14 Gennaio 2021
L'ad Marco Arduini racconta a SustainEconomy.24 la storia e i risultati dell'azienda che produce le parti principali di motori elettrici e generatori La storia di Euro Group Laminations, l'azienda lombarda a metà strada tra l'azienda di famiglia e la multinazionale, che produce rotori e statori – le parti principali dei motori elettrici e generatori - e costruisce il cuore dell'auto elettrica di marchi come Volkswagen o Porsche. L'amministratore delegato, Marco Arduini in un'intervista a SustainEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School, delinea una panoramica del gruppo che conta 7 stabilimenti in Italia e 5 extraeuropei (Messico, Tunisia, Usa, Cina, Russia) e un organico di 2.100 addetti, parla del contributo nel percorso verso zero emissioni e i risultati del 2020 con l'accelerazione sull' elettrificazione delle auto. «Abbiamo stimato che lo scorso anno, su 2,4 milioni di auto elettriche vendute nel mondo, 800mila hanno avuto i nostri componenti per i motori per la trazione». Il vostro gruppo rappresenta una storia di famiglia e una bella storia italiana. Quanto spazio c'è per la sostenibilità? «Il generatore elettrico, se alimentato da energie rinnovabili, è un'applicazione sostenibile per definizione, può utilizzare il vento o il movimento delle acque per produrre energia pulita, sostenibile, rinnovabile; dall'altra parte abbiamo il tema della transizione da quello che è il mercato delle automobili con motore a combustione di idrocarburi a quelle a trazione elettrica. Quindi noi operiamo in mercati che lavorano a favore della sostenibilità. Tutti pensano che l'energia si consumi principalmente per l'illuminazione, ma il grande consumo, fino al 50%, passa per l'energia che è utilizzata dai motori elettrici per la ventilazione, per l'aria condizionata, per le applicazioni industriali e da tutti gli elettrodomestici che abbiamo in casa. Se rendiamo più efficienti questi motori siamo in grado di ridurre il consumo complessivo di energia in maniera notevole ed avere meno emissioni. E noi siamo impegnati, proprio, su questo percorso di riduzione della CO2. Del resto, anche i nostri clienti, che sono per lo più grandi gruppi tedeschi, ci chiedono di essere al loro fianco e lavorare in questa direzione». Euro Group produce rotori e statori per motori elettrici per clienti che si chiamano Volkswagen, Porsche oltre a Siemens, Marelli, Bombardier. La pandemia ha accelerato o rallentato il percorso verso la mobilità elettrica? «Eravamo già lanciati su questo trend, avevamo una serie di progetti che dovevano partire in Nord America ed Europa che sono stati accelerati. Abbiamo avuto una crescita in questo segmento rispetto allo scorso anno del 58%. Ho stimato che l'anno scorso sono state vendute nel mondo circa 2,4 milioni di auto "full electric" e di queste almeno 800mila hanno i nostri componenti». Ci ha anticipato i dati sul settore auto. Quali sono i settori e i mercati di maggiore crescita? «Il 2020 è stato un anno unico nel suo genere; malgrado questo, non abbiamo mai fermato la produzione ma abbiamo diminuito la capacità in alcune settimane, nei momenti cruciali della pandemia e, come dicevo, il segmento dell'elettrificazione dell'auto è cresciuto del 58% mentre quello dell'energia rinnovabile e delle applicazioni domestiche ha avuto una leggera crescita. Ha sofferto, invece, tutto quello che chiamiamo mercato industriale nel suo complesso e le applicazioni legate all'auto tradizionale. Quanto ai mercati, siamo cresciuti in Europa e in Nord America mentre in Cina la situazione è stata più delicata ma lì siamo arrivati solo nel 2016 e quindi è un mercato che per noi è ancora in fase di sviluppo». Lo scorso anno avete aperto il capitale agli investitori privati con l'ingresso di Tikehau Capital. Cosa cambia e cosa rappresenta? «Rappresenta un rafforzamento finanziario proprio per perseguire l'evoluzione del mercato e la necessità di investimenti. Il trend di crescita dei veicoli elettrici richiede una aggiunta di capacità specifica e, quindi, avere una iniezione di capitali ci permette di seguire il mercato con le risorse necessarie. Abbiamo già raccolto commesse per 2 miliardi di euro da eseguire nei prossimi 6-7 anni, e un assetto rafforzato ci consente di realizzarli. L'investitore è un fondo di private equity francese, entrato in minoranza al 30%, lo abbiamo scelto per la sensibilità alle tematiche industriali; è un soggetto finanziario con il giusto know-how e la capacità di sostenerci in questa evoluzione». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/1/2021
Il piano del gruppo crocieristico raccontato a SustainEconomy.24 dal Managing Director Italia, Leonardo Massa. Che, dopo il 2020 caratterizzato dalla pandemia, vede un 2021 di turismo di prossimità con attenzione alle aree del Mediterraneo e Nord Europa Un piano di sostenibilità basato su quattro pilastri e 5 miliardi di investimenti per 5 navi alimentate a Gnl. Leonardo Massa, managing director Italia di Msc Crociere parla a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor dell'impegno e degli obiettivi del gruppo che punta a navi con tecnologie ambientali all'avanguardia e a zero emissioni e ad una riduzione del carbon footprint del 40% entro il 2030. Dopo il difficile 2020 per l'impatto della pandemia sui viaggi, Msc Crociere vede un 2021 di turismo di prossimità, con attenzione alle aree del Mediterraneo e del Nord Europa. Il vostro piano di sostenibilità ha ricevuto recentemente dei riconoscimenti. Come si declina? «Per Msc Crociere, l'ambiente è un elemento importantissimo e per questo siamo da anni impegnati nella protezione dell'ecosistema e delle comunità costiere raggiunte dalle nostre navi. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere la leadership necessaria per aiutare l'intero settore crocieristico ad avanzare nel suo cammino verso un futuro più sostenibile. E il nostro obiettivo finale è costruire navi a emissioni zero. Recentemente abbiamo presentato il piano di sostenibilità basato su quattro pilastri fondamentali: pianeta, persone, luoghi e approvvigionamenti. Parole chiave a cui corrispondono quattro precisi obiettivi come l'impegno continuo per la riduzione dell'impatto ambientale della flotta, la promozione della diversità e inclusione tra tutti i dipendenti, la sostenibilità dell'impatto della nostra attività sulle comunità con cui collaboriamo e l'approvvigionamento responsabile dei prodotti e dei servizi acquistati e disponibili sulle navi. Tra i risultati più significativi ottenuti in termini di sostenibilità c'è sicuramente l'inaugurazione nel dicembre 2019 di Ocean Cay Msc Marine Reserve alle Bahamas, per la quale sono stati investiti oltre 200 milioni di dollari. In soli tre anni abbiamo trasformato un ex sito di estrazione della sabbia in paradiso ecosostenibile. Ora stiamo lavorando alla creazione di un vivaio di coralli e di un laboratorio marino sull'isola per sostenere la rigenerazione dei coralli e della fauna marina. Ma l'impegno per l'ambiente è testimoniato anche dall'implementazione di nuove tecnologie di bordo e nella costruzione di 5 nuove navi alimentate a Gnl, progetti su cui sono stati investiti oltre 5 miliardi di euro. Abbiamo ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui il Marine Environment Protection Awards 2020 e, recentemente, il "Greenest Shipowner of the Year" Neptune Award al Global Sustainable Shipping and Ports Forum di Copenhagen, il "Porthole Reader's Choice Award" come compagnia di crociera più eco-friendly e la Biosafe dal RINA. Inoltre siamo stati la prima compagnia internazionale a ricevere la ClassNK in Giappone che consentirà di ripartire nel Sol Levante appena sarà possibile». Questo impegno porterà ad avere navi da crociera green? «Msc Crociere intende diventare leader ambientale nel settore marittimo a livello globale, tracciando un percorso verso un futuro sostenibile che non può prescindere dall'impiego di navi green di nuova generazione. Proprio seguendo questo obiettivo nel 2021 entreranno in servizio MSC Virtuosa e MSC Seashore, navi di ultima generazione che presentano tecnologie ambientali all'avanguardia. In termini di emissioni impiegano sistemi di pulizia dei gas di scarico e sistemi di riduzione catalitica selettiva per ridurre al minimo le emissioni. Inoltre, come tutte le nostre navi consegnate dal 2017 in poi, anche queste due navi sono dotate di sistemi di alimentazione dell'energia da terra che consentono di collegarsi alle reti elettriche locali mentre sono ormeggiate, riducendo significativamente l'impatto della nave in porto. Bisogna considerare infatti che, se tutti i porti fossero attrezzati per l'alimentazione da terra con energia rinnovabile potremmo risparmiare 320mila tonnellate di CO2. Il 2022 sarà, invece, caratterizzato dalla consegna di Msc World Europa, la prima nave di Msc Crociere alimentata a Gnl (Gas Naturale Liquefatto)». A che punto siete sul fronte della riduzione delle emissioni? E quali sono i target futuri? «Msc Crociere ha fissato un ambizioso obiettivo di riduzione del consumo di carburante del 2,5% annuo, che punta a migliorare le prestazioni e a raggiungere una sostanziale riduzione delle emissioni nell'aria. In linea con le decisioni dell'Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), l'obiettivo è quello di ridurre il carbon footprint del 40% entro il 2030 rispetto al 2008. Dal 2008 ad oggi grazie ai nostri investimenti e all'attenzione che poniamo all'ambiente abbiamo già ottenuto un miglioramento del 28% del carbon footprint, una riduzione del 98% dell'anidride carbonica emessa. L'80% dell'acqua potabile proviene da acqua di mare desalinizzata a bordo e gli oltre 26mila metri cubi di rifiuti vengono differenziati e riciclati tramite i nostri sistemi di bordo». Abbiamo appena archiviato un anno molto difficile, anche per il vostro settore. Appena sarà possibile Msc Crociere riprenderà a navigare. Cosa vi aspettate per il nuovo anno e cosa servirebbe al comparto? «Il 2021, anche a causa delle restrizioni dei vari Governi nazionali legate all'avvento della pandemia Covid, sarà ancora caratterizzato da un turismo di prossimità che, già negli ultimi mesi del 2020, ha consentito ai passeggeri di riscoprire le meraviglie che ci offre il nostro Paese grazie a misure che assicurino un elevato livello di sicurezza. Il nostro protocollo, grazie al quale, a partire da agosto, abbiamo trasportato oltre 30 mila passeggeri, prevede infatti lo screening universale di tutti gli ospiti e i membri dell'equipaggio prima dell'imbarco tramite tampone Covid-19 antigenico, l'igienizzazione di tutti i bagagli, misure igienico-sanitarie e di pulizia rafforzate in tutta la nave, il distanziamento sociale a bordo e l'uso di mascherine nelle aree pubbliche fornite quotidianamente dalla compagnia. Inoltre, a tutti gli ospiti viene consegnato un braccialetto smart e contactless che consente di tracciare, se necessario, i contatti di prossimità. L'adozione di tali misure richiede notevoli investimenti ma vogliamo dare il segnale chiaro che le nostre navi sono sicure. La speranza è quella di tornare al più presto a una condizione di normalità che si avvicini il più possibile a quella vissuta nel 2019 e, considerando che si tratterà, soprattutto, ancora di turismo di prossimità, guarderemo con attenzione alle aree del Mediterraneo e del Nord Europa». