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29 Ottobre 2020

Luiss Business School partecipa alla quarta edizione del D-Day dei Master accreditati ASFOR

  Luiss Business School partecipa oggi alla quarta edizione del D-Day dei Master accreditati ASFOR. La giornata ha coinvolto i master accreditati ASFOR in un palinsesto di 19 appuntamenti, che da mattina a sera hanno celebrato il valore del Sistema di Accreditamento ASFOR e delle istituzioni formative che ne costituiscono il cuore. Luiss Business School, accreditata ASFOR con i programmi Full-time MBA, Part-time MBA ed Executive MBA, ha partecipato alla giornata con il seminario "International Comparative Law and Antitrust", tenuto da Rebecca Spitzmiller e dedicato agli studenti MBA. L’incontro si pone come un approfondimento sui principi fondamentali che regolano le leggi sulla concorrenza e le interazioni con il quadro economico globale, che permetterà agli studenti MBA di identificare le problematiche legate alle iniziative competitive in un contesto di mercato globalizzato e di analizzare quali strategie possono essere implementate, alla luce dei rischi delle violazioni antitrust. Nel triennio 2017-2019, ai master accreditati Asfor hanno partecipato oltre 6.200 iscritti, le cui testimonianze sono state raccolte e raccontate in un video di apertura della giornata. Guarda il video e scopri le testimonianze degli studenti MBA Luiss Business School!     "Un percorso stimolante e ambizioso che coniuga la formazione accademica con quella umana, offrendo quel ventaglio poliedrico di competenze necessarie alle sfide del cambiamento e dell'innovazione." Giuseppe Cocuzza, Part-time MBA "Il corpo docenti del programma è di assoluto rilievo: la combinazione tra background accademico ed expertise manageriale rende la didattica business oriented, una caratteristica che un MBA Executive deve costantemente preservare. La classe è inoltre un valore aggiunto reale, per il costante arricchimento in termini sia umani che professionali." Natalia Felsani, Executive MBA "Even if I studied finance, I really care about the human side of business, the impact and the development and that’s why I chose the MBA at the Luiss Business School". Andres Gallego Reyes, Full-time MBA 29/10/2020

29 Ottobre 2020

Webinar ‘Italia 2030’ – Un piano su mobilità e aerospazio

  La pandemia ha messo in evidenza la necessità di un cambio di direzione nei trasporti, nella logistica, nell’aerospazio. Ma con un approccio sistemico e soprattutto una visione strategica. "Italia 2030", il progetto del Ministero dello Sviluppo Economico e Luiss Business School per il futuro sostenibile del Paese lancia una serie di webinar per discutere le proposte di policy. E proprio dalla ricerca preparata dal tavolo “Smart mobility e innovazioni nell’automotive e aerospazio” emerge come la maggior parte delle trasformazioni riguardino i trasporti di superficie, ma nuove tecnologie e paradigmi sono destinati a innovare anche il settore dell’aerospazio. Sapere indirizzare e sfruttare tali fenomeni determina opportunità enormi per il Paese. Di contro, sprecare le opportunità potrebbe contribuire a relegare l’Italia ai margini dello scenario economico e produttivo internazionale. Ma cogliere l’occasione non può che avvenire con una visione strategica, in grado di coagulare energie, competenze ed investimenti attorno ad un piano finalizzato con azioni incisive e focalizzate, ma coerenti tra loro e armonizzate all’interno di un quadro unitario. Ed è necessario, evidenzia la ricerca, definire processi di sviluppo che siano basati sul modello dell’economia circolare tenendo conto che le scelte possono essere fatte in maniera consapevole anche alla luce degli errori del passato. In Italia, i settori sono caratterizzati da una significativa presenza industriale e da una dimostrata capacità di produrre innovazione, osserva la ricerca. Che formula ipotesi di policy nel breve termine che spaziano dal migliorare l’efficienza delle operazioni logistiche attraverso l’evoluzione digitale, all’assicurare la miglior copertura su tutta la value chain, dall’estensione della copertura 5G lungo le vie di comunicazione ad acquisire la leadership europea in materia di Spazio-Porti fino a realizzare una centrale unica di acquisizione dei dati sulla mobilità. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 29/10/2020

29 Ottobre 2020

Hsbc: «La pandemia non ferma la sostenibilità, Italia all'avanguardia»

