiale, con importanti investimenti per adeguare le attuali reti e sviluppare il 5G. Noi faremo la nostra parte collaborando con tutti gli operatori. Secondo il ceo di Cellnex Italia sarebbe razionale per gli azionisti Tim e Vodafone a un certo punto prendere in considerazione l'ipotesi di «lasciare il controllo a un soggetto indipendente che fa questo di mestiere». E' una valutazione condivisibile, magari nel lungo periodo? Inwit è attualmente il risultato dell'unione delle infrastrutture dei due principali operatori mobili nazionali, che hanno contribuito a creare un soggetto leader sia come numero che come qualità degli impianti. Una società, quotata in Borsa, che ha come obiettivo sociale la realizzazione e la gestione di impianti per tutte le tecnologie wireless da mettere a disposizione di tutti gli operatori. Siamo a tutti gli effetti una Tower company per tipologia di business e per modalità operative. E' vero che siamo legati a Tim e a Vodafone da contratti e accordi pluriennali per la fornitura di infrastrutture, ma questo ci dà una stabilità finanziaria che ci permette di investire in nuovi impianti a disposizione di tutti, avendo le spalle coperte. In questi anni si è molto discusso in Europa se gli operatori debbano continuare a gestire le ‘towers' in proprio o cederle a soggetti terzi. Fino a questo momento a vendere sono stati soprattutto i piccoli e medi operatori, mentre i big stanno ancora valutando la situazione. Credo che Inwit sia una ‘best practice' che troverà molti estimatori nel mondo delle tlc europee, che sono sicuramente diverse da quelle ‘made in Usa', perché risponde a diverse esigenze del mercato e degli operatori. Il mercato chiede una separazione tra servizi e infrastrutture per valorizzare meglio i diversi asset. Gli operatori in questo modo valorizzano le loro torri (anche con incassi cash) e trasferiscono parte degli investimenti alle società infrastrutturali. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 23/04/2020

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