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/1/2021
Il direttore generale di Enac, Alessio Quaranta ne parla a SustainEconomy.24, il report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor È possibile immaginare un futuro sostenibile per il trasporto aereo con uno sforzo, sia a livello internazionale che nazionale, che punta alla neutralità delle emissioni e ai biocarburanti. Alessio Quaranta, il direttore generale dell'Enac, l'ente nazionale per l'aviazione civile, descrive in un'intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor, le iniziative e l'impegno degli operatori e delle istituzioni. Ci sono già aeroporti italiani, che rappresentano oltre la metà del traffico passeggeri, che hanno raggiunto la neutralità carbonica. E si lavora a sterlizzare le emissioni ai livelli del 2020. Enac, in team con altre istituzioni, lavora per favorire lo sviluppo di carburanti alternativi e un action plan di riduzione delle emissioni che sarà rivisto quest'anno. Un anno che sarà ancora difficile per il settore con un ritorno ai livelli pre-pandemia, basandosi sulle stime europee, realistico nel 2024-2026. È possibile rendere il trasporto aereo sostenibile? «Sì, è possibile sia dal punto di vista nazionale che internazionale. Oggi i dati ci dicono che il trasporto aereo contribuisce per meno del 3% alle emissioni totali di CO2. Il che non significa che non ci si deve porre il problema della diminuzione delle emissioni, anzi, bisogna fare uno sforzo ulteriore. E sono tante le iniziative che si stanno portando avanti con questo obiettivo proprio perché non è tantissimo il gap da dover ridurre. Quindi si può immaginare, in futuro, un trasporto aereo sostenibile. Anche a livello industriale sono tante le innovazioni che si stanno studiando, dall'aeroplano elettrico all'alimentazione a idrogeno: ci sono le condizioni per andare in quella direzione. A livello internazionale, si è raggiunto un accordo, in ambito Icao (l'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile), affinché in tempi programmati le emissioni – attraverso un sistema di compensazioni - siano limitate a quelle del 2020; già si sta lavorando per sterilizzare le emissioni a quei livelli, certo con un minimo di ripensamento rispetto a quello che è accaduto con la pandemia. È evidente che guardare unicamente ai dati del 2020 è qualcosa di difficilmente realizzabile e stiamo ragionando in termini di mediazione dei dati su un triennio. Comunque, una sterilizzazione ai livelli del 2020, in termini di emissioni pre-pandemia, è un contributo importante alla sostenibilità del settore». Dal vostro punto di osservazione gli aeroporti italiani e i vettori italiani stanno compiendo un percorso di sostenibilità? A che punto siamo? «Ci sono una serie di programmi non obbligatori ma volontari, e più privati che pubblici, che vedono gli aeroporti cimentarsi nella riduzione, fino alla neutralità, delle emissioni. In Italia abbiamo come aeroporti un discreto numero di soggetti che partecipano a questi programmi. In particolare, c'è un programma gestito da Aci (Airport Council International) di riduzione delle emissioni e in Italia abbiamo 14 aeroporti che aderiscono a questo programma e che rappresentano, in termini di traffico passeggeri, circa l'80% del trasporto aereo in Italia (dati sempre pre-pandemia). Di questi 14, la metà (che rappresentano circa il 57% del traffico 2019), hanno già raggiunto il livello di neutralità, non perché non producono CO2 ma perché la compensano. Abbiamo già messo in piedi in Italia sia su base volontaria che obbligatoria una serie di attività fortemente indirizzate alla riduzione delle emissioni. Questo è il contribuito che viene dagli operatori». E quale può essere, invece, il ruolo di Enac? «Noi cerchiamo di dare una mano accompagnando questi percorsi sia in termini di ausilio che di verifica e raccolta dati. In più stiamo studiando una serie di altre possibilità, come lo sviluppo di carburanti alternativi e biocarburanti e abbiamo lanciato un progetto di ricerca di carburanti biologici dalla sintetizzazione di alcune microalghe, abbiamo indetto una gara e siamo in fase avanzata. L'obiettivo, in ambito Icao, è ambizioso: ridurre attraverso l'uso di biocarburanti e carburanti alternativi di almeno il 10% le emissioni rispetto ai combustibili fossili e non è poco. A questo aggiungiamo altre iniziative: abbiamo approvato un nostro piano d'azione sulla riduzione delle emissioni che rivedremo nel corso di quest'anno e abbiamo creato un gruppo coeso e stabile di soggetti, anche con Enav, per individuare gli sforzi che ognuno può apportare per la riduzione delle emissioni. Mi piace segnalare anche che stiamo portando avanti il ridisegno delle rotte che devono seguire gli aeroplani in volo perché a certe altezze vengono scelte dall'operatore aereo. Questo, insieme all'efficientamento dei tempi di taxing o la gestione del traffico con procedure satellitari, ha prodotto nel 2018 una riduzione stimata di circa 415mila tonnellate di CO2, come se parlassimo della quantità di carburante risparmiata che servirebbe a far volare 79mila voli tra Roma Fiumicino e Milano Malpensa. Quindi parliamo di dati importanti. Da ultimo abbiamo istituito un osservatorio nazionale sui carburanti sostenibili con istituzioni e ministeri, enti di ricerca e vettori con l'obiettivo di contribuire alla diffusione formativa». La pandemia di Covid-19 ha rivoluzionato le nostre vite e i nostri spostamenti. Il bilancio 2020 è stato pesante. Ora è iniziato il nuovo anno, cosa si aspetta? «Nell'immediato in termini di recupero di traffico non ci sono segnali, almeno finché non si sarà diffusa la campagna vaccinale in maniera massiva. Non mi aspetto nella prima parte dell'anno un recupero dei numeri del traffico e mi auguro che nella seconda fase - anche sfruttando la stagione estiva - si possa ricominciare a ragionare su una ripresa. Quello che serve è ricostituire la confidenza del passeggero nei confronti del mezzo di trasporto aereo perché ora, oltre alle restrizioni, ci sono paura e preoccupazioni. E parlo a livello generale. Quanto all'Italia, per come è dimensionato il nostro traffico, siamo fortemente dipendenti dalle attività internazionali; nel Paese, aldilà di alcune direttrici Nord-Sud oggi parlare di dimensioni del trasporto aereo a livello nazionale ha poco senso soprattutto su direttrici dove è presente l'Alta velocità. Il nostro sistema del trasporto aereo si basa sul traffico internazionale anche perché siamo naturalmente attrattivi e finché resteranno la paura di volare per il timore di ammalarsi e le restrizioni alla libera circolazione sarà difficile immaginare una ripresa. Con il paradosso che l'aereo resta il mezzo di trasporto più sicuro. Dai dati Easa in luglio-agosto ogni 100mila passeggeri sono risultati infetti solo 7, un numero millesimale. Quindi il sistema ha garantito una sua sicurezza. Noi siamo stati il Paese che ha subito i maggiori contraccolpi nel settore, a marzo-maggio dello scorso anno abbiamo avuto fino a -98% e l'estate scorsa abbiamo 'festeggiato' il -75% di traffico, per dare un'idea delle condizioni in cui si trova il settore. Ma anche quando il traffico inizierà a ripartire, l'esperienza lascerà il segno e non si potrà recuperare al 100%. Una quota parte del traffico d'affari che avevamo prima difficilmente tornerà, mentre, il traffico turistico riprenderà ma va necessariamente inquadrato nel contesto più ampio di crisi economica. Abbiamo la necessità di immaginare qualche anno per ripartire. I dati di Eurocontrol, l'Organizzazione europea per la sicurezza della navigazione aerea che conta 41 Stati europei, immaginano una ripresa del traffico ai livelli pre-pandemia a seconda di quando il vaccino sarà efficace: il 2022-2023 nel caso in cui si riuscisse a vaccinare gran parte della popolazione mondiale con effetti efficaci mentre, in caso di fallimento del vaccino, il recupero non è previsto prima del 2029 con una previsione intermedia - e forse la più realistica- che con un funzionamento corretto del vaccino ma con la necessità di distribuirlo in un arco temporale adeguato stima tra il 2024 e il 2026 un ritorno ai livelli di traffico 2019. Un lasso di tempo non indifferente che in termini aeronautici non è tantissimo mentre in termini economici è una perdita notevole per il settore». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 14/1/2021
12 Gennaio 2021