In Europa è cresciuto l’impegno per la finanza sostenibile durante la pandemia. Il ceo Italy di Hsbc, Gerd Pircher, in un’intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School  e Il Sole 24 Ore Radiocor apre anche una parentesi sull’Italia e sugli impegni di Hsbc.   La pandemia non ha fermato l’impegno per la sostenibilità in Europa. Che anzi è cresciuto, come dimostra la survey “Sustainable Financing and Investing” recentemente pubblicata da Hsbc. Il ceo Italy, Gerd Pircher in un’intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School  e Il Sole 24 Ore Radiocor, spiega quanto gli emittenti europei siano in prima linea per una finanza sostenibile. E quanto le emissioni di corporate sustainable bond stiano crescendo con un trend inarrestabile. E l’Italia, assicura, è all’avanguardia. L’Europa, a parole e intenzioni, è in prima linea nel promuovere la finanza sostenibile. Avete appena pubblicato la survey 2020 “Sustainable Financing and Investing”. Avete riscontrato un impegno concreto degli emittenti del mercato europeo dei capitali? E un ritorno per gli investitori? Da sempre l’Europa occupa un posto di primo piano nel creare e definire trend globali, e la questione della sostenibilità non fa eccezione: la sensibilità e la cultura europea possono essere infatti un terreno fertile per affermare questo paradigma nella società, nel business e nella finanza. Rispetto a quest’ultimo aspetto, in particolare, la nostra survey “Sustainable Financing and Investing” recentemente pubblicata ha dimostrato come questa questione sia ben chiara, e come oggi gli emittenti europei siano in prima linea per una finanza sostenibile. Dalla ricerca emerge come gli emittenti europei abbiano dimostrato un maggior impegno nelle questioni ambientali e sociali rispetto ai loro peer a livello globale, con il 95% che ritiene che siano temi “molto importanti” o “abbastanza importanti”. Per quanto riguarda i rendimenti, la nostra divisione Hsbc Global Research ha rilevato che le azioni delle grandi aziende con rating Esg più elevati hanno sovraperformato la media globale del 4,7% a partire da metà dicembre 2019. Il divario si amplia quando vengono presi in esame i titoli legati al clima, che nello stesso periodo hanno riportato una performance superiore del 13% rispetto alla media globale. Nella finanza di oggi, il rispetto degli standard Esg non è più un accessorio valore aggiunto, bensì un vero e proprio indicatore di rischio e di potenziale performance, che identifica aziende che si impegnano per essere trasparenti, eque e a basso impatto ambientale, aziende che funzionano in cui vale la pena investire e che hanno le carte in regola per generare buoni rendimenti. Nell’ultimo anno lo scenario globale e finanziario è stato scosso dalla pandemia di Covid-19 con turbolenze impreviste e inedite. Dalla vostra indagine come è cambiato l’impegno verso la finanza sostenibile? Lo ha rafforzato o rallentato? La pandemia di Covid-19 ha imposto ad aziende e organizzazioni di rivedere il proprio modo di fare business, e molte hanno scelto di cogliere l’opportunità per avviare una riflessione sull’introdurre la sostenibilità nei propri modelli di business. E la finanza si è adattata immediatamente. Per fare un esempio, è chiaro come ora vi sia un trend di crescita nelle emissioni di corporate sustainable bond, dove i covenant sono fissati su parametri che vanno oltre quelli meramente finanziari. E’ un trend secondo me inarrestabile, ed è evidente anche da alcuni dati delle nostre ricerche: questo periodo di emergenza sanitaria ha infatti rafforzato la convinzione dell’importanza della sostenibilità per oltre un terzo degli emittenti europei (36%). Tre quarti degli intervistati (77%) afferma inoltre che la pandemia ha permesso loro di rafforzare il proprio impegno rivolto ai temi Esg o di comprendere di aver prestato troppa poca attenzione in passato. Un’attitudine simile emerge anche da un’altra indagine che abbiamo condotto a livello globale, questa volta su piccole e medie imprese e grandi società che operano in diversi settori, il report Navigator “Resilience: Building Back Better”, che ha analizzato l’impatto della pandemia sull’organizzazione aziendale e le prospettive future all’insegna della ricerca di una maggiore resilienza. Più di nove intervistati su 10 (91%) mirano a "ricostruire meglio" riprogettando le proprie attività per essere più sostenibili, mentre quasi un terzo (27%) intende rendere le proprie catene di approvvigionamento più rispettose dell'ambiente nei prossimi due anni. Quali sono i settori più attraenti per gli investitori? La sostenibilità è ovunque, e sarebbe un errore ragionare di settori “sostenibili” e settori “meno sostenibili”. Mi piace più pensare ad aziende “sostenibili” e “meno sostenibili” e in questo senso le opportunità sono ovunque. Il ruolo degli investitori è certamente quello di premiare le aziende più virtuose, ma anche di supportare e sostenere le imprese che vogliono accelerare un processo di cambiamento all’insegna dei target di sostenibilità riconosciuti. Per farlo, bisogna sviluppare metodo e disciplina nelle valutazioni d’investimento e privilegiare quelle imprese che adottano sistemi e modelli a prova di futuro. Ci sono decine di ricerche che dimostrano come le aziende più virtuose in termini di etica, ambiente e società siano meno esposte a crisi, e queste sono quelle che attraggono di più gli investitori. Una parentesi sull’Italia. Che visione avete dell’impegno di Governo e aziende italiane? L’Italia è all’avanguardia. Le imprese tricolori hanno capito prima di altre che è necessario adottare criteri di sostenibilità nel fare business. L’avere un tessuto industriale composto da imprese familiari aiuta, perché cambia la visione imprenditoriale. La sostenibilità necessita infatti di un orizzonte di medio lungo periodo che un certo tipo di capitalismo può favorire. Un esempio di questo è l’insieme delle imprese B Corp, aziende rigenerative con un purpose che va ben al di là della sostenibilità economica. Bene, l’Italia è il paese con il maggior numero di BCorp al mondo, non solo, siamo stati il primo stato sovrano a livello globale a dare un riconoscimento giuridico a queste imprese, attraverso l’approvazione di una legge, alcuni anni fa, che riconosce lo status di Società benefit. E per chiudere. Parliamo dell’impegno di Hsbc. Solo pochi giorni fa avete annunciato l’impegno per raggiungere un’economia a impatto zero entro il 2050. Ce ne parla? Ci siamo impegnati su due fronti: da un lato per allineare le emissioni di carbonio del nostro portafoglio di clienti all’obiettivo dell’accordo di Parigi di raggiungere emissioni zero entro il 2050, dall’altro per raggiungere, entro il 2030, emissioni zero nelle nostre operazioni e nella catena di fornitura. Nel dettaglio i nostri obiettivi sono di allineare le nostre attività commerciali agli obiettivi dell'accordo di Parigi e un percorso verso lo zero netto entro il 2050 o prima; migliorare il supporto per i clienti nella transizione verso un’economia a bassa impronta di carbonio ; sbloccare nuove soluzioni per il clima creando uno dei principali gestori di capitale naturale del mondo, creando un fondo di debito di rischio di 100 milioni di dollari per l'innovazione CleanTech e lanciando un programma filantropico per donare 100 milioni di dollari per portare nuove soluzioni alla fattibilità e alla scala; lavorare in collaborazione con colleghi, clienti, autorità di regolamentazione, governi e la società in generale per effettuare cambiamenti in tutto il sistema finanziario. Questo annuncio fa parte di una precisa strategia di impegno nelle questioni ambientali e climatiche iniziata nel 2017, quando la banca ha vincolato 100 miliardi di dollari in finanza sostenibile entro il 2025. Siamo consapevoli che il raggiungimento dell'obiettivo dell'accordo di Parigi richiederà uno sforzo supplementare, un cambiamento a un ritmo più rapido, per il quale sarà coinvolto il nostro network globale. SFOGLIA IL REPORT COMPLETO 