MBA Careers Giovedì 21 gennaio a partire dalle ore 17.30 ti invitiamo alla presentazione online dedicata al Part-time MBA in partenza a marzo 2021. Durante il webinar potrai interagire con Silvia Ticolpe, Responsabile del Career Service presso la Luiss Business School e scoprire come le competenze acquisite durante un MBA aumentino il potenziale di ciascun candidato generando un impatto positivo sul suo percorso di crescita professionale. I coordinatori MBA saranno inoltre connessi per rispondere durante una Q&A session a tutte le domande e curiosità sulla struttura del programma, il processo di ammissione, le prospettive di carriera e le borse di studio disponibili. REGISTRATI 12/01/2021
07 Gennaio 2021
Entro l'anno, dice il fondatore e amministratore delegato Gianfranco Sorasio a DigitEconomy.24, report di Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School, il lancio della piattaforma per il settore dei cereali Dopo i sistemi predittivi e monitoraggio sull'utilizzo dell'energia elettrica, Eviso è pronta ad accelerare nel mercato dell'intelligenza artificiale applicata al settore delle commodity fisiche con consegna reale. La piattaforma per la previsione dei prezzi della frutta, come ad esempio quella dedicata alle mele per cui la società ha già un accordo con il Gruppo Lagnasco, «è già pronta e sarà pienamente operativa entro la seconda metà del 2021. Entro l'anno dovrebbe essere lanciata anche quella per il settore dei cereali», spiega il fondatore e amministratore delegato Gianfranco Sorasio a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School). «La piattaforma di intelligenza artificiale di Eviso - aggiunge - non solo prevede quanta energia si consumerà, ma, applicata ai clienti che producono frutta o grano, cioè al mondo della commodity, riesce anche a fare dei forecast sui prezzi di frutta o cereali che possiamo definire concorrenti, come ad esempio pere e kiwi o soia e mais, così da poter prevedere l'andamento dei consumi e del mercato al fine di garantire la consegna reale». Sorasio: «Ipo per crescere, l'intelligenza artificiale genera valore» La società, con sede a Saluzzo, vicino Cuneo, è stata reputata per quattro volte dal Financial Times tra le 1000 aziende che crescono di più in Europa, ed è appena approdata in Borsa. «Abbiamo deciso di quotarci perché l'AI, l'intelligenza artificiale, genera moltissimo valore; prevediamo nel piano industriale- aggiunge Sorasio, una laurea in ingegneria nucleare e formazione completata alla Harvard Business School - una crescita molto importante. Abbiamo anche un budget per le acquisizioni di tecnologia e le risorse saranno utilizzate in grande maggioranza per la piattaforma proprietaria di intelligenza artificiale, con l'obiettivo di passare da un'architettura ibrida, accessibile a una serie di utenti ma non a tutti, a una piattaforma aperta». 48 milioni il valore della produzione, 23mila i clienti Il gruppo ha a oggi 23mila clienti (13mila diretti, 10mila indiretti) e ha chiuso il bilancio al 30 giugno 2020 con un valore della produzione di 48 milioni di euro. Tutto è partito quando Sorasio, cervello di ritorno in Italia dal Portogallo, imprenditore dal 2005, ha cominciato, nel 2012, a studiare il mercato dell'energia, scaricando centinaia di bilanci, e notando un'anomalia, cioè che erano presenti migliaia di dati che restavano inutilizzati. Quindi Eviso ha sviluppato soluzioni di proprietà basate su algoritmi di machine learning e di intelligenza artificiale, «in grado – spiega il fondatore- di creare valore per i propri clienti attraverso la capacità previsionale e il monitoraggio dei processi». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 7/1/2021
Nel 2021 il mercato dell'Ai varrà 67 miliardi di euro in totale; il governo italiano, dice il partner di Bain &Co, Mauro Colopi, può giocare un ruolo di stimolo e le aziende devono accelerare Logistica, distribuzione e servizi: sono questi i settori che saranno maggiormente pervasi dall'Intelligenza artificiale in un orizzonte al 2024. In Italia, invece, il comparto che subirà l'accelerazione maggiore è quello delle infrastrutture in ambito telecomunicazioni e utilities. L'Italia, tuttavia, a confronto con gli altri Paesi europei e con Cina e Usa, è indietro e rischia di non sfruttare «appieno l'innovazione e l'incremento di produttività abilitati dall'AI». Il nostro Paese, infatti, dichiara a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) Mauro Colopi, partner di Bain & Company, intercetta solo l'1,5% della spesa «con una penetrazione meno che proporzionale rispetto alla rilevanza del nostro Pil sul valore economico globale e con un tasso di impegno di spesa in crescita rilevante (+17%), ma inferiore rispetto alle principali economie europee». Qual è la posizione dell'Italia nel campo dell'intelligenza artificiale a confronto con il contesto europeo? E rispetto a Usa e Cina? Il mercato dell'intelligenza artificiale (AI), varrà nel 2021 a livello globale 17 miliardi di euro in termini di spesa software, a cui si somma la domanda di servizi professionali per realizzare ed erogare soluzioni innovative che rappresenta a sua volta oltre 50 miliardi di euro. Un mercato di dimensioni importanti che è stimato crescere tra il 2021 e il 2024 del 20%, tre volte più veloce del totale mercato software. L'opportunità è chiara, ma presenta un tasso di adozione differente nelle diverse economie. Gli Usa rappresentano la geografia che più sta beneficiando dell'adozione a scala di tali tecnologie, intercettando nel 2021 oltre il 50% della spesa in AI a livello mondiale. Circa il doppio dell'area Emea che ne attrarrà il 27% e della Cina che ha ancora un modello economico meno improntato all'automazione digitale avanzata, assorbendo nel 2021 solo il 5,8% del mercato AI, ma che prospetticamente sarà l'economia con l'adozione più accelerata a livello globale, con una crescita attesa del 33% all'anno nel prossimo triennio. In questo scacchiere tecnologico l'Italia rischia di non sfruttare appieno l'innovazione e l'incremento di produttività abilitati dall'AI, intercettando solo l'1,5% della spesa, con una penetrazione meno che proporzionale rispetto alla rilevanza del nostro Pil sul valore economico globale e con un tasso atteso di impegno di spesa in crescita rilevante (+17%), ma inferiore delle principali economie europee che prevedono nello stesso periodo tassi medi di crescita tra il 24 e il 27 per cento. Quali sono i comparti che stanno utilizzando di più l'intelligenza artificiale? I settori che a oggi fanno un uso più esteso dell'AI sono la logistica e distribuzione, la finanza e il manifatturiero che rappresentano complessivamente circa il 76% della spesa globale del 2021 e l'80% in Italia. Quali i business, invece, che hanno maggiori possibilità di sviluppo? Guardando al 2024 a livello globale il mercato della logistica, distribuzione e servizi si conferma essere il polo di maggiore sfruttamento di tale tecnologia, mentre in Italia il comparto che è previsto accelerare maggiormente, con circa 5 punti percentuali in più di crescita rispetto al mercato complessivo, sarà quello delle infrastrutture in ambito telecomunicazioni e utilities. Il 2021 sarà anche l'anno dello sviluppo del 5G, che impatto avranno le reti superveloci nell'abilitazione dei sistemi di intelligenza artificiale? Il 5G renderà l'intelligenza artificiale sempre più pervasiva, favorendo lo sviluppo di servizi con forti discontinuità potenziali. Un esempio tra tutti sono le applicazioni di autonomous driving. L'effettiva maturità tecnologica di queste applicazioni rappresenta però ancora un punto di domanda in una prospettiva di medio periodo verso una reale diffusione a scala in un orizzonte temporale maggiormente esteso. Applicazioni maggiormente beneficiarie in una prospettiva di breve periodo saranno invece gli ambiti di Industrial IoT e Factory automation. L'avvento dell'intelligenza artificiale porta da un lato allo sviluppo di nuove figure professionali, dall'altro a un taglio dell'occupazione in vari settori. Qual è la sintesi? La disponibilità di talenti per governare in modo efficace questa grande opportunità tecnologica rappresenta uno degli elementi di forte attenzione. Da una recente ricerca Bain il 68% delle aziende tecnologiche intervistate dichiara di dover fronteggiare la scarsità dei talenti in ambito AI. E la capacità di disporre di un adeguato pool di talenti è una condizione chiave per puntare alla leadership di mercato. I leader nell'Intelligenza artificiale e nel machine learning, infatti, sono in grado di generare una crescita dei ricavi 2 volte più accelerata del resto del mercato. Il Bain Technology Report 2020 "Taming the Flux" evidenzia che le aziende tecnologiche maggiormente di successo hanno a oggi una percentuale di dipendenti in ruoli AI fino a 4 volte superiore rispetto al resto del mercato. La mancanza di talenti adeguati porta oggi molte aziende ad aver condotto sperimentazioni di nuove opportunità di automazione, ma poche di queste riescono poi a esprimere un reale passaggio a un'adozione digitale a scala. Considerando, ad esempio, le applicazioni nell'ambito di Industria 4.0 a livello globale mentre il 75% delle grandi aziende ha già condotto progetti pilota di digital operation, solo il 25% ha proseguito verso un'adozione a scala di questi use case. In Italia si è tenuto al ministero dello Sviluppo economico il tavolo sull'intelligenza artificiale. Che ruolo può giocare il governo? Sicuramente il Governo può giocare un ruolo di stimolo all'adozione a scala delle opportunità offerte dall'AI, ma dall'altra parte le aziende e l'ecosistema digitale devono disegnare e perseguire percorsi accelerati di adozione delle nuove tecnologie per ridurre il divario digitale con gli altri Paesi Europei e con le economie internazionali. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 7/1/2021
Parla Peter Laurin, senior vice president del gruppo svedese, a DigitEconomy.24, report Sole 24 Ore Radiocor e Luiss Business School. Sul fronte occupazione l'AI, dice, «accresce le capacità umane anziché sostituirle» «L'intelligenza artificiale è un must per l'adozione e la gestione di successo del 5G». Parlando delle sfide per questo 2021 appena iniziato, lo spiega Peter Laurin, senior vice president e capo di una delle 4 aree globali (Managed Services) di Ericsson. Il funzionamento delle reti tlc, tantopiù importante dopo l'effetto pandemia, migliorerà proprio grazie all'intelligenza artificiale che «consente - dichiara Laurin a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) di prevedere un calo delle prestazioni di rete prima che questo si verifichi e di intraprendere le azioni necessarie prima che ciò generi un impatto sugli utenti finali». Nessun problema neanche sul fronte occupazionale poiché per Ericsson «l'AI accresce le capacità umane anziché sostituirle». Ma il top manager di Ericsson avverte: «L'affidabilità dell'AI è una questione molto importante e un argomento su cui dobbiamo costantemente concentrarci. La nostra attività si basa in larga misura sulla fiducia degli operatori e un uso distorto dell'AI può avere un impatto molto negativo». Quali sono le principali applicazioni di Intelligenza Artificiale per la gestione delle reti mobili e 5G previste nel 2021? Il 5G e l'Intelligenza Artificiale sono aree di interesse strategico per Ericsson e stiamo investendo molto per rafforzare la nostra leadership. Le nostre soluzioni di Intelligenza Artificiale vengono applicate per risolvere le sfide più importanti per gli operatori, creando valore dove conta di più. Non si tratta di espedienti o esperimenti generici. Le nostre soluzioni AI sono integrate in tutta la rete, realizzate da persone con una vasta esperienza nell'AI e nelle telecomunicazioni e con un approccio di tipo AI-first in ogni prodotto o servizio. Da un punto di vista operativo, l'Intelligenza Artificiale è un must per l'adozione e la gestione di successo del 5G. La complessità delle reti odierne è enorme e aumenterà ulteriormente con la progressiva evoluzione e implementazione del 5G e dell'Internet delle cose. Per affrontare questa complessità e garantire che gli utenti finali continuino a ricevere un'esperienza di alta qualità dalle loro reti (come, ad esempio, l'alta velocità o l'accesso a un numero di applicazioni 10-15 volte superiore grazie al 5G), stiamo implementando Ericsson Operations Engine sulle reti degli operatori. Ericsson Operations Engine rappresenta il nostro approccio basato sull'Intelligenza Artificiale e sui dati per il funzionamento e l'ottimizzazione delle reti. Grazie all'Intelligenza Artificiale, ci assicuriamo che le reti funzionino al meglio delle loro capacità, garantendo le migliori esperienze per gli utenti finali. L'Intelligenza Artificiale ci consente di prevedere un calo delle prestazioni di rete prima che questo si verifichi e di intraprendere le azioni necessarie prima che ciò generi un impatto sugli utenti finali. Tutto questo avviene attraverso quello che chiamiamo un "circuito chiuso", il che significa che l'azione di rettifica viene eseguita senza alcuna interazione umana. Ad esempio, su 10 clienti che utilizzano Ericsson Operations Engine, il 67% degli incidenti di rete viene risolto automaticamente senza alcun intervento umano e abbiamo ridotto del 60% la percentuale di indisponibilità della rete. Quali i principali vantaggi dall'uso dell'AI? Già ora vediamo che le reti 5G sono in grado di fornire volumi di dati 100 volte superiori e una velocità 10 volte maggiore rispetto alla precedente generazione. Stiamo quindi iniziando ad avere una buona consapevolezza di ciò che sta realmente accadendo mentre continua a crescere l'implementazione del 5G e di ciò che è necessario dal punto di vista delle operazioni e dell'ottimizzazione. Le reti mobili dovranno affrontare una pressione senza precedenti in termini di utilizzo, prestazioni, versatilità ed efficienza. La complessità della gestione di una rete 5G, inclusi i punti dati IoT, rende quasi impossibile per una persona umana comprendere e trovare una soluzione ottimizzata, ed è qui che l'Intelligenza Artificiale e l'automazione giocano un ruolo fondamentale nel realizzare operazioni di rete completamente data driven. Queste tecnologie ci consentiranno di dare un senso ai miliardi di punti dati e di agire prima che i problemi di rete diventino problemi per gli utenti. Un altro vantaggio è che possiamo migliorare continuamente i casi d'uso basati su AI attraverso l'apprendimento federato, utilizzando dati anonimizzati provenienti dalle diverse reti che gestiamo per conto degli operatori, per riqualificare e migliorare gli algoritmi. Il vantaggio dell'apprendimento federato è che questa tecnica di machine learning può addestrare algoritmi da diversi set di dati senza scambiarli. Dal momento che Ericsson gestisce più di un miliardo di abbonamenti a livello globale, questo ci consente di disporre di volumi significativi di dati di rete di qualità per addestrare i nostri algoritmi di Intelligenza Artificiale e aiutare gli operatori ad adottare operazioni realmente guidate dai dati, migliorando in definitiva le prestazioni della rete e l'esperienza dell'utente finale. A che punto è l'implementazione di reti 5G stand alone affinché la nuova tecnologia non poggi più sulle reti 4G già esistenti? Dei 122 accordi 5G commerciali siglati da Ericsson, abbiamo fornito 77 reti 5G live ai nostri clienti nei 5 continenti e alcune di queste sono già 5G stand alone. Il 5G è una piattaforma aperta per l'innovazione. È progettato per soddisfare tutte le applicazioni con una connettività più veloce, più reattiva e più affidabile. E questo porta nuove esperienze su smartphone e altri dispositivi. Il numero di dispositivi IoT cellulari ha già superato il miliardo e si stima supererà i 5 miliardi nel 2025. Molti di questi dispositivi supporteranno servizi che prima consideravamo futuristici, come la realtà aumentata, la realtà virtuale, i veicoli automatizzati connessi e robot controllati da remoto. Ericsson ha stretto un accordo con Vodafone sui droni utilizzabili in situazioni di emergenza grazie alla copertura della rete mobile. È un modello che verrà replicato? La recente sperimentazione condotta nel centro di innovazione di Vodafone in Germania era volta a dimostrare come fosse possibile stabilire corridoi di volo sicuri e protetti garantendo copertura di rete. Questo è un buon esempio di co-creazione a cui lavoriamo con i nostri clienti per fare innovazione sfruttando i casi d'uso 5G. Stiamo ancora solo scalfendo la superficie quando parliamo di come le funzionalità di rete più intelligenti consentiranno a settori chiave come la sanità, l'edilizia e l'agricoltura di accelerare l'implementazione dei siti, ridurre i rischi per la salute e la sicurezza e salvare vite umane. Crediamo ci siano molte interessanti opportunità in arrivo. Con il crescente ricorso all'automazione, ad esempio nella gestione delle reti, sarà possibile mantenere i livelli di occupazione? La nostra opinione è che l'AI accresca le capacità umane anziché sostituirle. Il nostro modello di gestione e ottimizzazione dell'Intelligenza Artificiale, Ericsson Operations Engine, ha bisogno che gli esseri umani affrontino le eccezioni perché è così che apprende ed evolve. Questo fa crescere anche la fiducia dei nostri clienti. Prendiamo un aereo di linea come esempio. Due piloti su rotte a corto raggio volano per non più di sette minuti del viaggio totale, per il resto del tempo gestiscono eccezioni o deviazioni dalle policy automatizzate e danno così ai passeggeri un elevato livello di fiducia. Siamo convinti che l'impatto dell'AI sul lavoro umano sarà compensato dallo sviluppo di competenze, formazione e compiti più creativi. I compiti più preziosi o gratificanti sono ancora riservati a noi umani, poiché le reti gestiranno un livello di complessità molto più elevato e, allo stesso tempo, aumentiamo il livello di affidabilità e delle prestazioni. D'altro canto, sono presenti figure professionali sufficienti per gestire applicazioni di Intelligenza Artificiale? Poiché l'AI è un fattore chiave per il business di Ericsson, stiamo continuando a sviluppare le nostre competenze in quest'ambito in tutta l'organizzazione, reclutando esternamente competenze pertinenti e rafforzando le conoscenze dei dipendenti Ericsson. Nel 2019 Ericsson ha istituito il Global Artificial Intelligence Accelerator, che mira a potenziare le capacità e l'innovazione nell'Intelligenza Artificiale attraverso una serie di hub di innovazione in AI negli Stati Uniti, Svezia, Canada e India. A livello globale, Ericsson impiega più di 300 data scientist, data engineer, architetti di machine learning e AI e sviluppatori di software in questi hub. In Ericsson stiamo migliorando le conoscenze dei dipendenti in ambito AI e automazione attraverso programmi di formazione strategici, che ci consentono di combinare le nostre competenze in ambito telecomunicazioni con quelle relative all'AI. Recentemente, un software di riconoscimento facciale è stato accusato di discriminazione razziale. Come evitare di distorcere gli usi dell'Intelligenza Artificiale? L'affidabilità dell'AI è una questione molto importante e un argomento su cui dobbiamo costantemente concentrarci. La nostra attività si basa in larga misura sulla fiducia degli operatori e un uso distorto dell'AI può avere un impatto molto negativo. Un'AI affidabile è fondamentale anche per la diffusione della sua adozione. Ericsson ha sottoscritto le "Linee guida etiche per un'AI affidabile" della Commissione europea. Linee guida propongono una serie di sette requisiti chiave che i sistemi di AI dovrebbero soddisfare per essere considerati affidabili: intervento umano e supervisione; robustezza tecnica e sicurezza; privacy e governance dei dati; trasparenza; diversity, non discriminazione e correttezza; benessere sociale e ambientale; responsabilità. Ericsson aderisce a queste linee guida dell'Unione Europea per sviluppare e implementare l'AI nel nostro business. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 7/1/2021