29 Ottobre 2020

Bono (Fincantieri): «La sostenibilità per crescere, guardiamo con fiducia al domani»

La sostenibilità è una missione, spiega l'ad Giuseppe Bono in una intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e il Sole 24 Ore Radiocor. E parla della risposta del gruppo al Covid   Per Fincantieri la sostenibilità è una missione. Che si traduce in un piano che va di pari passo con il business plan e che è stato aggiornato alla luce della crisi innescata dalla pandemia. Di fronte alla quale, spiega l'amministratore delegato Giuseppe Bono in una intervista a SustainEconomy.24, report di Luiss Busines School e Il Sole 24 Ore Radiocor, Fincantieri è riuscita ad avere conseguenze sulla tabella di marcia del 2020 molto limitate con il portafoglio ordini intatto che «ci permette di guardare al domani con fiducia, confermando un carico di lavoro per i prossimi 6/7 anni» Un percorso verso un futuro sostenibile. Cosa significa per un gruppo come Fincantieri? E come si concilia con la crescita del business? «Vorrei rispondere con il principio che ha ispirato le nostre azioni durante il percorso che lei cita: Fincantieri non intende la sostenibilità solo come un'opportunità, ma come una vera e propria missione per rappresentare un modello di eccellenza. Il prodotto nave è uno dei più complessi, se non il più complesso in assoluto, e la sua realizzazione investe un ventaglio amplissimo di campi. In un certo senso, la sostenibilità era parte del nostro lavoro anche prima di diventare un tema d'interesse globale, e perciò i risultati raggiunti dal gruppo sono il risultato di un costante perfezionamento, senza il quale non saremmo cresciuti come è successo. Il caso dei cantieri americani è emblematico. Li abbiamo acquisiti nel 2008 e ammodernati massicciamente fino a rendere all'avanguardia il sito di Marinette, Wisconsin, che ha ricevuto nel 2019 sia il premio "Excellence in Safety" che quello "Improvement in Safety" dallo Shipbuilding Council of America. Senza questo grado di efficienza, la controllata americana non avrebbe potuto aggiudicarsi la costruzione delle nuove fregate lanciamissili del programma FFG(X) per la US Navy, una commessa che per noi vale circa 5,5 miliardi». Voi avete adottato un Piano di sostenibilità. Ce ne parla? E ci dà un‘idea anche dell'impegno sul fronte degli investimenti? «Si tratta di una tappa davvero fondamentale. Il piano, che va di pari passo con il business plan, rappresenta la nostra visione strategica della sostenibilità, declina gli impegni in obiettivi misurabili nel tempo e contribuisce al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite. È stato aggiornato lo scorso luglio, a seguito dell'emergenza sanitaria, proprio perché la sostenibilità rappresenta un fattore imprescindibile che contribuisce a garantire un elevato livello di resilienza del gruppo nel medio e lungo termine. Gli obiettivi sono ambiziosi, e vanno dalla diffusione della cultura della sostenibilità alla promozione di una catena di fornitura responsabile, dal miglioramento della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro al supporto all'innovazione tecnologica, fino al mantenimento dei livelli di fiducia dei clienti e alla riduzione degli impatti ambientali contribuendo alla lotta ai cambiamenti climatici. Gli investimenti hanno toccato un gran numero di attività e intendiamo continuare su questa strada. Solo per citarne alcuni ricordo che lo scorso anno i fondi per le iniziative a favore della comunità sono stati 2,4 milioni di euro, quelli destinati a programmi formativi 4,8 milioni, ben 10,5 milioni nella tutela dell'ambiente, il 33% in più rispetto all'anno precedente. Un ulteriore passo che abbiamo compiuto è stata l'adesione al Global Compact delle Nazioni Unite, la più estesa iniziativa a livello mondiale per la sostenibilità del business. Fincantieri è stata il maggiore costruttore navale, e il primo tra quelli attivi nel cruise, ad adottare tali principi nella propria strategia». I piani industriali e di sostenibilità devono necessariamente misurarsi con le conseguenze della pandemia da Covid-19 sul mercato. Cosa è cambiato nelle prospettive di Fincantieri e come state affrontando questa fase di emergenza? «Sin dall'insorgere dei primi segnali dell'emergenza abbiamo costituito un comitato di crisi, tutt'ora in essere e attivo, per il monitoraggio e il coordinamento delle azioni necessarie alla salvaguardia della salute di tutti i lavoratori, compresi naturalmente quelli del nostro indotto. Ad oggi abbiamo implementato soluzioni organizzative e gestionali per ridurre le presenze attraverso turnazioni, elasticità di orario e smart working. Sul fronte strategico il rapporto con i nostri clienti si è rivelato assolutamente fondamentale. Grazie alla solidità delle nostre relazioni, infatti, non abbiamo avuto nessuna cancellazione di commesse, e anche le conseguenze sulla tabella di marcia del 2020 sono state limitate. Il portafoglio ordini è intatto e ci permette di guardare al domani con fiducia, confermando un carico di lavoro per i prossimi 6/7 anni. In ottica futura sarà importante potenziare ulteriormente le attività incentrate sull'innovazione, per proporre agli armatori navi ancora più moderne ed efficienti che ci consentano di intercettare la ripartenza quando questa prenderà abbrivio. Abbiamo già cominciato, con l'innovativo sistema di sanificazione dell'aria "Safe Air" basato sulla tecnologia delle lampade UV-C, presentato ad MSC che ha deciso subito di installarlo su Seashore, attualmente in costruzione a Monfalcone». In questa settimane si parla tanto di Recovery Plan, si discute di risorse e progetti sostenibili. Cosa serve al vostro settore? «Il contributo che l'economia del mare può dare alla ripresa economica e alla sfida ecologica e digitale che dobbiamo affrontare è determinante. Fincantieri ha proposto al Governo un piano di decarbonizzazione focalizzato sui porti, che dovranno diventare smart e green. Infrastrutture più moderne potranno infatti azzerare le emissioni grazie al cold ironing, una tecnologia che permette di alimentare le imbarcazioni in rada attraverso l'energia elettrica erogata dalle banchine, anziché costringerle a mantenere i motori in servizio. In parallelo abbiamo lanciato l'idea di rottamare le unità dedicate al trasporto locale nazionale, peri ridurre l'impatto ambientale e rilanciare l'industria italiana di settore. Bisogna puntare a nuove navi a propulsione LNG, vale a dire a gas naturale liquefatto, elettriche e, in prospettiva, a idrogeno. Insomma, le sfide sono tante ma non ci spaventano, perché abbiamo molti progetti e idee per superarle». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  29/10/2020