05 Gennaio 2021
Commento di Matteo Caroli, Associate Dean Luiss Business School, pubblicato su Corriere della Sera Buone Notizie, 5 gennaio 2021 Anche nel nostro Paese la spinta istituzionale a favore dell'economia circolare è ormai robusta. Ne è un esempio, il progetto «Italia 2030»: le traiettorie dell'economia circolare per il rilancio economico sostenibile dell'Itali, avviato dal Viceministro per lo sviluppo economico nell'autunno del 2019 e giunto alla conclusione della sua prima fase. L'iniziativa è stata concepita in collaborazione pubblico-privato: insieme al Mise sono state coinvolte molte tra le principali imprese e università italiane, istituzioni e associazioni. Il sostegno diretto di dieci grandi Gruppi (Cassa Depositi e Prestiti, Enel, Eni, Generali, Intesa San Paolo, ltalgas, Leonardo, Poste Italiane, Snam, Terna) evidenzia la rilevanza istituzionale del progetto. Quindici gruppi di lavoro, partecipati da esperti di provenienza istituzionale, aziendale o accademica hanno approfondito questioni molto specialistiche: dall'analisi delle filiere particolarmente rilevanti per l'economia circolare come quella dell'energia, o la chimica, le costruzioni, l'agricoltura, all’approfondimento di innovazione e finanza come fattori “abilitanti” dello sviluppo circolare, fino alle sfide che riguardano la sensibilizzazione da un lato delle Pmi e dall’altro lato dei consumatori. Altri tre gruppi di lavoro hanno studiato le grandi problematiche sociali che condizionano le possibilità di sviluppo sostenibile del nostro Paese: la fecondità e il lavoro; l'invecchiamento della popolazione; l'immigrazione. Ciascun gruppo ha realizzato un documento valido scientificamente, ma utile soprattutto alla divulgazione, che spiega «a che punto siamo» nell'evoluzione verso l'economia circolare; i principali nodi da sciogliere e i successi consolidati; e avanza delle concrete proposte di policy per rafforzare questa transizione. Questi documenti sono stati discussi in un ciclo di dodici webinar, organizzati dalla Luiss Business School, ai quali hanno partecipato oltre tremila persone. A questo impegno fa eco il prestigioso posizionamento ottenuto ad inizio dicembre 2020 dall'intera Luiss Guido Carli, con l'ingresso tra i top 50 Atenei più sostenibili al mondo per il ranking World University Green Metrics, classificandosi seconda a livello globale (e prima in Italia) nella specifica categoria «Energy and climate change». Gli studi prodotti (che saranno riassunti in un e-book il prossimo gennaio) fanno emergere luci e ombre. Da un lato, il nostro Paese ha raggiunto un'ottima posizione tra i Paesi europei, ad esempio sulle energie rinnovabili, del waste management, dell'efficientamento energetico. Dall'altro, la complessità normativa e burocratica rallenta gli investimenti green delle aziende e d'altro canto è ancora troppo modesto (pur se in costante crescita) il numero delle piccole e medie imprese decisamente orientate all'economia circolare. Occorre dunque, accelerare sull'innovazione tecnologica, di business e istituzionale; capire come farlo è il prossimo obiettivo di Italia 2030. RIVEDI I WEBINAR DI ITALIA 2030 5/1/2021
23 Dicembre 2020
Il direttore generale, Francesco Avanzini, traccia il bilancio dell'anno e parla delle strategie per il 2021: multicanalità, sostenibilità e digitalizzazione Si chiude un anno, il 2020, di cambiamenti che ha visto le vendite della Gdo aumentare «ma in modo diversificato». Francesco Avanzini, direttore generale di Conad, a SustainEconomy.24, report di Radiocor e Luiss Business School, traccia un quadro sulla trasformazione dei consumi accelerata dalla pandemia. E dei risultati del gruppo, leader nella grande distribuzione in Italia dopo l'integrazione con Auchan, che si traducono in vendite cresciute di oltre il 10% e quota di mercato quasi al 15%. Anche se il 2021 vedrà inevitabilmente una crescita più lenta. Il tutto senza trascurare un forte impegno alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Le risorse del Recovery Fund, indica, siano destinate a processi di modernizzazione Siamo alla conclusione di un anno molto particolare. Il vostro settore è stato spesso sotto i riflettori. Cosa è cambiato? «I cambiamenti che hanno caratterizzato l'anno sono legati alla pandemia e alla situazione di emergenza sanitaria. In generale, le vendite della GDO sono aumentate, ma in modo diversificato: sono cresciute nei negozi di prossimità e nei supermercati; sono diminuite nei negozi di grandi dimensioni, localizzati fuori dai centri cittadini, a causa delle norme sul distanziamento sociale, dei limiti posti alla vendita di prodotti non alimentari, della chiusura nei giorni festivi e prefestivi del periodo natalizio. La chiusura di bar e ristoranti, alberghi e altri centri di aggregazione, che valeva in alcuni negozi fino al 10% del fatturato, e la mancanza di turisti in molte città italiane, hanno anch'esse avuto un effetto negativo sulle nostre vendite. Sono cambiate la composizione del carrello e le modalità di acquisto: in alcuni periodi abbiamo avuto meno visite dei clienti nei negozi, con uno scontrino medio più alto, mentre in altri periodi la situazione si è rovesciata. In definitiva, la pandemia ha accelerato fenomeni di evoluzione delle esigenze dei clienti, che sono diventate molto più articolate e complesse: il "prodotto distributivo" è, di conseguenza, diventato anch'esso più articolato e la multicanalità è diventata una urgenza, compreso il canale dell'e-commerce, cresciuto a tripla cifra, anche se ancora molto piccolo nelle dimensioni sul totale». Parliamo di Conad. Siete leader della grande distribuzione in Italia e avete appena tracciato il bilancio di un anno che si chiude in forte crescita. Ce ne parla? «Una nostra prima stima sul valore delle vendite di tutte le componenti del sistema Conad evidenzia una crescita del 10,2%, anche grazie all'integrazione dei negozi ex Auchan, per un valore di 15,7 miliardi di euro. Completando l'operazione Auchan, questa stima potrebbe ulteriormente crescere. La Guida Nielsen Largo Consumo del primo semestre 2020 ci accredita una quota di mercato del 14,8%; inoltre, mi fa piacere vedere che abbiamo rafforzato la nostra quota di mercato nel canale Supermercati, portandola al 24,21%. Da notare anche che la nostra marca commerciale è cresciuta molto: secondo una nostra elaborazione, nel 2020 è aumentata del 20% nel valore delle vendite, fino a raggiungere i 4,5 miliardi: oggi in Italia 1 prodotto di MDD (prodotti a marchio) su 3 è Conad». E cosa vi aspettate dal 2021? «Per il 2021, abbiamo elaborato piani di crescita che seguiranno 4 direttrici strategiche: multicanalità, marca del distributore, sostenibilità e digitalizzazione. Le nostre 5 cooperative hanno deliberato 1,487 miliardi di euro di investimenti per l'ammodernamento e il miglioramento dei punti vendita della rete. Abbiamo lavorato per aumentare la dimensione media dei nostri punti vendita, ma seguendo l'evoluzione della domanda: sono cresciute le metrature dei negozi di prossimità e dei supermercati, è stata ridotta la superfice degli ipermercati. Tuttavia ritengo improbabile che nel 2021 avremo gli stessi risultati, in termini di crescita di fatturato e quota di mercato, che abbiamo avuto quest'anno, dovuti all'integrazione della rete ex-Auchan e all'eccezionalità della situazione creata dalla pandemia. La difficile situazione del Paese ci induce a prevedere un ulteriore calo dei consumi, che renderà la nostra crescita nel 2021 più lenta». A proposito dell'integrazione di Auchan, il processo di integrazione è completato? «Sì, è completato. Alla fine dell'anno non ci saranno più punti vendita Auchan: circa 190 avranno l'insegna Conad, mentre circa 110 sono passati ad altri primari operatori, seguendo le indicazioni dell'Antitrust e per evitare sovrapposizioni. Abbiamo raggiunto la leadership nelle Marche, l'abbiamo rafforzata in 5 Regioni e migliorato notevolmente la nostra posizione nelle restanti Regioni. Abbiamo lavorato con le Istituzioni per creare lavoro per quanti più collaboratori di Auchan possibile: abbiamo portato nella rete Conad 8.500 persone; a 2.500 persone abbiamo dato una soluzione occupazionale, mentre 2.600 persone lavorano oggi in altre reti distributive». La Grande Distribuzione sul tema della sostenibilità ha mostrato di saper avere una visione che va lontano. Qual è e quale sarà l'impegno di Conad? «Per noi la sostenibilità è ambientale, sociale, economica. Per l'ambiente investiamo sul continuo miglioramento della logistica; sull'azzeramento delle emissioni; sui trasporti; sull'utilizzo di cassette riutilizzabili per l'ortofrutta; sul pallet pooling. Nei punti vendita abbiamo rafforzato il monitoraggio dei consumi energetici, spinto l'uso di materiali di consumo riciclabili e biodegradabili e impiantato colonnine elettriche di ricarica. Per i prodotti a marchio Conad lavoriamo alla massimizzazione dei pack sostenibili, all'utilizzo sostenibile delle risorse e delle materie prime, alla valorizzazione dei territori. La sostenibilità sociale è basata sulla valorizzazione delle risorse umane del sistema Conad, sulla formazione dei collaboratori, sull'attenzione alle relazioni. Abbiamo destinato circa 30 milioni di euro a iniziative in favore delle comunità in cui operiamo, comprese le donazioni a istituti clinici di ricerca impegnati nella lotta alla pandemia. Abbiamo stipulato accordi con i produttori per una concorrenza etica e stiamo lavorando ad accordi con il mondo agricolo. Sostenibilità economica significa affiancare le aziende italiane: lavoriamo con 6.900 aziende fornitrici locali, che sviluppano un fatturato di 2,6 miliardi di euro e producono 405 eccellenze alimentari di 19 regioni italiane». Si parla tanto di sostenibilità, innovazione e green nei futuri piani del Governo per utilizzare le risorse del Recovery Fund. Cosa serve al vostro settore? «Nel nostro settore la semplificazione della burocrazia e la certezza di norme uguali su tutto il territorio nazionale sono i prerequisiti per un piano di investimenti che consenta di ammodernare una rete in gran parte vecchia e che necessita di interventi strutturali. Anche il sistema Paese deve essere ammodernato, soprattutto nelle sue infrastrutture per i trasporti, per le reti digitali e per la formazione. Credo che siano sfide importanti per il nostro comparto anche la digitalizzazione e la formazione di una nuova generazione di operatori specializzati. Ritengo, quindi, che le risorse del Recovery Fund nella GDO potrebbero essere impiegate a supporto di questi processi di modernizzazione. Infine, penso che molte risorse dovrebbero essere destinate all'educazione dei giovani. La GDO può affiancare le istituzioni e noi da tempo dedichiamo risorse alla scuola e alla formazione delle future generazioni». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 23/12/2020