29 Ottobre 2020

Profumo (Leonardo): «Sostenibilità come pratica aziendale, anche i bonus legati ai temi Esg»

L'amministratore delegato, Alessandro Profumo parla del percorso e delle sfide del gruppo in un'intervista a SustainEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e di Luiss Business School   Le aziende svolgono ormai un ruolo decisivo sul tema della sostenibilità che richiede scelte precise da fare nei prossimi dieci anni e uno sforzo comune. L'amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo racconta a SustainEconomy.24, report di Luiss Business School e Il Sole 24 Ore Radiocor, il percorso del gruppo. A partire dalla sfida principale che è rappresentata dall'innovazione. La crisi legata alla pandemia sta mettendo a dura prova il sistema economico e sociale e sta avendo un impatto sulla società ma, come asset strategico del Paese, Leonardo contribuisce al percorso verso una "nuova normalità", assicura l'ad. Che parla anche delle opportunità del Recovery Fund. Dott. Profumo, un futuro sostenibile è uno dei temi centrali del dibattito economico, politico, sociale. Cosa significa sostenibilità in Leonardo? «Il dibattito sul tema è divenuto centrale negli ultimi tempi, sia in riferimento alla salvaguardia dell'ambiente e alla tutela delle risorse naturali, sia rispetto alle diseguaglianze sociali, ai diritti umani, all'affermazione di nuovi modelli di produzione e di consumo. Si tratta di sfide globali che necessitano di uno sforzo comune e pienamente condiviso. Le aziende hanno ormai un ruolo decisivo in questo senso che richiede delle scelte precise da fare nei prossimi dieci anni. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda Onu 2030 hanno fatto da apripista, dando un nome alle priorità e indicando un percorso. In Leonardo abbiamo risposto a questo richiamo partendo dalla governance: dal coinvolgimento diretto del Cda dell'azienda, con un Comitato dedicato a Sostenibilità e Innovazione e compiti precisi di verifica in capo al Comitato Controllo e Rischi, con l'introduzione di una politica di remunerazione legata ai temi Esg. Oggi stiamo ponendo gli obiettivi di sostenibilità al centro del nostro piano strategico, portando a bordo tutti i manager responsabili delle diverse aree aziendali, con un impegno esplicito affinché la sostenibilità diventi pratica aziendale». Quali sono le principali sfide che Leonardo si trova ad affrontare e quali azioni state mettendo in campo? «La sfida principale per un'azienda che si occupa di aerospazio, difesa e sicurezza è certamente quella dell'innovazione tecnologica. Il nostro obiettivo è mantenere un primato in questo ambito, che si muove ad una velocità elevatissima - vorrei in questo senso ricordare che da sola Leonardo ha rappresentato il 18% dell'export manifatturiero high-tech italiano del 2019. Il passo più importante è stato, dunque, quello di rilanciare il nostro approccio all'innovazione orientandola sempre più verso la sostenibilità, esplorando e investendo sulle disruptive technologies, per anticipare le trasformazioni del mercato e dei contesti in cui operiamo, ma anche portando le nostre soluzioni ad alta tecnologia al servizio degli Sdg. Nello sviluppo dell'innovazione hanno un ruolo centrale i Leonardo Labs, incubatori di tecnologia, trasversali al business, al servizio delle divisioni del gruppo e aperti a contaminazioni esterne verso nuovi mercati high-tech, in cui giovani ricercatori lavoreranno su programmi di frontiera, nel medio e lungo periodo. Ciascuno sarà dedicato a un particolare ambito tecnologico e sarà collegato alla vocazione produttiva della Regione in cui sorge. Ricordo che proprio in questi giorni a Genova stiamo finalizzando l'istallazione del nostro Supercomputer, una macchina che rafforzerà in maniera significativa le capacità dell'azienda nel supercalcolo e contribuirà al riposizionamento del Paese per capacità di calcolo nei settori della ricerca industriale. A proposito di benessere della collettività». II Covid-19 ha messo in luce tante fragilità della nostra società. Quanto può aiutare o frenare un percorso improntato alla sostenibilità? «La crisi legata alla pandemia ha avuto e sta avendo un forte impatto sulla nostra società, mettendo a dura prova il sistema sociale ed economico. E proprio in questi frangenti è fondamentale adottare una politica di reazione comune, a livello europeo, che guidi le scelte e indirizzi le strategie, ispirandosi, lo ribadisco, ad un approccio globale, quello degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda Onu 2030. Contemporaneamente abbiamo assistito ad un processo virtuoso con l'agenda del Green Deal europeo che ha proseguito senza significativi rallentamenti e che rappresenta, ad oggi, la nuova strategia di crescita sostenibile per tutto il continente. Da parte nostra, in Leonardo, durante la prima fase della pandemia, abbiamo reso un servizio ai cittadini di cui sono particolarmente fiero, con un impegno diretto sul campo. Impiegando i nostri velivoli per il trasferimento di pazienti, medici e materiale sanitario, garantendo il monitoraggio, anche dallo spazio, di aree critiche e la sicurezza fisica e digitale, non solo nel nostro Paese. Ma in particolare in Italia, dove abbiamo le nostre radici e da cui siamo partiti per costruire la nostra vocazione internazionale, stiamo lavorando per rendere funzionale il nostro piano strategico Be Tomorrow – Leonardo 2030 al Progetto di Rilancio, al fianco delle Istituzioni nazionali e del sistema economico e produttivo. Siamo infatti un asset strategico per il Paese e con le nostre attività contribuiamo al suo sviluppo tecnologico e al percorso verso una "nuova normalità"». Ora si parla tanto delle risorse del Recovery Fund. Cosa serve al Paese?  «Il Recovery Fund rappresenta un'opportunità di rilancio importante, per il Paese e per l'economia. L'emergenza sanitaria ha messo in luce la necessità di agire su più fronti. Occorre innanzitutto far ripartire l'economia puntando, ancora una volta, sulle tecnologie e attuando piani di investimento mirati, nell'ambito della ricerca e dei settori strategici per il sistema-Paese. Elemento chiave è il processo di digitalizzazione che con le risorse europee potrà essere ulteriormente consolidato. Quello della digitalizzazione è un tema importante, non a caso è uno dei pilastri del piano Next Generation EU lanciato dalla Commissione europea. Per Leonardo, che investe già oggi l'11% dei propri ricavi in ricerca e sviluppo, la digitalizzazione rappresenta un acceleratore di innovazione, tanto per l'azienda quanto per il Paese, una trasformazione che richiede anche governance, competenze e nuove regole. È chiaro che per attuare il piano è necessario un patto tra pubblico e privato che includa, in modo strutturale, il mondo della ricerca e della formazione». E cosa vede nel futuro di Leonardo? «Nel futuro di Leonardo vedo i risultati dell'investimento in innovazione, attraverso lo sviluppo di soluzioni tecnologiche orientate alla sostenibilità, per dare forma a un mondo che non sia solo sostenibile ma "preferibile", prendendo in prestito un termine e un concetto sul quale mi sono recentemente confrontato con il Prof. Floridi in un dialogo pubblico. L'incontro di "saperi " e punti di vista è un tema fondamentale per lo sviluppo sostenibile che si dovrà tradurre in un dialogo di competenze da costruire e assicurare - creando un sapere cross-fertilizzato - per le nuove generazioni, il vero futuro di Leonardo e non solo». SFOGLIA IL REPORT COMPLETO  29/10/2020

28 Ottobre 2020

Con la Scuola: il progetto di formazione promosso da Snam, ELIS e Luiss Business School diventa un corso di specializzazione accreditato

Il riconoscimento dei crediti formativi trasforma il progetto di upskilling in un programma di specializzazione   “Con la Scuola”, il progetto di formazione per dirigenti scolastici e docenti, promosso da Snam, ELIS, Luiss Business School, Confindustria e ANP (Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola) diventa un corso di specializzazione accreditato. Il riconoscimento dei crediti formativi trasforma infatti il progetto di upskilling in un programma di specializzazione, che supporta dirigenti scolastici e docenti nello sviluppo della didattica, affinché possa favorire sempre più efficacemente la connessione tra scuola e lavoro. Il riconoscimento giunge in una fase di trasformazione del programma dovuta all’emergenza sanitaria, con un focus completamente dedicato alla progettazione della didattica a distanza, dalle strategie che facilitano l’apprendimento all’orientamento tra gli strumenti digitali disponibili. La certificazione dimostra un impegno primario nei confronti della didattica teso a valorizzare i docenti come agenti del cambiamento, supportandoli concretamente con strumenti e metodologie didattiche all’avanguardia. “Con la scuola” in pillole “Con la Scuola” nasce dalla sperimentazione del progetto pilota nell’anno scolastico 2018-2019, che ha visto il coinvolgimento di 13 consigli di classe, 30 dirigenti scolastici, 85 docenti e 35 referenti della formazione. Il 18 febbraio 2020 a Villa Blanc, sede Luiss Business School, si è tenuto l’evento di kick-off del progetto, con la partecipazione di 100 dirigenti scolastici di altrettante scuole selezionate, a due giornate di formazione in cui sono stati condivisi i risultati raggiunti durante il percorso pilota del 2019 e presentati gli obiettivi e le attività dell’edizione 2020. Nella due giorni di workshop e tavole rotonde sono intervenuti, oltre ai promotori del progetto, la Viceministra dell’Istruzione Anna Ascani e i rappresentanti di Confindustria, ANP, Indire (Istituto nazionale di documentazione innovazione e ricerca educative) e Invalsi. Le successive attività di formazione sono proseguite in webinar e si sono focalizzate sulle strategie e i metodi per lo sviluppo delle competenze chiave del secolo (Cooperation, Communication, Creative Thinking e Critical Thinking). I webinar hanno fatto registrare una partecipazione ben oltre le aspettative, arrivando a coinvolgere 350 docenti. 28/10/2020

28 Ottobre 2020

La chimica verde italiana: il ponte verso il futuro della bioeconomia alla luce del Green New Deal europeo