La scelta sostenibile delle imprese della distribuzione moderna. E il bilancio di un anno drammatico che richiede più ristori e incentivi ai consumi. Il presidente, Claudio Gradara, ne parla a SustainEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore – Radiocor L'adesione delle aziende della distribuzione moderna ad un percorso di sostenibilità è pressoché totale e sta diventando una ‘leva competitiva', spiega Claudio Gradara, il presidente di Federdistribuzione che parla a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor, del bilancio di sostenibilità 2020 dell'intero settore. E delle prossime sfide: dal tema della plastica e dei packaging ai rapporti di filiera. Ma si avvicina la fine di un anno difficile ed è tempo di bilanci. Ed emerge un settore spaccato in due: il comparto alimentare che ha arginato la crisi e dato normalità al Paese e il settore non alimentare duramente colpito dalla pandemia. La vera partita del Paese, spiega Gradara, si gioca sulla ripresa dei consumi. I ristori sono troppo modesti e servono incentivi. E sfruttare bene l'occasione del Recovery Plan Cresce l'attenzione per la sostenibilità. Voi avete presentato recentemente il bilancio 2020 che sintetizza l'impegno delle aziende della distribuzione moderna su questo fronte. Cosa emerge? «Emerge un miglioramento su tutti i parametri che, peraltro, nel corso del tempo sono cresciuti rispetto alla prima edizione del 2012, ed ha visto la crescita delle adesioni degli associati che ormai è pressoché totale. E' uno dei pochi bilanci che misurino un intero settore economico. C'è una diffusione delle best practices, in assoluto è cresciuta la consapevolezza da parte delle imprese che, in visione prospettica - tenendo conto anche dell'attenzione e della sensibilità dell'opinione pubblica su questi temi - questo è un terreno su cui confrontarsi insieme ad altri. Anzi direi che sta diventando quasi una leva competitiva il fatto di porre in essere iniziative in questa direzione». C'è qualcosa che possono fare ancora le aziende del settore per un futuro più sostenibile, qualche tematica da seguire di più? «Tenendo conto del nostro settore di attività, quindi dei beni di largo consumo, sicuramente c'è un tema, che possiamo chiamare ‘il tema della plastica, ossia il ripensamento dei packaging, delle modalità di confezionamento dei prodotti, prodotti biodegradabili. E' un'area che ci potrà vedere, in futuro, insieme all'industria, fare importanti passi in avanti. L'altra area è quella dei rapporti di filiera sui quali da tempo si tende sempre più a cercare di sviluppare rapporti più improntati al medio lungo temine, con progetti di crescita comune che -mi riferisco in particolare al comparto agroalimentare - consentono di assumere connotazioni più nazionali, di poter fare investimenti di sviluppo del settore diversi. E' un settore che può crescere ancora molto in termini di efficienza e capacità di stare sul mercato». Ci avviciniamo alla fine dell'anno ed è tempo di bilanci. Il 2020 è stato un anno complesso e molto difficile per tutti. Il vostro settore ha avuto un ruolo importante ma registrate anche danni e problematiche. Ce ne parla? «Il nostro settore, in realtà, è spaccato in due rispetto a questa crisi globale: la parte del retail alimentare ha avuto la fortuna, per certi aspetti, di poter continuare ad operare anche se in un contesto di grandissime difficoltà perché la prima fase soprattutto ha colto tutti di sorpresa e il nostro settore si è trovato a dover garantire continuità con difficoltà e costi enormi, per le misure di sicurezza, che si sono cumulati. E' stata una prova importante che ha dimostrato la solidità del settore ed è riuscita a garantire un minimo di continuità e normalità al Paese. Viceversa per la parte non alimentare è un anno drammatico; ha vissuto due mesi e mezzo di chiusura con tutto quello che ne consegue, si sperava di poter pian piano andare verso la normalità, invece siamo ripiombati nelle ultime settimane nel pieno di una crisi , per certi aspetti, anche peggiore perché non si intravede l'orizzonte temporale. E' giusto avere un po' di ottimismo ma quello che ci aspetta nei primi mesi dell'anno prossimo è difficile da capire e, certo, non saremo in una situazione di normalità. Tutto questo sta creando danni enormi all'area non alimentare che si sommano e mascherano su una crisi di fondo dei consumi. Aldilà delle chiusure che hanno caratterizzato una parte del territorio, il comparto non alimentare anche in una situazione di apertura dei negozi sta registrando decrementi importanti nell'ordine del 20-25% per una minore propensione all'acquisto per le preoccupazioni. È un mondo che ha grossissime difficoltà e non si vede la fine. L'alimentare, con le nuove chiusure, è tornato a registrare crescite nell'ordine del 5-6% nelle ultime settimane ma teniamo conto che se tracciamo un bilancio consolidato dei consumi alimentari, tra distribuzione e fuori casa, il saldo è fortemente negativo. E questo sta dentro nel grande tema del rilancio del Paese. Oggi in qualche modo la situazione è mascherata e velata dalla prevalenza dei temi emergenziali ma, di fatto, si sta distruggendo un valore colossale, a livello di imprese e redditi, ci si confronterà con il mercato e diventerà determinante la bontà delle scelte di politica economica. E' evidente che più sarà rapida la risalita e saranno fatte le scelte giuste e prima si potrà tornare ad una situazione gestibile. Senza dimenticare che siamo arrivati al 2019 con una crisi dei consumi già stabile e stagnante da 10 anni. Quindi la preoccupazione è tanta e la condividiamo con tanti altri settori del Paese». Quindi, a questo proposito, quali potrebbero essere sostegni utili al settore? «C'è un tema di sostegno alle imprese - e mi riferisco soprattutto alla parte non alimentare – che finora hanno avuto dei riconoscimenti davvero modesti e, in fondo, è un settore che si sta sacrificando per il bene comune. Quanto è previsto dagli attuali ristori, soprattutto per le aziende di una certa dimensione, è veramente molto poco. E' un tema che deve poter consentire alle imprese di arrivare in relativa salute al momento della ripartenza. Poi è chiaro che la partita del Paese si gioca sulla ripresa dei consumi che valgono il 60% del Pil , le vendite al dettaglio sono il 22% . Se non si rimette in moto il meccanismo diventa complicato. Poi i temi sono sempre gli stessi, accentuati dalla discesa che abbiamo fatto: i redditi delle famiglie, il sostegno agli investimenti, il sostegno alla ripresa dell'occupazione, e ci vorrebbero poi incentivi ai consumi. Perchè dobbiamo vincere questo momento di ritrosia allo spendere legato alle incertezze. Altri Paesi hanno adottato diverse soluzioni come, ad esempio, la riduzione temporanea dell'Iva su alcuni settori piuttosto che i crediti di imposta per determinate categorie di interventi; sono misure che aiuterebbero quantomeno a velocizzare l'uscita dalla crisi. Guardando più lontano abbiamo questo grande tema del Recovery Plan che può essere una straordinaria opportunità per mettere mano a quelli che sono i vincoli storici del Paese. Può essere l'occasione, se non verrà mancata, per disegnare il quadro e mettere le radici per una crescita più sana. Anche perché, se così non avvenisse, questa massa immane di debito, che già avevamo prima, e adesso si è amplificata a dismisura, diventa insostenibile». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 23/12/2020
Dal 2021 i rider assunti come dipendenti e i mezzi per le consegne totalmente green: Daniele Contini, Country manager di Just Eat Italia, racconta a SustainEconomy.24 di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore - Radiocor, l'impegno sostenibile della società di food delivery Dall'impegno contro lo spreco alimentare ai packaging plastic free, dalla green mobility ai rider assunti come dipendenti dal 2021. Daniele Contini, Country manager di Just Eat Italia racconta in un'intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor, il percorso della società. Che punta a coinvolgere anche i partner e i clienti. Tanto da aver lanciato recentemente la Guida per un food delivery sostenibile. Il 2020, dice, ha segnato una forte crescita del food delivery che ha rappresentato, durante il lockdown, un servizio essenziale ma si è rivelato anche una leva di business fondamentale per alcune attività. E, assicura: Just Eat vuole investire ancora in un mercato che ha forti prospettive di crescita. La sostenibilità sta prendendo piede anche nel Food delivery. Come Just Eat avete messo in campo una serie di iniziative e avete avuto riconoscimenti. Ci racconta il vostro impegno? «Il digital food delivery sta vivendo un momento di grande crescita e affermazione e, come leader in Italia nel settore, sentiamo una crescente responsabilità in riferimento all'impatto ambientale che ha la nostra attività. Crediamo inoltre sia fondamentale sensibilizzare sulle tematiche della sostenibilità i nostri stakeholder principali - clienti, ristoranti e rider - e, per primi, agiamo su più ambiti per promuovere una cultura del cambiamento che renda il settore virtuoso. Siamo infatti attivi da sempre nella lotta contro lo spreco alimentare, coinvolgendo i nostri ristoranti partner con il progetto Ristorante Solidale, abbiamo introdotto packaging per le consegne completamente plastic free, promuoviamo la green mobility per i rider grazie alla partnership con MiMoto e forniremo dal 2021 mezzi totalmente sostenibili per le consegne. Abbiamo lanciato recentemente la Guida per un food delivery sostenibile, realizzata in collaborazione con LifeGate, per rendere il ciclo di vita del food delivery completamente green, con consigli e spunti utili dall'ordine online a come smaltire le confezioni di cibo a domicilio in modo consapevole. L'ultima iniziativa in occasione del Natale ci ha visto coinvolti in una maratona di solidarietà, dal 14 al 20 dicembre, in collaborazione con Caritas e Comunità Sant'Egidio con l'obiettivo di supportare chi ne ha più bisogno donando un Piatto Sospeso per ogni ordine ricevuto». Complice un anno particolare, è mutata anche la sensibilità degli italiani. Dal vostro punto di vista cosa è cambiato e cosa ancora può cambiare? «Crediamo che l'attenzione e la sensibilità degli Italiani verso i temi della sostenibilità sia crescente, soprattutto in un momento in cui stiamo tutti rimettendo in discussione le nostre priorità e il nostro impatto sul Pianeta, anche alla luce della pandemia che stiamo vivendo. Nella nostra posizione è importante guidare il cambiamento e farlo in ottica di education, per questo le nostre iniziative e attività vedono coinvolti direttamente i nostri clienti e li rendono partecipi nel nostro percorso di sostenibilità». Ci avviciniamo alla fine dell'anno e, appunto, di un anno complesso. Qual è il bilancio di Just Eat? «Per noi, come Just Eat, quest'anno complesso ha rappresentato un momento di grande impegno e lavoro, che si è tradotto in relazione alla situazione, in un rafforzamento del servizio e della sua accessibilità, da parte dei clienti da un lato, ma anche lato ristoranti. Il food delivery si è rivelato una leva di business essenziale che in alcuni casi ha permesso loro di continuare la loro attività. Ma non solo. Per il 90% dei consumatori che abbiamo intervistato nell'ambito del nostro Osservatorio annuale, il food delivery ha rappresentato durante il lockdown un servizio essenziale. Abbiamo poi annunciato il nostro nuovo modello di delivery con i rider assunti come dipendenti dal 2021. Crediamo sia fondamentale investire ancora come leader in questo mercato che ha forti prospettive di crescita, garantendo il miglior servizio a ristoranti e clienti e tutele e protezioni ai rider, con un'attenzione sempre viva verso la sostenibilità economica e ambientale. Vogliamo orientarci verso scelte sempre più etiche in grado di esprimere la responsabilità con cui vogliamo approcciare questo mercato». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 23/12/2020
L'intervista di Mariangela Marseglia, Country manager di Amazon Italia e Spagna a SustainEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore - Radiocor SFOGLIA IL REPORT COMPLETO Il commercio online è stato decisivo per i clienti rimasti a casa nell'anno della pandemia. E rappresenta un alleato per le Pmi. Parola di Mariangela Marseglia, Vp e Country Manager di Amazon.it e Amazon.es che, in un'intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor, parla del rapporto di Amazon con l'Italia, a partire dai nuovi posti di lavoro. E di sostenibilità. «Stiamo creando una cultura di sostenibilità, responsabilità e diversità che permea tutto il nostro business». E tra gli obiettivi ricorda: emissioni zero sul 50% delle spedizioni entro il 2030 e le attività alimentate al 100% da energia rinnovabile entro il 2025. Siamo alla fine di un anno unico e molto difficile che ha visto l'e-commerce necessariamente in prima linea. Qual è il vostro bilancio? «Il commercio online ha svolto un ruolo importante in questo periodo senza precedenti. I nostri clienti sono rimasti a casa per la tutela della propria salute e del Paese, e noi siamo orgogliosi di averli aiutati ad affrontare questa situazione consegnando loro i prodotti di cui hanno bisogno per se stessi e per le loro famiglie. Contemporaneamente, abbiamo continuato a supportare le oltre 14.000 Pmi italiane che si affidano ad Amazon per mandare avanti le loro attività e mantenere l'occupazione. Non ci fermiamo dunque, al contrario. Nel 2019 abbiamo investito in Italia 1,8 miliardi di euro. Secondo lo studio di Keystone, per effetto di questi investimenti sono stati creati oltre 120.000 nuovi posti di lavoro. Di questi, oltre 25.000 sono stati creati dalle piccole e medie imprese italiane, che vendono sui nostri store in Italia e nel mondo. Nel 2020 abbiamo creato 1600 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato per un totale di oltre 8.500 dipendenti in Italia. E, sempre quest'anno, abbiamo inaugurato 2 nuovi centri di distribuzione a Castelguglielmo/San Bellino in Veneto e a Colleferro nel Lazio per un investimento di 140 milioni di euro, oltre a numerosi depositi di smistamento anche nelle regioni del Sud. In totale, la nostra rete logistica conta 33 centri». Ci avviciniamo al Natale e ci sono state nell'ultimo periodo anche polemiche nel nostro Paese in tema di vendite e commercio. Come rispondete e qual è il rapporto di Amazon con l'Italia? «L'online rappresenta un alleato delle piccole e medie imprese e la loro digitalizzazione deve essere una priorità per tutti gli attori della filiera. I dati ci confermano che un approccio multicanale costituisce una opportunità per tutte le Pmi italiane. Le realtà che già utilizzavano il canale online e quelle che hanno cominciato ad utilizzarlo di recente sono state in grado di sostenere il proprio business e, talvolta, di aumentarlo. Dal giorno in cui abbiamo lanciato Amazon in Italia al 2019, abbiamo investito oltre 5,8 miliardi volti a costruire l'infrastruttura digitale e fisica per fornire prodotti e servizi a milioni di clienti italiani e ad aiutare lo sviluppo digitale delle oltre 14.000 piccole e medie imprese italiane che vendono attraverso Amazon. Nel corso di questa stagione natalizia, abbiamo supportato le Pmi attraverso un investimento di 85 milioni di euro a livello globale, che si è tradotto in promozioni speciali e attività per dare la massima visibilità a tutte le aziende italiane che vendono sul nostro sito. I dati sulle vendite delle Pmi in Italia nel periodo dal 26 ottobre al 30 novembre sono positivi: hanno venduto una media di 203 prodotti al minuto ed oltre il 60% delle realtà presenti su Amazon.it hanno venduto all'estero. Abbiamo inoltre creato strumenti innovativi per mettere a disposizione le nostre competenze in tema di digitalizzazione e vendita online. E' dello scorso novembre l'annuncio del progetto "Accelera con Amazon", per accelerare la crescita e la digitalizzazione di oltre 10.000 Pmi, e, più di recente, abbiamo lanciato il Programma "Intellectual Property Accelerator", che supporta le piccole e medie imprese lungo il percorso di registrazione del proprio marchio. Ci auguriamo che, attraverso questi strumenti, sempre più imprese possano cogliere le opportunità derivanti da un approccio multicanale e dell'e-commerce». Molti si domandano se l'e-commerce può essere sostenibile. Dal vostro punto di vista è possibile? «Siamo orgogliosi di poter dire che dal 2019 Amazon è co-fondatore con Global Optimism del Climate Pledge, un impegno volto a raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi con 10 anni di anticipo e zero emissioni di CO2 entro il 2040. Oggi sono 31 i firmatari, incluse grandi aziende come Coca Cola European Partners, Microsoft, Unilever. Per raggiungere la carbon neutrality entro il 2040, ci siamo posti ulteriori obiettivi, tra cui arrivare a emissioni zero sul 50% delle spedizioni entro il 2030 e avere le nostre attività alimentate al 100% da energia rinnovabile entro il 2025. Abbiamo già intrapreso iniziative in tal senso: abbiamo ad esempio ordinato più di 1.800 veicoli elettrici Mercedes-Benz per effettuare consegne ai clienti in Europa, abbiamo introdotto il programma Frustration-Free Packaging, che stimola i produttori a confezionare i propri prodotti in imballaggi riciclabili al 100%, facili da aprire e pronti per la spedizione ai clienti senza l'aggiunta di un'ulteriore scatola. Inoltre, con 127 progetti di energie rinnovabili attivi, Amazon è il più grande acquirente aziendale di energia rinnovabile al mondo: abbiamo da poco annunciato di aver investito in 26 nuovi progetti di energia eolica e solare su larga scala per un totale di 3,4 gigawatt (GW) di capacità di produzione di energia elettrica, portando l'investimento totale in energie rinnovabili nel 2020 a 35 progetti con più di 4 GW di capacità - il più grande investimento aziendale in energie rinnovabili in un solo anno. In Italia, i primi due parchi fotovoltaici saranno situati in Sud Italia e forniranno complessivamente 66 MW di energia». Avete creato anche una certificazione per i prodotti, ce ne parla? «L'impegno di Amazon per la sostenibilità è ampio: riguarda tutto ciò che va dal supporto alle comunità in cui operiamo, al sostegno ai nostri dipendenti, ai clienti e alle aziende con cui collaboriamo. Stiamo creando una cultura di sostenibilità, responsabilità e diversità che permea tutto il nostro business. E tra le azioni messe in campo, per aiutare i clienti a riconoscere in modo semplice i prodotti più sostenibili, abbiamo lanciato il programma "Climate Pledge Friendly", con cui si identificano più di 40.000 prodotti negli store europei. L'etichetta "Climate Pledge Friendly" identifica i prodotti dotati di una o più delle 19 diverse certificazioni di sostenibilità che aiutano a preservare l'ambiente come, ad esempio, ridurre l'impronta di carbonio nelle spedizioni. All'interno di questa iniziativa rientra anche "Compact by Design", una nuova certificazione creata da Amazon e validata da un ente terzo, che intende identificare prodotti con un design più efficiente, portando a significative riduzioni delle emissioni di CO2. Ad esempio, lo shampoo solido pesa solo un quarto rispetto ad uno shampoo liquido, riducendo notevolmente il peso e l'imballaggio per ogni unità. Attraverso Climate Pledge Friendly stiamo incentivando i partner di vendita a creare prodotti sostenibili che aiutino a proteggere il pianeta per le generazioni future». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 23/12/2020