Come l’applicazione della chimica verde permetterà di costruire un modello di crescita sostenibile per il Paese, all’insegna della bioeconomia e alla luce delle opportunità del Green New Deal europeo. Iscriviti al webinar di "Italia 2030" di MiSE e Luiss Business School! Il webinar prende le mosse dal discussion paper di "Italia 2030" che analizza i concetti di bioeconomia, chimica verde e bioraffineria nella prospettiva dell’economia circolare, evidenziando le potenziali tendenze di sviluppo nel medio-lungo termine. Il webinar sarà l’occasione per contestualizzare lo sviluppo della bioeconomia e della chimica verde nel quadro legislativo nazionale ed europeo, per individuare le policy che permetteranno di rilanciare la posizione dell’Italia in Europa, sostenendo lo sviluppo economico e la tutela ambientale. Coordinatore: Debora Fino, Politecnico di Torino Intervengono: David Bolzonella, Università di Verona, Dipartimento di Biotecnologie David Chiaramonti, Consorzio RE-CORD, Renewable Energy COnsortium for R&D Davide Mainero, Plant manager and environmental project manager, ACEA Pinerolese Industriale Cristina Prandi, Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Chimica Paola Zitella, Area Manager, Environment Park - Green chemistry Il webinar è gratuito, per partecipare è necessaria la registrazione.  REGISTRATI SCARICA IL PAPER SCARICA LE SLIDE Rivedi il webinar   28/10/2020

22 Ottobre 2020

Retelit: «Pronti a contribuire a rete unica se con modello wholesale only e solo in alcune aree del Paese»

Parla l'ad Federico Protto: «Valuteremo nuove acquisizioni e siamo pronti a partecipare ai bandi per le aree grigie». Oggi su DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore. Pronti a contribuire alla rete unica, ma a determinate condizioni: che sia wholesale only e che operi in aree selezionate del Paese. E' la posizione di Retelit, azienda di infrastrutture in banda ultra-larga che conta 16mila chilometri di fibra ottica . «Noi siamo favorevoli a un modello di rete unica, in ottica wholesale only e per certe aree del Paese, ad oggi meno coperte. Con questi paletti saremmo ben contenti di dare il nostro contributo anche fattivo. La discussione è in corso, stiamo cercando di capire», ha spiegato a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School, Federico Protto, amministratore delegato di Retelit. Quotata dal 2000, la società ha tra i suoi focus le aree grigie e, in attesa che arrivino i bandi pubblici a cui parteciperà, si sta già attivando direttamente. Di recente ha portato a termine due acquisizioni e registrato un cambiamento nella compagine azionaria. Una volta "digerite" le acquisizioni, dice Protto, si valuteranno nuove possibilità, soprattutto nel campo degli operatori infrastrutturati con forte presenza locale e nel mondo dei servizi. Inoltre l'azienda punta all'investimento nelle aree grigie e, in attesa che escano i bandi pubblici a cui parteciperà, si sta già attivando direttamente. Dottor Protto, c'è attesa per i bandi Infratel sulle aree grigie, siete interessati? Le aree grigie sono tra i nostri focus. Nell'attesa che il Governo intervenga con bandi dedicati, come annunciato, ci siamo attivati direttamente, per integrare l'offerta di infrastruttura. Occorre considerare che più del 50% della popolazione italiana vive nelle aree grigie, oltre a una buona fetta di aziende, anche di medie dimensioni. Da parte nostra, siamo pronti a partecipare quando usciranno i bandi.  Pensate a collaborazioni con altri operatori nelle aree grigie? Essendo un operatore infrastrutturato completo, non abbiamo bisogno di partner nello sviluppo dell'infrastruttura stessa. Tuttavia, potremmo prendere in considerazione di concludere accordi qualora, nell'area considerata, fossero già attivi operatori locali, con cui raggiungere intese commerciali. A proposito di partnership e collaborazioni si parla tanto di rete unica. Qual è la posizione di Retelit? Ci sono tante prospettive da cui analizzare il tema della rete unica: quella strettamente industriale, quella politica e mediatica, quella regolamentare e quella finanziaria. Metterle in fila tutte, credo, non sia facilissimo. Noi siamo interessati da un punto di vista industriale, visto che si parla di opportunità di crescita e di condivisione dell'infrastruttura. E' importante però sottolineare che in ambito tecnico, le semplificazioni non sempre rendono bene e questo è forse il caso, visto che è passata l'idea che rete unica significhi Internet in tutte le case ad altissima velocità. Non potrà essere obbligatoriamente così, perché un investimento uniforme su tutto il territorio nazionale sarebbe difficilmente sostenibile e anche forse poco adatto alle esigenze del Paese, considerando che l'evoluzione della tecnologia è sempre un fattore che può modificare gli scenari e le differenti situazioni nelle varie aree. Quindi vediamo meglio investimenti mirati in particolari aree del Paese che al momento risultano