22 Dicembre 2020
Al via la collaborazione nei settori economico-giuridico e della corporate compliance ENAV, la Società che gestisce il traffico aereo civile in Italia, e Luiss Business School hanno firmato oggi un protocollo d’intesa volto a sviluppare programmi di formazione e di ricerca, in ambito sia nazionale sia internazionale, nei settori economico-giuridico e della corporate compliance, rafforzando in questo modo il rapporto fra mondo accademico e impresa. Al cuore dell’accordo vi è, unitamente alla volontà di sviluppare dinamiche tendenti alla creazione di un ambiente accademico ed industriale sinergico, l’interesse a potenziare la diffusione della cultura manageriale, lo studio e la realizzazione di programmi di formazione specializzata mediante nuove metodologie e forme di insegnamento, e di iniziative di ricerca e sviluppo. “Siamo lieti della collaborazione con una delle università più riconosciute a livello nazionale ed internazionale. Per ENAV, una società che fa dell’innovazione e dell’eccellenza i pilastri principali - spiega la Presidente Francesca Isgrò - investire sulla formazione delle risorse e nella crescita dei profili professionali è un obiettivo strategico. La corporate governance nel settore economico e giuridico al quale presteremo grande attenzione, sarà la base per creare sinergie tra mondo accademico e industriale e strutturare programmi di ricerca che ci vedrà coinvolti con grande impegno”. “La nostra Scuola – ha commentato il Direttore di Luiss Business School Paolo Boccardelli – si conferma cuore pulsante dello sviluppo di una cultura imprenditoriale basata sulla continua formazione di talenti. L’accordo con ENAV, che pone al centro della propria iniziativa industriale il valore del successo sostenibile dell’impresa e la più elevata attenzione al presidio della governance e della corporate compliance sociale, interpreta appieno la missione che Luiss Business School persegue con successo da anni, e apre nuove interessanti prospettive nel campo della ricerca applicata”. Sfoglia la rassegna stampa: Borsa italiana, Enav e Luiss Business School: accordo per formazione e ricerca applicata Il Messaggero, Enav e Luiss Business School siglano protocollo intesa per formazione e ricerca applicata Il Secolo XIX, Enav e Luiss Business School siglano protocollo intesa per formazione e ricerca Il Sole 24 ore, Intesa Enav-Luiss Business School su formazione e ricerca applicata La Stampa, Enav e Luiss Business School siglano protocollo intesa per formazione e ricerca la Repubblica, Enav e Luiss Business School siglano protocollo intesa per formazione e ricerca Teleborsa, Enav e Luiss Business School siglano protocollo intesa per formazione e ricerca Tgcom24, Enav: accordo con Luiss Business School per formazione e ricerca applicata 22/12/2020
21 Dicembre 2020
A marzo abbiamo improvvisamente dovuto stravolgere le nostre vite personali e professionali. Una trasformazione epocale che ha chiesto a tutti di cambiare repentinamente abitudini, stile di vita, il modo di lavorare e di apprendere. Ci ha messo anche di fronte a nuove e più ampie prospettive legate all’accelerazione digitale. Le sfide sul tavolo sono tante e siamo pronti ad affrontare il futuro che ci attende. Perché noi ci siamo: come sempre, al vostro fianco. #LuissBusiness School vi augura Buone Feste e un nuovo anno da reinventare! 21/12/2020
18 Dicembre 2020
MBA – Be inspired "Educating through inspiration: what this means, how to make it real, and why it is so important in today’s world." Lunedì 11 gennaio a partire dalle ore 18.00 Stefano Zannini, Professional Coach, Adjunct Professor presso la Luiss Business School, trainer, speaker e con una lunga esperienza alle spalle all’interno di Medici senza frontiere, discuterà dell’importanza di un MBA nel contesto attuale. Il webinar è un’occasione imperdibile per quanti desiderano conoscere da vicino il Part-time MBA della Luiss Business School. Sarà infatti possibile scoprire le novità della prossima edizione del master in partenza a Marzo 2021. I coordinatori MBA risponderanno durante una Q&A session a tutte le domande e curiosità sulla struttura del programma, il processo di ammissione, le prospettive di carriera e le borse di studio disponibili. L’evento è fruibile online in lingua inglese previa registrazione. REGISTRATI 18/12/2020
17 Dicembre 2020
Parla Alessandro Verrazzani, capo degli Affari regolamentari e istituzionali dell'operatore oggi al centro dell'interesse del mercato, a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) L'operatore di tlc Eolo prepara le sue carte per arrivare entro l'estate del 2021 con un'offerta Fwa 5G, cioè con una tecnologia fixed wireless access (misto radio-fibra) con standard 5G. E intanto, in questa ottica, chiede al ministero dello Sviluppo economico di concedere la proroga per le frequenze in suo possesso a 26 e 28 gigahertz che scadono nel 2022. Quanto invece allo stato dell'infrastruttura in Italia, la società attiva soprattutto nelle zone a fallimento di mercato, sottolinea come, prima di procedere con il piano della rete unica, sia necessario scattare una fotografia dell'esistente, soprattutto delle aree bianche, dove non c'è nessun operatore presente, al fine di evitare duplicazioni. A raccontare a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School) il contesto industriale e regolamentare in cui si muoverà il gruppo che ha di recente suscitato gli appetiti del mercato, è Alessandro Verrazzani, capo degli Affari regolamentari e istituzionali. «E' sotto gli occhi di tutti la crescente importanza della connessione Fwa, soprattutto per raggiungere le zone dove investire con la fibra è molto costoso. Anche le istituzioni – dice il manager – hanno raggiunto la consapevolezza che c'è una fetta del Paese che non potrà essere raggiunta dalla fibra». «Prorogare frequenze in conformità conquanto avvenuto in altri casi» Al momento Eolo non offre tecnologia Fwa 5G: «Noi – precisa Verrazzani - utilizziamo frequenze a onde millimetriche a 28 gigahertz, non è uno standard 5G, ma nella nostra tecnologia è già stata recepita una serie di funzionalità che sono a fattor comune con il 5G». Il gruppo sta, tuttavia, lavorando per arrivare all'offerta Fwa 5G: «Abbiamo i diritti d'uso sulle frequenze a 26 gigahertz, stiamo lavorando sulle onde millimetriche per sviluppare una tecnologia Fwa conforme al 5G e, entro l'estate del 2021, prevediamo di arrivare con le offerte. Intanto, «visto che le frequenze a 26 e 28 megahertz scadranno nel 2022, ci aspettiamo, in continuità con quello successo con altre bande (prorogate al 2029), una simile proroga per equità di trattamento. E' un fattore importante perché stiamo costruendo la nostra infrastruttura proprio basandoci sia sulle frequenze a 26 sia su quelle a 28 gigahertz». «Prima della rete unica serve nuova mappatura delle aree bianche» Eolo, come detto a DigitEconomy nei mesi scorsi dallo stesso amministratore delegato Luca Spada, non vede in maniera sfavorevole la costruzione della rete unica, ma a patto che si tenga conto dell'esistente. «Il primo pilastro per ragionare sulla rete unica – aggiunge Verrazzani - è rifare una mappatura delle aree bianche, lavoro già fatto da Infratel quest'estate per le aree grigie. Parte di quelle aree che crediamo siano bianche, infatti, sono nel frattempo diventate grigie, e viceversa: parte delle aree che si credevano grigie si sono rivelate bianche. Occorre scattare una fotografia più veritiera possibile». «Nostri investimenti in discussione per iniziativa Open Fiber su Fwa» La chiarezza sugli investimenti già effettuati è un elemento che Eolo rivendica anche per le zone dove Open Fiber intende arrivare con l'Fwa. L'operatore guidato da Elisabetta Ripa, in accordo con il ministero dell'Innovazione tecnologica e la digitalizzazione, anticiperà, infatti, la connessione nei comuni ‘no Internet' arrivando, nel giro di un anno, con l'Fwa anziché con la fibra ottica, tecnologia che richiede più tempo e investimenti. Eolo non è soddisfatto di questa prospettiva e ha già scritto, come riportato dal Sole 24 Ore nei giorni scorsi, una lettera alla Ue, chiamando in causa in particolar modo Infratel, la società in house del Mise che si occupa dell'attuazione del piano sulla banda ultra larga in Italia. «I nostri investimenti – spiega Verrazzani – vengono messi in discussione da un'iniziativa statale, e a noi questo non piace. Chiediamo che ci si concentri sulle aree che hanno ancora bisogno di fibra e non si spendano soldi e tempo in zone già coperte. E, in ogni caso, ci aspettiamo banalmente che, prima di creare una nuova rete Fwa del concessionario Open Fiber, venga fatta una verifica sulla presenza di operatori privati» SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 17/12/2020