indietro in termini infrastrutturali. A livello regolatorio vedete criticità? Si tratta del nodo più critico. Un'infrastruttura del genere con modello cosiddetto wholesale only, cioè che vende servizi solo agli operatori e non ai consumatori finali, potrebbe essere vista come un passo in avanti. E su questo siamo assolutamente favorevoli. Un operatore che abbia un modello di business con una componente verticalmente integrata sarebbe, invece, un problema, visto che potrebbe essere messa in dubbio la parità di trattamento. Se guardiamo al recente passato, la competizione infrastrutturale ha avuto anche effetti positivi, soprattutto lato prezzo, ma ha comportato investimenti solo dove c'è remunerazione ed è giusto che sia così, in una logica di mercato. Tirando le somme, noi siamo favorevoli ad un modello di rete unica, in ottica wholesale only e per certe aree del Paese, ad oggi meno coperte. Con questi paletti saremmo ben contenti di dare il nostro contributo anche fattivo. La discussione è in corso, stiamo cercando di capire. Valutate il conferimento di asset? Con un modello wholesale only e di co-investimento in aree specifiche, saremmo disposti a valutarne le condizioni, in un'ottica di sistema e quindi anche con tutti i principali operatori del settore, sempre però valorizzando dal punto di vista economico gli investimenti fatti.  Nelle settimane scorse il nome di Retelit è apparso nel procedimento europeo per dumping contro aziende cinesi esportatrici di fibra Abbiamo chiarito che non siamo importatori, ma meri utilizzatori di fibra ottica. Il tema riguarda chi importa fibra, noi operatori ci affidiamo ad aziende specializzate con cui stipuliamo contratti di "fornitura in opera". Retelit si limita a indicare all'impresa appaltatrice le caratteristiche e le specifiche tecniche della fibra ottica da utilizzare, lasciando che sia l'impresa incaricata a scegliere autonomamente il fornitore dal quale acquistarla. Noi controlliamo solo che il lavoro sia svolto esclusivamente sotto il profilo della conformità alle specifiche tecniche indicate. Di recente c'è stato un cambiamento dal punto di vista azionario di Retelit con l'ingresso del fondo spagnolo Asterion, ci saranno impatti nella gestione? Storicamente siamo sempre stati una public company, senza un vero e proprio azionista di riferimento che avesse una maggioranza ampia. Recentemente ci sono stati cambi di azionariato, penso principalmente perché il titolo è cresciuto molto e la società è diventata appetibile. Ai primi di ottobre il fondo spagnolo Asterion ha annunciato la firma di un accordo per l'acquisto del 24,1% della società da alcuni azionisti attuali: Fiber 4.0 che possiede circa il 13,9% e la tedesca Axxion che detiene circa il 10 per cento. Siamo a questo punto. Gli azionisti possono cambiare, ma l'attività di Retelit prosegue secondo il piano industriale definito e la struttura rimane tendenzialmente public. Nella vostra strategia un punto importante è costituito dai dati e dalla loro gestione. Che cosa ne pensa del progetto di realizzare un cloud europeo? Abbiamo aderito con gioia al progetto Gaia-X. Ad oggi si tratta di un framework di regole più che di una struttura vera e propria, portato avanti dai Governi francese e tedesco, con l'appoggio successivo di quello Italiano. Ritengo sia fondamentale che la Ue intervenga per regolamentare macro-settori, nel rispetto dei cittadini. La normativa Gdpr, per esempio, che tutela i nostri dati è sicuramente avanzata. Avere un'impostazione architetturale basata su un approccio europeo per un tema così importante come il trattamento dei dati, è fondamentale. Diverso è il discorso tecnologico, l'obiettivo di creare le fondamenta per la crescita in questo ambito del Vecchio Continente è più difficile, considerando che già ci sono grandi player internazionali in campo e tutti con un vantaggio competitivo notevole. In tema di relazione con aziende internazionali, americane o cinesi, ritengo che la base di partenza sia il rispetto delle normative europee, tra cui, per esempio, proprio quella relativa al Gdpr. Lo stesso metro dovrebbe essere applicato per le tecnologie in corso di sviluppo, come il 5G. Se si trovasse il modo di definire i parametri normativi validi per tutti e con la possibilità di verifica tecnica e funzionale, sarebbe la soluzione migliore. L'isolazionismo tecnologico è un errore. Dopo le acquisizioni di Brennercom e di Gruppo PA avete altre acquisizioni in vista? Riteniamo che la crescita a livello organico e inorganico sia opportuna per la società, guardando il tutto nell'ottica di considerare Retelit quale piattaforma su cui agganciare nuove realtà. Con i dovuti tempi e la necessità di "digerire" le acquisizioni, la risposta è dunque assolutamente positiva. Guardiamo sia ad altri operatori infrastrutturati con una forte presenza in ambito locale come Brennercom sia ad operatori che possano aiutarci a crescere nel mondo dei servizi, come gruppo PA.

22 Ottobre 2020

Infratel: «Bandi per la banda ultra-larga nelle aree grigie previsti nella prima metà del 2021»

Parla l'amministratore delegato Marco Bellezza: considerati i piani degli operatori «ora spazi più limitati per l'interno pubblico». Oggi su DigitEconomy.24, il report Luiss Business School e Il Sole 24 Ore.   I bandi per le aree grigie, cioè le zone dove è previsto nel giro di tre anni l'investimento in fibra di un solo operatore, «sono previsti nella prima metà del 2021». Lo annuncia, a valle dell'ultima riunione di ieri del Cobul, Marco Bellezza, amministratore delegato di Infratel Italia, la società in house del Mise che ha il compito di attuare il piano Bul per la Banda ultra-larga. Bellezza ricorda, infatti, l'iter da seguire prima di arrivare ai bandi per le aree dove si trovano gran parte delle imprese italiane piccole medie: «Secondo le regole comunitarie, dopo la deliberazione del Cobul è necessario – dice nel corso dell'intervista con DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School - presentare un piano di intervento da sottoporre a consultazione e notificare alla Commissione UE per la necessaria approvazione. Condividiamo l'esigenza di una semplificazione delle procedure previste che sarebbe auspicabile considerando le esigenze diffuse di connettività che viviamo nel Paese». Bellezza sottolinea anche che, in base ai risultati della consultazione pubblica, gli operatori intendono investire nel 90% delle aree grigie. Restano, dunque, «spazi limitati per l'interno pubblico». Anche se Infratel «vigilerà» sulla realizzazione effettiva della rete. Nel frattempo è «da incentivare» la strada dei mix di soluzioni tecnologiche, anche in via provvisoria, proposte dagli operatori. Per le aree bianche del Paese c'è un piano di infrastrutturazione avviato, nelle aree nere c'è competizione, e per le aree grigie? Quale quadro emerge dalla consultazione pubblica svolta da Infratel? Dai dati dell'ultima consultazione di Infratel Italia, pubblicati sul sito bandaultralarga.italia.it emerge un'attenzione particolare in queste aree da parte degli operatori. Le società, infatti, hanno presentato piani di investimento sia con tecnologia Ftth (fibra fino alla casa, ndr) sia Fwa (Fixed wireless access) in oltre il 90% delle aree cosiddette grigie del Paese. Gli spazi per un intervento pubblico sono, pertanto, limitati rispetto alle previsioni fatte prima della consultazione. E' evidente che le dichiarazioni degli operatori dovranno essere poi messe in pratica dagli stessi. In questa direzione Infratel Italia vigilerà ed ha già chiesto a tutti gli operatori di fornire dati di dettaglio sui piani di investimento prospettati. Che tempi ci sono per i bandi pubblici sulle aree grigie? Nella seduta di ieri del Cobul (il Comitato per la banda ultra-larga) abbiamo discusso del piano aree grigie e la segreteria tecnica ha ricevuto mandato di partire con una proposta all'esito dei risultati della consultazione. Per i bandi prevediamo di traguardare la prima metà del 2021 considerando che, secondo le regole comunitarie, dopo la deliberazione del Cobul è necessario presentare un piano di intervento da sottoporre a consultazione e notificare alla Commissione UE per la necessaria approvazione. Condividiamo l'esigenza, da più parti espressa, di una semplificazione delle procedure previste che sarebbe auspicabile considerando le esigenze diffuse di connettività che viviamo nel Paese. E' auspicabile nel frattempo attivare soluzioni alternative come l'Fwa per soddisfare le esigenze delle aziende? Gli operatori privati propongono un mix di soluzioni tecnologie anche in via provvisoria. Penso sia una strada da incentivare. C'è chi sostiene che il progetto di rete unica in fibra stia rallentando l'infrastrutturazione del Paese, a partire dalle aree grigie. Altri  ritengono che proprio nelle aree grigie la combinazione degli asset di Tim con quelli di Open Fiber produrrebbe le migliori sinergie. Qual è la posizione di Infratel? La posizione di Infratel Italia si traduce nell'impegno a completare al più presto i piani a essa affidati dal Governo. Vale a dire aree bianche, Wi-Fi Italia, Piano Scuole e voucher per la connettività. La recrudescenza della pandemia, con i suoi effetti sullo smart working e la didattica a distanza, evidenzia nuovamente l'esigenza di coprire nel modo più veloce possibile le aree del Paese dove non arriva la banda ultra-larga. Si può pensare a un' accelerazione? Il piano di costruzione della rete Bul nelle aree bianche ha avuto nel corso del 2020 un'accelerazione e contiamo di traguardare i 1.000 comuni alla fine di quest'anno. Ancora troppo poco, ma un deciso passo in avanti. La concessionaria Open Fiber lamenta ancora delle difficoltà operative e il nostro impegno come concedente è quello di fare in modo che tali difficoltà siano superate. Abbiamo introdotto nel 2020 una serie di semplificazioni procedurali che rendono più agevole l'attività di collaudo dei comuni completati. Continueremo in questa direzione. Alcune aziende del settore mettono in luce l'impossibilità di accelerare i tempi proprio perché non c'è in Italia la forza lavoro necessaria a stendere le reti. Come si può superare, se si può, questa problematica? Non abbiamo dati evidenti di un trend del genere. Il Decreto Semplificazioni ha innalzato le soglie per gli affidamenti. Pensiamo che sia un ottimo strumento per affidare lavori alle aziende che assicurano di portarli a termine nei tempi previsti e revocarli a chi, al contrario, non assume un simile impegno. SFOGLIA IL NUMERO COMPETO  22/10/2020

20 Ottobre 2020

Il recupero dei brownfield e la transizione verde

Siti urbani inquinati: rigenerazione oltre la bonifica, per la trasformazione green delle città e nuove opportunità di crescita economica sostenibile. Iscriviti al webinar di “Italia 2030”, il progetto MiSE e Luiss Business School per l’Italia sostenibile!   Gli interventi di valorizzazione dei brownfield, i siti urbani inquinati, sono un’opportunità per lo sviluppo sostenibile delle città e per migliorare la vita della collettività, dal punto di vista dei benefici ambientali, sociali, ma anche economici e finanziari che questi piani possono generare. Il webinar di “Italia 2030” permetterà di approfondire il position paper e le proposte di policy prodotte dal tavolo tematico “Il recupero dei brownfield e la transizione verde” in una cornice di confronto e dibattito. Coordinatore: Cristiano Galbiati, Full Professor Princeton University e Gran Sasso Science Institute Intervengono: Walter Marcello Bonivento, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Sezione di Cagliari Annamaria Buonomano, Ricercatore, Università degli Studi di Napoli Federico II Fabio Cataudella, Responsabile Power Plants Repurposing, Enel Francesco Lippi, Amministratore Unico, Carbosulcis Carlo Mapelli, Professore Ordinario, Politecnico di Milano Adolfo Palombo, Professore Ordinario, Università degli Studi di Napoli Federico II Per partecipare al webinar è necessaria la registrazione. REGISTRATI SCARICA LE SLIDE Rivedi il webinar 20/10/2020

19 Ottobre 2020

Expression of interest for academic positions

  Luiss University invites outstanding scholars to express their interest in the following positions offered by the Luiss Business School: Associate or Full Professor of Accounting/Finance Associate or Full Professor of International Business Associate or Full Professor of Organizational Behaviour Associate or Full Professor of Management of the Digital Transformation Associate or Full Professor of Marketing About the Luiss Business School Located in the heart of Rome, Luiss Business School offers post-graduate programs – including MBA and Executive and Custom Programs. Luiss Business School’s mission is to create better leaders for a better world. To deliver this mission the School is reinventing the business education experience, focusing on economic, social and human capital, developing creative, collaborative and resilient business leaders. Leveraging critical thinking and embedding ethics and responsibility, the School experience is like no other, growing and transforming its partners, individual and corporate. Students translate academic and applied knowledge into action, building opportunities for the digital era, creating stronger businesses, and tackling social and economic challenges. The School has been awarded EQUIS and AMBA accreditations and is a member of PRME, GRLI and GBSN International Networks. It is a renowned European institution of higher education that links rigorous teaching standards with a relevant practical experience, emphasizing its solid corporate network along with the importance of ERS standards. Requirements Successful candidates are – or show a drive to become – leading academics in their fields. They will be ambitious scholars who are open to working in teams, able to develop research projects and engaged in the academic environment of Luiss. Luiss University is an equal opportunity employer and accepts applications without discriminations of any kind. Please submit your expression of interest preferably by November 5 at 2:00 pm (Central European Time CET, UTC+1). Late submissions will also be considered. 10/19/2020

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